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12-07-2009, 18.06.36 | #62 | |
Ospite abituale
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Riferimento: il senso del nostro essere
Citazione:
Una teoria per essere controllabile scientificamente deve essere ritenuta falsificabile. Quindi domandati, il pensiero è scientificamente controllabile? Si se fosse falsificabile. Come falsifichi un pensiero? Lo stesso Popper, in un'intervista, alla domanda se la sua teoria è falsificabile ammette che non è falsificabile. Chiaro che usiamo l'esperienza per falsificare le ipotesi, altrimenti non potrebbero essere falsificate, ma infondo l'esperienza è un prodotto del pensiero, e se questo non è falsificabile come la teoria di Popper, le deduzione che ne traiamo non sono falsificabili. In definitiva il senso del nostro essere (rispettando il tema) non può essere dedotto da una ipotesi scientifica. Non è falsificabile, come non è falsificabile il pensiero da cui deduciamo le ipotesi, come non è falsificabile la teoria stessa del falsificazionismo. |
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13-07-2009, 13.40.05 | #63 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 03-12-2007
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Riferimento: il senso del nostro essere
Citazione:
Non mi sembra che queste conclusioni siano diverse dalle mie. Non comprendo se stiamo divergendo e su cosa... Io distinguo la parte razionale (emisfero sinistro) da quello destro. Mentre c'è chi crede che solo una delle due sia davvero importante io dico che lo sono entrambi perché vengono trascese, a un livello superiore (anche se il termine crea fraintendimenti, infatti non credo allo stesso livello superiore la cui teoria della complessità vorrebbe far derivare questo livello), dalla consapevolezza dell'esistenza stessa dei due emisferi. Io non do soluzioni infatti, metto in guardia dalle "facili" conclusioni. La mia filosofia non deriva da un summit di filosofie... e se mi capita di scrivere un nome di un filosofo non mi sogno nemmeno di poter scrivere esattamente ciò che lui pensava. Anche la miglior interpretazione di un filosofo rischierebbe di essere un falso rispetto al suo vero pensiero, perché, ed è questo il concetto base, il pensiero è celato da un segreto che il linguaggio non può esprimere compiutamente. |
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14-07-2009, 10.40.59 | #64 | |
Ospite abituale
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Riferimento: il senso del nostro essere
Citazione:
Se come prescriveva la dialettica antica a cui sempre mi riferisco per argomentazioni di tipo filosofico, e non secondo l'eristica che mirava ad ottenere sempre e comunque ragione,siamo arrivati a una pur limitata chiarificazione e sintesi, ne sarei lieto,sarebbe “filosofia” che qui finora a me sembra ce ne sia pochina, escludendo un po' di spiritualismo e formalizzazioni pseudo logiche. Non sempre si può proseguire nel dialogo se si persevera in un errore su una questione fondamentale della filosofia, della filosofia della scienza, del linguaggio, ecc. So bene che la moderazione fa già tanto se blocca topic impropri od offensivi, ma ci vorrebbe anche un”supervisore” che rettifichi un percorso argomentativo partito con premesse errate. Se rettifico qualcosa che alla luce di mia conoscenze mi sembra errato o male espresso, certo non mi ritengo infallibile, sono “non falsificabile” perlomeno nell'immediato,e se ci si fida di fonti più autorevoli o di citazioni dell'autore stesso. Così è opportuno lasciare che certi si cucinino nel loro brodo d'incultura. Sono d'accordo nel rifuggire le semplificazioni, ,non solo il complesso inteso in modo troppo affrettato e superficiale, ma anche veri e propri errori valutativi, per una scarsa riflessione. Ad esempio giudicare “semplicistico”, in modo implicito, un materialista ( nel senso storico e non attuale e quotidiano) . A cui appartenne un poeta e filosofo della statura di Leopardi. Altro è il materialista di oggi, transito di cibo, o homo frugere nato, per citare fonti letterarie. Cos' è la cultura, filosofia compresa, se non discernere, precisare, ecc. così ho voluto distinguere i vari sensi storici di spirito e materia e non con limitazioni riduttive. E' dato per implicito, mi sembra superfluo precisarlo in un forum di filosofia, se lo è ancora, che tutti noi interpretiamo ogni filosofo (Nietzsche stesso dice che è tutto e solo interpretazione,che non esistono verità) così come