“Tra i numerosi significati di
wei vi è essere, fare, fare con le proprie mani, mettere in pratica, mettere in atto. […]
Tuttavia nel contesto delle scritture taoiste esso significa piuttosto chiaramente: forzatura, intromettersi ed artificio. […]
Perciò
wu-wei come “non-forzante” è quello che noi intendiamo con andare con la corrente, seguire la venatura, girare con la ruota, nuotare con la corrente, mettere le vele al vento, prendere la corrente così come viene, piegarsi per vincere.
Il miglior modo per esemplificarla è forse nelle arti giapponesi dello judo e dell’aikido in cui un avversario viene sconfitto dalla forza del suo stesso attacco, e quest’ultima arte raggiunge tali vette di bravura che ho visto un attaccante gettato al tappeto senza neppure essere stato toccato.
Il principio è illustrato dalla parabola del pino e del salice sotto la neve. Il ramo del pino, essendo rigido, si spezza sotto il peso, ma il ramo del salice si piega sotto il peso e la neve scivola giù. Specifichiamo, comunque, che il salice è elastico, non floscio.
Wu-wei è perciò lo stile di vita di colui che segue il Tao, e deve innanzitutto essere compreso come una forma di intelligenza – cioè di conoscere i principi, le strutture, le tendenze delle cose degli uomini e della natura così bene da poter usare il minimo quantitativo di energia nel trattare con esse. Tuttavia questa intelligenza è, come abbiamo visto, non semplicemente intellettuale; essa è anche l’intelligenza ‘inconscia’ dell’organismo tutto, e, in particolare, la saggezza innata del sistema nervoso.
Wu-wei è una combinazione di questa saggezza con il seguire la via della minima resistenza in ogni azione. Essa non è il mero allontanamento dallo sforzo.”
Il passo che ho riportato è solo un breve estratto (che spero possa contribuire alla discussione) da un capitolo di venti pagine sul "Wu-wei"; l’autore è Alan Watts, il titolo del libro è: “Il Tao: la via dell’acqua che scorre”, ed. Ubaldini.
un saluto a tutti