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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere. |
21-03-2008, 16.26.24 | #4 |
Ospite abituale
Data registrazione: 26-06-2004
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Riferimento: L'uomo è davvero una "tabula rasa"?
Ciao
io credo che questa questione nella nostra epoca storica vada affrontata tenendo conto dei risultati sperimentali di psicologia dell'evoluzione e di neuroscienze. Non nel senso che queste scienze abbiano l'ultima parola, ma nel senso che non ne possiamo prescindere. La questione posta come aut aut sarà sempre insolubile. Di sicuro oggi sappiamo che le forme a priori kantiane, sono forme a priori della mentalità newtoniana e non dell'uomo. E di sicuro si può dire che molto di ciò che siamo soliti ritenere innato (musica, arte, logica ad es.) ha in realtà origine nei primissimi anni di vita, se non addirittura mesi o nel periodo di gestazione stessa. Un esempio tra tanti che mi viene in mente. Non so se conosci questo tale Marc Yu, stato tra l'altro a S.Remo di recente. Bene, è un bambino che suona dall'età di tre anni e risuciva a suonare già pezzi classici di una certa difficoltà all'età di cinque. Si dice sia prodigio e ce lo abbia dentro. Andando a guardare la sua storia personale, si scopre una madre ossessiva che aveva progettato da prima della sua nascita che lui divenisse tale. Lo ha fatto esercitare quotidianamente fin da piccolissimo e gli ha fatto ascoltare tanta musica fin dai primi mesi. Si può dire che il bambino sia venuto al mondo col pianoforte. A livello cerebrale, leggevo, è accertato che alcune connessioni sinaptiche cadono per il disuso, e altre invece aumentano di numero. Detto ciò: cosa significa innato o tabula rasa a questo punto? Il cervello ha assunto una certa configurazione in conseguenza ad un uso e un disuso contingentemente storici e personali. Di fronte a questo un domanda sulla tabula rasa oggi è difficile persino da comprendere. |
22-03-2008, 08.36.56 | #5 |
Ospite abituale
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Riferimento: L'uomo è davvero una "tabula rasa"?
Socrate 78, non so se credi alla scienza, ma troveresti argomenti in abbondanza a spiegare come il cervello sia predisposto fin dalla nascita a produrre significato dalle sollecitazioni dell’ambiente (si discute se in forma selettiva – cioè zona per zona cerebrale – o in forma globale – cioè tale da richiedere fin dall’inizio l’intervento di varie zone del cervello, senza escludere che sia presente, fin dall’inizio, quella che viene chiamata vigilanza, consapevolezza o idea del sé. Di Christof Koch, docente di biologia cognitiva e comportamentale al California Institute of Technology, è uscito recentemente in Italia “La ricerca della coscienza – una prospettiva neurobiologica”, dove si spiega come il cervello non nasce come tabula rasa ma già pronto alla conoscenza. Altrettanto ti dimostrerebbe, per esempio, Noam Chomsky partendo dal linguaggio che anch’esso segue schemi innati, dipendenti geneticamente dal cervello, disponibili per il bambino che può così, da spunti tutto sommato frammentari e incompleti, dimostrare rapidamente la sua competenza nell’uso di una lingua che allo studioso appare grandemente complessa. Senza dover ricordare Platone che ammetteva addirittura che nasciamo con una memoria pronta all’uso.
Naturalmente però ciò che è schematico è sempre solo una base o un inizio, mentre determinante è lo sviluppo; e come si dice che l’uso sviluppa l’organo, così il pensare sviluppa il cervello, fino a ideare il Simposio o la Critica della Ragion Pura. |
22-03-2008, 10.50.29 | #6 | |
Ospite abituale
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Messaggi: 367
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Riferimento: L'uomo è davvero una "tabula rasa"?
Citazione:
Noto che questo tipo di ragionamente ritorna sempre. Dire che noi siamo predisposti alla conoscenza è vuoto perchè questo non potrà mai essere falso. E' ovvio che nasciamo predisposti per la conoscenza, come potrebbe essere il contrario? Il punto sta nel capire quali tra le differenze degli individui siano innate o meno. Allo stesso modo, quella di Chomsky è una pura speculazione. Infatti neanche Chomsky nega e potrebbe negare che senza determinati stimoli ambientali si può apprendere il linguaggio. Ma capisci che se "innato" significa innato per tutti gli uomini, senza differenze, il concetto di "innato" diventa vuoto o poco più che una banalità farcita di dati sperimentali. Qundi il suo concetto di innato è diverso da quello che noi stiamo ricercando, e a mio parere è del tutto irrilevante. La verità allo stato attuale, ripeto, è che differenze che notiamo negli individui sono riconducibili ad esperienze contingenetemente storiche che hanno luogo nell'età dello sviluppo ( e fin nel feto) e che in parte "diventano materia" con la caduta delle connessioni sinaptiche, fenomeno legato al disuso. Ma l'innato che cerchiamo noi, è quello che prescinde da ogni evento contingente, quindi abbiamo due possibilità: o 1) neghiamo che vi siano predisposizioni innate 2) o modifichiamo il nostro concetto di innato in termini storici |
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22-03-2008, 12.43.27 | #7 | |
Ospite abituale
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Riferimento: L'uomo è davvero una "tabula rasa"?
