Citazione:
Sinceramente trovo un po' pesante questo innesco della querelle oggettivismo-soggettivismo al mio semplice presentare la possibilità di far capire un po' chi siamo nella vita di tutti i giorni...Questi soni i casi in cui la filosofia diventa un po' maniacale e farraginosa...
E' una folle idea quella di pensare di disquisire come se fossimo soffici e candide nuvolette prive di determinazioni...
(Iugulatus)
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Citazione:
Esplicitare (anche in parte) le nostre identità può essere utile per capire come rivolgerci all' altro, per capire come adattare (nei limiti del possibile) il nostro modo di esprimerci al "profilo" del nostro interlocutore.
(JeanGene)
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Ma il rischio è proprio questo, il filtrare il nostro sentire al fine di aderire meglio alle ipotetiche prestazioni e disposizioni dell’altro.
E’ questo l’incontro? O non è forse questo un compromesso che mai giungerà ad un contatto reale ed autentico,
come se le persone fossero infine solo e comunque la loro propria storia? Siamo dunque questo, la nostra storia?
O la coscienza e la sensibilità sono, così come nell’amore, ben altro che non l’esclusiva memoria intellettuale?
Perché allora il linguaggio? Non è già questo linguaggio un aderire ad un pensiero infine non completamente nostro?
Se vogliamo conoscere una persona a mio avviso non c’è migliore modo del darsi diretto..
La comprensione allora scatta da esigenze profonde e mira davvero alla decodifica del significato, alla mutazione reciproca.
Se per davvero
imperativo è in noi il rispetto verso l’interezza, la preziosità, l’integrità dell’altro
non è forse fondamentalmente
limitarlo della propria libertà di incontro reale il consegnargli un linguaggio atto al compromesso?
Ma infine non è forse per noi stessi che quel compromesso viene attuato al fine di non poterci realmente e sino in fondo mettere in gioco?
Se questo in un forum magari non risulta, volutamente o meno, troppo visibile
nel privato fa la differenza fra la possibilità di poter amare ed essere amati
e quella di illudersi di un incontro in realtà mai avvenuto.
Certo, è facile gestire un sociale dove lo scontro sia il meno evidente possibile
oppure talmente evidente da essere inautentico (nevrosi pronte a scattare in attesa di specchi)..
Facile
per chi? Facile per i morti, per chi sente come minaccia alla propria identità l’altrui.
Complesso è il discorso..
La buona e bella forma.. la grazia.. gentilezza..
Spesso si confondono sotto queste buone intenzioni il semplice declinare una reale responsabilità
di essere, un reale incontro, un autentico diretto proporsi..
E si confonde l’
imporsi col
proporsi come se queste non fossero agli antipodi..
Penso che si ha talmente timore del proprio lato oscuro (inconscio)
che ci si prepara tutta una strada fatta di buone forme
dimenticando che l’unica buona forma è quella profondamente autentica..
Come, se non attraverso il mio stesso diretto pormi ti esplicito per davvero chi sono..?
Cosa c’è di autentico, di intimo, nel dire cosa faccio se non sai anche per davvero il perché io lo faccia e cosa provo nel farlo?
Non è forse un mezzo, quello di auto elencarsi doti ed interessi, per eludere sé dall’incontro con l’altro
servendosi proprio del linguaggio come scudo protettivo?
Quando diciamo a qualcuno “ti amo” cosa stiamo facendo per davvero?
Stiamo amando o poniamo uno stupendo scudo granitico di fronte alla possibilità autentica di un incontro?
Lo so.. è più facile mettere distanza fra il pensiero di sé e sé.. fra il pensiero dell’altro e l’altro..
Deleterio.. ma usuale.. “facile”.. mortalmente automatico..
Pensiamo davvero che il resoconto possa rendere conto della realtà della vita dell’altro?
La capacità di amare non è forse messa in gioco solo laddove è l’intimità autentica direttamente offerta?
Oppure chiediamo il permesso di essere?
“ Questi soni i casi in cui la filosofia diventa un po' maniacale e farraginosa... “
La filosofia è farraginosa e maniacale
o è l’apparentemente lieta e impersonale consuetudine ad esserlo?
In queste domande c’è tutta la nostra direzione di una vita interiore.
Dispendioso in energia porsi direttamente.. eppure l’istinto ben ci avvisa
di affinità e lontananze.. Allora non resta che scegliere di gettare la maschera
e presentarsi senza nome né cognome..
Il Dio della Bibbia, fu accorto e lungimirante.. A domanda rispose: Io sono il senza nome.
Poi, stanco declinò con: sono colui che è. Etc..
Chi siamo dunque?
Cosa, ci rappresenta?
Quanti nomi, dunque?
Il medico, il disoccupato, lo studente, il casalingo, il cultore delle antiche profezie, quello delle nuove?
Ho mentito, ucciso, dato la vita?
Quale è la verità?
Sono interessata/o alla strada spirituale, alla conoscenza filosofica per diventare migliore, per maturare.. ?
Che significa? Abbiamo per davvero detto qualcosa di comprensibile su di noi?
Cosa significa interesse? E cosa, maturazione? E cosa, conoscere?
Su questi e non su altri sensi può a mio avviso avvenire un incontro..
Che poi il compromesso sia in taluni casi pressoché indispensabile alla momentanea salvezza
di uno stato interiore di ritiro atto al ritemprare un equilibrio fondamentale.. questa è altra cosa..
Il punto ancora una volta a mio avviso può essere sintetizzato in tali termini:
desideriamo
essere amabili o
amare?
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