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12-10-2013, 22.45.31 | #12 | ||
Moderatore
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Riferimento: Il principio di identità
Citazione:
In fin dei conti poi se è abbastanza diffusa la convinzione che esista davvero un mondo materiale di cose precedente alla esperienza che ne facciamo, perché dovremmo escludere che esista un mondo mentale di idee, sogni, fantasie, teoremi matematici, astrazioni ecc. precedente alla nostra elaborazione mentale? Certo da una posizione solipsistica entrambi questi mondi sono esclusi, ma il solipsismo è pur sempre una scelta arbitraria e in ultima analisi contraddittoria che qualcuno può trovare comoda e altri no. Citazione:
In ogni caso non mi pare che il dato esperenziale confuti il principio di identità: questa penna di cui ho esperienza come penna è proprio questa penna di cui ho esperienza. O no? |
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13-10-2013, 01.13.20 | #13 |
Ospite abituale
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Riferimento: Il principio di identità
@ Maral
A mio modo di vedere, dire: "ogni cosa è se stessa" non significa attribuire al predicato "ogni cosa" una realtà essenziale (come in Aristotele), ma significa stabilire una relazione della cosa con il concetto della cosa (come in Kant). Questa relazione, benchè tenda all'identità (in maniera trascendentale), non può essere identità, perchè non può esservi identità fra il noumeno (la cosa) e il fenomeno (il concetto della cosa) Quindi no, non possiamo affermare al di là di ogni dubbio che la realtà è in sè necessariamente coerente (naturalmente perchè non possiamo essere certi della corrispondenza della cosa e del concetto che abbiamo di essa). Questa la mia risposta, ma forse non ho ben compreso la domanda... ciao |
13-10-2013, 07.30.11 | #14 | ||
Moderatore
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Riferimento: Il principio di identità
Citazione:
Secondo me il solipsismo è un punto di vista inconfutabile da cui, con pazienza, si può costruire tutto quanto Citazione:
Certo che no. Una "nuova" teoria non può giungere a conclusioni fondamentalmente diverse da quelle unanimemente accettate nelle condizioni "normali". Un po' come avviene con il limite classico in fisica. |
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13-10-2013, 10.07.46 | #15 |
Ospite abituale
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Riferimento: Il principio di identità
Citazione:
Originalmente inviato da maral Dunque il principio di identità (A=A) che è principio di coerenza è un dato sperimentale prima ancora di essere un presupposto logico? Albert: La posizione per cui anche saperi astratti, come la matematica, derivano dall'esperienza non è nuova in filosofia. Secondo John Stuart Mill la matematica non ha una natura diversa dalle altre scienze, ma i suoi principi fondamentali sembrano certi solo perché controllati e confermati molte volte dalla nostra esperienza. In altre parole: prendo due oggetti, li conto. Ne prendo altri due, li conto e li metto assieme ai primi. Li conto tutti: ecco la prova (confermata da innumerevoli esperimenti) che 2+2 = 4. Citazione: Originalmente inviato da maral E tuttavia non possiamo affermarlo al di là di ogni dubbio, né ci conviene farlo? Albert: Direi che questo deriva da quanto detto prima. Ovviamente in questo caso il dubbio è infinitesimale, come nel caso di 2+2=4. Ma, diceva wittgenstein: "Immaginiamo che voi tutti abbiate fatto aritmetica soltanto in questa stanza. E immaginiamo che poi andiate nella stanza accanto. Ciò non renderebbe legittimo un 2+2=5?" Sgiombo: Io la penso diversamente. per me le conoscenze matematiche "pure", in quanto completamente astratte dalla realtà materiale, non "applicate" sono: o definizioni arbitrarie, o assioni assunti per veri arbitrariamente, o giudizi analitici a priori (le dimostrazioni dei teoremi), cioé esplicitazioni di verità contenute implicitamente nelle definizioni e assiomi. Per questo sono certe ma non dicono nulla del mondo reale: parlano solo del nostro linguaggio e dei concetti da noi arbitrariamente assunti e considerati, del tutto indipendentemente dalla realtà. Altro discorso é quello della matamatica applicata alle scienze naturali, per conoscere le quali (anche, fra l' altro) si inferisce per induzione, e dunque le conoscenze che consentono di ottenere (giudizi sintetici a posteriori) non sono certe in senso assoluto ma presentano un ineliminabile margine di dubbio (Hume! Riconosciuto anche da Sturt Mill), ma in compenso ci dicono qualcosa circa la realtà, sono autentiche conoscenze della realtà. |
13-10-2013, 10.37.38 | #16 | |
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Riferimento: Il principio di identità
@ 0xdeadbeef
