Sintesi di una lunga riflessione
Sono giunto, e ometto i vari noiosi passaggi, alle seguenti conclusioni.
Il punto fondamentale intorno al quale ho cercato di articolare i miei ragionamenti è questo: le relazioni mediante le quali noi descriviamo i rapporti tra tutti gli enti (oggetti-eventi) in cui scomponiamo il sistema universo NON coincide necessariamente con l'insieme dei criteri utilizzati per la scomposizione stessa.
Pertanto, queste relazioni non descrivono lo spazio e il tempo, ma sono ad essi strutturali.
Ne consegue che gli enti con cui ci appare di poter raccogliere in un unico sistema la realtà nel suo complesso (l'universo), non possono che essere intesi che come i "bordi" di relazioni spazio-temporali alle quali riconosciamo, assiomaticamente, il valore di realtà.
E tale valore non è altro che il diffondersi della nostra coscienza nello spazio e il suo dispiegarsi nel tempo.
Conseguentemente, ciascun giudizio, cui attribuiamo il valore di VERO o FALSO, assume gli enti, di cui il giudizio si compone, come incondizionatamente "reali", mentre essi, per essere "reali" non possono esserlo incondizionatamente: le condizioni sono date, infatti, dal presentarsi del mondo alla coscienza, al suo riflettersi in se stessa, ed alle relazioni che essa "trova" a valle del proprio riconoscimento di "realtà" attribuito agli enti stessi.
Pertanto, si possono dare due possibilità:
1) che tali relazioni riflettano effettivamente i criteri, inconsci, mediante cui il mondo ci appare scomposto in enti;
2) che tali relazioni non li riflettano.
Nel caso 1): la questione si riduce al teorema di Goedel, ossia la completezza (cioè l'onniscienza) esclude la coerenza logica del sistema, e viceversa.
L'argomento è già dimostrato e non vale la pena ripeterlo.
Nel caso 2): la questione ci rimanda al problema di Wheeler, ossia come possa la matematica (o, se si vuole, la logica matematica e, quindi, la logica formale) risultare tanto efficace nel formulare previsioni e nel fornire conoscenze che svelano aspetti reconditi e inattesi della realtà.
In questa seconda ipotesi dobbiamo supporre che "X", certamente non umano, possa essere "onnisciente" in quanto dispone di un'altra tipologia di onniscienza e di una diversa coerenza rispetto a quella attingibile alla logica umana.
Quest'ultima non ne potrebbe che rappresentare una sorta di accidentale riflesso.
Ciò che Heisenberg chiamava "casualità oggettiva" non sarebbe più casualità, ma la scaturigine stessa della libertà della vita.
La logica formale medierebbe tra libertà e necessità.
Ma il concetto logico di "coerente" rimanderebbe ad un sistema di assiomi che non coincidono con quei criteri tramite i quali gli enti, per i quali ciascun assioma si può cogliere come auto-evidente, possono da essi stessi (assiomi) essere riconosciuti come "reali".
Ultima modifica di Weyl : 13-04-2005 alle ore 00.36.25.
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