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16-02-2013, 22.16.47 | #22 |
Ospite
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Riferimento: il tonfo
Alla fine di "Contro il metodo" Feyerabend ammette che contro il suo anarchismo epistemologico e il suo scetticismo radicale solo un argomento l'aveva messo in difficoltà, propostogli da Lakatos: se non esiste verità, sali sul tetto e gettati di sotto, tanto non è vero che morirai (non è propriamente così, sto citando a memoria, ma questa è comunque la sostanza); Feyerabend dice che ci ha pensato a lungo a come replicare, alla fine ha concluso che non si getterà, ma non perché ammette la verità bensì perché è un vigliacco...
C'è qualcuno di voi che non è un vigliacco? Comunque è evidente che Feyerabend s'arrampica sugli specchi. Per me ha ragione il grande Aristotele, cioè che ogni giudizio trova una conferma nella realtà; possiamo arzigogolare filosoficamente quanto vogliamo, dietro al migliore arzigogolatore: Wittgenstein, ma alla fine la corrispondenza tra enunciato e stato delle cose nel mondo c'è,benché non si riesca a dimostrarla ontologicamento ed epistemologicamente. Il punto è che ci intrighiamo con i concetti, cioè infine con le parole: "verità" è una di quelle parole che sono diventate enigmatiche nella loro astrattezza, proprio a causa dell'astrattezza che le ha ipostatizzate, per cui quando ragioniamo non ci rendiamo conto che stiamo erroneamente pensando a 2 entità: verità-mondo, mentre l'entità è solo 1, il mondo. Che cosa è la verità (anzi la Verità)? Domanda sbagliata: la Verità non è una cosa, è piuttosto una funzione logica, una relazione. |
17-02-2013, 08.07.39 | #23 |
Ospite
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Riferimento: La verità è ciò che si dice
Il punto è che ci intrighiamo con i concetti, cioè infine con le parole: "verità" è una di quelle parole che sono diventate enigmatiche nella loro astrattezza, proprio a causa dell'astrattezza che le ha ipostatizzate, per cui quando ragioniamo non ci rendiamo conto che stiamo erroneamente pensando a 2 entità: verità-mondo, mentre l'entità è solo 1, il mondo. Che cosa è la verità (anzi la Verità)? Domanda sbagliata: la Verità non è una cosa, è piuttosto una funzione logica, una relazione (Tiziano)
Occorre liberarsi dall'uso corrente delle parole. Ad esempio "verità", viene dalla latina "veritas" che bisognerebbe andare a vedere cosa indicava; adaequatio intellectus ad rem , come corrispondenza. Poi, e infine, c'è l'Alethèia, il disvelamento. La verità si mostra da sè, non va catturata con prove, semmai occorre andarle incontro tramite la ricerca (storica, filosofica, ecc.) e questo ci rende pronti ad accoglierla. Le verità storiche sono prodotti del Polemos - lotta per la verità. |
17-02-2013, 13.38.30 | #24 | |
Moderatore
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Riferimento: La verità è ciò che si dice
Se, come dice QantoniQ:
Citazione:
Tiziano, a me la scelta di Feyerabend più che vigliacca sembra ragionevole anche per uno scettico o un relativista o per chiunque pensi che la verità è ciò che si dice. Infatti in linea di principio si può dire sia che gettandosi dal tetto si muoia, come che non si muoia, ma delle due ipotesi la seconda può essere meno piacevole, dunque meglio cautelarsi. Tanto più che se quel "si" lo intendiamo ciò che la maggioranza delle persone dice, e visto quello che questa maggioranza dice in merito alle conseguenze del gettarsi dal tetto, la verità, anche se basata sul solo dire, resta ancora quella funerea. |
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17-02-2013, 17.56.05 | #25 |
Ospite abituale
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Riferimento: La verità è ciò che si dice
Condivido la critica di Tiziano a questo Feyerabend che mi è sconosciuto... come si fa a dire che non esiste verità ? sarebbe come dire che non esiste realtà, o come negare a priori la possibilità di esprimere giudizio... e quel tale che dice "non lo faccio perché credo di morire, ma perché sono un vigliacco" utilizzando il verbo sono per definirsi vigliacco ha già espresso qualcosa che ritiene vero, per cui la sua critica mi pare davvero senza fondamenta... chiedo scusa se parlo senza troppa cognizione del soggetto, ma dall'idea che me ne sono fatto dal tuo post mi pare davvero uno spara-sentenze alla moda! Nietzsche pure disse qualcosa del genere, ma ebbe anche l'accortezza di aggiungere che pure tutto è verità.
