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20-07-2009, 09.57.00 | #72 |
Ospite abituale
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Riferimento: il senso del nostro essere
Per noor e altri, una riflessione conclusiva sul "senso del nostro essere"
Quando ho aperto il presente argomento ho pensato a un saper essere della nostra coscienza in senso esistenziale, comportamentale, conoscitivo, etico. Un perpetuo divenire che allargasse i nostri spazi interiori, come adattamento e compiutezza individuazionale del proprio sé che sa essere nel nel mondo. Perchè è l'uomo che esiste, e ci si chiede solo se vuole vivere e quali condizioni. Siamo noi che giustifichiamo il mondo e a farci esistere. L'Uomo Universale , come tutte le entità con le maiuscole non ci serve. E' un'astrazione che non ha una sua realtà. I miei riferimenti sono i filosofi classici, la filosofia del '900 e ogni percorso esperienziale purchè porti a un armonico equilibrio e sintesi di opposti e di ogni contraddizione della realtà, come Siddharta di H. Hesse, alla fine di un tribolato e poliedrico viaggio vissuto a contatto con l'umanità. I veri nemici della verità sono le concezioni definitive o che aspirano a essere tali. Lo scenario della vita è mutevole perchè cambia sempre e si è costretti a diventare esperti di un palcoscenico quotidiano. Si sa che la mente e la coscienza sono continenti ancora sconosciuti allo stesso progredito avanzare delle neuroscienze, né da alcuni interrogativi si avranno mai risposta, se non da certe scriteriate elucubrazioni pseudofilosofiche. Ad esempio il problema irrisolvibile mente-corpo,ora mente-cervello e relativi stati di coscienza, indicato già da Platone, fino alle attuali ricerche (es. Damaso) . Si è pur raggiunto qualche successo situando il luogo dell'empatia in uno “specchio neuronale” l'effetto degli psicofarmaci sui circuiti del cervello, equiparabili a quelli della parola terapeutica, ecc. ed ora si lavora per il libero arbitrio da interdipendenza genico-ambientale. E' la mente un'entità diversa dal corpo, e in caso affermativo, in che modo sono essi interconnessi? Sono osservabili e conoscibili solo per chi li esperisce? Qual'è la natura del pensiero intenzionale? Sul dualismo mente-corpo sono state proposte innumerevoli ipotesi anche sofisticatissime. La loro connessione è il punto cruciale: come può essere che un'energia fisica produca uno stato non -fisico? Rimarrà un mistero. Fino a negare l'esistere della coscienza ,e ridurla a uno stato-evento del corpo. Uno “stare male” potrebbe essere altro che una “sensazione di dolore”? La scienza empirica non può fornire conferme. Cosa è avvertire il dolore o vedere un cavallo, confrontando l'impalpabile che avviene prima e dopo l'esperienza? Qualche barlume ci viene confrontando l'hardware del computer con il software programma. Ma le macchine fino a un futuro ancora molto lontano, pensano da inconsapevoli: mancano sufficienti connessioni. Oggi filosofi, psicologi, neurofisiologi sono in gran parte materialisti. Eppure sono scontenti per tale irrisolvibile e antico problema diadico. Altro tema correlato è l'esistenza della altre menti: dire “suppongo esperiscano ciò che provo io tante volte” non fa progredire la soluzione. Ciò che finora sappiamo di noi è molto poco. Qualsiasi uomo di scienze,inoltre, anche il più asettico, ammette l'esistenza di una possibilità conoscitiva che sfugge alla dimensione razionale: è l'intuizione, l' insight intellettivo che appartiene alle dinamiche psichiche e l' insight emotivo che fa parte della partecipazione con l'altro. Per quella conoscenza relazionale che la tradizione educativa maschile per solito nega ,con la convinzione che ci si conosce riflettendo da sé in solitudine, anche perchè inadatta a tale interazioni discorsive e intime. L'intuizione per convenzione si situa nell'emisfero destro , per cui si afferra qualcosa senza una mediazione concettuale, né si tratta di un'esperienza mistica in senso usuale,di fusione di soggetto e oggetto, tema spiritualistico che interessa marginalmente chi si interessa alla filosofia attuale. Ai nostri giorni ci si occupa perlopiù di non scambiare apparenza e realtà, e ciò che contraddistingue la condizione umana, lasciando in sospeso temi classici già indagati e sviscerati a come i dilemmi paradossali, inspiegabili, che sfuggono a indagini empiriche soddisfacenti. Nel pensiero occidentale il pensiero si è manifestato anche nel linguaggio simbolico, che è quello intuitivo e non razionale, in particolare “femminile” che è appunto l'intuizione grazie alla quale vengono concepite forme sempre nuove di coscienza. L'amore stesso è intuitivo e oltrepassa la coscienza razionale. L'essere è un viaggio accidentato della e nella coscienza; l'autoconoscenza dell'eremita isolato non è confrontabile con quella a cui perverrà chi si immerge nei rapporti sociale relazionali, in esperienze dirette con il mondo della natura circostante, in proficua simbiosi tra soggetto e oggetto,oltrepassando ogni forma di solipsismo autocentrato. Anche il misticismo può avere posto nell'evoluzione coscienziale e conoscitiva. Se inteso come sé junghiano che abbraccia conscio e inconscio, come l'Io è centro della mente cosciente, con l'individuazione si “è”.In tal caso l'uomo sta in un incontro “mistico” tra io e non io,tra conscio e dimensione del non -io che si può chiamare, se si preferisce, “esperienza mistica”.La crescita dell'essere è lo sviluppo della coscienza e dell'individualità. Quindi nessun dissolversi della coscienza, ma vissuti di ogni origine che privilegino l'essere mondano. |
