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02-05-2004, 22.59.26 | #64 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 19-11-2003
Messaggi: 978
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Citazione:
Giusto, riconfermo ciò che ho detto, se vogliamo una filosofia che non sia solo fine a se stessa, bisogna che la rendiamo utilizzabile giorno per giorno. Un professorone di filosofia che si chiude nel suo ufficio (NE VEDO TANTI) e ritiene che la filosofia è solo argomento di discussione per studiosi affermati non fa fino in fondo il suo dovere... Sarà che sono stato influenzato dai dialoghi platonici dove il ruolo della filosofia era migliorare "l'anima dei cittadini". Tenere chiusa la filosofia nei SUOI SCHEMI , NEI SUOI SISTEMI, NEL SUO LINGUAGGIO INCOMPRENSIBILE AI NON ADDETTI, PRESERVA UN CERTO TIPO DI FILOSOFIA "TECNICA" MA HA SEPELLITO LA POSSIBILITà DI UNA FILOSOFIA PRATICA, DI TUTTI I GIORNI, DELL'UOMO , L'UOMO IN GENERALE, L'UOMO COMUNE, L'UOMO CHE TROVA L'EQUILIBRIO COL SUO AMBIENTE, L'UOMO CHE FA FILOSOFIA "PER VIVERE MEGLIO". (stiamo andando fuori tema, bisognerebbe aprire una nuova discussione per questo discorso) CIAO |
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02-05-2004, 23.09.02 | #65 | |
al di là della Porta
Data registrazione: 15-02-2004
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Re: Re: Per maggior chiarezza
Citazione:
Mi intrometto per ripetere una mia considerazione. La percezione sensoriale (leibnicht la chiama processo mentale) che tu avrai di quel cane sarà oggettiva, sarà identica per me per te per tutti. La traduzione razionale, (la definizione che daremo a quella nostra percezione) sarà invece soggettiva. Ma non è una risposta filosofica la mia, è più ricavata dal mio personale lavoro introspettivo. Ultima modifica di nicola185 : 02-05-2004 alle ore 23.11.38. |
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03-05-2004, 00.05.03 | #66 |
al di là della Porta
Data registrazione: 15-02-2004
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ulteriori spunti e considerazioni
Naturalmente non si danno mai oggetti che come unica caratteristica hanno quella di essere belli. Essi sono anche utili o dannosi, entrano nel gioco delle relazioni sociali dell'uomo, hanno un senso ed un valore, morale o economico. A seconda della prospettiva da cui li si osserva, si formano dei particolari "tagli" sul reale. L'economia come la sociologia o la morale studiano gli oggetti ciascuno da un punto di vista diverso. Anche l'estetica adotta un simile approccio al reale; il "taglio" che essa opera sull'oggetto per studiarlo può essere definito in via generale dalla nozione filosofica di bellezza.
Da qui la seguente tesi: Prima tesi: L'estetica è una disciplina filosofica. Essa studia l'oggetto secondo quel particolare "taglio" che è definito dalla nozione filosofica del bello. Non bisogna considerare l'estetica come un'isola staccata dalle altre, all'interno dell'arcipelago delle discipline filosofiche. In senso rigoroso la filosofia non ammette distinzioni così radicali. Essa non può essere definita come un insieme di ricerche distinte riunite sotto un unico nome per comodità di studio, per dar loro una cornice unitaria. Nella sua storia ormai più che bimillenaria la filosofia ha sempre mirato ad una visione unitaria del mondo. Vi è un motivo profondo che ha spinto gli studiosi del passato a conservare un carattere unitario alle loro ricerche filosofiche, nonostante spesso essi siano stati impegnati in analisi settoriali, su singole regioni del reale o su aspetti particolari. La realtà tutta nella quale viviamo e che ci costituisce come uomini è enormemente differenziata al suo interno, sia nello spazio che nel tempo. Esiste davvero un'immensa molteplicità di corpi nell'universo; considerata su scala umana, la Terra, piccolo corpo celeste, è immensa e su di essa vivono milioni di specie viventi e mille e mille corpi diversi. Esiste davvero la storia delle cose e dell'uomo, uno sconfinato oceano di avvenimenti nel tempo, con moltissimi protagonisti e nessun termine chiaro all'orizzonte umano: un ininterrotto fluire temporale. Esiste davvero tutto questo. Ma la realtà, pur nell'infinito dispiegarsi nel tempo e nello spazio, è pur sempre qualcosa di unitario, un mondo trattenuto insieme da costanti, siano esse leggi di natura o ancora non chiarite realtà metafisiche nascoste ai deboli occhi dell'uomo. Non avremo mai davvero compreso sino in fondo un aspetto del reale finché non saremo riusciti a spiegarlo nell'ambito del tutto, finché non ne avremo chiarito il senso profondo che lo accomuna alle ragioni ultime delle cose. La bellezza non sfugge a questa regola. Facciamo un esempio. E difficile definire correttamente il bello, ma in via preliminare possiamo accontentarci della comune nozione, quella che ci fa dire che questo è bello mentre quest'altro non lo è: una sensazione interiore in generale piacevole, a cui fa riscontro un oggetto