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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere. |
22-09-2014, 17.06.55 | #12 |
Ospite abituale
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Riferimento: characteristica universalis
paul11:
Già nell'etologia alcuni gesti sono significati . Il colore interno del becco dei nidiacei è sperimentalmente provato che induce i genitori a sfamarli.ed è un imprinting. Ma se anche questi significati fossero "convenzioni utili" non avrebbero una natura identica a quella delle parole tramite cui li indichiamo? |
23-09-2014, 21.54.37 | #13 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 17-12-2011
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Riferimento: characteristica universalis
Citazione:
Si, la natura comune è la comunicazione. Ma cambiano i linguaggi. Più sono evoluti e più strutturano sintassi e senantica, segni e significati. Un problema è l'ambiguità dei concetti, delle proposizioni. Le regole dovrebbero servire a togliere ambiguità, a dare i valori di vero e falso, ecc. Ma a mio parere il problema a quel punto, dei linguaggi evoluti, è ritenere il linguaggio stesso fonte di verità. Penso invece che i linguaggi siano mediazione per relazionare agenti che hanno una mente o alneno un cervello animale. Quindi è la struttura dell' hardwer che limita o meno il software, Si possono assionatizzare i linguaggi, ma il problema è quanto il loro utilizzo si scosta o meno dal reale, perché comunque il linguaggio decide il come noi leggiamo. la realtà e quindi il modelo di rappresentarla. |
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24-09-2014, 19.36.01 | #14 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 26-11-2008
Messaggi: 1,234
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Riferimento: characteristica universalis
Citazione:
Dissento radicalmente dalla concezione del cervello come hardware e mente come software, ma mi limito a segnalarlo avendo già pesantemente sollecitato i "cabbasisi" dei frequentatori dl forum (per dirlo come il medico legale di Montalbano) con le mie convinzioni sull' argomento. Mi interessa rilevare due cose. Che c' é una differenza a mio avviso importante fra il modo in cui inconsapevolmente, non intenzionalmente, non di proposito il colore interno del becco dei nidiacei segnala ai genitori l' esigenza di sfamarli e il modo in cui gli uomini consapevolmente, intenzionalmente, di proposito si scambiano segnali e messaggi linguistici. E che le affermazioni verbali (linguistiche) se conformi alla realtà di cui parlano sono vere (per definizione). E comunque i linguaggi, per poter effettivamente ed efficacemente mediare e relazionare agenti che hanno una mente o almeno un cervello animale, devono rispondere a determinati requisiti di conformità o corrispondenza o per lo meno compatibilità con la realtà oggettiva di cui i cervelli animali fanno parte. |
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25-09-2014, 11.23.27 | #15 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 17-12-2011
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Riferimento: characteristica universalis
Citazione:
Francamente non ho a mia volta sciolto, per quanto mi riguarda, la problematica cervello/mente, che ritengo fondamentale. Perchè: 1) qual è la definizione di mente? 2) esiste una mente senza un cervello? ovvero, alla morte cerebrale di un cervello "fisico",continua a sussitere una mente? mi pare di no... quindi esiste un legame fisico che lega un cervello ad una mente. La comunicazione innata o istintiva deve avere dei presupposti di sviluppo( come un seme che dà una pianta), sarà il DNA presumo. Penso che ci sia una codificazione del messaggio standardizzato, cioè l'universalità degli uccelli interpreta il colore del becco interno dei nidiacei come messaggio" ho fame". La comunicazione linguistica umana la ritengo molto più complessa. Perchè ogni popolazione ha costruito un suo idioma, un suo fonema, un segno o scrittura e una decodificazione. Per essere esplicito: qualcuno ha indicato in Papuasia(è assolutamente a caso) che un pietra ha un fonema, a qualcun'altro. Se il legame pietra ,fonema è accettato da quella comunità, diventa una convenzione linguistica. Ma da un'altra parte di quello stesso mondo, magari in scandinavia, quell'oggetto pietra è stato associato ad un fonema. Più una intelligenza è complessa e si struttura e più esistono differenze peculiari fra l'universalità degli uomini, cioè c'è una individualizzazione Poi accade che quel fonema a sua volta viene codificato in un segno di scrittura, quindi c'è un altro passaggio dal fonema al segno e quel segno a sua volta deve essere condiviso dalla comunità affinchè diventi convenzione comunicativa. Ma il passaggio avviene