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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 26-01-2008, 16.00.37   #1
Il_Dubbio
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Tra Essere ed esistenza...

Mi sono affidato a Wikipendia () per trovare qualche definizione, sperando che la nostra ricerca la superi :

<< Platone distinse per primo l'esistenza dall'essere, affermando che il mondo sensibile dipende ontologicamente dalle idee, ed esiste solo in relazione a quest'ultime. Le idee sono in sé e per sé, e bastano a se stesse, mentre l'esistenza ha bisogno dell'essere, ed è come un ponte sospeso tra essere e non essere. L'uomo in particolare vive drammaticamente questa condizione di sospensione in quanto individuo calato nell'esistenza.>>

<<Le parole (e i concetti) esistenza ed essere hanno assunto due significati diversi anche in Aristotele. Questi ha evidenziato che esistono vari modi in cui le cose possono "essere”, dando così luogo all’ontologia, campo fondato sulle relazioni tra le varie categorie dell’essere, tra cui la sostanza e gli attributi.>>

<<Friedrich Schelling distinse l’essenza, che riguarda l'Essere da un punto di vista puramente logico-formale, dall’esistenza, che attiene invece all'aspetto storico e concreto dell'essere... Schelling inaugurò in tal modo un nuovo filone di pensiero incentrato sull'esistenza, sulla quale verterà anche la riflessione di Kierkegaard. Questi diede vita alla corrente denominata appunto "esistenzialismo", che studia l'esistenza umana nel suo aspetto storico e concreto.>>

La vera domanda però sarà questa: in che senso un oggetto fisico esiste?

Sempre da Wikipendia ()

<<George Orwell ha definito l’esistenza nel suo celebre romanzo 1984. O'Brien, uno dei personaggi, spiega a Winston (il protagonista) che la verità risiede in ciò che si crede, e che l’esistenza non è altro che una delle tante convinzioni che gli uomini possono avere: così, basterà uccidere Winston e rimuovere il suo nome dagli archivi affinché non solo egli non esista più, ma affinché egli non sia mai esistito. L’ultimo baluardo dell’esistenza è a quel punto solo la memoria di chi lo ha conosciuto (il che riduce l’esistenza ad un “fatto” della coscienza).
Si potrebbe assumere questo punto di partenza per definire l’esistenza in negativo: possiamo dire che un oggetto è reale se non è semplicemente frutto dell’immaginazione di qualcuno, o che esso fa parte del presente in quanto non appartiene né al passato né al futuro.
Il senso comune dispone tuttavia di un significato più intuitivo: un oggetto fisico esiste se ricade all’interno del complesso spazio-temporale con il quale l’umanità è sempre a diretto contatto in un certo momento. È allora possibile dare le seguenti definizioni:

"Un oggetto fisico O esiste se, e solo se, O è, nel momento attuale, collocato spazialmente all’interno dell’universo con il quale siamo in contatto."

Questa è la definizione che deriva dal senso comune dell’esistenza. Tuttavia, sono ben pochi i filosofi che vi si sono rifatti (perlopiù infatti è la corrente del materialismo ad averla ripresa... ma tutto il resto della storia del pensiero non ha potuto fare a meno di rilevare la non rigorosità e la problematicità di questa visione: infatti, come posso essere sicuro che “ci siano” degli oggetti e che non si tratti di una mia illusione?...Come uscire dal circolo vizioso per cui l’esistenza di un certo oggetto fra i tanti presuppone – e non dimostra – l’esistenza di una realtà esterna alla coscienza? Esiste la coscienza, e solo la coscienza?).>>

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Mi scusino quelli che odiano Wikipendia () se ho preso interamente da lì l'argomento. Ma l'ho fatto anche per una logica conseguenza di risparmio energetico ( il copia incolla funziona benissimo ); ma volevo sottolineare che non è da lì che ho preso l'argomento ma era già nella mia testa (e nella mie "idee") e sono solo andato a cercare qualche spunto <<oggettivamente esistente>> per non cadere io stesso nella trappola del'<<essere>> contrapposto al'<<esistere>>

A Voi la parola
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Vecchio 26-01-2008, 18.12.00   #2
Koli
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Riferimento: Tra Essere ed esistenza...

