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Vecchio 11-04-2008, 17.17.05   #1
stirnerisback
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Saggio per coraggiosi: sulle false notizie di Bloch (1° parte)

Le false notizie, una tesi in cerca di conferme



In un celebre romanzo di Jonathan Swift (Gulliver’s travels into several remote nations of the world, Benj. Motte, London, 1726) il protagonista sbarca nell’isola di Glubbdubdrib. «E’ grande circa un terzo dell’isola di Wight, ed è straordinariamente feconda: ne è governatore il capo di una certa tribù composta tutta da maghi». La caratteristica più saliente del Paese è che la corte è servita da domestici dell’altro mondo. Infatti, «per mezzo della sua virtù negromantica il governatore può chiamare chi voglia dal regno dei morti». Una volta abituatosi alla novità, Gulliver si lascia un po’ prendere la mano. «Sua Altezza – racconta – mi invitò a chiamare tutti quelli che desiderassi, per quanti fossero, tra coloro che erano morti dalle origini del mondo, e di comandar loro di rispondere a tutte le domande che mi piacesse fare; sola condizione è che tali domande rimanessero entro i limiti di tempo in cui essi erano vissuti. Di una sola cosa potevo star sicuro: che mi avrebbero detto la verità, poiché la menzogna è un’abitudine inutile nell’oltretomba». Così, rievocando filosofi ed eroi, intere dinastie reali e battaglie, Gulliver scopre che «nel campo di Annibale non c’era una sola goccia di aceto», che Alessandro Magno non era stato avvelenato, ma era morto a seguito di una sbornia colossale, e che Omero aveva degli occhi vivaci e penetranti; soprattutto scopre quanto il mondo sia stato ingannato da storici prostituiti, «i quali lo hanno indotto ad attribuire le maggiori imprese di guerra a codardi, i consigli più saggi a pazzi, sincerità a adulatori, virtù romana a traditori del proprio paese, pietà religiosa a miscredenti, castità a sodomiti, veracità a delatori». Ma in Swift, il disprezzo per gli storici e per gli scrittori di aneddoti confluisce in una generale scarsa considerazione per l’umano-Yahoo, sordida bestia antropomorfa che possiede tutti i caratteri di Teofrasto e che è crudele in quanto incapace di pensiero razionale. Per Swift non esiste la speranza del riscatto: l’umanità è destinata a vivere nella menzogna. Ma le false notizie che hanno descritto il passato sono solo frutto della ribalderia degli scrittori?

Nel 1921 è apparso, sulla rivista Revue de Synthèse Historique l’articolo Réfléxion d’un historien sur les fausses nouvelles de la guerre. L’autore, Marc Bloch,è uno di quegli scrittori in cui vita e opere si confondono. Di famiglia ebreo-alsaziana, figlio di Gustave, professore universitario di storia antica e nipote di un direttore scolastico, Bloch nasce a Lione nel 1886; morirà nel 1944 a Saint-Didier-de-Formans, in circostanze destinate a circonfondere per sempre la sua figura da un alone di eroismo.

Dopo brillanti studi secondari, si iscrive alla Scuola Normale Superiore di Parigi; dal 1919 sarà professore di storia medievale a Strasburgo, e dal 1936 di storia economica alla Sorbona. Sostenitore, con l’amico e collega LucienFebvre, di una nuova storiografia, di impronta fortemente socializzante, intende valorizzare quella contrapposizione elaborata da Simiand (in un celebre articolo del 1903, Méthode Historique et science sociale),tra il metodo storico descrittivo-cronologico che prende la forma del racconto e un metodo analitico e classificatorio, proprio della scienza e rivolto alla spiegazione. Nel 1929 Bloch partecipa alla fondazione, con il gruppo di Strasburgo di Febvre, degli Annali di storia economica e sociale, in aperta rottura con il metodo imposto dalla scuola positivista.L'elemento di novità è il coinvolgimento, nello studio della storia, di altre discipline, dalla geografia alla sociologia; così, all'università di Strasburgo si assiste alla contaminazione, anche metodologica, tra differenti scienze sociali. La posizione interpretativa di Bloch, pur ardita, risulterà intermedia tra quella di Seignobos, che negava ogni realtà ai fenomeni collettivi e sociali, e quella del sociologo Durkheim, che, pur avendo introdotto concetti importanti per l’autore, come quello di coscienza sociale, di fatto escludeva l’individuale dalla spiegazione del sociale. Bloch sarà fautore di una scienza unitaria dei fenomeni psico-sociali, dotata di un proprio metodo analitico e sperimentale di studio.La difesa della posizione centrale dell’uomo lo porterà, tuttavia, in un atteggiamento polemico nei confronti della sociologia durkheimiana.


