Riferimento: Eppur si muove e l'Universo in fuga.
Vorrei ricondurre la vostra attenzione su un fatto sperimentale incontestabile , che viene prima di qualsiasi pseudo-predittiva legge fisico-matematica ( prima delle equazioni di Maxwell e prima di Einstein) : che la velocita' della luce e' sempre la stessa a prescindere da dove la si misuri. Da questo presupposto empirico e' possibile, secondo me, intuire il ruolo del relativo , reale e reciproco scalamento dimensionale degli oggetti fisici nello spazio rispetto a come questi stessi oggetti si confrontano fra loro in quello “spazio”, il che' presupporrebbe ,arditamente, ( come scrissi in altri post) un universo in fuga dentro se' stesso.
Consideriamo un fenomeno ondulatorio di qualsiasi natura, possiamo facilmente constatare che, a parita' di forma e caratteristiche, questo fenomeno appare a chi lo osserva nelle stesse condizioni sempre il medesimo, fin tanto che manterra' proporzionalmente inalterate le proprie dimensioni spaziotemporali rispetto all'osservatore; ma che accadrebbe , se , mantenendo inalterate le proprie proporzioni spaziotemporali, questo fenomeno ondulatorio mutasse le sue dimensioni spaziotemporali rispetto a quelle di chi lo osserva o viceversa? ...semplicemente , provocherebbe in chi lo osserva la percezione di un 'alterazione , una variazione. Tutto questo per dire che un elefante osservera' un fronte d'onda luminoso allo stesso modo di come potrebbe osservarlo un topolino seduto ai suoi piedi con occhi simili, ma molto piu' piccoli, solo per il fatto che i composti elementari di entrambi gli animali hanno proporzioni identiche a prescindere dalle loro dimensioni; ma se gli atomi dell'elefante fossero proporzionalmente piu' piccoli rispetto a quelli del topo, e permettessero al pachiderma di raggiungere le stesse dimensioni del topo, essi non osserverebbero entrambi lo stesso fenomeno ondulatorio alla stessa maniera; quando il medesimo fenomeno ondulatorio muta il proprio aspetto sensibile in ragione del moto dell'osservatore e non del proprio , che invece rimane costante in ogni sistema di riferimento( il caso della luce) , vuol dire che quel fenomeno non muta rispetto a se' stesso ,ne' l'osservatore muta rispetto a se' stesso, ma l'uno scala relativamente all'altro le proprie dimensioni , vale a dire che l'effetto doppler rispetto a tal fenomeno ( non il doppler classico ) e' ( come gia' si sa) un effetto relativistico ... ;ora ,se l'universo fosse in espansione , vorrebbe dire che ogni punto di esso si allontanerebbe dall'altro con una velocita' tanto piu' elevata quanto piu' elevato e' lo “spazio” che separa quei punti; in questo contesto, quindi, e' razionalmente lecito dedurre che il percepire diversamente uno stesso fronte d'onda luminoso ( effetto doppler per la luce) a seconda delle velocita' di allontamento fra una sorgente di luce ed il punto da cui la si osserva, implica inevitabilmente la variazione reciproca delle dimensioni reali delle sorgenti e degli osservatori materiali in fuga fra loro; vedremmo un rosso amplificato li' dove la sorgente in fuga irradia per se' stessa un blu affievolito, per il fatto che le dimensioni materiali reali del nostro occhio scalano relativamente alle dimensioni della sorgente e quindi di cio' che irradia, e viceversa, la sorgente vedrebbe noi allo stesso modo se irradiassimo luce; noi scaleremmo ed incrementeremmo contemporaneamente le nostre dimensioni reali rispetto ad una sorgente in fuga da noi a velocita' elevatissime.
In concreto, se davvero l'universo fosse in espansione , io credo che il confine visibile rispetto ad un sistema di riferimento in allontanamento a velocita' prossime a quelle della luce debba realmente avere dimensioni proporzionalmente molto piu' grandi rispetto al punto materiale da cui lo si osserva , e viceversa; ogni punto fisico di osservazione in fuga, che e' anche sorgente materiale, sara' realmente molto piu' grande rispetto ad ogni sorgente luminosa da cui rifugge e che puo' essere anche punto di osservazione. Ogni corpo celeste, enormemente "lontano" da noi all'orizzonte dell'universo da noi visibile, dovrebbe essere “allo stesso tempo” ( modo di dire), dualisticamente, sia realmente enormemente grande e sia realmente enormemente piccolo rispetto a noi ( quindi molto "vicino"), e , contro ogni nostro attuale concetto di spazio, si potrebbe avere l'ardire di pensare che gli stessi smisurati confini dell'universo fuori dal nostro punto di osservazione potrebbero essere realmente gli stessi infinitamente piccoli confini della materia dentro noi che li osserviamo.
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