anche inversamente, cioè il linguaggio evoluto della scrittura deve essere DEcodificato nel fonema(suono) e nella rappresentazione ad esempio di quella pietra. Potrebbe essere che i primi linguaggi fossero onomatopeici, cioè il suono naturale percepito ( ad esempio di una pietra che rotola) fosse il primo fonema inventato che indica e quindi relaziona oggetto-suono. Sappiamo che anche gli animali segnalano con ferormoni, con canti e gestualità ad esempio il loro territorio, o l'approccio sessuale con addirittura danze o cambiamenti di colori,ecc. Quì il livello è prettamente "sensoriale". Invece nell'uomo è strutturato fino all'astrazione e più si evolve e a mio parere più si fa ambiguo, perchè la formulazione linguistica di un concetto astratto è diverso da una formulazione che indica appunto quella pietra. O invento una codifica assiomatica di simboli come in un linguaggio matematico, formulando una premessa assiomatica con regole interne che quindi diventa autoreferenziale , oppure nel linguaggio mondano discorsivo rimane molto ambiguo perchè si intersecano i livelli strutturati di linguaggio. Leibniz a mio parere, ha tentato la prima via, con ragione.Ma attenzione perchè il rischio è matematizzare ad esempio la realtà come sta diventando la quantistica. Significa che quel linguaggio, legge il mondo, in quanto relaziona gli agenti e influisce sul modello di rappresentazione in quanto come segno linguistico codifica e poi decodifica dei "segnali" interpretati. Ma quanto un linguaggio ci dà l'effettiva realtà? Il problema filosofico oltre che strettamente analitico del linguaggio, costruisce problematiche fra epistemologia(come conosciamo), ontologia (ciò che è che esiste), ovviamente. Perchè è la scelta di un linguaggio che ad esempio è diventato logica che decide cosa esiste e come relaziono le procedure logiche di quel linguaggio Ma la scelta del linguaggio presuppone una epistemologia , cioè ho deciso il come conoscere accettando una codifica linguistica come strumento che legge una realtà, o una convenzione che una tradizione culturale ha passato di generazione in generazione. Faccio un altro esempio su di me. Personalmente sono un credente cristiano, quanto il linguaggio teo-logico mi dà del linguaggio utilizzato da Gesù? C'è una "auto-dialettica" in me fra linguaggio logico , il linguaggio dei sentimenti, ecc. Significa che il tentativo di razionalizzare si scontra ,se così posso dire, con un linguaggio "irrazionale" dei sentimenti che crea un sistema di credenze. Generalmente scelgo in qualunque campo della conoscenza , un'auto-dialettica che fa sì che vi sia uno scontro fra un mio presunto atteggiamento scettico e dall'altra un dominio logico linguistico, che cerca di trovare una soluzione con quello che vivo ogni giorno, con una realtà condivisa nella sua fattualità. Ecco perchè, ma è del tutto personale la mia "visione" e quindi criticabilissima da altri, se un concetto astratto è troppo al di fuori rispetto alla mondanità fattuale, la giudico una elucubrazione. Insomma per me un concetto deve avere un appiglio linguistico che mi aiuti a capire il mondo in cui vivo, utile ad un progetto, uno scopo, un comportamento. Ultima modifica di paul11 : 25-09-2014 alle ore 13.53.37. |
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25-09-2014, 19.49.33 | #16 | |
Ospite abituale
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Riferimento: characteristica universalis
Citazione:
I cristiani non credono forse che l' "anima" (che non credo sia cosa molto diversa dalla mente) sopravvive alla morte del corpo e distruzione del cervello? Sono d' accordo con gran parte delle tue considerazioni. Non con l' affermazione che esiste un legame fisico fra mente e cervello, che non credo consegua affatto necessariamente dalla premessa (che condivido) secondo cui alla morte di un cervello (ovviamente fisico; ma anche solo allo stato di come irreversibile) non sussiste più una mente (veramente un' esperienza cosciente, con "contenuti" sia mentali che fisici). Credo anzi che si possa affermare che decisamente non può sussistere un legame "fisico" fra mente e cervello per il carattere non-fisico (=non materiale) della mente e perfettamente fisico (=materiale) del cervello e per la chiusura causale del mondo fisico, presocché universalmente riconosciuta necessaria perché se ne abbia conoscenza scientifica (e comunque accettata da me personalmente, ragion per cui non posso che ritenere impossibile un' interazione fisica mente-cervello). |
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26-09-2014, 11.44.05 | #17 | |
Ospite abituale
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Riferimento: characteristica universalis