Citazione:
Originalmente inviato da Il_Dubbio
La vera domanda però sarà questa: in che senso un oggetto fisico esiste?



"Un oggetto fisico O esiste se, e solo se, O è, nel momento attuale, collocato spazialmente all’interno dell’universo con il quale siamo in contatto."

Questa è la definizione che deriva dal senso comune dell’esistenza. Tuttavia, sono ben pochi i filosofi che vi si sono rifatti (perlopiù infatti è la corrente del materialismo ad averla ripresa... ma tutto il resto della storia del pensiero non ha potuto fare a meno di rilevare la non rigorosità e la problematicità di questa visione: infatti, come posso essere sicuro che “ci siano” degli oggetti e che non si tratti di una mia illusione?...Come uscire dal circolo vizioso per cui l’esistenza di un certo oggetto fra i tanti presuppone – e non dimostra – l’esistenza di una realtà esterna alla coscienza? Esiste la coscienza, e solo la coscienza?).>>

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A Voi la parola


La Questione circa l'esistenza e la non esistenza e stata ripresa anche dalla filosfia anailtica nella contraposizione fra allism e noneism.
La definizone che tu hai dato dell'esistenza dell'oggetto fisico ripresa dai materialisti come tu stesso dici, non risolve il problema in quanto posso pensare a un cavallo alato il quale, è collocato spazialmente anche se in senso stretto non esiste.
Forse è utile riprendere la distinzione di Routley fra quantificazione caricata e neutrale. La prima riguarda l'esistenza degli oggetti mentre la seconda più prudentemente l'esserci. Si potrebbe dire che "ci sono" scimmie intendendo che le scimmie in qualche modo ci sono anche se non diciamo che esitono. Quando si dice che "esistono" scimmie si ammette la loro l'esistenza effettiva (sperimentale). Molto dipende secondo Van Inwagen, dal criterio di impegno ontologico di Quine. Tale criterio permette di rendere espliciti gli impegni ontologici impliciti. Chi espone una teoria deve dire cosa ritiene esitente e cosa neutralmente presente.
Koli is offline  
Vecchio 26-01-2008, 20.34.39   #3
Il_Dubbio
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Riferimento: Tra Essere ed esistenza...

Citazione:
Originalmente inviato da Koli
Forse è utile riprendere la distinzione di Routley fra quantificazione caricata e neutrale. La prima riguarda l'esistenza degli oggetti mentre la seconda più prudentemente l'esserci.

Grazie Koli

Voglio premettere una cosa:
ho aperto questa discussione perché ritengo fondamentale e primario <<l'idea>> rispetto all'oggetto osservabile.
La mia può assomigliare ad una <<congettura>> che deve essere dimostrabile.
Il problema è che non posso dimostrare che questa congettura sia vera poiché dovrei dimostrare <<l'esistenza>> di una idea a fondamento dell'oggetto ma che non può essere dimostrato se no in "relazione" all'oggetto. C'è una contraddizione, quindi, che non può essere superata, perché è l'esistente (l'oggetto) che sembra invece legittimare "l'esistenza" dell'essere (il pensiero). Quindi senza oggetto non avrei pensiero.
Al contrario però si potrebbe sostenere che:
se non ci fossero idee (pensieri) l'esistenza degli oggetti avrebbe la stessa natura dell'essere, perché nessun pensiero potrebbe legittimare l'esistenza degli oggetti.

In sostanza la dimostrazione dell'esistenza dell'essere (ciò che mi prefiggo) non può prescindere dall'oggetto che deve invece rimanere secondario all'essere (se seguissi la mia congettura).L'oggetto quindi non può essere preso per dimostrare l'esistenza dell'essere. Nello stesso tempo, contrariamente, non posso dimostrare l'esistenza dell'esistito (oggetto) se lo ponessi in relazione all'essere, poiché l'esistito deve essere dimostrabile a prescindere dall'esistenza dell'essere (che dovrebbe rimane secondario).
(capisco qui che il discorso si fa difficile , bisogna avere un pò di pazienza )

In pratica non si può dimostrare ne l'esistenza dell'essere ne l'esistenza dell'esistito se escludiamo uno dei due a priori.
Essere ed esistito sembrano la stessa cosa.

