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25-11-2008, 09.03.18 | #22 |
Ospite abituale
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Riferimento: caso e riproducibilita' nella scienza
Guarda, Albert, che forse and1972rea ha ragione. Perché, se vogliamo parlare in termini filosofici, lasciando da parte il riferimento alla scienza con annesse divagazioni sul calcolo delle probabilità e sul tacchino di Russell, e affrontare alle radici il problema, potremmo riconoscere che il potere del nostro pensiero è talmente grande da permettergli di andare contro sé stesso, cioè dubitare di tutto, non solo delle verità della scienza, ma di quello che tu ed io pensiamo in ogni momento e che ci pare assolutamente certo.
Il dubbio è insito nel pensiero ed è ciò che ne fa qualcosa di ben diverso da un prodotto dei neuroni, dell’evoluzione e dell’adattamento, quando in un’interpretazione filosofica più radicale di quella di Hume, esso esclude addirittura che si possa affermarne una validità, visto che – in modo più radicale di quello cui si limitava Cartesio - qualunque cosa si pensa si può nello stesso tempo dubitare di averla pensata…. Dico per esempio, come Cartesio, che lascio campo libero al diavolo, e contemporaneamente so di essere io e di credere in Dio….. Forse è questo semplice fatto, cioè che si può dubitare di tutto, che ha fatto nascere la filosofia. Dirai che ragionando così non si ottiene nulla, ebbene la filosofia è in fondo questo non ottenere nulla (povera e nuda vai filosofia!) anche se questo non arrivare all’assoluta verità non può farci dubitare che essa esiste, altrimenti come potremmo dire che conosciamo solo verità relative, magari momentaneamente utili per ottenere una cattedra universitaria o farci andare a letto soddisfatti per aver gustato un ottimo tacchino natalizio senza pensare che potrebbe essere giudicato un peccato mortale da un buddista o un vegetariano. Per concludere: anch’io come altri di voi sono fondamentalmente scettico, ma sono anche convinto che credere che la verità assoluta sia per noi inconoscibile non significa che non esista, anzi significa proprio che esiste, anche se non sappiamo qual è, anche se potrebbe darsi che il concetto stesso di verità assoluta è un assurdo, perché allora sarebbe proprio questa la verità assoluta. |
25-11-2008, 14.28.01 | #23 | ||||
Moderatore
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Riferimento: caso e riproducibilita' nella scienza
Citazione:
Non è vero. Il presupposto della scienza è che nell'universo vi siano numerose regolarità, regolarità anche statistiche. Ancora prima di studiare alcune cose si presuppone questo fatto, e finora questo presupposto pare essere sempre confermato. Quindi è un presupposto molto ragionevole. Citazione:
Questo è quello che ho detto anch'io e lo condivido. Non c'è solo e sempre una "riproducibilità diretta" del fenomeno, ma c'è anche una "riproducibilità indiretta". Citazione:
Non condivido. Il tacchino non mette mai alla prova la sua teoria, semplicemente osserva ciò che accade. E questa è un'operazione passiva: qualcosa accade continuamente e per induzione mi convinco che continuerà ad accadere. Ma l'uomo non si limita a questo. L'uomo cerca di modificare le condizioni iniziale per vedere se la sua teoria formata induttivamente è corretta, facendo tentativi "attivi". Vedendo "se anche in quella condizione estrema la mia teoria regge". Senza contare che il ragionamento umano non si limita al ragionamento induttivo statistico, bensì si estende molto oltre col ragionamento abduttivo. Basti pensare che noi non formuliamo delle semplici teorie che costatano una distribuzione statistica di una classe di fenomeni, bensì noi cerchiamo delle spiegazioni, di capire il perché di ciò che è accaduto, delle ragioni che ci stanno dietro. Citazione:
Mi dispiace ma confondi la razionalità con la certezza. Qui la penso come Albert, e molti altri. D'altro canto non vedo ragioni per ridurre la razionalità/ragionevolezza alla certezza. Come ti ho già detto il ragionamento umano non si limita ad una pure induzione passiva, va ben oltre. Dire "certezza quasi certa" è una contraddizione, ma dire "inferenza quasi certa" o "inferenza molto probabilmente corretta" è tutt'altro. Albert ti chiede se hai trovato delle vere (e quindi non solo presunte) certezze. Sicuramente il tuo discorso fatto sopra non fa parte della classe di credenze certe e apodittiche, quindi mi pare che si autoconfuti. |