L’articolo sulle fausses nouvelles è strutturato in tre paragrafi. Il primo chiama anzitutto ad ausilio dello storico una nuova scienza, la psicologia della testimonianza. L’assunto, riscontrabile anche in altri testi blochiani, è che i più non si accorgano neppure di quanto siano rare le testimonianze esatte in tutte le loro parti, e che giacché la memoria è uno strumento fragile e imperfetto, lo storico affronta talora testi che non sono altro che finzioni, meri riflessi di ricordi incerti. Già nell’opuscolo Critica storica e critica della testimonianza, dello stesso periodo delle fausses nouvelles, l’autore rivendica i meriti della critica storica, che aveva permesso di cogliere il carattere leggendario di tanti racconti; ma sottolinea anche le regole della critica della testimonianza, «che non sono un gioco da eruditi», ma derivano dai principi del metodo critico e dal confronto delle versioni. Nelle fausses nouvelles il soccorso della psicologia della testimonianza è richiesto con forza. «Non esiste un buon testimone - sentenzia l’autore – né deposizione esatta in ogni sua parte». Non resta che ricorrere alla nuova disciplina, che all’epoca non aveva neppure superato i 20 anni di vita. Eppure, il testo non ne dà una definizione precisa, supponendo, evidentemente, una cultura specifica del lettore suqueste cose. Bloch si limita ad affermare, nelle note, che «la “letteratura” della psicologia delle testimonianze è già considerevole, essendo composta soprattutto da articoli di rivista, dispersi in numerosi periodici». Block cita Varendonck e La psychologie du témoignage, opera «priva di idee originali», ma che costituirebbe «una buona guida» e conterrebbe «una buona bibliografia». Il primo scorcio dell’articolo si mostra assai parco, e poco consequenziale, anche negli esempi. Si mette a confronto un brano della Sancti Bernardi vitadi Guglielmo di Saint-Thierri (Liegi, 1075 – Signy 1148), in cui si celebra l’ascetismo del santo di Chiaravalle, con un esperimento scientifico tenuto dal professor Claparède a Ginevra. Il brano è scritto nel verso del classico schema agiografico medievale, secondo il quale l’autore si fa interprete, per il beneficio della cristianità, del messaggio del santo, che vive naturaliter un rapporto privilegiato con la divinità. Si racconta che San Bernardo si accorse, un giorno, che tre finestre, e non una sola, illuminavano l’abside. Questa circostanza, presumibilmente falsa, o comunque riferita da un uomo che, subito dopo l’incontro con il Chiaravalle, ebbe a scrivere che «se quel giorno avessi potuto scegliere, l'unica cosa che avrei voluto sarebbe stata di rimanere sempre con lui per servirlo», viene paragonata ad una esperienza “classica” sulla fragilità della testimonianza. Éduard Claparède, (1873-1940), medico e psicologo svizzero, sottopose a 54 dei suoi allievi un questionario contenente domande banali relative ai locali dell’università. Nessuno seppe rispondere con esattezza, ed emerse che studenti che frequentavano l’istituto da diversi anni non fornivano risposte più sicure di quelle delle matricole. Da tutto ciò, Bloch deriva che siamo tutti simili al Chiaravalle, nel senso che «tutto avviene come se la maggior parte degli uomini si muovessero con gli occhi aperti a metà in un mondo esterno che essi non si degnano di guardare».

Ma qual è la genesi delle false notizie? Gli esperimenti di laboratorio, quelli degli psicologi, non sono bastevoli, secondo Bloch, a chiarire la questione. Si fa l’esempio di una sperimentazione «sul campo», quella di Litz (Franz Von Listz), professore di criminologia a Berlino: consisteva nella simulazione di un attentato. Gli studenti, posti di fronte al dramma, furono interrogati a scaglioni, a seconda del tempo trascorso: la sera stessa, una settimana dopo, cinque settimane dopo. Ma la falsa notizia ebbe vita breve: «a partire dall’ultimo interrogatorio – spiega Bloch – agli studenti non fu più nascosta la verità». Questo genere di test, chiarisce l’autore, mostra un limite consistente: il numero di persone coinvolte. Appunto perché si tratta di esperimenti di laboratorio, la falsa notizia non diventa mai voce pubblica, leggenda metropolitana, e sono sempre e solo interrogati i «testimoni diretti». Bloch confronta questo dato con l’ampiezza e la persistenza dei miti che una falsa notizia, nata altrimenti, può generare.

Ad un certo punto l’autore si concede in anticipo tutto ciò che il saggio ha per scopo di dimostrare. La realtà è un’altra, spiega. Le false notizie della storia nascono, probabilmente, da osservazioni individuali inesatte, o da testimonianze imprecise; ma l’errore si propaga solo se trova nella società «un terreno di coltura favorevole».E qui il discorso si amplia senza precisarsi. Esistono, afferma, dei grandi stati d’animo collettivo, in grado di «trasformare in leggenda una cattiva percezione». Non è dunque la psicologia individuale a dover essere chiamata in causa, ma quella collettiva. Per questo i test di laboratorio funzionano sino ad un certo punto; ma la sorte ha regalato all’umanità un «vasto esperimento naturale», che ha moltiplicato all’ennesima potenza i sentimenti dei popoli, rendendo evidenti «nessi essenziali tra diversi fenomeni» che altrimenti resterebbero oscuri: la Grande Guerra.