Citazione:
E, come scrive "Katerpillar", ci sono tanti bambini prodigio come Mozart che nascono con talenti più o meno sviluppati, per la musica o altre facoltà artistiche. Questo fatto è in realtà una prova della reincarnazione. Noi sappiamo che ogni forma di talento si sviluppa mediante l'allenamento, e basato su questo fatto esistono tute le scuole e le università nel mondo, che servono appunto per aiutare gli allievi a sviluppare i talenti ad esempio per la matematica, la musica, l'architettura, ecc. L'esperienza mostra che per diventare un musicista veramente buono o un'artista in un altro campo, ci vuole un'intera vita d'allenamento. Quando un uomo, tipo Mozart, nasce con talenti per la musica, talenti che sono già sviluppati, sì addirittura geniali, si capisce che questi talenti sono state sviluppati in una, o probabilmente più vite, precedenti. Per capire perché gli uomini nascono diversi, con caratteri e facoltà diversi, si deve naturalmente capire che i talenti, la "personalità", la psiche o la coscienza dell'individuo non esistono nel cervello fisico. Secondo Martinus il cervello fisico costituisce uno "strumento di trasformazione" con l'aiuto del quale i segnali nervosi vengono trasformati e trasmessi alla struttura spirituale dell'individuo dove ha luogo l'esperienza della vita. Tutti i talenti esistono in questa struttura spirituale o psichica, che è di natura "elettrica", e sopravvivono quindi alla morte del corpo fisico. Quando l'individuo nasce di nuovo, dopo un periodo sui piani spirituali fra due vite fisiche i talenti, forse incoraggiati dai genitori, entrano poco a poco in funzione, e l'individuo appare con la sua propria personalità o suo proprio carattere. Quindi noi non siamo una "tabula rasa", al contrario, siamo molto particolari. Portiamo dentro di noi talenti ed esperienze da migliaia di vite fisiche, e la somma o il risultato di tutte queste vite o incarnazioni fisiche sta alla base della nostra personalità particolare. |
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22-03-2008, 15.32.52 | #8 |
Ospite abituale
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Messaggi: 1,272
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Riferimento: L'uomo è davvero una "tabula rasa"?
A Odos, tanto per iniziare: forse può essere messo in dubbio pensare che è ovvio che noi siamo predisposti alla conoscenza, visto che ci sono gli idioti…e che dici dei pazzi? Che erano predisposti alla pazzia?
Comunque, mi pare che il problema dell’innatismo (che per verità è uscito da tempo dai repertori di filosofia) possa essere assorbito e superato alla luce della genetica, in quanto è chiaro che innati in noi sono i geni, devoluti a sviluppare un cervello e con esso la capacità di pensare – e poiché i geni, pur considerando l’unitarietà della specie, presentano differenze da individuo a individuo, perfino tra gemelli monozigoti, differenze di innatismo ci saranno sempre da individuo a individuo, tuttavia non tali da far considerare sbagliato il concetto di specie. E allora, qual è il problema? Che poi, appena nati, cominciamo ad assommare a queste differenze innate quelle derivanti dall’ambiente e dall’esperienza individuale? Credo che nessun darwinista o genetista direbbe di no, ti pare? Anche se gli strutturalisti di buona memoria pretendevano che lo sviluppo del pensiero non avesse una qualità creativa, ma fosse assimilabile a un gioco su una tastiera – ciò che in fondo ipotizzano anche oggi coloro che assimilano il pensiero umano all’operatività di un computer. E mi pare che gli schemi evocati dai cognitisti e da Chomsky siano un po' simili a ciò che proponevano quegli strutturalisti di buona memoria. |
22-03-2008, 21.51.16 | #9 | |
Ogni tanto siate gentili.
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Riferimento: L'uomo è davvero una "tabula rasa"?
emmeci
Citazione:
Non ho letto il libro emmeci e mi piacerebbe sapere se viene spiegato in che modo il cervello è già pronto alla conoscenza: perché ha già delle informazioni base e se si come si sono formate o chi le ce ha messe? Saluti. Giancarlo. |
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23-03-2008, 00.15.18 | #10 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 26-06-2004
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Riferimento: L'uomo è davvero una "tabula rasa"?
Citazione:
Scusa, ma è' ovvio che se parliamo di conoscenza stiamo parlando di attività cognitive, e non se uno è stupido oppure no; le attività cognitive ce le abbiamo tutti in quanto uomini, anche gli idioti hanno imparato le tabelline. Io credo che bisogna rileggere la domanda dell'amico Socrate78. Se l'ho inteso bene, lui poneva una domanda sulle differenze tra gli individui e si chiedeva in che modo questo si coniuga con un concetto di mente come tabula rasa. Dobbiamo spiegare queste differenze in termini innatistici o in termini di abilità e conoscenze acquisite? Chiarito questo secondo me bisogna fare una distinzione importante: non ci interessa sapere se esistono predisposizioni uguali per tutti gli uomini, quale potrebbe essere una predisposizione ad apprendere il linguaggio. Cioè non ci si sta chiedendo in questo momento secondo me, se la mente è vuota, punto: ci si sta chiedendo come sono giustificabili le differenze tra gli individui. Che noi siamo possediamo la struttura profonda del linguaggio è irrilevante per questa domanda, sebbene questo parli contro una mente come tabula rasa. E allo stesso tempo non ci si sta chiedendo perchè siamo fisicamente diversi. La domanda non si riferisce alle differenze fisiche tra individui. Ricordare la genetica è, secondo me, ancora una volta fuori luogo, dal momento che il problema di come un gene determini un talento, un carattere, una personalità è a mio parere è ancora tutto aperto (diversamente dalla genetica delle caratterstiche fisiche). Io proponevo (riportavo) questo fenomeno per cui le connessioni sinaptiche cadono a causa del disuso, e si rinforzano se invece usate. Nei primi anni di vita le connessioni sinaptiche si istituiscono, cadono o si rinforzano, in conseguenza a uso e disuso. Comportamenti contingentemente storici influiscono sulla materia. Capisci che di fronte a questo fenomeno di cui dobbiamo tenere conto, la domanda sull'innatismo (che presuppone una qualche configurazione materiale nella versione odierna) acquista un senso inedito. |
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