Per esempio (qui potrebbe intervenire uno che conosce la matematica) se non ci fosse un mondo fisico non ci sarebbe una descrizione matematica che la supporta.Ma potremmo dire anche che se non esistesse la matematica non ci sarebbe un mondo fisico.
Le leggi matematiche = fisica

Oppure esistono le leggi matematiche perché altrimenti non esisterebbe un mondo fisico? (domanda importante)

Un grande Fisico dei giorni nostri R. Penrose pensa che le verità matematiche siano esistenti in un mondo platonico (li chiama perciò anche verità matematiche) a prescindere dalla oggettiva dimostrazione. Fa l'esempio dell'ultimo teorema di Fermat che fu dimostrato solo dopo 350 anni (nel 1995 da Willes).Lui si chiede: <<Ora dobbiamo considerare che l'asserzione di Fermat sia sempre stata vera, ancora prima della reale formulazione dello stesso Fermat,oppure che la sua validità sia una questione puramente culturale, dipendenti dagli standard soggettivi della comunità dei matematici?>>

Chiaramente mi pare di capire anche che, le verità matematiche, anche se fossero esistenti ancor prima di essere dimostrate, sposterebbero il mio umilissimo dubbio un po più in la. In fondo una mia <<idea>> non è una verità matematica. Oppure c'è un altro mondo platonico formato dalle idee (comuni) che stanno aspettando solo di essere dimostrate o "mostrate"?

Come ne usciamo Koli (e chi voglia intervenire chiaramente)?

ciao
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Vecchio 26-01-2008, 21.13.38   #4
albert
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Riferimento: Tra Essere ed esistenza...

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Originalmente inviato da Il_Dubbio
Le parole (e i concetti) esistenza ed essere hanno assunto due significati diversi anche in Aristotele. Questi ha evidenziato che esistono vari modi in cui le cose possono "essere”, dando così luogo all’ontologia, campo fondato sulle relazioni tra le varie categorie dell’essere, tra cui la sostanza e gli attributi.

Bertrand Russell ha scritto: "La nozione di essenza è basilare in ogni filosofia successiva ad Aristotele, fino ai nostri tempi. Secondo me è una nozione confusa in maniera desolante". Sono d'accordo.

Citazione:
Originalmente inviato da Koli
Forse è utile riprendere la distinzione di Routley fra quantificazione caricata e neutrale. La prima riguarda l'esistenza degli oggetti mentre la seconda più prudentemente l'esserci. Si potrebbe dire che "ci sono" scimmie intendendo che le scimmie in qualche modo ci sono anche se non diciamo che esitono. Quando si dice che "esistono" scimmie si ammette la loro l'esistenza effettiva (sperimentale)..

Che significa che le scimmie "ci sono in qualche modo"? Mi sembra, appunto, un concetto molto confuso.


Citazione:
Originalmente inviato da Koli
Molto dipende secondo Van Inwagen, dal criterio di impegno ontologico di Quine. Tale criterio permette di rendere espliciti gli impegni ontologici impliciti. Chi espone una teoria deve dire cosa ritiene esitente e cosa neutralmente presente.

Questo mi interessa molto. Potresti dire qualcosa di più del criterio di Quine? Thx.
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Vecchio 27-01-2008, 02.19.24   #5
Koli
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Citazione:
Originalmente inviato da Il_Dubbio
Grazie Koli

Voglio premettere una cosa:
ho aperto questa discussione perché ritengo fondamentale e primario <<l'idea>> rispetto all'oggetto osservabile.
La mia può assomigliare ad una <<congettura>> che deve essere dimostrabile.
Il problema è che non posso dimostrare che questa congettura sia vera poiché dovrei dimostrare <<l'esistenza>> di una idea a fondamento dell'oggetto ma che non può essere dimostrato se no in "relazione" all'oggetto. C'è una contraddizione, quindi, che non può essere superata, perché è l'esistente (l'oggetto) che sembra invece legittimare "l'esistenza" dell'essere (il pensiero).

