ATTENZIONE Forum in modalità solo lettura Nuovo forum di Riflessioni.it >>> LOGOS |
|
Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere. |
10-03-2014, 22.30.52 | #6 |
Moderatore
Data registrazione: 03-02-2013
Messaggi: 1,314
|
Riferimento: Filosofia del dialogo
Potremmo dire che il dialogo è un discorso che separa (dia - logos) e che proprio in questa separazione si esprime il suo valore che è appunto quello di tenere gli enti separati, di non ricondurli a un'indifferenziata unica totalità. Ma proprio come separati essi, a mezzo del loro dialogare, si ritrovano in rapporto ove il rapporto è dato da un reciproco ascoltarsi per così continuare a dialogare.
Il fine del dialogo non è poter concludere, ma tenere aperta la comunicazione tra diversi, per questo il dialogo è ben altro da due monologhi che si intrecciano, ove ognuno ascolta solo se stesso, fenomeno sempre più comune al giorno d'oggi in cui l'altro è solo lo sfondo sul quale meglio si illude di poter risaltare l'io. Il dialogo è rispetto della diversità ispirato da un irresistibile desiderio per la diversità che solo la presenza dell'altro con il suo discorso che non è il mio discorso può manifestare. |
10-03-2014, 23.19.02 | #7 | |||||
Moderatore
Data registrazione: 23-05-2007
Messaggi: 241
|
Riferimento: Filosofia del dialogo
Citazione:
La progressiva eclissi della verità tout court ha determinato una situazione per cui ognuno ha elaborato una propria verità, e siccome su quella basa la propria esistenza chiunque proverà a minarne le fondamenta verrà respinto con tutte le sue forze. L'ascolto quindi diverrà sempre più una forma di cortesia e una manifestazione, magari compiaciuta, di tolleranza, e non più un passo necessario finalizzato a superare i particolarismi per ritrovarsi possibilmente a condividere una visione comune in nome della verità. Citazione:
Infatti il titolo non è non è "apologia del dialogo", e vorrebbe essere una analisi critica della sua esaltazione nella contemporaneità come metodo esclusivo per la risoluzione di qualsiasi conflitto, a cominciare da quelli intellettuali. La mia tesi è infatti che questo metodo anziché sedare i conflitti ne alimenta di nuovi, e nella ipotesi che questo abbia un assoluto successo questo porterebbe alla negazione di ogni e qualsiasi intellettualità, ogni cultura, ogni visione del mondo, in un totale appiattimento sul più puro nichilismo intellettuale. Citazione:
Certo questo aspetto è importante, ma allora bisogna introdurre anche l'eristica, che è poi tutta quella serie di strumenti retorici e truffaldini che consentono di ingabbiare o deviare l'interlocutore al fine di ottenere ragione in una disputa. Ma qui non si sta parlando di competizione, non vi è un pubblico che deve decidere chi è stato più convincente nell'esporre le proprie tesi. Qui si tratta di comprendere che il dialogo, in quanto "spirito diviso", deve essere solo il punto di partenza che attraverso il ragionamento (appunto come quello che faceva Socrate) dovrebbe portare ad uno "spirito unito" nel nome della verità e della giustizia. Lo scopo di questo topic è quello di far emergere come la moderna esaltazione del dialogo sia nei fatti un metodo per convincere i contendenti ad abbandonare alcune delle proprie posizioni non in nome della verità e della giustizia, ma in nome di un compromesso al ribasso che scontenterà tutti i dialoganti senza convincerli delle ragioni dell'interlocutore, e costringendo la posizione che sarà più prossima alla verità e alla giustizia a ripiegare in favore di una posizione opposta, che sarà ovviamente più vicina alla falsità e all'ingiustizia. Se nei dialoghi socratici (pur con tutti i loro limiti e per quanto io consideri Socrate il primo razionalista e quindi, come pensava anche Nietzsche, colui che ha posto le basi della disgregazione che ha portato all'attuale nichilismo) si tendeva a convincere l'interlocutore, ovvero a renderlo progressivamente persuaso del fatto che le tesi che inizialmente sosteneva erano errate e quindi all'ovvio e spontaneo abbandono di quelle e l'adeguamento della sua mente ad una visione più conforme a verità, ora l'obiettivo non è più quello semplicemente perché essendo scomparso dall'orizzonte il concetto di verità l'unico faro di chiunque (persone, fazioni, stati, popoli) è