ogni romanziere, poeta. ecc. L'importante è non forzare a volte volutamente, altre per scarsa conoscenza, e far dire ciò che non ha mai detto. Si tratta anche qui di essere nei limiti verosimili, ragionevoli, e non caparbiamente “veri”. Come? Anche dialogando con i suoi maggiori critici,per verificare se qualcosa coincide con la nostra lettura personale, o in gruppo, senza eccessive chiusure dottrinali. Non c' è altro. Io tendo a parlare con spirito scientifico anche per alcune logiche argomentative,ma senza scientifizzare ciò che non si può Cercherei solo disconferme in negativo: se tu affermi che tutti i cigni sono bianchi, certamente no andrei in cerca di altri cigni bianchi, ma dovessi girare il mondo, cercherei quell'unico cigno nero. E se non lo trovassi, la tua ipotesi rimarrebbe allo stato di congettura , possibile di confutazione ,se non oggi, in un futuro. Facile? Affatto è questo l'errore in cui ricadiamo tutti; non so se conosci il test delle quattro carte da girare. Comunque,come detto ,anche per il filsofo più scettico il dubbio dev'essere metodico e non assoluto, altrimenti non avrebbe senso parlare di ciò che non si può parlare, ossia tutto. anche sui limiti del linguaggio,sul "sistema" limitato dal sistema stesso, se non se ne esce, ecc. abbiamo parlato a lungo e credo, per ora o sufficienza Se t'interessa,su emisfero destro e sinistro, lancio ora un post anche a Riflessioni al femminile. |
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15-07-2009, 17.40.56 | #65 | |
Ospite di se stesso
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Riferimento: il senso del nostro essere
Citazione:
Se si parla di conoscenza del vero,non vi sono altre fonti che non sia quella diretta. Che sarà mai un’inferenza culturale per colui che vuole conoscere ,pur sapendo che sarà pur sempre un punto di visione,un’interpretazione..? Se invece ci si fida dell’autorevole fonte,allora non si è lontani da ciò che si è definito qui “spiritualismo”,poichè fondata comunque su una credenza interpretata per vera. Per chi seriamente vuole conoscere, tanto meglio allora una vera tabula rasa,qui detta brodo d’incultura Insomma:Importante è avere chiaro sempre cosa si vuole fare da grandi. Ultima modifica di Noor : 15-07-2009 alle ore 19.41.54. |
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16-07-2009, 07.05.04 | #66 | |
Ospite abituale
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Riferimento: il senso del nostro essere
Citazione:
Quale conoscenza? Quali riflessioni? Per i filosofi i riferimenti sono ancora Gorgia: Nulla esiste; se anche alcunchè esiste, non è comprensibile all'uomo; se pure è comprensibile, è per certo incomunicabile e inspiegabile agli altri. Cartesio: “Io supporrò dunque che vi è non già un vero Dio, che è la fonte sovrana di verità, ma un certo cattivo genio non meno astuto e ingannatore e possente che ha impiegato tutta la sua industria ad ingannarmi; io penserò che il Cielo, l'aria, la terra, i colori, le figure, i suoni e tutte le cose esteriori che noi vediamo non siano che illusioni ed inganni di cui egli si serve per sorprendere la mia credulità. Discorso ripreso da Russel: a fini pratici un tavolo è un tavolo e non mi pongo il problema se colore e forma sono proprio del tavolo e dipendono da chi lo osserva,ma il desiderio di sapere del filosofo è più forte di quello dell'uomo pratico, e più complicata la coscienza della difficoltà di una risposta. Non si fa filosofia se non ci distacchiamo dal senso comune che si fida di ciò che vede, per il dubbio cauto, senza esagerare. “La filosofia nasce dalla distinzione tra apparenza e verità: nelle opinioni dei mortali non risiede legittima credibilità” (Parmenide) né vale alcuna esperienza perchè genera solo idee. Le cose sono idee il cui essere sta nell'essere percepite. Superando gli stessi paradossi che creano tali ragionamenti, ci si chieda cosa e come posso conoscere,distinguendo tra episteme e doxa solo probabile. La credenza comporta fiducia nell'autorità di qualcuno ed è più uno stato d'animo. La matematica non ammette contraddizioni logiche e un fatto presume sempre l'esistenza del suo contrario, in cui credere o meno. La fede non è empirica ma è volontà e per questo è assoluta e indiscutibile, fondata su un Verità rivelata. La “verità” di non umani e terreni è sempre tra virgolette e ammissibili entrambe se si è capaci di discernere tra le due e separare i rispettivi contesti. La conoscenza sensibile ha fini pratici,risolutivi, adattativi