Al contrario però si potrebbe sostenere che:
se non ci fossero idee (pensieri) l'esistenza degli oggetti avrebbe la stessa natura dell'essere, perché nessun pensiero potrebbe legittimare l'esistenza degli oggetti.Quindi senza oggetto non avrei pensiero.In sostanza la dimostrazione dell'esistenza dell'essere (ciò che mi prefiggo) non può prescindere dall'oggetto che deve invece rimanere secondario all'essere (se seguissi la mia congettura).L'oggetto quindi non può essere preso per dimostrare l'esistenza dell'essere. Nello stesso tempo, contrariamente, non posso dimostrare l'esistenza dell'esistito (oggetto) se lo ponessi in relazione all'essere, poiché l'esistito deve essere dimostrabile a prescindere dall'esistenza dell'essere (che dovrebbe rimane secondario).
(capisco qui che il discorso si fa difficile , bisogna avere un pò di pazienza )

In pratica non si può dimostrare ne l'esistenza dell'essere ne l'esistenza dell'esistito se escludiamo uno dei due a priori.
Essere ed esistito sembrano la stessa cosa.
Qua si sente lo scontro fra realisti e nominalisti. Mi pare, se non ho capito male, che per te, l'idea platonicamente intesa, ha uno status superiore a quello dell'oggetto. La tua difficolta pare essere quella di dimostrare la derivazione dell'oggetto dall'idea la quale però, a sua volta, sembra derivare dall'oggetto stesso. Platone è troppo "platonico" su questo punto. Mi sembra più coerente la posizione di Aristotele, il quale afferma che la nostra conoscenza parte dal sensibile; (dallla sostanza). Nessuno credo, appena nato, abbia l'idea delle giraffe. Se la crea non appena ne sente parlare o le vede. Dico questo senza togliere l'importanza e l'autonomia dell'oggettività del concetto


Citazione:
Originalmente inviato da Il Dubbio
Per esempio (qui potrebbe intervenire uno che conosce la matematica) se non ci fosse un mondo fisico non ci sarebbe una descrizione matematica che la supporta.Ma potremmo dire anche che se non esistesse la matematica non ci sarebbe un mondo fisico.
Le leggi matematiche = fisica

Oppure esistono le leggi matematiche perché altrimenti non esisterebbe un mondo fisico? (domanda importante)

Credo che il mondo fisico non avrebbe nessun problema di sorta ad esistere senza leggi matematiche. Con leggi intendo non i rapporti di causa ed effetto che rendono possibili le cose, bensì l'insieme delle regole convenzionali che attribuiamo ai fenomeni.
Citazione:
Originalmente inviato da Il Dubbio
Un grande Fisico dei giorni nostri R. Penrose pensa che le verità matematiche siano esistenti in un mondo platonico (li chiama perciò anche verità matematiche) a prescindere dalla oggettiva dimostrazione. Fa l'esempio dell'ultimo teorema di Fermat che fu dimostrato solo dopo 350 anni (nel 1995 da Willes).Lui si chiede: <<Ora dobbiamo considerare che l'asserzione di Fermat sia sempre stata vera, ancora prima della reale formulazione dello stesso Fermat,oppure che la sua validità sia una questione puramente culturale, dipendenti dagli standard soggettivi della comunità dei matematici?>>



Chiaramente mi pare di capire anche che, le verità matematiche, anche se fossero esistenti ancor prima di essere dimostrate, sposterebbero il mio umilissimo dubbio un po più in la. In fondo una mia <<idea>> non è una verità matematica. Oppure c'è un altro mondo platonico formato dalle idee (comuni) che stanno aspettando solo di essere dimostrate o "mostrate"?

Come ne usciamo Koli (e chi voglia intervenire chiaramente)?

