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23-04-2015, 00.55.24 | #22 |
Ospite abituale
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Riferimento: La contraddizione fenomenologica originaria
La metafisica ritiene che vi sia un ordine superiore nel cui nocciolo risiede la verità recondita dell'Essere, un immutabile, eterno. Il concetto quì è l'ontologia il "c'è". Questa entità è la verità "in sè e per sè".
Ma la metafisica scaturisce dal pensiero e dal segno/signifcato umano che si esprime nell'epistemologia o gnoseologia, ciò nel movimento del conoscere. Se l'ontologia spiega che gli enti appaiono pone come soggetto predicativo l'essere. Se l'epistemologia pone l'uomo soggetto del predicato allora è l'uomo che cerca i signifcati attraverso la conoscenza. La dialettica è diversa rispetto all'ontologia greca, o meglio riprende il concetto parmenideo dell'essere eterno e pone la contraddizione già nella struttura originaria per spiegare che l'apparenza degli enti mostrano la contraddizione. L'originalità della dialettica è mentale prima ancora che logica poichè è tautologica. La metafisca storicamente ha di fatto separato l'essere dai fenomeni, accettando la contraddizione, ma entrando nell'errore , poichè diventa fisica e con ciò ritiene che l''apparenza sia la verità, in realtà è una verità contraddittoria poichè separata dai signifcati della struttura originaria e quindi riduttivistica, vede ciò che vuol vedere cioè la volontà di potenza, quando invece ogni significato è correlato ad insieme più vasto fatto di contrari, di relazioni. Ad esempio il verde è uno dei colori, ma se pensiamo al verde è perchè lo separiamo dagli altri colori. la foglia è verde, ma può essere quella stessa foglia anche gialla,ecc. la nostra cultura è abituata alla consuetudine di separare nettamente gli attributi e proprietà, così che le cose appaiono e scompaiono dal nulla, ma il giallo e il verde della foglia sono insiti nell'ente foglia, quando invece l'apparire di una proprietà ,di un ente porta con sè la contraddizione ma lasciando intravvedere come in uno specchio deformato(dalla contraddizzione) la verità delle relazioni con l'origine che è l'insieme di tutti i significati. C'è un'analogia con il "secondo" Wittgenstein, quello delle Ricerche, con Quine e di Davidson in questo concetto, ma dal punto della filosofia del linguaggio. Nessun signifcato "satura" semanticamente , tant'è che l'enunciato più riduttivo o principio prima ha bisogno a sua volta di rimandi con altri enunciati per poter essere argomentato. E' anche spiegabile epistemologicamente che se la quantità d isapere costruito con nuovi saperi, muta il sistema di relazione di un sapere "generale" con il particolare, vuol dire, detto in parole povere, che fra l'atomos di Democrito e il quanto di Planck, noi stiamo girando in giro ad una verità senza possiblità di coglierla definitivamente, ma semplicemente continuando a mutare l'interpretazione. Se la metafisica è "ottimistica" compresa la dialettica nella possibilità di "oltrepassare" le contraddizioni delle apparenze e giungere alla struttura originaria ,perchè c'è l'Essere, c'è la verità, le altre discipline filosofiche non credendo alla possibilità di una verità assoluta si "limita" all'interpretazione, all'ermeneutica. La mia persoanale posizione è che la metafisca può aver "ragione" a sostenere la tesi di un essere eterno con una verità che è totalità, interezza dei signifcati, in quanto gli enti sono da sempre, siamo noi che storicamente scopriamo e sveliamo conoscendo ,cioè camminiamo nel divenire contraddittorio che man mano aumenta il sapere.Severino ritiene però che questo sapere , questo infinito apparire è comunque manifestazione di una volontà di potenza in quanto continua imperterrito a separare;separa il bene e il male, il dì dalla notte, il vero dal falso quando invece coesistono, poichè non potremmo dire del verde se non conoscessimo gli altri colori,del dì se non conoscessimo anche la notte,ecc., non svaniscno i contrari quando appare un ente, la vera contraddizione è pensare e signifcare che quando dico è il dì ,ritengo svanita la notte,come se entrassero e fuoriscessero gli enti dal nulla. Dall'altra parte una critica è ritenere che è impossibile sapere quando il sapere di esaurirà. Detto in termini linguistici : quando potremmo pensare di aver esaurito dell'apparire contraddittori degli enti, e cioè tradotto linguisticamente :quando semanticamente il segno/signifcato saturerà semanticamente le significazioni di ogni ente? Il pensiero debole, il relativismo, l'ermeneutica, insomma la contemporaneità si è resa consapevole di non poter affermare definitivamente : questa è una verità immutabile. Un esempio storico e finisco. Hilbert nel famoso congresso dei matematici internazionale del 1900 pose le basi del superamento dei postulati euclidei che mi pare fossero cinque, con i suoi dodici ( vado a memoria), ma elencò , dando "un compito" ai matematici, tutti i teoremi ancora aperti insoluti e ai paradossi. Quello che intendo dire è che le conoscenze aprono a nuovi scenari, ma agli antichi paradossi, alle aporie, alle antinomie che sono il motore per proseguire i saperi non c'è mai fine. Ultima modifica di paul11 : 23-04-2015 alle ore 14.45.35. |