all'ambiente, come per tutti i mammiferi. Serve per effetti pratici dopo averla espressa in concetti, ragionamenti, ecc. L'intuizione salta il sapere e non la sottovaluto, altro aspetto non razionale,di origine emotiva e di conoscenza oltrerazionale. La conoscenza è fenomenologica mentre la “cosa in sè” di Kant è una cosa ignota od oggetto di intuizione divina, non oltrepassabile per limiti della ragione umana. Delle varie concezioni idealistiche abbiamo già parlato, e dello Spirito fondamento di tutte le realtà, per cui ogni uomo vi sarebbe incluso. Ma esula dal proposito di esprimere proposizioni corrette sul funzionamento del mondo, il cui oggetto non sono le cose ma i fatti il cui rapporto è riportato in enunciati scientifici. La totalità dei fatti e loro corrispondenza con la cosa raffigurata appartengono anche a un problema di linguaggio indagato da Wittgenstein: il mondo è la totalità dei fatti e non delle cose: non si può parlare della sua esistenza e perchè è, ma solo descrivere. Ognuno ha liberamente i suoi fondamenti della conoscenza, ma dovrebbe conoscerne le implicazioni e non creare confusione tra fede, ragione, scienza, credenza, cose, fatti, emozioni, suggestioni, ciò che è e ciò che si vorrebbe fosse ecc. Spesso su tali equivoci si fondano le ideologie, le manipolazioni che suggestionano e allora non è proprio una scelta libera. Compito della filosofia è anche operare tali distinzioni,avvertire che “oggettività” è supporre che le caratteristiche di chi osserva non condizionino l'osservazione stessa, la consapevolezza che vediamo -conosciamo solo quello che siamo in grado di “vedere”, perchè si rimuovono aspetti dell'ambiente, delle cose che vogliamo rimuovere, ignorare anche inconsciamente: la filosofia se vuole sopravviver dovrà interagire proficuamente anche con la psicologia, per aperture alla critica sociale, la percezione, la ricerca di senso del discorso, ecc. |
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16-07-2009, 08.50.14 | #67 | |
Ospite di se stesso
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Riferimento: il senso del nostro essere
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Ovvero senza confondere tra: fede, ragione, scienza, credenza, cose, fatti, emozioni, suggestioni, ciò che è e ciò che si vorrebbe fosse ecc. Altrimenti posso citare questo e quello,farne tutti i riferimenti che voglio ma..perdermi tra di essi. C’è una gran bella differenza tra l’indagare la realtà e confrontare la realtà dalle idee degli altri.. È come continuare a guardare la mappa..e perdermi il territorio.. Ho già detto del “conoscere se stessi”..tu qui aggiungi che la filosofia dovrebbe interagire con la psicologia, che è,in altri termini,la stessa cosa:ciò che importa infine è il soggetto e non la realtà che si osserva,poiché non vi è differenza se non nella mente che discrimina. La discriminazione della realtà è l’unico strumento cosciente che si ha a disposizione nell’osservazione,ma perché risulti scevra di soggettivazioni proiettive,emotive e che scardini il soggetto sino alla sua oggettivazione ,c’è da indagare sullo stesso strumento che discerne:la mente. Nietzsche per fare questo arrivò alla pazzia.. perchè non trovò il metodo:eppure esisteva. |
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16-07-2009, 14.18.53 | #68 | |
Ospite abituale
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Riferimento: il senso del nostro essere
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Carissimi filosofi,scienziati e pensatori; Ho la netta impressione che quì si continui a girare attorno al nocciolo della questione senza riuscire però a fare dei passi avanti. La consapevolezza è tale se è fondata su delle certezze. Il filosofo continua a pensare,riflettere,intuire,ma se contemporaneamente non esperisce concretamente per avere delle certezze,non farà altro che produrre dei dubbi, i quali daranno adito a tante idee personali e controversie collettive perchè prive di certezza materiali concrete. Ogni idea sentita o letta, promulgata dai vari grandi pensatori che ci hanno preceduto,deve essere,non solo mentalmente analizzata,ma anche materialmente esperita.Solo così a mio avviso si può migliorare la propria consapevolezza,senza i continui dubbi che ci assillano. Io ho molti dubbi e poche certezze, di queste certezze ne ho la piena convinzione e consapevolezza dopo avele esperite personalmente e concretamente. Il filosofo deve essere in stretto connubio con il fisico,se vuole continuare e migliorare la sua efficacia,altrimenti non farà altro che produrre tante dubbiosità rallentanti il progredire. Un amichevole saluto espert37 |
