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27-08-2015, 21.26.49 | #12 |
Moderatore
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Riferimento: il postmodernismo e la verità decostruita
Memento, l'io è fenomeno dal momento che si presenta e appare. Ed è un fenomeno mediato e non immediato, ove l'agente mediante è il mondo. Noi non nasciamo con un io individuale che è l'unico di cui abbiamo diretta esperienza come io.
Se devo essere sincero mi pare proprio che questa tendenza all'assolutizzazione dell'io (equiparato a unica sostanza dell'esistente) sia una caratteristica del post moderno (che certo parte dal pensiero cartesiano, la prima forma filosofica che ha dato valenza ontologicamente fondante all'io sia pure solo nella sua forma di istanza razionale), che sia la controbattuta all'affermarsi di un'oggettivismo onnipervadente sul piano epistemologico. Da una parte c'è un mondo sempre più alieno, dall'altra e in antites, formalmente nascosto,i un io sempre più alienato e solo a cui dal suo nascondiglio non resta che delirare rivendicando la sua paranoica onnipotenza mentre riscontra continuamente solo la sua radicale frustrante impotenza. Manca l'equilibrio del giusto mezzo che si stabilisce nell'ambito di una quanto mai necessaria dualità che possa convivere invece che cercare di cancellare la polarità opposta. Un mondo non appare senza un io, ma nessun io può apparire senza un mondo che lo determina e l'assolto sostanziale che regge il fenomeno non sta né nell'uno né nell'altro, poiché li sottende entrambi. Solo in presenza di entrambi qualcosa può apparire e mai come totalità univoca, proprio poiché appare. |
27-08-2015, 22.54.05 | #13 | |
Nuovo ospite
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Riferimento: il postmodernismo e la verità decostruita
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27-08-2015, 23.21.59 | #14 | |
Moderatore
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Riferimento: il postmodernismo e la verità decostruita
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27-08-2015, 23.26.48 | #15 |
Ospite abituale
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Riferimento: il postmodernismo e la verità decostruita
Maral mi trovo d'accordo abbastanza sull' analisi che il fenomeno in qualche modo riflette l'Io, ma solo come procedimento dialettico interiore di un Io con il suo non-IO.Il fenomeno non ha libertà, tanto meno volontà.
La fondamentale, penso, discrepanza è che la logica delle apparenze accettata da Aristotele fino a Kant come limite, vine mutata in consapevole costruzione e riconoscimento di quel limite dall'idealismo con L'IO. Ma non è solo il procedimento dialettico che trovo importante con l'idealismo, è la dialettica con una prassi. Aristotele nel trattato sull'etica distingueva nell'agire la poietica e la prassi. Se la poietica è la costruzione,creazione di un oggetto la prassi è dentro l'etica, come possibilità di ricondurre l'a-sociale dentro il sociale. L'idealismo riprende questo concetto ponendo l 'Io come slancio verso l'infinito dentro il rapporto dialettico con l'attività etica e teoretica. Fichte è interessante per la prassi, tant'è che iindica come errore l'inerzia come antitesi a quello slancio. Non sono d'accordo con il tuo ultimo post. Il postmoderno è la presa d'atto dell'intrasformabilità ,è l'inerzia fichtiana, è il non agire. Quell'oggettivismo che tu indichi è l'impersonalizzazione a suo tempo definita spontaneismo quindi ingiudicabie in quanto tautologica di per sè. Non c'è nemmeno più il "delirio" nitzchiano da "ultimo uomo",essendo un film già visto, non viene nemmeno riproposto. Siamo all'ermeneutica gadameriana dell'interpretazione, questo è il massimo sforzo filosofico. Le ideologie non esistono più e nemmeno le istituzioni millenarie delle religioni sono capaci di regolare eticamente le contraddizioni del nostro tempo, si limitano all'aspetto caritativo, non alla denuncia radicale sui motivi sostanziali in cui il sistema riesce a concretizzarsi contraddittoriamente sacrificando i destini umani. L' Io umano è talmente oggettivato, fenomenizzato da essere l'ultra capitalismo soggetto impersonale e quindi irresponsabile. Non è più possibile una mediazione, il pensiero economico ,sociale e politico, non è assolutamente in grado di alternative in quanto parte frammentata di quell'IO contraddittorio:sono contemplatori, megafoni mediatici, populistici. E' divenuto paradossalmente proprio l'estensione fisica e permeante sulle culture dell'ultracapitalismo, la capcità di unificare e di totalizzare eventi e destini:immolandoli. |
28-08-2015, 16.35.59 | #16 | |
Ospite abituale
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Riferimento: il postmodernismo e la verità decostruita
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Stava sfuggendo una risposta,scusami. Il procedimento dialettico di tesi-antitesi-sintesi dovrebbe superare il momento originario per porre un'altra origine,diciamo ad un livello superiore (non ne sono io stesso convintissimo di questo). Dovrebbe superare ,in altri termini una precedente origine per poi riproporre ancora il procedimento dialettico. Il costruttivismo media eccome le costruzioni mentali , poichè noi tendiamo per natura a precedere gli eventi. Le costruzioni sono basate sul cercare di comprendere il futuro affinchè noi siamo in grado di poterlo gestire ("se arriva quell'evento io allora mi comporterò in questo modo...."). E' proprio quando non siamo in grado di gestire il futuro che siamo disarmati, perchè l'esperienza costruita (quindi anche conoscenza, cultura,ecc.) non riesce a gestirlo. Non c'è quindi una cultura in grado di gestire il presente e il futuro.Ci sono abbozzi come il "transindividuale", per fare un esempio, che Maral aveva citato. Mi sto ponendo il problema, cosa e come fare per il presente e futuro in termini filosofico-culturali e mi piace discuterne con il forum , ma non ho ricette....le cerco, ci sto ragionando. Forse la dialettica con la prassi potrebbe essere non dico una soluzione, ma una riflessione su una possible strada. |