il proprio "interesse", che comunque lo si intenda viene sempre considerato legittimo per definizione e non ha niente a che fare con verità e giustizia (o perlomeno lo si ritiene vero e giusto solo perché è il proprio). Possiamo ben notare come il fecondo dialogo che si è sviluppato nei secoli dal Rinascimento in poi abbia portato ad una confusione di tesi e proposte intellettuali tale da rendere impossibile districarsene, e la risultante non poteva che essere il trionfo del nichilismo e contestualmente la riduzione dell'uomo a bestia, intendendo con ciò non gli animali che non sono affatto nichilistici, ma l'uomo stesso che polverizzando e quindi nei fatti negando una "cultura" e una visione del mondo, dunque ciò che caratterizza più compiutamente la propria umanità, ha realizzato una sostanziale anarchia (letteralmente "assenza di principi") e ridotto se stesso al mero rango animale che esprime la sua aggressività verso tutto ciò che è a lui esteriore poiché non c'è più nulla che la diriga, la contenga, la limiti e la giustifichi. Il dialogo è stato ciò che ci ha consentito di fare, in pochi secoli e in giacca, cravatta e tailleur di Chanel, danni che in decine di migliaia di anni una umanità vestita di stracci ma con una sapienza infinitamente superiore all'uomo odierno non sarebbe riuscita nemmeno ad immaginare. Citazione:
Un tempo vi era coesione sociale, senso della comunità, entro la quale ognuno aveva il proprio posto e la propria giustificazione. Alcuni, i più portati, vi pervenivano introspettivamente in ottemperanza al precetto delfico "conosci te stesso", altri venivano persuasi ad assumere il ruolo che la comunità assegnava ad ognuno, secondo talento e predisposizione, da una qualche autorità da tutti riconosciuta e rispettata, altri, più recalcitranti, vi erano in qualche maniera costretti con la forza, ma tutti si sentivano parte di una unione che ritenevano superiore ad ogni singola individualità, e in ogni occasione avrebbero potuto rendersi conto di quanto fossero essenzialmente assenti i concetti di alienazione ed emarginazione, così diffusi oggi. Ma in quella comunità il dialogo come inteso oggi era pressoché assente, poiché vi era una tradizione di pensiero consolidato e condiviso che veniva semplicemente trasmessa di padre in figlio, e il dialogo era riservato ad una elite intellettuale che se ne serviva per consolidare il patto comunitario e renderlo via via più coeso, e non per alimentare una egolatria che porta necessariamente ad una frammentazione di visioni che condurrà fatalmente alla distruzione della comunità. Citazione:
la comprensione profonda non si realizza attraverso il dialogo e il confronto; io non posso capire come sono in profondità specchiandomi nell'altro, tutt'al più potrò condividere o rifiutare nell'altro alcuni aspetti, e riconoscerne di simili in me stesso, ma sono solo aspetti superficiali solitamente legati agli atteggiamenti che ognuno assume nei confronti dei fenomeni e degli eventi. Il profondo di noi stessi è ben altro, il profondo è anche spesso profondamente inconscio, e davanti allo specchio è impossibile farlo emergere. Il dialogo e il confronto quindi, essendo necessariamente superficiale poiché basato sulla razionalizzazione e sulla comunicazione, che sono "mediatori" di un pensiero che nel profondo è incomunicabile e può essere solo evocato e suggerito, sarà fonte di ulteriore divisione e frammentazione. Il problema è che dialogando si rimane sempre alla superficie delle cose, e questa superficie sarà indefinitamente divisibile in dialoghi sempre più frammentati che aumenteranno la confusione senza fare alcun passo avanti verso la vera profondità ed essenza delle cose e dei problemi. |
|||||
11-03-2014, 02.45.22 | #8 | ||||
______
Data registrazione: 02-02-2003
Messaggi: 2,614
|
Riferimento: Filosofia del dialogo
Citazione:
presuppone un percorso introspettivo dove io divento intimo a me stesso, dove io scendo a illuminare le zone non ben conosciute di me stesso, dove riscopro le zone credute conosciute del mio intimo allora in questo caso l’incontro con l’altro può dare luogo ad una conoscenza reciproca, poiché io già non sono estraneo a me stesso. Non credo affatto che il dialogo per come lo intendo io sia un incontro di superficie, ma dipende dal carattere e dalle ambizioni interiori.. non credo sia prerogativa di molti ambire a quel piano di intimità con l’altro compiuto attraverso un dialogo che per me diventa ricerca, scoperta, conoscenza e riscoperta reciproca e creativa. Non ho la presunzione di accostare questa intimità a quella del percorso psicoanalitico ma di certo il terreno è quello.. Citazione:
