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12-10-2004, 15.39.27 | #22 |
Utente bannato
Data registrazione: 15-05-2004
Messaggi: 1,885
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Replico a Leibnicht.
Dice Huang-po:
"Colui che crede di essere nato tempo fa e che in futuro morirà,è come colui che pretende di arrostire mezza anatra allo spiedo mentre l'altra metà se ne sta allegra a sguazzare nello stagno." Capire questo vuol dire diventare Buddha(o Cristo che è la stessa cosa)in mezzo secondo. E chi non capisce, cosa fa? L'unica cosa che può fare é dire che Huang-po era pazzo. Tai-chi,detto Kantaishi. |
12-10-2004, 17.50.47 | #23 |
Ospite
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Genealogia a meta´ forum
Ciao Odos,
piacere di fare la tua conoscenza. Ho proposto io il paragone Adorno - Tractatus, perche´ le tesi proposte all´inizio del forum andavano decisamente in direzione del tractatus. In piu´ si e´infilata una citazione di Adorno, che trattava esattamente al rovescio lo stesso punto di vista. Da ultimo, Adorno affronta da qualche parte (posso recuperare dove, se a qualcuno interessa) esattamente la frase conclusiva del tractatus: di quello di cui non si puo´ parlare eccetera eccetera. Questo e´ il solo motivo contingente per cui il bivio proposto riguarda il primo e non il secondo witt. Non condivido la tua frase: "Se si sa che Wittgenstein ha scritto molto altro dopo il Tractatus, proprio come critica ad esso, come mai si continua ad accettare come incontrovertibili le tesi lì espresse?? Non sarebbe il caso ONESTAMENTE di prendere in considerazioni queste critiche? O forse si chiudono gli occhi e si è già DECISO cosa si può dire e cosa no? Non è forse disonestà, questa??". mi sembra un tantino sopra le righe (da che pulpito viene la mia critica...) in questo caso. Perche´dici incontrovertibili? io ad esempio mi sono occupato anni fa solo del secondo w., sto leggendo ora per la prima volta il tractatus, e lo trovo tutt´altro che incontrovertibile, addirittura un po´arrogante, anche se senza dubbio affascinante (ma non sul piano filosofico). Perche´ dici disonesto? nell´intervento ho citato frasi del tractatus e condizioni di uso, d´altra parte non e´ che quando uno cita un autore si debba ritenere costretto anche a fare un´analisi di tutto quello che l´autore ha detto negli insegnamenti successivi, pena la disonesta´ intellettuale. Il tractatus pone un problema, Adorno ne pone un altro. Questo bivio resta, e´un bivio tra due concezioni, non viene annullato dal fatto che w. in un secondo tempo abbia rivisto (e meno male!) le sue posizioni. Il fatto che il bivio resti, come contrapposizione di due idee nettamente diverse, ci permette di parlarne, non vedo il problema che tu poni... Pretendere il contrario sarebbe ancora una volta abbracciare la posizione del primo w.: quando un problema filosofico e´risolto, non occorre piu´ parlarne. In questo caso. dato che il tractatus e´ stato ampiamente criticato da w. stesso, ogni volta che lo si cita bisogna indicare le critiche dell´autore. E perche´? questo e´un forum di filosofia, non una monografia biobibliografica su Wittgenstein. "Ignorare questo percorso" non e´segno di disonesta´ intelletuale, e neanche di impreparazione. Si tratta di una scelta, cosa cé´ di tanto strano? Posso semplificare in modo quasi blasfemo? W. nel tractatus ha costruito un castello meraviglioso su premesse (esplicite) per lo meno molto discutibili, tanto e´ vero che poi ha lavorato anni per allargare la propria concezione del linguaggio, e solo la prima pagina delle ricerche filosofiche basterebbe a smontare il tractatus. Pero´, un sacco di persone continuano a vedere in quei presupposti n punto di riferimento, e quindi abbiamo il diritto di continuare a analizzarli in quanto tali. Tutti abbiamo il diritto di criticare il tractatus, non solo Wittgenstein, e Wittgenstein non ha il "diritto di prima critica". Perche´ dovrei essere obbligato a citarlo? Possiamo citare le sue critiche o trascurarle e affrontare il problema da un´altra parte. Cos´ha questo di disonesto? Questo era il mio intento con il paragone con Adorno, poi il lavoro e gli impegni mi hanno inditto a trascurare il forum... Qui non si parla di quanto fosse onesto intellettualmente Wittgenstein, ma di cosa egli considerasse come onesta´ intellettuale nelle frasi del tractatus. Veramente, ti pregherei di chiarire cosa intendi con espressioni come "chidere gli occhi", "mancanza della tanto stimata onesta´ intellettuale", ecc. Quale interesse ci sarebbe nell´"oscurare" il secondo Wittgenstein? sono davvero curioso, non ti sto stuzzicando... Tra parentesi, a livello di PERSONE oneste intellettualmente, se si intende come parametro la disponibilita´ a rivedere le proprie idee, Wittgenstein a Adorno gli dava la birra, se mi passate il tecnicismo filosofico. Adorno infatti e´sempre rimasto fermo sulle sue idee, un po´ dogmatico e snob (ma aveva altri pregi...). Marco Cicuta |
12-10-2004, 18.59.38 | #24 | |
Ospite abituale
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Re: Genealogia a meta´ forum
Un po' per entrambi ....