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Le tue domande aprono argomenti "spinosi", di cui posso solo fare ipotesi anche del tutto personali, quindi pigliale per quelle che sono. Non intendo nemmeno io che esita una corrispondenza fra cervello e mente, ma che al mutare di un concetto mentale corrisponda ad uno stato diverso in termini fisici del cervello questo sì. Cercherò di spiegarmi meglio. Se la mente cambia in qualcosa anche l'aspetto fisico da qualche parte , a livello di sinapsi a livello molecolare atomico cambia qualcosa. Ma è altrettanto vero che non credo possibile una totale corrispondenza, ad un esempio un fantascientifico marchingegno che legge nel cervello la mente. D'altra parte come può una energia elettromagnetica opportunamente manipolata da un circuito elettronico (con transistor, condensatori, resistenze, ecc.) a livello di microcircuitazione di un microprocessore diventare immagini e scrittura? C'è un programma, costruito con istruzioni che interagisce fra la parte fisica e quello che appare in output. Quell'energia elettromagnetica che si attiva quando accendo un computer, viene manipolata da un programma che a sua volta interagisce e istruisce la parte fisica cambiandone gli stati fisici (chiusura e apertura di microcircuiti che corrispondono ad una codificazione della matematica binaria). Il linguaggio non è altro che portare quello stato fisico ad una lettura che noi umani possiamo manipolare con input di tastiera, mouse, ecc. Ma non è che guardando con un microscopio elettronico a livello molecorare un chip fisico io vedo quello che appare sul video del computer, perchè manca tutta la parte dell'interfaccia fra fisico e output(immagini, scrittura). Il problema penso del computer sta nella limitatezza fisica di un chip di silicio ch diventerà sostanza organica in futuro e utilizzo in parallelo e non seriale dei dati. Quindi una enorme amplificazione delle potenzialità "fisiche" che saranno la base di sviluppi dei programmi e delle interfacce8computer quantistici?) Questo esempio per dire che, ritornando al cervello umano: 1) ci deve essere una predisposizione fisica del nostro cervello, innata, cioè trasmessa geneticamente e con parti fisiche del cervello predisposte al linguaggio. 2) Deve esserci una interfaccia fra cervello e mente e a mio parere è la parte più difficile da capire e trovare 3) la nostra mente ha una enorme plasticità e strutturazione che investe dall'istinto al logico deduttivo, dallo psichico allo spirituale, l'intuito,ecc. Costruisce una cultura, intesa come condizioni che il sistema ambiente in cui vivo mi trasmette non solo come segnali fisici in ingresso, ma come struttura che interagisce semmai con quei segnali, delle forme di preconcetto, di abitudine nel tempo, di tradizioni culturali, di quello che io credo di aver capito(che non necessariamente corrisponde con il mondo là fuori). Spero di essermi fatto capire almeno un poco. Quella che segue è una mia ipotesi del tutto personale, chiamala pure una elucubrazione, perchè so da me che mi avventuro su una strada non comprovabile, almeno attualmente. Da credente ritengo che l'anima sia l'interfaccia fra corpo e spirito. L'anima non corrisponde allo spirito perchè quest'ultimo è al di fuori dello spazio tempo e del mondo fisico per come lo conosciamo attualmente,bensì la mediazione fra la dimensione fisica e quella dello spirito. Rimane in noi quest'anima fino a poco dopo la morte fisica e ritorna allo spirito consegnandogli la nostra esperienza del corpo. In altri termini il mio spirito è in un altra dimensione e il suo cordone ombelicale, l'anima, gli permette di registrare nel corpo fisico la mia esistenza, e ha anche la qualità quest'anima, di farsi sentire in qualche modo, come un richiamo di quello spirito. So che sei materialista, quindi ti ripeto, prendi queste affermazioni con tutti i benefici d'inventario. La mente corrisponde in molto della mia esperienza che entra nell'anima, ma non credo che corrisponda totalmente all'anima, perchè quest'ultima è parte dello spirito. Il mondo fisico non penso che sia così meccanicistico del tipo causa -effetto come poteva sembrare due secoli fa e quindi così deterministico e predittivo, anche se ammetto io stesso preferisco nella mia parte della auto dialettica mantenere quello scetticismo critico che mi permette di non andare totalmente su concettualità così astratte e al di fuori della realtà. Sorgerà una domanda: Paul 11 è contraddittorio fra spirito e scetticismo. Lo sono e lo vivo nella misura in cui noi stessi e il mondo appaiono non svelati da una verità e contraddittori. Il percorso di conoscenza da rendere organica e organizzata implica apertura del sistema mentale ed esercizio del dubbio, come filtro conoscitivo affinchè non sia nè credulone e nè chiuso in me stesso in una certezza