esterno. Ebbene: perché in natura esiste la bellezza? Perché un tramonto estivo sul mare, fugace gioco di luci e di colori, d'aria e d'acqua, è così carico di seduzioni estetiche? Qual è il senso della sua bellezza? Queste domande sono parte dell'estetica, perché hanno per oggetto il bello. Ma poiché pongono un problema di senso, esse hanno una natura metafisica; è possibile dar loro una risposta solo nel quadro di un'analisi sul senso del reale. Per rispondere dobbiamo portare avanti la ricerca utilizzando gli strumenti concettuali definiti dai filosofi che hanno cercato di cogliere l'essere del mondo nascosto nelle pieghe del suo manifestarsi, nel puro e semplice presentarsi degli eventi. Di fronte al bello, ed al fascino che da esso promana, non possiamo smarrire il rigore delle domande filosofiche, non possiamo dimenticare che la realtà è una e non un caos frammentario. Per quanto ne sappiamo, naturalmente. 1.3. L'estetica e la nozione di bellezza Perché è difficile la chiara definizione della nozione del bello? Se partiamo dall'esperienza quotidiana rileviamo che, in proposito, i pareri degli uomini non sono sempre concordi. Sin dalla prima filosofia greca si è dovuto rilevare che alcune cose sono belle per alcuni, meno belle per altri, che il giudizio degli uomini è influenzato da gusti personali, dalle situazioni del momento, ma anche da considerazioni che col bello non hanno direttamente a che fare, come l'utilità o la moralità. E la storia delle arti ci insegna che i canoni di bellezza variano moltissimo nel tempo, in rapporto alla cultura e ai valori del momento, ma anche alla struttura sociale ed alle condizioni economiche e culturali dei fruitori. La conclusione è che ciò che si intende con il termine "bello" cambia nel tempo, e questo rende difficile la sua precisa definizione. Tuttavia questo discorso non riguarda il bello in quanto tale, ma il giudizio estetico che gli uomini danno su un oggetto. I1 giudizio cambia perché cambiano gli uomini e le loro condizioni socio-culturali e dunque il loro canone, il loro metro di giudizio. Ma il bello è una caratteristica del gusto umano, o piuttosto della cosa stessa? Se un poeta esalta nei suoi versi l'atmosfera tersa di un mattino invernale pieno di sole intende parlare di due realtà distinte: da un lato vuol dirci che quel mattino è bello; in secondo luogo vuol descrivere uno stato d'animo, di cui coglie delicate sfumature. Ma non sono la stessa cosa uno stato d'animo ed un mattino invernale. Il soggetto della percezione estetica deve essere tenuto ben distinto dall'oggetto. Ebbene, il bello appartiene all'oggetto o al soggetto? E' bello il mattino invernale o è bello l'animo dell'uomo che lo percepisce? Il bello è insito nella cosa, o nasce dall'accordo tra la cosa e la vita interiore dell'uomo? Da tutto questo derivano una nuova tesi e due gruppi di problemi. Seconda tesi: Nello studio del bello si deve distinguere la bellezza insita nell'oggetto dal giudizio estetico elaborato dal soggetto. Primo problema: (sulla bellezza oggettiva) - Esiste davvero una bellezza insita nell'oggetto? E' possibile scoprire canoni oggettivi del bello ? Secondo problema: (sulla soggettività del giudizio estetico) - Il giudizio estetico obbedisce, almeno in parte, a regole oggettive oppure è del tutto soggettivo e mutevole? E se lo è, da che cosa dipende questa variabilità? Tutte le difficoltà hanno origine dall'esperienza stessa. Ci sono momenti in cui un incantevole panorama o il quinto canto dell'Inferno dantesco ci commuovono intensamente e ci spingono ad un'analisi profonda di noi stessi, alla ricerca delle radici intime del nostro essere; ci sono momenti in cui il loro fascino ci lascia del tutto indifferenti o ci irrita. Non per questo non ne comprendiamo la bellezza; solo che essa non ci parla, non interagisce con noi. E' chiaro che questo stato di cose dipende dalla natura umana ben prima che dalla natura dell'oggetto estetico. Tuttavia i problemi non possono essere liquidati con questa constatazione. Da un lato infatti non è per nulla chiaro quale aspetto della natura umana presieda ai sentimenti ed ai giudizi estetici, né è chiaro che relazione abbia un sentimento di questo tipo con il resto della nostra vita interiore - per esempio con i nostri sentimenti morali. In secondo luogo, ci troviamo subito in difficoltà se proviamo a chiederci perché continuiamo a considerare incantevole quel panorama e commovente il quinto canto dell'Inferno nonostante essi non ci incantino né ci commuovano. Non siamo affatto portati a cercare la risposta dentro di noi, ma in essi, perché istintivamente valutiamo la bellezza una loro caratteristica e non una nostra arbitraria sensazione. Non è facile però spiegare per quali motivi oggettivi la nostra valutazione estetica sia positiva, come mai riconosciamo il bello nonostante la comunicazione emotiva sia interrotta. Mario Trombino da ricerca su internet http://www.ilgiardinodeipensieri.com.../estetica1.htm |