Per quel che penso... la verità non è questo o quello ( spiacente di riassumere con toni rozzi le varie teorie... ma tutte mi pare la racchiudono in sentenze che le sono estranee! dal mio pdv ), la verità "è" e basta, non ha contenuto se non come relazione o nesso, è la forma della logica verbale. Schopenhauer la riduceva alla funzione copulativa del verbo essere.... e riduceva il verbo essere a questa singola funzione. Credo che il motivo di tanta speculazione attorno ad una vicenda filosofica che non mi pare in realtà così astrusa ( dal punto di vista logico, il discorso è semplice ) sia data dal non riuscire a fissare il suo contenuto in un singolo assunto: "è questo" "è quello" ma la verità è tutto ciò su cui si può esprimere interpretazione, cioè l'insieme di tutte le possibili relazioni tra referenti verbali. L'altro problema della questione è che poi intrappolando nel verbo "essere", cioè in chiave atemporale una relazione tra referenti ( dei referenti verbali, cioè gli oggetti stessi ), soggetta al tempo, il suo contenuto quando ha un soggetto specifico è sempre mutevole, e pure quando si riferisce ad un oggetto astratto... "la vita è bella" "la vita è brutta" chi non ha mai pensato almeno una volta entrambe nella sua, ed entrambe le volte a buona ragione. Non per questo la verità si contraddice, perché la verità è la semplice forma del giudizio. La struttura logica resta, i contenuti che essa si trova ad interpretare sono in perenne mutamento. E soprattutto, la verità non può ne potrà mai, per conformazione di giudizio, essere conoscenza oggettiva, a meno che quando parli della sua stessa struttura ( ma di questo si occupò Kant ); perché i referenti verbali dei referenti-oggetti ce li siamo inventati noi; vale a dire, sta su un piano parallelo alla realtà, e mai può sperare di "incrociarla" davvero, essendo la sua sostanza inconoscibile verbalmente. Vale poi a dire che la verità è soggettiva e corrisponde a ciò di cui ognuno è convinto, perciò per ultimo, se dovessi dare una mia definizione, direi "la verità è ciò che si crede o che comunque si pensa di sapere" ( si veda Wittgeinstein, della certezza ). @QAntonioQ: quando cerco le chiavi di casa perché le ho perse, dunque, sto cercando la verità ? anzi, la Verità ? è per dire: perché se la Verità è ciò che si cerca allora qualsiasi cosa cerco si fa ragione astratta di conoscenza, per cui la ricerca di oggetti sarebbe impossibile. ma le chiavi non sono soltanto una parola, sono un oggetto, cioè qualcosa di completamente estraneo al linguaggio, e anche se quando nella mia testa mi chiedo "dove sono le chiavi" la risposta in forma astratta è senz'altro una verità, il dato conoscitivo dipende da un dato materiale, cioè una componente reale, senza cui perde il suo significato. Perciò la verità è solo una rappresentazione mentale di una realtà che di per sé le è sconosciuta e inconoscibile... |
18-02-2013, 08.17.23 | #26 |
Ospite
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Riferimento: La verità è ciò che si dice
A.: “Il mio discorso politico è vero. Il nostro partito dice la verità sullo stato del paese”.
B.: “No, il vostro discorso politico è falso, il nostro invece è vero, corrisponde esattamente allo stato di cose del paese”. Ci chiediamo: chi dice il vero, la verità? E chi esprime delle semplici opinioni (doxa)? Lo stato di cose del paese non è un ente come il bicchiere che sta sul tavolo (è vero che il bicchiere sta sul tavolo – lo vediamo), esso ha bisogno di essere pensato- elaborato perché non possiamo essere certi di una versione o dell’altra, a meno che non lo facciamo con credulità, ma in questo caso la nostra certezza lascia perplessi. Dunque la verità “verrà fuori” solo dopo la nostra ricerca. Sarà la nostra verità e di coloro che la condivideranno. La verità, in questo caso è nella lotta fino a che non diventa universale… ma anche allora ! La terra gira intorno al sole – non c’è dubbio, è vero! In questo caso è la scienza moderna che ce lo dice e dimostra. La verità ha bisogno di ricerca e dimostrazioni. Secondo Aristotele ci sono verità che non hanno bisogno di dimostrazione. Ad esempio l’arte: in questo caso la verità è nello stupore apodittico che noi proviamo davanti a un’opera d’arte – qualcosa che assomiglia a una fede. |
19-02-2013, 17.04.20 | #27 |
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Ponzio Pilato
Piluccando tra i miei appunti ho trovato questo:
Quando Gesù dice a Pilato: "Io sono la verità" questi gli chiede che cosa sia la verità, però non attende la risposta, se ne va, deve avere altro da fare. Io appartengo alla genia dei ponzipilati non dei gesùcristi. Però c'è Verità e verità: quella con la V maiuscola non esiste, lasciamo che la rincorrano i metafisici; ma quella con la v minuscola esiste, solo che è l'effetto di una teoria. Sostengo, ad esempio, che è vero che la somma degli angoli interni di un triangolo è 180°, se è vero il 5° postulato; ma è proprio questo postulato che non posso dimostrare. Tuttavia all'interno della geometria euclidea l'asserto è vero. O no?! |
19-02-2013, 18.07.26 | #28 |
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Riferimento: La verità è ciò che si dice
AGGHIACCIANTE ...