ciao

Il teorema in questione probabilmente deve essere considerato vero non solo dopo la sua formualzione ma anche prima. Una cosa per essere considerata vera non necessita della presenza e del pensiero di un uomo ma ha una sua oggettività indipendente dal nostro pensiero. Se in questo momento sta cadendo una pietra su Marte, nessuno ne è al corrente ma ciò non toglie il fatto che stia cadendo.
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Originalmente inviato da albert
Potresti dire qualcosa di più del criterio di Quine.
Se io dico "Qualche pianeta è in qualche momento a qualche distanza da tutte stelle" posso dire quali di questi elementi considero esistenti usando il quantificatore. Quindi verebbe: Esiste qualche x, (tale che x è un pianeta e x è in qualche momento a qualche distanza da tutte le stelle).Qua io mi impegno solo all'esistenza di qualche pianeta. "L'esiste" (la parte ontologica) rimane fuori dalla parentesi e indica il quantificatore, ovvero lo stratagemma che mi permette di dire che esistono pianeti. Io però usando il criterio di impegno ontologico mi mosso appunto impegnare a dimostrare o meglio a spiegare che considero esistenti anche " qualche momento" " qualche distanza" e "tutte le stelle". Non vuol dire che debbano effetivamente esistere ma mi serve solo per spiegare quello che io considero esistente nella teoria che espongo.
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Vecchio 27-01-2008, 09.26.01   #6
Giorgiosan
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Originalmente inviato da Il_Dubbio


Il problema è che non posso dimostrare che questa congettura sia vera poiché dovrei dimostrare <<l'esistenza>> di una idea a fondamento dell'oggetto ma che non può essere dimostrato se no in "relazione" all'oggetto.

Il Rosmini dice che l'idea dell'essere è la sola idea innata dalla quale derivano le idee pure, fra le quali unità, numero, possibilità...
Un grande filosofo da non sottovalutare.

Ti scannerizzo una pagina da Nuovo saggio sull'origine delle idee:

FATTO: NOI PENSIAMO L'ESSERE IN UNIVERSALE.

398. Io parto da un fatto il più ovvio, e lo studio di questo fatto è ciò che forma tutta la teoria che sono per esporre.
Il fatto ovvio e semplicissimo da cui parlo, è che l'uomo pensa l'essere in un modo universale.
Qualunque spiegazione si voglia dare di questo fatto, il fatto
stesso non può mettersi in controversia.
Pensare l'essere in un modo universale non vuoi dir altro, se non pensare quella qualità che è comune a tutte le cose, senza badar punto a tutte l'altre loro qualità generiche o specifiche o proprie. È in mio arbitrio il porre la mia attenzione piuttosto in uno, che in un altro elemento delle cose: ora, quando io metto l'attenzione mia esclusivamente in quella qualità che è a tutte cose comune, cioè nell' essere, allora suol dirsi che io penso l'essere in universale.
Il negare che noi poniamo, volendolo, la nostra attenzione sull'essere comune delle cose, senza badare, ed anzi astraendo da tutte l'altre qualità loro, sarebbe un opporsi a ciò che è la più facile osservazione sopra le proprie operazioni ci attesta, un contraddire al senso comune, un rinnegare il linguaggio.
E di vero, quando io faccio questo usuale discorso: « la ragione è propria dell'uomo il sentire gli è comune colle bestie, il vegetare colle piante; ma l'essere gli è comune con tutte le cose »; io considero l'essere comune, indipendentemente da tutto il resto. Se l'uomo non avesse la facoltà di considerare l'essere in separato da tutto il resto, questo discorso consueto sarebbe impossibile.
Il fallo di che parliamo è così evidente, che non farebbe uopo di spenderci una parola, bastando accennarlo, se gli uomini de' tempi nostri non si fossero sforzati di mettere in dubbio tutto.
Ora un fatto così evidente è il punto semplicissimo dove insiste la teoria dell'origine delle idee.
Giorgiosan is offline  
Vecchio 27-01-2008, 10.17.26   #7
Il_Dubbio
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Originalmente inviato da Il_Dubbio
Oppure esistono le leggi matematiche perché altrimenti non esisterebbe un mondo fisico? (domanda importante)


Continuo il mio pensiero.

L'inganno credo sia nella differenza tra l'esistenza di qualcosa che bisogna ancora scoprire con qualcosa che "si può inventare". Per esempio la radio forse è un'invenzione e non una scoperta.
Una scoperta potrebbe essere (secondo un matematico) le leggi del moto.
L'automobile è una invenzione, un dinosauro ancora in vita nella foresta amazzonica è una scoperta.

Per cui le leggi matematiche potrebbero esistere anche se non sono state ancora scoperte e dimostrate, un'idea invece è un'invenzione nata dal nulla. Qualcosa che prima non esisteva e che prende forma dall'idea stessa.