20-07-2009, 14.32.50 | #73 | |
Ospite di se stesso
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Riferimento: il senso del nostro essere
Citazione:
Esiste l’uomo,il Vivente,le sue manifestazioni e testimonianze..queste non possono che esserci utili. Il saggio eremita d’altronde,è un mito orientale creato dall’uomo occidentale,nel senso che può essere una scelta di risoluzione ultima,ma dopo aver percorso insieme agli altri il suo percorso,visto che l’uomo matura relazionandosi, e l’altro ci offre sempre uno specchio per osservarci.. Non credo ,come già detto altrove,che la scienza possa indagare sui quesiti che ci si pone,poiché non si può esplorare con metodi materialistici,ciò che ne sfuggirebbe per sua natura intrinseca. Jung ,come proponi può essere un ottimo ponte di partenza e congiunzione tra i “due mondi” (oriente-occidente) solitamente contrapposti. La coscienza non è necessariamente individualità,questa ne è solo una sua parte .Solo quest’ultima può svilupparsi perché è modificabile e mutevole,e dipendente dalla realtà empirica del vivente. L’esperienza di Siddharta,visto che è piaciuta..è un dissolversi nella coscienza impersonale,e non un dissolversi della stessa,e ciò come detto non esclude il mondano:la vita è una e indivisibile,e non assume negazioni della stessa,quanto concretezza e il giusto porsi di ogni suo aspetto nel posto che le tocca,senza fughe,astrazioni,sogni e voli pindarici.. Grazie ancora per lo spunto. PS La mente è il corpo,il corpo è la mente. Il punto è capire se è il tutto osservabile dell’uomo,visto i mezzi che generalmente si adottano per osservare. |
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23-07-2009, 13.53.06 | #74 | |
Ospite abituale
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Riferimento: il senso del nostro essere
Citazione:
Termino con il Siddharta di H. Hesse e la filosofia che vi è sottesa. Si diventa uomini solo dopo alcune esperienze che rivelano a se stessi. La saggezza è una conquista personale, rifugge da pregiudizi, ideologie e indottrinamenti assimilati,nessuno ha diritto di dirci “cosa è meglio per noi”. E reciprocamente non è da noi insegnabile: vale casomai proporsi quali esempio e non le parole. Lo stesso Budda a trent'anni si mette in viaggio abbandonando le ricchezze dopo aver scoperto, da ignaro, l'esistenza della malattia, morte, vecchiaia. I contrapposti come vita-morte,bene-male sono illusioni. Verità e apparenza sono una cosa sola dove l'esperienza vissuta ci soccorre. Tutto può essere sbagliato e giusto allo stesso tempo e il contrario di una verità può essere un'altra verità altrettanto valida. Il personaggio prediletto da Hesse antiborghese è il viandante senza casa e senza valori, anarchico e randagio, senza patria né codici,nomade delle spirito e distruttore di vecchi valorì (lo scrittore amò Nietzsche, Dostoevskij e le letture classiche; scrisse un ottimo breve saggio sull'arte della lettura) E' un vagabondo pure all'interno di se stesso e combatte contro le menzogne sociali. Anche Jung studiò il mondo dell'irrazionale. Il 6° senso o intuito è una funzione psicologica fondamentale, assieme alle altre dimensioni come la sensorialità, l'affettività, il pensiero razionale. Tutte indispensabili per un armonioso sviluppo della personalità. L'intuito è un messaggio che proviene dalla coscienza sottosoglia, è una bussola interiore ed elemento di coscienza di enorme aiuto nella vita quotidiana anche per la sopravvivenza psicologica e affettiva, per identificazioni e proiezioni. La neurobiologia l'ha localizzato nella parte più antica del cervello, il sistema limbico, presupposto biologico per lo sviluppo del pensiero. Motore delle più geniali intuizioni scientifiche e artistiche, per scienziati come Leonardo, Einstein, ecc. l'”essere” come maturazione picoaffettiva, emozionale, cognitiva, comportamentale travalica i rigidi confini della ragione e non tutto si può razionalizzare, anche la civiltà occidentale dovrà aprirsi a una organizzata intelligenza multipla. Dove non succederà che ognuno veda ciò che gli pare senza distinguere tra fatti, opinioni, regole, giudizi, supposizioni ,generalizzazioni. |
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