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25-11-2008, 21.41.46 | #24 | |
Moderatore
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Riferimento: caso e riproducibilita' nella scienza
Citazione:
...per quel che riguarda l'inferenza ,robusta perche' “quasi certa”, quel che stride alla ragione non e' tanto l'attributo della certezza che associ all'inferenza , ma e' il “quasi” associato alla “certezza “ che non ha razionalmente senso,...che intendi per inferenza “quasi certa”?...o e' certa o non lo e'...non ci possono essre vie di mezzo se ti riferisci alla certezza....o alla gravidanza ... saluti |
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26-11-2008, 11.24.24 | #25 | ||
Moderatore
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Riferimento: caso e riproducibilita' nella scienza
Citazione:
Mi sembra di aver già chiarito la grande differenza tra il tacchino induttivista di Russell e l'uomo. Citazione:
Avevo implicitamente proposto una scala di certezza continua, che va dall'incertezza totale alla certezza totale. Se non ti gusta come modo di esprimersi, non ho particolari problemi a cambiarlo, tant'è che già prima avevo proposto "inferenza molto probabilmente corretta". Se vuoi atteniamoci a quest'ultimo modo di esprimerci, tanto la sostanza non cambia. |
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26-11-2008, 21.07.21 | #26 | |
Moderatore
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Riferimento: caso e riproducibilita' nella scienza
Citazione:
Gia', ti sembra di averla chiarita, ma, almeno a me, non e' affatto chiara ;tu dici che il tacchino di Russell non mette alla prova le sue convinzioni, e poni l'abduzione umana come discriminante...; io penso invece che le premesse a monte del ragionamento induttivo del tacchino stiano nella ripetizione della prova empirica, ma l'induzione in se', dalla premessa alla regola, non puo' che essere un'azione “attiva” di un agente “pensante”; tutt'al piu' , ripeto, puoi dire che l'uomo sia piu' malizioso e furbo, piu' ingegnoso del tacchino, ma non puoi levare al ragionameto induttivo del tacchino la sua valenza “attiva” (l'uomo puo' fare un sacco di domande complesse alla natura, il tacchino attende alla prova dei fatti la natura una sola volta al giorno in modo molto piu' semplice, ma entrambi possono ottenere risposte dalla natura solo se pongono attivamente delle domande, la natura e' un testimone reticente, non risponde mai spontaneamente ). E questo non lo puoi fare nemmeno se attribuisci all'uomo una sorta di capacita' abduttiva, la quale implica aristotelicamete, secondo alcuni, ma non secondo me (che tifo per Platone ), una terza via , una via di mezzo fra l'evidenza deduttiva e la credenza induttiva, una specie di certezza probabilistica..., ed e' qui che casca l'asino con tutto il palco , perche'non vi e' alcuna evidenza razionale che possa attribuire all'abduzione una valenza diversa dall'induzione; dire “quasi certo” o “probabilmente certo” non ha alcun senso per la ragione. Saluti |
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27-11-2008, 11.30.28 | #27 | ||
Moderatore
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Riferimento: caso e riproducibilita' nella scienza
Citazione:
Il tacchino è "passivo" perché semplicemente osserva ciò che accade, cioè osserva che viene continuamente tenuto in vita. L'uomo, al contrario, crea lui stesso le condizioni per testare le proprie teorie, inventando sempre nuovi e più astuti esperimenti. Sarà, come dici tu, una differenza di grado, ma se è così è una grandissima differenza di grado. Inoltre, come ho già spiegato, l'uomo cerca sempre di andare oltre e di vedere dietro delle spiegazioni. Chi è quell'uomo? Perché mi porta da mangiare? Che carattere ha? Quali sono le sue abitudini? Allora inizio a spiarlo dalla finestra, per vedere che fa durante il giorno, cerco di capire come vive e (e quindi anche) perché io sono lì. E qui entra il ragionamento abduttivo, che non è un semplice ragionamento induttivo/statistico. Citazione:
Naturalmente, come ti è già stato detto, il ragionamento non-deduttivo non è apodittico e certo. Io non ti avevo proposto "probabilmente certo", bensì "inferenza molto probabilmente corretta". |
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28-11-2008, 14.11.10 | #28 |
Ospite abituale
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Riproduzioni e consensi.