23-04-2015, 21.38.26 | #23 |
Ospite abituale
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Riferimento: La contraddizione fenomenologica originaria
@ Maral
Vorrei fare ancora un tentativo di capire le tue affermazioni, malgrado le profonde differenze (e reciproche contraddizioni) fra le nostre convinzioni. Per questo ti faccio due domande: 1) Se per te ogni e qualsiasi evento, anche se pensandolo lo si può distinguere dal suo significare, non può mai essere considerato sussistente senza il significare per altro, allora non vedi alcuna differenza fra: eventi come il mutare delle luci di un semaforo (l' etimologia mi sembra lampante!), le icone nel desktop del tuo computer, il cartellino del prezzo su della frutta al mercato, un gesto di saluto (aprire e chiudere la mano per fare "ciao"), un omaggio floreale, lo scodinzolare di un cane al padrone, una frase, un discorso, una poesia, un romanzo da una parte ed eventi come il cadere di un meteorite sulla terra, lo sbocciare di un fiore, lo spegnersi di un fuoco perché é finito il combustibile (senza magari che nessun uomo o animale sia presente e se ne accorga), il cadere della pioggia, il soffiare del vento, lo sciogliersi della neve in una giornata di sole, il nascere o il morire di un animale o di una pianta, l' addormentarsi o lo svegliarsi di una persona, lo spuntare di un dente in un bambino o il cadere di un dente in un anziano dall' altra? 2) Perché mai (o in che senso) questa inseparabilità inevitabile, necessaria di ogni e qualsiasi ente (anche quelli del secondo tipo di cui sopra) da un proprio significato inevitabilmente a sua volta implica la contraddizione originaria tra i significati? Se il giorno é diverso dalla notte e la pioggia dal bel tempo, non vedo contraddizioni ma solo distinzioni, differenze (ma per la verità nemmeno vedo significati in essi) fra l' accadere del giorno oppure della notte, di una giornata piovosa oppure soleggiata (e nei significati dei termini verbali che denotano questi eventi; una contraddizione la vedrei nella frase "E' giorno e contemporaneamente e nello stesso luogo é anche notte", oppure "piove e contemporaneamente e nello stesso luogo il cielo é completamente sereno", ma non in ciascuno di questi fatti, se gli uni di essi accadono, ciascuno in alternativa al proprio contrario ovviamente). (Se risulto fastidiosamente insistente in questi tentativi di capire, forse un po' donchisciotteschi e probabilmente condannati al sicuro fallimento, fammelo pure sapere, che non me la prenderò per questo). Ultima modifica di sgiombo : 24-04-2015 alle ore 07.24.38. |
24-04-2015, 22.15.03 | #24 | |
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Riferimento: La contraddizione fenomenologica originaria
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Può essere interessante notare come la totalità si manifesta nella relazione tra il tutto degli enti e il singolo ente. L'ente non è il tutto, ma è un modo di presentarsi del tutto, dunque l'ente (espresso dalla totalità del suo contraddittorio) è in contrapposizione con quel tutto per poter da esso emergere come differenza da ogni altra modalità, ma pur tuttavia contiene in sé quel tutto e apparendo gli dà il significato che è proprio solo di quell'ente. La relazione tra l'ente e il tutto degli enti è quindi dialetticamente una relazione di reciproca negazione, ma in cui ciò che è negato si trova incluso nell'ente proprio come negato cosicché l'ente e il tutto degli enti sono sì diversi ma non separati, poiché la modalità parziale che l'ente esprime ha senso solo in rapporto a tutte le modalità che questo particolare modo di presentarsi nega. All'opposto se il niente è la totalità della negazione (la totalità di quel contraddittorio, separata dall'ente affermato e presa come tale in assoluto), è pur sempre quell'ente che esprime positivamente la particolare modalità per cui ogni positivo è negato, il niente è pur sempre quel positivo che manifesta l'essere negativo di ogni positivo, e dunque è positivamente la propria radicale e totale autocontraddizione, la negazione resa come pura astrazione isolata del negativo. |
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25-04-2015, 00.12.25 | #25 | |