Mi inserisco in questo sottodibattito, con due annotazione più leggere. La prima è che, quando si inizia a leggere il tractatus, alla fine un po' si tende a parlarne ed a citarlo come una specie di pseudo testo sacro, dato che il suo stile è così lapidario. Inoltre le suggestioni nel leggere questo testo sono secondo me molto forti. E dico questo perchè anche a me, e prorpio adesso, sta succedendo la stessa cosa: un po' per studio un po' no, sto approfondendo il tractatus, e questo testo per alcuni aspetti, è totalizzante, quasi vi fossero al mondo solo quelle pagine (mi raccomando prendete quello che dico in modo colloquiale). Marco cicuta, non condivido alcune tue affermazioni sul tractatus, ma non mi sembra questo il punto. mentre condivido molto la tua accusa di snobbismo la povero adorno: volete la prova: leggete "il maestro del minimo passaggio", in cui sono raccolti suoi scritti (per altro egregi ed illuminati)i sul compositore Alban Berg, non che le sue annotazione quale pupillo del compositore viennese: micidiale! Infine. Non confondiamo l'analisi di un testo con l'analisi storica del medesimo. Se studio il tractatus, non devo studiare anche il resto, Ma se voglio una prospettiva storica allora le cose son diverse. Ma il tractatus nasce come opera a se, e quindi, senza fare forviante esegesi, se lo si studia, ci si deve formare al testo. ciao a tutti Citazione:
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12-10-2004, 20.43.20 | #25 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 26-06-2004
Messaggi: 367
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Re: Genealogia a meta´ forum
Citazione:
Chiedo perdono. In realtà avete entrambi perfettamente ragione. Ho un viziaccio che devo eliminare, sono impulsivo. A seguito di ottime critiche (neanche troppo difficili a dire il vero), non posso fare altro che ascoltare, e mi fa piacere aver ricevuto risposte coerenti. Il mio intervento era in buona misura fuori luogo. Non è la prima volta. Avrei dovuto in realtà aprire un'altra discussione. E rispondo solo perchè mi viene domandato, se no da parte mia, come dire, sarebbe meglio tacere... Ho voluto solo cogliere l'occasione, ripeto fuori luogo, per una questione che continuo a osservare leggendo i vari post nel forum. Si parlava di Wittgenstein e si parlava di onestà intellettuale, queste le due uniche cose in comune, per il resto il mio intervento non era assolutamente pertinente (che tra l'altro è una delle cose che io stesso continuo a condannare negli altri). Ciò che noto è che spesso in molti post, si dà come assodato che esista da una parte il mondo, e dall'altra il linguaggio che lo rispecchia. In sostanza noto che molti utilizzano, molte, se non tutte le posizioni del Tractatus, come strumenti validissimi per comprendere la "realtà". Sulla base di questo schema, si fanno poi tutte le considerazioni riguardo a ogni questione. La cosa che un pò mi innervosisce, è che ci si richiama sempre al nome di Wittgenstein. Ora, questo non significa prendere un opera e considerarla per ciò che c'é di valido e per il punto di vista che interessa, ma aver trovato ciò che di più valido si poteva trovare per comprendere le cose, in un libro che viene criticato per primo da Wittgenstein stesso. E dunque che ne è di quelle critiche? Non ce n'é una minima considerazione; come se nulla fosse stato detto. Per questo dicevo, se proprio si vuole essere onesti intellettualmente, prima di tutto bisogna fare una cosa facile, facile: prendere questo schema linguaggio-realtà che si utilizza e vedere cosa ne viene detto dall'autore stesso a distanza di pochissimi anni. Per questo avevo il sospetto che la ricerca di W. dopo il Tractatus venisse considerata come una svolta continentale arbitraria, non degna di considerazione. Questo è il mio sospetto dato che non ne viene mai fatta menzione. Ora a volte è legittimo non farne menzione come nel caso di questa discussione in particolare, ma a volte no, cioè quando si utilizzano quegli strumenti per comprendere non qualche cosa in particolare (possibilità ancora legittima) ma la realtà medesima. Solo questo volevo dire. Poi tutto quello che dico è falso relativamente alla falsità della mia interpretazione di ciò che si presuppone nei post che non mi è sembrato il caso in questa sede chiaramente di citare. Forse aprire un'altra discussione sarebbe la via migliore. al di là di tutto ancora una volta mea culpa |