Il senso della domanda lo hai ben compreso e la tua risposta è chiara: se non possiamo essere certi della corrispondenza tra la cosa e il concetto di essa non possiamo nemmeno essere certi dell'identità tra la cosa e il suo concetto anche se a questa identità tendiamo in modo trascendentale. Io direi di più, ossia che essendo la cosa e il suo concetto distinguibili questa identità proprio non sussiste in base al principio di indiscernibilità degli identici. In effetti l'identità è un rapporto che riguarda la cosa con quella stessa cosa e il concetto della cosa con quello stesso concetto della cosa, è la radice profonda dell'essere per se stessi che significa scoprirsi nella totale identità di se stessi con se stessi che vale da qualsiasi rappresentazione (o parte) di se stessi si parta. In tal senso, pur non essendovi né potendovi essere identità tra diverse rappresentazioni, l'identità a se stessi è propria di ogni rappresentazione, dunque è universale e ontologica. Ma tuttavia permane il dubbio che, essendo questo ragionamento di tipo logico formale sia indebito estenderlo a tutta la realtà, ossia che esistano settori rappresentativi della realtà in cui il principio di identità non vale e per i quali ogni argomentazione logica non vale, settori dunque a priori del tutto inesprimibili in termini discorsivi, perché ogni discorso fatto su di essi sarà corretto solo se contraddittorio, dunque nullo da un punto di vista logico. A questo punto dunque sorge l'ulteriore domanda: la logica (e quindi la filosofia fondata sull'universalità del logos) può ammettere l'esistenza di settori che le siano radicalmente estranei senza finire così per negare se stessa, dunque per negare anche in se stessa quel principio di identità su cui si fonda una volta che si apre al dubbio su di esso? Aprirsi al dubbio sul principio di identità non equivale allora a chiudere la possibilità di ogni discorso logico filosofico e decretare quindi la fine della filosofia e della razionalità stessa? @ albert Citazione:
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13-10-2013, 14.58.32 | #17 |
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Riferimento: Il principio di identità
@ Albert
Come pui affermare la radicalità del dubbio ("non possiamo affermare niente al di là di ogni dubbio") e, contemporaneamente, affermare la certezza delle proposizioni matematiche (perchè questo, a mio avviso, fai quando parli di "dubbio infinitesimale"; un concetto che, fra l'altro, corrobori con l'esempio delle stanze di Wittgenstein)? Voglio dire: non ti sembra che tutto questo ci riporti alle "certezze" di Kant sul sapere scientifico? E che ne è della relatività, del principio di indeterminazione? Qual'è la loro "parte", se c'è, nella tua tesi? Anche che il sole girasse attorno alla terra era stato: "controllato e confermato molte volte dalla nostra esperienza" (uso le tue parole), eppure era una concezione sbagliata. Boole (e qui devo richiamare alla mia risposta a Maral, nella quale affermo che dire: "ogni cosa è se stessa" significa stabilire una relazione della cosa con il suo concetto) sostiene che la logica ha a che fare con due specie di relazioni: le relazioni fra le cose e le relazioni fra i fatti (ove con "fatti" Boole mi pare intenda le proposizioni - i concetti - descrivibili, prevedibili e controllate). Quella di Boole è allora una concezione "rafforzativa" (nel senso oggettivistico) di quella di Kant, ma si muove sugli stessi binari, per così dire (la relazione fra il predicato e l'attributo). Senonchè, a mio parere, è stata proprio la relatività a rilanciare la visione kantiana (e ben oltre lo stesso Kant, il quale, come dicevo, parlava di certezze). ciao |
13-10-2013, 19.30.58 | #18 | |
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Riferimento: Il principio di identità
Citazione:
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13-10-2013, 22.50.44 | #19 | |
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Riferimento: Il principio di identità
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14-10-2013, 07.51.22 | #20 | |
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Riferimento: Il principio di identità
Citazione:
Francamente non capisco. La realtà da cui si dice di partire sono le immediate sensazioni (fenomeniche; materiali e mentali), le quali comprendono anche (fra l' altro, come "casi particolari") i giudizi (a priori e a posteriori) ma comprendono anche molto altro. Per esempio se vedo un gatto non necessariamente percepisco anche il giudizio "c'é un gatto"; e anche nel caso lo percepissi si teratterebbe di due (insiemi di) sensazioni diverse (fra l' altro l' una materiale, l' altra mentale; magari accompagnata da una terza materiale -uditiva- se oltre a pensarlo mentalmente dicessi anche a voce più o meno alta "c'é un gatto"). |
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