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18-07-2009, 16.22.32 | #69 | |
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Riferimento: il senso del nostro essere
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prima parte Noor Galleggiare in un brodo d'incultura Il relativismo va inteso come il contrario del dogma e dei fondamentalismi, ma a sua volta relativizzato, altrimenti si galleggia sulla superficie del gran calderone dove trovi di tutto e senza distinzione: misticismo, culturalismi antropologici, antipsichiatria,diffidenza verso le scienze come biologia e genetica. Dove tutto vale allo stesso modo in nome di un multiculturalismo relativista: fondamentalismi, dogmatismi di tutte le religioni eventualmente a sé adattate, con disprezzo per la realtà empirica; medicine alternative e miracoli da santuario al posto di cure mediche anche per malattie gravi, santoni, guaritori, guru, maghi, inventori di marchingegni miracolosi. Quindi sì, sono d'accordo sull'indagare e confrontare le varie realtà, nostre, altrui, ecc. Senza equivocare sul senso del relativismo. Ho letto un saggio molto illuminante su tale problema dei nostri tempi: “Contro il relativismo” di G. Jervis. Mappe e territori, ovvero pensare sulle cose e non sui libri Sì, ma cum grano salis Qualsiasi ricercatore, di discipline scientifiche, di materie umanistiche, di filosofia, di filosofia della scienza, ecc. riconosce la complementarità, e l'assoluta necessità di una conoscenza “provocata”,che organizza idee e cognizioni, riflette su conoscenze precedenti, ecc. Ed una conoscenza spontanea che prevede la riflessioni autonoma su tutto il proprio patrimonio globale dove rientra la totalità di esperienze, vissuti, memorie, testimonianze, senza distinzione. Nessuno crea niente dal niente lo riconosce qualsiasi Nobel, Einstein compreso. Tuttavia convengo che si debba leggere o ascoltare per ripensare a ciò che si ha letto o ascoltato. Filtrare, selezionare, operare sintesi corrette e gerarchiche. Si tratta di interpretare e ri-creare senza distorcere, ossia saper pensare le idee, e se talora si richiede una verifica su di un repertorio, si deve sapere dove e cosa cercare. Per questo si raccomanda agli studenti che fanno la tesi, di accostarsi a ciò che per loro risulta più maneggevole. Materiali( testi,conferenze, lezioni, appunti, ecc.) sono inscindibili dai “territori”, da ricerche sul campo (quando richiesto dalla specificità della tesi).So che ho consigliato a un mio amico, per una tesi sociologica, che era da anni dipendente di una grande azienda, una ricerca sull' autorealizzazione nel lavoro impiegatizio. Ma senza tralasciare ottimi testi sull'argomento, come ad esempio “Colletti bianchi di W. Mills, ecc. tutto in reciproci rimandi, verifiche, confronti commentati. Stessa cosa a un'amica di mia figlia, per una tesi in psicogeriatria, sulla rivalutazione del tempo vacuo in terza età, consigliai, se la direttrice avesse permesso, qualche contatto nella principale casa di riposo per anziani della mia città. Senza tralasciare alcuni saggi illuminati sull'argomento. Per me stesso sarebbe stato impensabile conoscere i principali meccanismi della comunicazione interpersonale se mi fossi attenuto soltanto ai numerosissimi manuali sul tema, alcuni buoni, altri meno. Ho impiegato una decina di anni anche nel volotariato. Un training comunicativo presso centri di salute mentale, presso associazioni di auto aiuto, quale animatore, moderatore, a contatto faccia a faccia, osservando la comunicazione non verbale, su cui noi maschi siamo sempre inesperti, cimentandomi sull'ascolto intenzionale attivo, ecc. altrimenti dalle “mappe” avrei avuto soltanto un barlume della materia su cui dovevo apprendere qualche nozione essenziale. Devo dire che nemmeno gli studenti di scienze della comunicazione hanno di tali esperienze; non solo ma la “comunicazione sociale nemmeno è prevista. Continua %%%%%%%%%%%%% |
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18-07-2009, 16.25.25 | #70 |
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Riferimento: il senso del nostro essere