Ed è qui che l'idea essendo <<creatrice>>, diventa fondamentale rispetto all'oggetto stesso, come credo dica Platone.

Non ci interessa a questo punto dire che si può avere in testa l'idea di creare un ponte sullo stretto oppure ( con gli stessi soldi) una nuova ferrovia che colleghi la Sicilia al resto d'Italia. Queste idee sono in un mondo Platonico: "sono", e solo se ci fossero da qualche parte, cioè nell'idea creatrice di qualcuno, potrebbero esistere, e non viceversa. I ponti e le ferrovie non esistono di per se, come potrebbero essere le leggi matematica, esistono in quanto <<sono>> in un mondo Platonico che le ha pensate. Quindi mi sembra fondamentale l'esistenza dell'essere sulla esistenza dell'oggetto.

A ben guardare un dinosauro che esiste nella foresta amazzonica di per se non è una fantasia, è solo una probabilità, anche remota, che qualcosa esista a prescindere dall'osservazione.
Una invenzione come un taglia-erba, invece, non è qualcosa la cui esistenza può non dipendere dall'idea creatrice. Il taglia-erba esiste in quanto è stato pensato.

Diversa è la questione sulla esistenza della luna anche quando non la guardo. E da qui posso rifarmi a quello che ho messo in evidenza all'inizio:
<<George Orwell ha definito l’esistenza nel suo celebre romanzo 1984. O'Brien, uno dei personaggi, spiega a Winston (il protagonista) che la verità risiede in ciò che si crede, e che l’esistenza non è altro che una delle tante convinzioni che gli uomini possono avere: così, basterà uccidere Winston e rimuovere il suo nome dagli archivi affinché non solo egli non esista più, ma affinché egli non sia mai esistito. L’ultimo baluardo dell’esistenza è a quel punto solo la memoria di chi lo ha conosciuto (il che riduce l’esistenza ad un “fatto” della coscienza).>>

(proseguo in un altro momento )
Il_Dubbio is offline  
Vecchio 27-01-2008, 10.45.45   #8
Il_Dubbio
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Originalmente inviato da Koli
Platone è troppo "platonico" su questo punto. Mi sembra più coerente la posizione di Aristotele, il quale afferma che la nostra conoscenza parte dal sensibile; (dallla sostanza). Nessuno credo, appena nato, abbia l'idea delle giraffe. Se la crea non appena ne sente parlare o le vede. Dico questo senza togliere l'importanza e l'autonomia dell'oggettività del concetto

Mi sembra meno contraddittorio Platone.


Citazione:
Originalmente inviato da Koli
Credo che il mondo fisico non avrebbe nessun problema di sorta ad esistere senza leggi matematiche. Con leggi intendo non i rapporti di causa ed effetto che rendono possibili le cose, bensì l'insieme delle regole convenzionali che attribuiamo ai fenomeni.


Il teorema in questione probabilmente deve essere considerato vero non solo dopo la sua formualzione ma anche prima. Una cosa per essere considerata vera non necessita della presenza e del pensiero di un uomo ma ha una sua oggettività indipendente dal nostro pensiero.

Non ti sembra di aver detto due cose che si contraddicono?
Se pensi che il mondo fisico si possa reggere anche senza regole matematiche, perché dovrei credere che esistano leggi matematiche prima di trovarle e dimostrarle?

ciao
Il_Dubbio is offline  
Vecchio 27-01-2008, 13.19.17   #9
Koli
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Citazione:
Originalmente inviato da Il_Dubbio
Mi sembra meno contraddittorio Platone.
Non ti sembra di aver detto due cose che si contraddicono?
Se pensi che il mondo fisico si possa reggere anche senza regole matematiche, perché dovrei credere che esistano leggi matematiche prima di trovarle e dimostrarle?
ciao
Quando dico che il mondo fisico può benissimo reggersi senza leggi matematiche non intendo dire che non possa averle "in se". Intendo che la scoperta o meno di tali leggi non toglie che esistevano anche prima di essere scoperte.
Citazione:
Originalmente inviato da Il Dubbio
...Un idea invece nasce dal nulla
Perche dici che un idea nasce dal nulla se trovi più coerente la posizione platonica? Perchè non ammettere che anche l'idea del tagliaerba sia eterna in quanto impossibilitata a provenire dal non essere? Ma forse qua mi sono spinto troppo oltre.
Koli is offline  
Vecchio 27-01-2008, 16.48.50   #10
Il_Dubbio
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Originalmente inviato da Koli
Quando dico che il mondo fisico può benissimo reggersi senza leggi matematiche non intendo dire che non possa averle "in se". Intendo che la scoperta o meno di tali leggi non toglie che esistevano anche prima di essere scoperte.