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Riferimento: La contraddizione fenomenologica originaria
Citazione:
La differenza tra le due classi di eventi che elenchi nella prima domanda è nel loro diverso modo di significare (che io considero inseparabile dall'evento stesso). I primi in generale appaiono subito essere, oltre che segni per se stessi, segni (prevalentemente convenzionali) per qualcos'altro, ossia il loro significato è certamente duplice. I secondi appaiono immediatamente come segni solo per se stessi e il loro significato appare univoco (anche se qui li presentiamo ovviamente in forma linguistica). Infatti se vedo che piove. il piovere mi si presenta generalmente e immediatamente proprio come tale. Questo però non impedisce che quel piovere possa essere immediatamente inteso come segno per qualcos'altro, senza che a volte (o per lo più) nemmeno me ne accorga. Ossia la differenza principale sta a mio avviso nel fatto che mentre i primi mi sono generalmente dati immediatamente come segno convenzionale per qualcos'altro, i secondi mi sono dati immediatamente come segni per se stessi e secondariamente e spesso inconsciamente come segni per qualcos'altro. Arriviamo alla seconda domanda che è più complicata. Il giorno è uno di quegli eventi che si danno in primo luogo generalmente come significato di se stesso e così la notte. Il giorno quindi non può essere la notte e nemmeno può contraddirla se giorno e notte significano solo se stessi, non si fanno segno, non possono nemmeno essere in relazione reciproca di significato. Il giorno è semplicemente il giorno e la notte semplicemente e solo la notte. Ma in tal caso non potrei nemmeno dire che sono diversi, infatti per dire che sono diversi devo collegare i loro significati, devo vedere che essi in realtà si fanno segno l'uno all'altro, che questo giorno allude a una questa notte che non è in alcun modo questo giorno e viceversa. In sostanza questo giorno non può in nessun modo essere questa notte se non presentando una contraddizione che non ha alcun senso e quindi è già tolta, è assurda pure pensarla anche se l'abbiamo pensata: pensare la contraddizione significa voler pensare l'assurdo, pensare il niente per farlo sussistere come qualcosa (come anche tu hai precedentemente notato). Questo giorno nega quindi necessariamente per essere questo giorno, di essere questa notte poiché può essere questo giorno (e significare di essere tale) solo se davvero e fino in fondo non è mai questa notte, ma proprio perché solo così può essere quello che è, è proprio da questa notte che trae il suo significato positivo effettivo di essere questo giorno e lo trae a mezzo della negazione. Per cui si può dire che il positivo essere questo giorno di questo giorno è dato dall'opposto che lo contraddice a mezzo della posizione di una relazione di negazione, ossia che l'essere questo giorno ha per significato (contiene in sé) il significato di essere questa notte come negato. e così la contraddizione è tolta A non è NON A (quindi quindi non è B, C ecc.) vuol quindi dire che A è NON A negato (quindi è B,C ecc. negati). Ora tu puoi certamente obiettarmi che tutto questo è solo un gioco linguistico fatto con dei segni che non possono indicare una cosa e il contrario di questa cosa e che pur tuttavia il loro indicare questa cosa si basa sul negare la cosa opposta. Ma quando il segno indica proprio se stesso e quindi si basa sulla negazione dell'opposto di se stesso, per poterlo negare il se stesso deve effettivamente comunque contenere quell'opposto che è con il se stesso in contraddizione pur venendolo a definire. E il modo in cui lo contiene è appunto il modo della negazione. Non credo di essere riuscito a spiegarmi, ma ci ho provato con la buona volontà di farlo. |
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25-04-2015, 22.15.15 | #26 | |
Ospite abituale
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Riferimento: La contraddizione fenomenologica originaria
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Beh, almeno su questa prima tua considerazione sono assolutamente d’ accordissimo, e ricambio convintamente il tuo ringraziamento. Continuo dunque con le mie obiezioni. Nella tua argomentazione che “Il giorno è uno di quegli eventi che si danno in primo luogo generalmente come significato di se stesso e così la notte. Il giorno quindi non può essere la notte e nemmeno può contraddirla se giorno e notte significano solo se stessi, non si fanno segno, non possono nemmeno essere in relazione reciproca di significato. Il giorno è semplicemente il giorno e la notte semplicemente e solo la notte. Ma in tal caso non potrei nemmeno dire che sono diversi, infatti