Riferimento: "Io sono colui che sarà"
Torno un momento - VanLag - alla tua idea di moralità ("non c'è un noi che conosce che cosa è morale...."). Se fossi un teologo del Seicento, direi che la tua posizione sfiora il lassismo: ritenere cioè che in caso di dubbio conviene scegliere l’ipotesi suggerita dalla propria individuale coscienza piuttosto che quella espressa da una legge morale, anche se non risulta certo che la prima sia migliore della seconda. Un lassismo o probabilismo che venne bene accolto dai gesuiti e quindi contrastato da Pascal e bollato dai teologi ortodossi. Ma questi sono soggetti, dopo tutto, ai loro voti e a dottrine un poco remote, e allora ascoltiamo – no, non gli astrologi, ma qualche filosofo, per esempio Kant, il quale potrebbe farci osservare che la legge morale riguarda gli uomini, che sono dotati di libero arbitrio, e quindi, se dobbiamo essere grati agli astri per quello che ci insegnano sulle leggi dell’universo, difficilmente possiamo avere chiarimenti da loro in materia di leggi morali. Così, per quanto concerne i grandi spiriti da te citati, preferisco seguire unicamente quel diavolaccio di Socrate, che andava in cerca della virtù discutendo, piuttosto che cogli astri, coi cittadini di Atene, cioè con quel “noi” che tu escludi dal gioco.
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