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28-08-2015, 22.10.06 | #17 | |
Nuovo ospite
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Riferimento: il postmodernismo e la verità decostruita
Citazione:
Il procedimento dialettico non ammette errori,il problema è questo.Nel caso si trovasse una tesi fallace,cadrebbe tutto il castello. Perciò stabilisce a priori che entrambi le parti abbiano ragione e che sia necessaria una mediazione. Ma mi sembra tutto un rigirarsi su stessi,e alla fine ci si trova senza via d'uscita. La costruzione,il castello ci serve per tentare di prevedere il futuro,ok. Ma quando diventa obsoleta e controproducente va sostituita,non salvaguardata e riproposta. Cosi come si fa con gli oggetti,se non funzionano si buttano e si ricomprano,senza perdere tempo a incollarne i cocci. Ma forse ci sentiamo in frantumi perché ci identifichiamo con esso. |
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30-08-2015, 18.53.22 | #18 | |
Ospite abituale
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Riferimento: il postmodernismo e la verità decostruita
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Quale procedimento è esente da errori? Nessuno.E' un tentativo, ma dove l'importante è la premessa che il principio unitario e totalizzante sia l'umanità. O si rimette al centro l'uomo in filosofia, oppure siamo variabili sacrificabili dentro un sistema che ormai ha come il mercato assunto uno statuto ontologico,assegnatogli dalla cultura sia teoretica e soprattutto nella prassi. Certo che le costruzioni vanno cambiate ,in base ad una esperienza storica. La riformulazione della teoria e della prassi non può essere semplicemente ideologica materialistica, diventerebbe neo positivista e sarebbe di nuovo vinta dall'ultracapitalismo globale e finanziario,capace di fagocitare e trasformare culture. La verità è da costruire sull'umanità con la sua fallacità, ma dentro un ordine morale che diventa prassi inalienabile .Non si può mediare sulla dignità umana,diventerebbe la contraddizione attuale che ha da una parte i valori e le etiche, ma gli intenti non essendo pratiche sono state soppiantate dall'ordine economico. Se la morale viene dopo l'economia (ad esempio B.Croce nel trattato sull'estetica lo dice chiaramente), non ci sono principi umani inalienabili, tutto è negoziabile nello scopo impersonale di un mercato che nasconde invece altre persone che straguadagnano e sfruttano . |
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30-08-2015, 21.58.27 | #19 | |
Moderatore
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Riferimento: il postmodernismo e la verità decostruita
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La volontà come volontà di potenza è sempre espressione di un voler far mio che trova nell'altro l'ostacolo da annientare riducendolo a epifenomeno della mia fenomenologia, ma nel riconoscimento della differenza ontologica dell'altro nell'individualità che il suo volto e la sua parola altra mi presentano il circolo tragicamente chiuso della mia volontà si apre a un'ulteriorità che sempre mi sopravanza e in cui solo può attuarsi quello slancio all'infinito a cui l'io, da solo e per quante cose possa fare sue, non basta. Certo che il postmoderno ha tarpato questo slancio, ma questo slancio è tarpato perché l'altro non può apparirci se non come materiale di trasformazione tecnicamente manipolabile secondo una praxis che contiene qualsiasi poiesis si voglia. E' stato tarpato perché l'altro è stato reso riconoscibile solo in forma di oggetto che posso fare continuamente mio e in questo processo di oggettivazione dell'altro io stesso divento inevitabilmente oggetto, divento il risultato di un'alienazione. L'oggetto altro senza altro significato dell'essere oggetto per me riflette a mia volta me stesso come puro oggetto per un pensiero tecnico che consente l'appropriazione di ogni oggetto, ossia l'annullamento di ogni identità non pronta a quell'uso oltre il quale non è rinvenibile alcun altro significato. Resta così solo la tecnica a porre l'unica ulteriorità e per questo solo il discorso tecnico appare meritevole di ascolto. Il soggetto si sente quindi alienato, ma senza capire che la sua alienazione è il riflesso dell'alienazione dell'oggetto che gli è altro e dalla cui possibilità è stato sedotto in nome della possibilità che continuamente gli viene offerta come infinita possibilità tecnica di goderne divorandolo. E così, non trovando più alcun altro effettivo, ma solo altri oggett da digerirei, egli stesso muore nella sua radicale, bulimica e più o meno insoddisfatta solitudine, come di dovere, materiale di consumo per null'altro che il consumo stesso. Ultima modifica di maral : 30-08-2015 alle ore 22.10.53. |
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31-08-2015, 00.33.01 | #20 | |
Nuovo ospite
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Riferimento: il postmodernismo e la verità decostruita
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Credo tu abbia capito male: non critico la dialettica perché non è priva di errori (quale teoria non ne ha),ma perché fa finta di non vederli,li ignora. Tesi e antitesi,a loro modo ugualmente giuste. E se fossero inconciliabili?non è possibile. Si accetta ogni contraddizione per non vedere eventuali errori. E invece è così,non può esistere un mercato o una libera concorrenza etica,perché il loro fine è quello di accumulare ricchezza privata,non realizzare un bene collettivo. Se il fenomeno rimane una fallace costruzione umana (sempre riedificabile) allora la contraddizione è superabile,se diventa un elemento a sé stante con cui venire a patti la frattura non si può sanare. Spero di essere stato chiaro |
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