che non esiste e che non ci appare o forse nemmeno ci appartiene. Questo mi porta semmai ad un piacevole confronto con chiunque a con chi la pensa all'opposto di me, ma proprio perchè anch'io azzardo ipotesi e voglio apertura mentale da me stesso, imparo allora ad ascoltare gl ialtri a rispettarne ciò che pensano e insieme a cercare di capire. Forse quet'ultima parte fa capire la difficoltà di Leibniz ad universalizzare un metodo. Non essendoci una verità assoluta a noi tangibile ed essendo noi strutturati nella complessità, non esiste un cervello uguale ad un altro tanto meno una mente così come è difficilissimo trovare due DNA uguali. Significa che la lettura del mondo non potrà che differire in qualcosa, a volta di sostanziale altre volte solo superficiale. |
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27-09-2014, 07.43.12 | #18 |
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Paul11:
Non intendo nemmeno io che esita una corrispondenza fra cervello e mente, ma che al mutare di un concetto mentale corrisponda ad uno stato diverso in termini fisici del cervello questo sì. Cercherò di spiegarmi meglio. Se la mente cambia in qualcosa anche l'aspetto fisico da qualche parte , a livello di sinapsi a livello molecolare atomico cambia qualcosa. Ma è altrettanto vero che non credo possibile una totale corrispondenza, ad un esempio un fantascientifico marchingegno che legge nel cervello la mente. Sgiombo: Sono d' accordo che al mutare di un concetto mentale corrisponda uno stato diverso in termini fisici del cervello e che Se la mente cambia in qualcosa anche l'aspetto fisico da qualche parte, a livello di sinapsi a livello molecolare atomico cambia qualcosa e viceversa; ma credo che tutto ciò, accadendo senza alcuna interazione fra mente e cervello (impossibile per la chiusura causale del modo fisico) si esprima bene attraverso il concetto di "corrispondenza biunivoca fra stati e processi del cervello e stati e processi della mente" (in un divenire per così dire "parallelo, correlato ma su piani diversi e non comunicanti, che vanno di pari passo" di materia e pensiero. E per questo credo che in linea puramente teorica, di principio (ma certamente non di fatto) sarebbe possibile stabilire "per filo e per segno" quale stato del cervello corrisponde a un certo stato della mente e viceversa. Paul11: D'altra parte come può una energia elettromagnetica opportunamente manipolata da un circuito elettronico (con transistor, condensatori, resistenze, ecc.) a livello di microcircuitazione di un microprocessore diventare immagini e scrittura? C'è un programma, costruito con istruzioni che interagisce fra la parte fisica e quello che appare in output. Quell'energia elettromagnetica che si attiva quando accendo un computer, viene manipolata da un programma che a sua volta interagisce e istruisce la parte fisica cambiandone gli stati fisici (chiusura e apertura di microcircuiti che corrispondono ad una codificazione della matematica binaria). Il linguaggio non è altro che portare quello stato fisico ad una lettura che noi umani possiamo manipolare con input di tastiera, mouse, ecc. Ma non è che guardando con un microscopio elettronico a livello molecorare un chip fisico io vedo quello che appare sul video del computer, perchè manca tutta la parte dell'interfaccia fra fisico e output(immagini, scrittura). Il problema penso del computer sta nella limitatezza fisica di un chip di silicio ch diventerà sostanza organica in futuro e utilizzo in parallelo e non seriale dei dati. Quindi una enorme amplificazione delle potenzialità "fisiche" che saranno la base di sviluppi dei programmi e delle interfacce8computer quantistici?) Sgiombo: Credo che il problema non stia nell' interfaccia fra hardware e/o software del disco fisso (centrale) e periferiche (schermo o anche stampante; presenti nella esperienza cosciente di chi le guarda ed utilizza, e non in una -presumibilmente- inesistente esperienza cosciente del computer), bensì nell' impossibile interfaccia (ma invece corrispondenza biunivoca del loro divenire) fra materia cerebrale e coscienza (con i suoi contenuti fenomenici sia mentali che materiali). Paul11: So che sei materialista, Sgiombo: Posso sembrarlo (anche perché sono ateo) ma non lo sono. Credo che i fenomeni mentali o di pensiero siano altrettanto reali di quelli materiali (reali in quanto fenomeni: "esse est percipi"!). E che se esiste qualcosa di reale anche allorché non lo sono (non accadono) i fenomeni (sia mentali che materiali) nelle esperienze coscienti, questa "cosa in sé" o "noumeno" non possa essere né materiale né mentale (non fenomenica in generale). Mi definisco pertanto "dualista dei fenomeni, monista del noumeno". Ultima modifica di sgiombo : 27-09-2014 alle ore 13.49.35. |