seconda parte Scusami, se ti annoio con dati e digressioni che riconosco personali, ma è necessario,altrimenti non ci comprenderemo mai, perchè sono temi critici molto diffusi e comuni nei forum virtuali. Potrei supporre che c'è una pervasiva idiosincrasia verso i libri, i materiali cartacei, ed ogni altra fonte che non sia una propria esperienza diretta sui “territori”. Perciò questa lunga spiegazione che tagli la testa al toro. Sono anche d'accordo che le mappe da lettura non servono, se nel contempo non si abbina un'abilità concettuale, intuizioni, e soprattutto saper collegare cose che possono sembrare remote, e allora anche una tesi che non sia di pura compilazione né abbia avuto la possibilità di un lavoro sul campo, può essere originale e creativa. E' il caso di certe tesi di letteratura che devono attenersi a consultazioni cartacee, lezioni, interviste con autori solo se sono in vita e disponibili. Quindi sono più che favorevole a ricerche extratestuali per relative conoscenze acquisite , e ad una non passiva fruizione testuale: dove si assimila , si collega, ci si interroga, si compilano analisi e sintesi, si inferisce e contrappone. Sempre l'attenzione deve essere attiva e critica, qualsiasi ne sia l' oggetto. Anche per insegnare a leggere non esistono manuali perchè è più una questione di temperamento e di educazione della prima infanzia, di esempio dei genitori, ecc. Certezze La natura dei filosofi, non il filosofeggiare dell'uomo della strada, è di essere consumati dai dubbi. Sanno che di ogni verità c'è ne può essere un'altra contraria e altrettanto valida. Se non è scettica, per metodo, non è filosofia. Equivocano certi cultori che invadono le piazze, delusi perchè si rivolgono a loro in attesa di certezze, magari di un'unica verità che solo la religione di stampo teologico, il Tao, l'annullamento Zen e simili possono dare loro. A meno che non assolutizzino presupposti e opinioni. A parer mio oggi più che mai è meglio chiedersi quale senso dare alla propria vita. Gli unici ad avere certezze sono coloro che sono troppo stupidi per accorgersi che le loro opinioni sono assurde, dice Russel.Non mettono in dubbio le loro convinzioni basate su esperienze limitate, e credono di aver ragione. Gli idola sono vincoli emotivi e valutativi ed è inutile contrastarli in chi ne è suggestionato. La filosofia non nega la verità di alcuni pregiudizi, ma ti dice, prima di emmettere giudizi, verifica di persona, e non fidarti di ciò che si dice. Poi ne trarrai le conclusioni. Le certezze sul linguaggio sono un altro paradosso, perchè ogni lingua semanticamente chiusa è assurda; conoscerai il famoso “Io sto mentendo “ di Tarski. La mente umana sbatte contro problemi impossibili da risolvere se non con forzature arbitrarie, per cui si può affermare una cosa e il suo contrario con un grado di plausibilità. La storia della certezza fin dai classici è contrassegnata dal distinguere tra scienza e opinione; la teologia che è certa perchè statica e non discutibile, la fenomenologia , il criticismo. Non credo ci sia ancora qualche filosofo che pensi di cogliere l'essenza della cosa in sé. Oggi la certezza del sapere non è verità, ma severità dei controlli, come insegna Popper. Sul dubbio metodico e socratico abbiamo argomentato a lungo. Agostino dice : “chi dubita dell'esistenza della verità ha in se stesso una verità di cui non può dubitare, giacchè nessun vero è tale senza verità. I dogmi partono da assunzioni indimostrabili che potano a giri viziosi e non a prove in perpetuo divenire. Con una domanda senza risposta si può continuare all'infinito senza arrivare in nessun posto. Filosofia non è possedere la verità ,ma amore per un cercare, distinto dal saper ingenuo e prevede una conoscenza metodica, sistematica , organizzata, approfondita. La coscienza o consapevolezza in filosofia è soprattutto usare le proprie capacità interiori per andare “oltre”, ma non più verso le trascendenze ultrasensibili. Mentre l'autconoscenza, che significa conoscere se stessi, è difficile in modo soggettivo come mi sembra tu credi. Si deve sempre tenere conto dell'ambiente fisico e sociale. Si considera un sé manifesto: gli aspetti coscienti di sé che si ottengono dalle informazioni su noi provenienti dagli altri; il sé interiore,conosciuto solo dall'individuo; il sé cieco,conosciuto solo dagli altri; il sé sconosciuto,ignoto a chiunque, anche se inferito. Sulle valutazioni su se stessi e quelle fornite dagli altri,inoltre, non si ritengono oggettive ,in quanto dovute sovente a errate valutazioni e svalutazioni. La mente può argomentare sulla mente? Stessa? C'è scetticismo, ma chissà oggi con la visibilità delle zone cerebrali della risonanza magnetica, in un futuro, quando noi no ci saremo. fine seconda parte |