per dire che sono diversi devo collegare i loro significati, devo vedere che essi in realtà si fanno segno l'uno all'altro, che questo giorno allude a una questa notte che non è in alcun modo questo giorno e viceversa. In sostanza questo giorno non può in nessun modo essere questa notte se non presentando una contraddizione che non ha alcun senso e quindi è già tolta, è assurda pure pensarla anche se l'abbiamo pensata: pensare la contraddizione significa voler pensare l'assurdo, pensare il niente per farlo sussistere come qualcosa (come anche tu hai precedentemente notato)” Mi sembra di rilevare uno slittamento (per me indebito) di significato fra “differenza” e “contraddizione”: ”giorno” è diverso da “notte” e non si può intendere l’ uno senza l’ altra (e viceversa), come risulta lampante da quella sorta di esperimento mentale da te precedentemente proposto circa il luogo dove piovesse sempre e nessuno comprenderebbe il significato di “piovere”. Ma si tratta di differenza e non di contraddizione: contraddizione sarebbe non il reciprocamente relativo (in generale; e in particolare diverso, contrario) significato dei concetti (indicanti fatti reali; o anche no) di "giorno” e di “notte”, bensì l’ affermazione che il giorno è la notte o che nello stesso tempo e luogo è giorno ed è anche notte (o viceversa). E un analogo slittamento semantico mi pare compia nella successiva argomentazione fra “negazione” e “contraddizione”: negare non è contraddirsi; contraddirsi è negare e anche affermare lo stesso concetto o lo stesso fatto. “Quando il segno indica proprio se stesso e quindi si basa sulla negazione dell'opposto di se stesso, per poterlo negare il se stesso” secondo me non ”deve effettivamente comunque contenere quell'opposto che è con il se stesso in contraddizione pur venendolo a definire”: invece deve semplicemente negarlo (omnis determinatio est negatio). Infatti tu concludi il ragionamento affermando che “il modo in cui lo contiene è appunto il modo della negazione”: per l’ appunto, non della contraddizione (che sarebbe la negazione + l’ affermazione). A presto! |
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25-04-2015, 22.26.25 | #27 | |
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13-08-2015, 15.43.01 | #28 |
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Riferimento: La contraddizione fenomenologica originaria
Riflettendo sul senso dell'essere,dopo lunghi tentativi di giungere ad una visione totale delle cose sono arrivato alla conclusione di come la realtà sia tutta un'eterna contraddizione con sé stessa. Capite perché possa interessarmi profondamente l'argomento, e volevo avere dei chiarimenti riguardo la logica di Severino da chi ne sa sicuramente più di me.
In particolare volevo chiedere se Severino consideri come valido il non essere (ovvero che una cosa possa essere e non essere) o semplicemente il non apparire (e quindi che una cosa possa apparire e non apparire) e quali di questi distrugge il principio di non contraddizione. Io sono più propenso per la seconda ipotesi,però vorrei eventuali conferme e soprattutto spiegazioni sul significato che Severino da alla parola essere. |
14-08-2015, 16.43.15 | #29 | |
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secondo me : il PDNC (Aristotele) è il COMPLEMENTARE del PDC (Hegel) ma la "DEFINITIVA" COMPLEMENTARIETA' APPARIR-EBBE solo nell'OO IN ATTO cioè Oggi mi appare solo LOGICAMENTE ... ovvero CONCRETAMENTE/FENOMENOLOGICAMENTE NON Apparirà MAI "DEFINITIVAMENTE".. ed è per questo che il Continuo PANTA REI NON CESSERA' MAI.. e d'altronte una ri-lettura di Eraclito come Oscuro Filosodo dell'ARMONIA degli OPPOSTI (A e NON-A) mi porta a leggere il suo motto "MUTANDO RIPOSA" secondo la logica sopra esposta.. e dicasi lo stesso x l'altro più famoso : "ci bagniamo nello STESSO fiume ma acque SEMPRE DIVERSE ci bagnano, Siamo E NON Siamo gli STESSI".. Buon Ferragosto a tutti Piero PS: e però.. da qui dire che con ciò che "Ogni Singolo Ente è Eterno" c'è un balzo che la Logica FORSE può anche Dedurre ma la Vita quotidianamente ci Nega.. il Severino credo che ne esca dicendo che Nichilisticamente SIAMO CONDANNATI AD ERRARE.. sino alla Gloria che mi sembra una versione modificata dell'Idea Assoluta di Hegel della Venuta di Dio alla fine dei tempi o del Paradiso Perduto in cui già Siamo e non ce ne accorgiamo (per es, Paracelso) ... o nel Disvelamento dell'Essere dell' Heidegger dei Quaderni Neri (ma prima ahi noi ci sarà la Distruzione Violenta dell'Ente più o meno simile al Dominio della Tecnica di Severino che precede la Gloria).. . |
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17-08-2015, 23.39.00 | #30 | ||
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