Avendo avuto modo, anni fa, di seguire un seminario di Eco in cui, praticamente, non faceva altro che criticare la filosofia del linguaggio di Foucault, ebbi l'impressione che Eco fosse un pò "leggero" e una affermazione del genere conferma la mia impressione in modo molto più tragico. P.S. semmai "la verità" è, sempre, in ciò che NON si dice! |
24-02-2013, 23.36.06 | #29 |
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Riferimento: La verità è ciò che si dice
@ Tutti voi
Afferma Carlo Sini: "poiché in qualche misura gli schemi concettuali sono indispensabili, allora possiamo dire tutto quello che vogliamo? Ogni interpretazione ha una sua legittimità? No, non è lecito né sensato. Non bisogna confondere ontologia ed epistemologia, ovvero quello che c’è e quello che sappiamo e diciamo che c’è. Non è la semplice constatazione del fatto per il quale dietro a una interpretazione ce n’è sempre un’altra a esaurire la domanda filosofica; il problema, una volta constatato questo, è di chiarire che cosa significhi e comporti «interpretare», che cosa accada «verticalmente» in ogni evento interpretativo". Dunque no, la verità come "ciò che si dice" non può soddisfarci (né come filosofi né come esseri umani). E' necessario rapportarci a quello che Sini chiama "evento verticale", cioè a quella Verità "reale" che ci è però preclusa, in quanto ci è conoscibile solo attraverso l'interpretazione. Dice infatti ancora Sini: "certo, è necessaria l’apparizione di qualcosa (l’aletheia di Heidegger, si potrebbe dire); ma nel contempo è necessario anche tener conto della relazione a chi di questo qualcosa che appare". Umberto Eco, in: "La soglia e l'infinito" dice: "Se si sostiene una teoria della interpretazione, occorre ammettere che ci sia dato qualcosa da interpretare". Eco ricorre a Peirce, e si esprime così: "qualcosa è relativo a me sotto qualche rispetto e capacità". Il rispetto e la capacità li intende poi in questo modo: "che io incontro il qualcosa da interpretare secondo certi livelli di pertinenza e di interesse". E dunque ecco perchè Eco dice: "non mi interessa se gli Ebrei mangiavano o meno i bambini (la verità è ciò che si dice)": perchè la Verità è, secondo lui, non disgiungibile dalla "pertinenza e dall'interesse" di chi quella verità afferma. Tuttavia, è interessante riprendere Sini e vedere il suo commento alle affermazioni di Eco: "Se si sostiene una teoria della interpretazione, dice Eco, occorre ammettere che ci sia dato qualcosa da interpretare. Questo qualcosa, questo fatto, è in ogni senso il primum". Continua Sini: "L’oggetto che è primum assoluto, l’oggetto «cosmologico», è assimilabile a una sorta di «infinito potenziale»: non si finirà mai di dirne qualcosa, cioè di tradurlo, in un percorso infinito dell’interpretazione. Però, aggiunge Eco, «ci sono dei limiti oggettivi». Per esempio (azzardo io - è Sini che parla)) non potrò mai dire che un foglio di carta sia «liquido»: questa interpretazione è vietata, pare, dalla natura del primum cosmologico, dalla natura del suo quale, dalla sua «qualità» originaria". E dunque (azzardo io - e questa volta sono Oxdeadbeef...): quanto e in che modo siamo lontani dalla concezione kantiana di una verità che si svela in modo "trascendentale"? Questa teoria del "primum" (che è tra l'altro accettata dallo stesso Eco, e per questo io ho avuto l'impressione che quella affermazione originaria: "la verità è ciò che si dice", egli l'abbia intesa in maniera provocatoria, quasi per suscitare nell'interlocutore, ma inutilmente, l'affermazione di una antitesi) non vi sembra piuttosto avvicinarsi alla "cosa in sè" kantiana? E la questione del "limite oggettivo", di cui parlano sia Eco che Sini, non richiama forse, suggestivamente, quel limite su cui Kant fondò il "tribunale" di quella ragione che, nel periodo a lui contemporaneo, appariva come luce infinita che rischiara ogni umano dubbio? un saluto |
14-10-2013, 20.34.31 | #30 |
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"La verità è ciò che si dice" (U. Eco)
Tempo fa, durante un'intervista televisiva sul suo ultimo libro ("Il cimitero di Praga"), ad Umberto Eco venne
chiesto se rispondeva al vero che gli Ebrei mangiavano i bambini (un argomento di cui il libro parlava). La risposta di Eco fu sorprendente: "non mi interessa quel tipo di verità, per me la verità è ciò che si dice". Trovo questa risposta straordinariamente interessante dal punto di vista filosofico. Nell'inesistenza di una verità "vera", cioè oggettiva, la verità è "storicamente data" dai soggetti che la interpretano. Questo vuol dire che, se allora si diceva che gli Ebrei mangiavano i bambini, allora questo era vero. Oggi, che si dice che questa era solo una infamante fandonia, non è più vero. un saluto a tutti (avverto quanti risponderanno a questo post che le mie repliche non saranno certo immediate, perchè ho troppe discussioni in corso) |