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25-10-2004, 11.22.33 | #26 |
Ospite abituale
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Messaggi: 105
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ciao a tutti. vorrrei portare un nuovo stimolo di discussione riguardo al tema che ho proposto, in risposta all'interessante testo di Adorno.
Anche Nietzsche si occupa dell'argomento. Nella gaia scienza, in particolare, il secondo aforisma dal titolo "La coscienza intellettuale" affronta il tema in un modo, come sempre nei testi nel filosofo tedesco, spiazzante ed intrigante. Vi riporto una parte di un testo semplice e chiaro che ho trovato in rete, scritto da Nicoletta Capozza dal titolo "Il ruolo della Gaia scienza nello sviluppo del pensiero nietzscheano e il concetto di onestà intellettuale" (http://mondodomani.org/dialegesthai/nc03.htm) ecco: Nell'aforisma 2 («La coscienza intellettuale») l'autore sembra invece sdegnato nell'osservare che «manca ai più la coscienza intellettuale», cioè che «i più non trovano disprezzabile credere questo o quello e vivere conformemente a questa credenza, senza essersi prima resi consapevoli delle ultime e più fondate ragioni a favore e contro, e senza nemmeno essersi data, più tardi, la pena di cercare siffatte ragioni». Alla luce delle parole del primo aforisma questo giudizio, però, non può venir preso così seriamente, dal momento che si è già venuti in chiaro del fatto che le «ultime e le più fondate ragioni» semplicemente non esistono, e che «l'esigenza della certezza» è priva di senso. Perciò Nietzsche sembra esecitare una certa autoironia, quando scrive: «questo è quel che io sento spregevole». Tale autoironia si manifesta poi nell'ultima frase, dove si trova l'allusione alla «follia» del «nobile sentimento» dei filosofi che tende ad indagare le ragioni dell'essere: «non so per quale follia torno sempre a persuadermi che ogni uomo, in quanto uomo, possiede questa sensazione. È il mio genere di ingiustizia». Trovo questo punto di vista molto stimolante per chi, come me, crede alla possibilità di una autentica onestà intellettuale pur nell'era della fine delle certezze certe. Del resto non penso debba essere io a dire che la scienza non è in grado di fornire una esaustività totale nei confronti del reale. Dunque ecco un nuovo aspetto da tenere in considerazione: l'onesta intellettuale DEVE partire dalla piena comprensione dei LIMITI dei modelli e delle (soprattutto) convinzioni che ognuno di noi possiede. Guai a pensare che esista veramente la "teoria del tutto". Quello che è importante, e che rende questo aforisma di Nietzsche ancora attuale, è immaginare sempre che quello che si dice e della cui verità si è convinti, possa anche essere falso. Dice l'amato Wittgenstein (che sicuramente non pensava che le certezze scientifiche fossero talmente deboli da diventare risibili, e quindi "gaia", come sosteneva Nietzsche appunto della gaia scienza) che l'espressione di una proposizione da parte nostra consiste nel saperne le implicazioni qualora si rivelasse vera. Ma non è vera a priori. |
25-10-2004, 13.12.42 | #27 |
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Scusa, Kantaishi,
ma a me questi sembrano vaneggiamenti dogmatici, lapidariamente simili a quegli stralci di deliri mistico-grandiosi di riforma religiosa e sociale che ti ho citato nel precedente post...