Caro Nesso,
annoti: “Il concetto di “riproducibilità” è piuttosto esteso.” “ La riproducibilità è produzione di continue osservazioni compatibili tra loro di uno stesso fenomeno, che tu ce l'abbia a portata di mano o no.” “ Il cielo è un laboratorio... a cielo aperto: differenti, molteplici e continue osservazioni di pianeti in moto o esplosioni stellari, e la concordanza di queste, costituiscono in questo caso la riproducibilità del fenomeno “moto di un pianeta” o “esplosione stellare”.” “Una sola osservazione non compatibile con le altre, di un fenomeno anche collaterale, ovvero se un tal dei tali non riesce a riprodurre i risultati osservativi dei suoi predecessori oppure se una teoria prevede un effetto che proprio non si osserva, tutto ciò può essere indice che qualcosa o tutto non vada”. ” Ovvero si simula al computer un dato evento, es. come si scontrano due galassie inserendo tutto ciò che si sa sulla gravità e sulla materia, e si vanno ad osservare galassie reali siffatte per vedere se le simulazioni “riproducono” decentemente le osservazioni.” In somma, mi pare che codesta “riproducibilità” altro non sia, che la necessità che le nostre deduzioni razionali, circa gli eventi della natura, convengano e convergano, senza contraddizione e senza confutazione alcuna, con quegli eventi stessi, i quali osserviamo accadere. Ma, dunque, perché usare d’una voce che induce il dubbio che, affinché d’un evento abbiamo scienza, è necessità che quell’evento noi stessi possiamo riprodurre parimenti perpetuamente, in virtù del nostro artificio ?. Affermi: ”Comunque non considero ciò che non è, o non viene considerato, scienza come mera “opinione”.”. Si può pur consentire, ma dobbiamo dunque stabilire non solo quale efficacia veridica e quanta virtù inconfutabile sia in tutte quelle conoscenze, le quali non abbiano, per cause varie, dignità di scienze; ma anche per quale via razionale possiamo discernerle dalle mere opinioni private di ciascuno. Concludi domandando: “Cosa vuol dire, Anakreon, “consenso comune ed universale” e come lo ottieni, se non facendo sì che i “dotti” possano concordare sulle loro molteplici e differenti “misure” di uno stesso fenomeno o evento (che sia anche la sua semplice “visione”)? “. E’ ciò che veramente accade, quando concediamo “gli scienziati affermano questo”, “gli storici narrano quest’altro”, “i giurisperiti interpretano in tal modo” “i filosofi definiscono in tal altro”: chi stabilisce quali siano quei dotti, i quali abbiano autorità in una disciplina, se non coloro stessi, i quali sono periti in quella disciplina ?; chi stabilisce quali siano le misure degli eventi e quando e quanto di possa confidare nelle cose misurate, se non i dotti stessi ?; e quando mai confidiamo in quello, che affermano, narrano, interpretano, definiscono i dotti in una certa disciplina, se non allora, quando essi stessi consentano comunemente ed universalmente ?. Anakreon. |
28-11-2008, 18.34.41 | #29 |
Ospite abituale
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Percezioni bestiali ed alacrità umane.
Caro Epicuro,
affermi: "Il tacchino è "passivo" perché semplicemente osserva ciò che accade, cioè osserva che viene continuamente tenuto in vita. L'uomo, al contrario, crea lui stesso le condizioni per testare le proprie teorie, inventando sempre nuovi e più astuti esperimenti. Sarà, come dici tu, una differenza di grado, ma se è così è una grandissima differenza di grado. Inoltre, come ho già spiegato, l'uomo cerca sempre di andare oltre e di vedere dietro delle spiegazioni. Chi è quell'uomo? Perché mi porta da mangiare? Che carattere ha? Quali sono le sue abitudini? Allora inizio a spiarlo dalla finestra, per vedere che fa durante il giorno, cerco di capire come vive e (e quindi anche) perché io sono lì. ". Posto che sia vero che il tacchino sia compiutamente passivo, si può opporTi che noi notiamo altre bestie essere ben attive in quelle operazioni che Tu citi: "Chi è quell'uomo? Perché mi porta da mangiare? Che carattere ha? Quali sono le sue abitudini? Allora inizio a spiarlo dalla finestra, per vedere che fa durante il giorno, cerco di capire come vive". Un cane, un cavallo, una scimmia, ad esempio, sono assai più attivi, che sia un tacchino, nell'osservazione delle consuetudini del padrone o di colui che li nutra; forse essi non pervengono a domandarsi perché siano lì, ma noi non possiamo averlo per certo, non potendone conoscere i pensieri. Comunque sia, dobbiamo anche domandarci se la nostra alacre industria nella conoscenza degli eventi, perciò che opera attivamente e spesso gravemente sulla natura, non produca talora piuttosto artificio, che scienza: non appare mai essere forse più scienza della natura delle cose, la spontanea percezione bestiale, che l'artificiosa alacrità umana ?; è possibile che il reticolo matematico, che abbiamo disteso sull'universo, non sia piuttosto occultare il vero, che disvelarlo ?. Non dimentichiamo che coloro, i quali ponevano la Terra al centro dell’universo, esplicavano ottimamente, in grazia di cicli ed epicicli, i moti apparenti dei pianeti: non sorge il dubbio che, trattando troppo le cose cogli strumenti che noi stessi produciamo, conosciamo assai più la nostra produzione umana, che investighiamo la natura di quelle ?. Anakreon. |
28-11-2008, 18.42.19 | #30 | |
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Riferimento: caso e riproducibilita' nella scienza
Citazione:
Mi spiace sembrare pedante, ma quando dici che il tacchino di Russell si limita ad osservare passivamente, sbagli, il tacchino fa molto , ma molto di piu': egli non prende semplicemente atto di un fatto empirico ,ma lo associa ad un precedente caso empirico e “prevede” ,sulla base di una propria congettura, un accadimento futuro, dato che l'indomani attende certo e fiducioso il suo lauto pasto; il tacchino , come diresti tu per l'uomo, non si ferma alla constatazione di un fatto presente, ma va oltre...producendo un'inferenza, un'”attesa” per il futuro, come diresti tu, “molto probabilmente corretta”, ovvero , come dico io , molto fiduciosamente, fideisticamente, religiosamente convincente e persuasiva. saluti |
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