Citazione:
sia possibile una grande comprensione di noi stessi proprio nella coscienza diretta del nostro interagire con l’altro, e sarà l’altro ad essere man mano luce alle mie ombre. Citazione:
"si ritrovano in rapporto ove il rapporto è dato da un reciproco ascoltarsi per così.." ..per così accorgersi che l'identità è il rapporto stesso.. Quella la verità che andavano cercando. Ma forse corro troppo.. Il discorso è lungo e importante oltre che piacevole Per ora solo questi spunti.. |
||||
11-03-2014, 04.16.49 | #9 | |
______
Data registrazione: 02-02-2003
Messaggi: 2,614
|
Riferimento: Filosofia del dialogo
Vorrei ancora soffermarmi su di un altro passaggio:
Citazione:
c’è qualcosa di più profondo, di indefinibile che appartiene alla fonte stessa della percezione umana, una coscienza che va oltre il rispecchiarsi entro un quadro del tempo e dell’insegnamento culturale.. c’è una voce profonda, sottile, quasi impalpabile talvolta, talvolta dall’aspetto apparente di una sotterranea intuizione, una coscienza che è senso sopra i sensi.. percezione dentro le percezioni e che dona ad ognuno in qualsiasi tempo, cultura e clima una sotterranea coscienza di essere.. parole che scritte così sembrano non poter indicare nulla.. eppure l’uomo è proprio questa voce sotterranea.. tutta l’identità che va cercando di comprendere in sé, tutta la verità che cerca disperatamente di cogliere al di fuori non è che sfiorata e colta attraverso questo senso interiore, questa voce sottile, una voce il cui linguaggio è ascolto “puro”.. non premeditazione di ascolto.. ma ascolto puro.. è una porta interiore all’animo umano che valica i confini del progetto-tempo e risiede in un apparente buio che è differente luminosità.. differente percezione del colore.. differente sentire.. Questo senso dentro i sensi, questa percezione della percezione è l’anima prima, la psiche stessa che illumina l’identità umana ben oltre l’apparente certezza di essere ciò che si crede di essere e si è imparato ad essere.. Forse Acquario in poche parole ha reso meglio il nesso che io attraverso molte ho cercato di dipingere.. Perciò non crediamo così e solo ciecamente che la storia sia l’uomo e l’uomo sia della storia e per la storia.. questa apparente logica potrebbe portare l’indagine al punto di stallo di una certezza sulla ragione umana che seppellisce l’intelligenza come mero sviluppo di un apprendimento condizionato legato a doppio filo con il linguaggio apparente della coscienza intellettuale di riferimento culturale di un’epoca.. Ma se questo è anche vero non è il solo aspetto in cui questa coscienza fa esperienza di sé e del suo lume interiore.. Non tenerne conto significherebbe a mio avviso espropriare l’uomo della sua stessa anima ovvero della sua medesima imprescindibile individualità.. |
|
11-03-2014, 04.25.05 | #10 | |
Moderatore
Data registrazione: 10-04-2006
Messaggi: 1,444
|
Riferimento: Filosofia del dialogo
Citazione:
potrei anche sbagliarmi ma penso che stai dicendo la stessa cosa che ho detto io prima,e cioè che il Vero ascolto e' quello che arriva nel profondo del proprio essere e non semplicemente attraverso l'organo uditivo,che diventa solo il mezzo utile per cui mi arrivano certe informazioni. (tra l'altro uno dei possibili) io non credo che ognuno di noi porti con se la "sua" Verita,forse e' questo un punto in cui e' più facile fraintendersi,perché penso che la Verita sia solo una MA il cammino per arrivarci,o meglio sarebbe dire il percorso (mai conclusivo,finche si e' in vita) verso la Verita e' diverso per ciascuno di noi…quindi non e' affatto detto che bisogna seguire un unico percorso,che può andar bene per tutti ma ognuno seguirà il proprio anche se la "meta" sarà la stessa per tutti.. premesso che,non so quanto possa essere valido e lasciando da parte qualsiasi riferimento strettamente religioso..ma non e' stato detto che le vie (per il) del signore sono infinite? |
|