No il problema è che il mondo fisico (e quindi reale)<<deve>> averle in se, non che possa averle. Se si mette in discussione che debba averne, si mette in discussione che possano esistere di per se verità matematiche.
Almeno così mi pare...



Citazione:
Originalmente inviato da Koli
Perche dici che un idea nasce dal nulla se trovi più coerente la posizione platonica? Perchè non ammettere che anche l'idea del tagliaerba sia eterna in quanto impossibilitata a provenire dal non essere? Ma forse qua mi sono spinto troppo oltre.

Certo, il mio "nulla" stava solo ad indicare che il mondo platonico non è ciò che più generalmente si intende col mondo reale. Un taglia erba non c'è nel mondo reale prima di essere "scoperto" nel mondo che noi riteniamo non reale delle idee. Il taglia-erba è una possibilità che vive in un mondo platonico delle possibilità. Deve essere solo scoperto (e chissà quante possibili scoperte sono rimaste nel mondo platonico delle cose non scoperte). Diverso è il rapporto con il mondo reale, perché in questo mondo (che non è platonico) io potrei anche non trovare un taglia erba, ma potrei trovare un dinosauro in Amazzonia. Entrambi però esistono in un mondo platonico delle possibilità.
Se io vedo un cane sotto casa, il giorno dopo probabilmente mi aspetto di vedere un cane sotto casa. Ma ciò non è reale prima che io guardi sotto casa se c'è un cane oppure no.
La realtà infatti mi dice che gli oggetti debbano occupare uno spazio nel tempo. Se io so che ieri ho trovato un cane sotto casa, probabilmente domani lo troverò sempre sotto casa. Una probabilità che potrebbe essere o non essere "realizzata".

Però mi preme fare ancora più chiarezza nelle nostre idee. Riprendo per questo il concetto che ne darebbe Aristotele, <<...questi ha evidenziato che esistono vari modi in cui le cose possono "essere”, dando così luogo all’ontologia, campo fondato sulle relazioni tra le varie categorie dell’essere, tra cui la sostanza e gli attributi.>>.

Cosa siano sostanza ed attributi per Aristotele forse me lo potrà dire qualcun altro, io sinceramente non lo so, ma se analizzo questa frase devo presumere che per Aristotele l'essere abbia in se oltre l'essenza dell'essere anche qualcos'altro. Io non la vedo così, per me l'essenza dell'essere non ha attributi o sostanza, questi sono altre essenze che vanno a correlare la prima essenza e ne danno forma nuova, originale e "realizzabile". Se io penso agli ufo non sto pensando a qualcosa di particolare con sostanza o attributi, sto pensando ad un ente di cui non conosco ne attributi ne sostanza. L'essenza dell'idea non può essere negli attributi o nella sostanza poichè così facendo ho già descritto "realmente" come potrebbe "esistere". Infatti un tagliaerba infondo deve solo tagliare l'erba, e per tagliare erba posso usare anche solo un coltello, oppure posso costruire un macchinario a motore in grado di tagliare l'erba con precisione tanto da far apparire scritte con vedute dall'alto (ogni riferimento è puramente casuale).

In fisica potrei paragonarle (sostanza ed attributi) alle proprietà della materia, come velocità e moto, momento angolare, energia ecc. Queste proprietà la materia li ha in se solo in riferimento ad una equazione matematica.Ma non li ha tutte in se nel mondo reale. Di volta in volta realmente se ne realzzano una parte, altrimenti io potrei essere, per esempio, qui ed anche a casa tua

(appena mi viene l'ispirazione però mi premerà ritornare sull'esistenza della luna ).

ciao
Il_Dubbio is offline  

 



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