In effetti, quelle frasi appartenevano al diario di uno schizofrenico. Se non devo credere di essere nato tempo fa e che morirò, sono autorizzato a credere di diventare il buddha quasi istantaneamente? Ammettiamolo pure, ma allora, posta quella premessa ("non sono effettivamente mai nato qualche tempo fa, non morirò in futuro") perchè la conseguenza deve essere che io diventi il buddha ? Non potrei diventare, invece, Napoleone oppure Giulio Cesare ? Se, al contrario, nego quella premessa e ritengo di essere realmente nato, di stare vivendo e che la mia esistenza non sia che una contingenza transitoria del mondo, allora mi troverei in una sorta di sovrapposizione di stato tra vita (l'anatra che sguazza nello stagno) e morte (l'anatra arrosto) ? E per quale ragione, se è lecito domandarlo ? Quando, tre anni or sono, morì il mio più caro amico, ti assicuro che, in quel dolore straziante, non mi sentivo affatto vivo a metà e mai avrei pensato, gettando una zolla di terra nella sua tomba, di poter essere meno transitorio di lui. Perdonami, ma a me pare che se queste citazioni pazzesche posseggono un senso compiuto nell'originale, allora forse esso non è quel nonsense che, ingenerosamente, scaturisce dalla traduzione. Forse si tratta di lingue inadatte alla traduzione simultanea: forse una versione più fedele supporrebbe un'ermeneutica inapplicata. Perchè, credimi, se questa fosse l'interpretazione "corretta", ti posso assicurare che essa conduce dritto dritto allo stupore catatonico. |
05-11-2004, 23.18.24 | #28 |
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La mia opinione
Personalmente ritengo l’onestà intellettuale la peculiarità di una mente che sa riconoscere ed affermare punti di vista che nel suo modo di vedere sono contestualmente veri, anche se questi enunciati vanno contro l’interesse di chi l’enuncia.
Ad esempio amo dire che il terzo mondo l’abbiamo defraudato noi opulenti occidentali, ed in questa affermazione vado contro i miei interessi di + o – opulento occidentale. Allo stesso modo amo dire che la lega lombarda, (il partito), è l’espressione di egoismi piccolo borghesi che tirano a difendere gli interessi di una sola parte del paese, mentre da lombardo quale sono dovrei difendere le posizioni della lega. Il mio tirarmi la zappa sui piedi non è sterile masochismo, lo faccio per un’”ideale” più grande e cioè una verità oggettiva, (ancorché contestuale), che si esprime appunto attraverso l’onestà intellettuale e che, secondo me, è dovuta alle persone che mi circondano. Non so se mi sono capito? Spero di si. P.S. L’accezione che Russel da al termine è un po’ alta per il mio q.i. o forse questa sera sono troppo stanco. |
12-11-2004, 21.03.59 | #29 |
Utente bannato
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Onestà intellettuale.
Onestà intellettuale è dire che il 30% di ciò che è scritto nel"Mein Kampf" di Hitler sono parole sacrosante.
Onestà intellettuale è dire che il 20%di ciò che è scritto nel Vangelo di Matteo è giusto e accettabile. Onestà intellettuale è dire che il 20%di ciò che è scritto nel"Malleolus maleficarum"(il testo per la caccia alle streghe) sono parole sacrosante. Onestà intellettuale è dire che il60%di ciò che è scritto nel famoso trattato di magia nera:"Il necronomicon"è esatto. Onestà intellettuale è dire che i Promessi sposi di Alessandro Manzoni è un libro sacro ispirato da Dio. Questa è comunque solo la mia opinione. Hare Krishna. Kantaishi. |
25-11-2004, 00.40.20 | #30 |
Utente bannato
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Onestà intellettuale è dire che i Promessi sposi di Alessandro Manzoni è un libro sacro ispirato da Dio.
Non credo che fosse ispirato da Dio ...da quanto ne risulta ultimamente, era un goliardico, ben in cane... ispirato alle donne.....non dalle...donne....per quello forse è sacro....ed ispirato... chissà... vedi tu... passavo...capita... Ultima modifica di Kim : 25-11-2004 alle ore 00.56.23. |