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Vecchio 11-04-2008, 18.06.06   #2
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Saggio per coraggiosi: sulle false notizie di Bloch (2° parte)

Nel secondo paragrafo gli scorci sintetici lievitano, e le asseverazioni astratte oscurano le ricerche empiriche. Il supplemento di prova, peraltro, necessario a seguito del clima apodittico indotto dalle “rivelazioni” del primo paragrafo, sembra consistere in un insieme di argomenti deplorevolmente modesti.

L’autore prende in considerazione «quattro studi relativi alle false notizie» di guerra. Il primo è Les Fausses nouvelles de la Grande Guerre di Lucien Graux, opera in sette volumi che, per ammissione dello stesso Bloch, non è il caso di prendere troppo seriamente: infatti, raccoglie «quasi esclusivamente» notizie di stampa, cioè il frutto della propaganda, delle manipolazioni del potere e della censura. Nonostante ciò, Bloch si stupisce delle contraddizioni che emergono in diversi giornali e sottovaluta la strepitosa inventiva dei giornalisti e si limita ad ipotizzare una certa «incresciosa abitudine», quella di preparare in anticipo i testi.

Il secondo è un saggio di Albert Dauzat, Légendes, prophéties et superstitions de la guerre. «Essai agréable», sfortunatamente dedica solo un centinaio di pagine alle false notizie: il resto è destinato a leggende e riti superstiziosi. Questi, per Dauzat, non nascono dall’errore: sono immessi nel corpo sociale da persone astute, ambiziose, che bramano la fama o vogliono pubblicizzare un prodotto. Bloch cita Nénette e Rintintin,pupazzetti di lana e stoffa che figli, mogli e sorelle regalavano o confezionavano per i soldati francesi del fronte. Non è il caso di perdere troppo tempo con le mascottes, ma è certo che Bloch abbia ragione: la tesi di Dauzat è parziale e radicale, e si potrebbe consultare una vasta letteratura per confutarla.

Il terzo è un’allocuzione pronunciata nel 1918 alla Royal Historical Society da Sir Charles William Chadwick Oman,famoso storico militare. Questi introdusse il tema della leggenda dei rinforzi russi. Nel corso del conflitto, nelle retrovie francesi e inglesi, si era sparsa la voce che la Russia avesse inviato contingenti di sostegno alle truppe degli alleati occidentali. Non è certo – ammette Bloch – come sia nata questa favola, e neppure se sia originaria della Francia o dell’Inghilterra; ma l’autore «ha l’impressione» che sia sorta simultaneamente in entrambi i Paesi, perché la psicosi collettiva «era dappertutto la stessa». Insomma, sia gli inglesi che i francesi nutrivano un «desiderio appassionato» di vedere rafforzato il fronte e tutti contavano sul prestigio militare della Russia, immensa riserva d’uomini. Perciò, date eguali condizioni, in termini di stato d’animo collettivo, e dato un certo elemento in grado di accendere il meccanismo,si ha lo stesso risultato. Così la pensa Bloch.

Il discorso apparentemente “sillogistico” si ripete nel caso del quarto studio, Comment naît un cycle de légendes, Francs-Tireurs et atrocités en Belgique, di Fernand van Langenhove. Lo stato d’animo collettivo è quello degli occupanti tedeschi, soldati stremati dalle marce e nutriti da racconti della guerra franco-prussiana del 1870, quelli relativi alle prodezze dei feroci franchi tiratori francesi. L’elemento scatenante è l’ostilità della popolazione belga, nonché un evento fortuito, e cioè che alcune feritoie tipiche delle Ardenne somigliano a postazioni da cecchino. Il risultato è una serie di leggende sulle atrocità delle popolazioni occupate.

Con il terzo paragrafo si entra nel campo della metafisica. L’autore cita una falsa notizia di cui ha potuto osservare «con estrema esattezza» la genesi. E’ il settembre del 1917. Il suo reggimento, che occupa un settore a nord della piccola città di Braisne (si pronuncia bren), è chiamato a fare prigionieri; cattura una sentinella originaria di Brema (si pronuncia bremen, e in francese brem). Di qui la voce che si tratti di una spia tedesca a Braisne. Ma da un semplice errore di interpretazione, Bloch fa derivare questo percorso: c’era, presso le truppe francesi, uno stato d’animo collettivo dominato dalla paura della prodigiosa rete di spionaggio tedesco e dall’idea del tradimento; la città tedesca è stata confusa con quella francese, a causa del clima favorevole a tale disguido; si è sviluppata una falsa notizia che ha preso il largo.

Gli interrogativi vertono tutti intorno alla nozione di stato d’animo collettivo;questa induce intrinsecamente all’errore, e priva di qualsiasi effetto le conquiste blochiane. Che cos’è? Una categoria dello spirito? Una modalità della possessione? Un sentimento? O, più probabilmente, una forma di specializzazione (quasi un superlativo) del denkkollectiv, il pensiero collettivo introdotto nella letteratura da Durkheim e Fleck?

Un esempio può dirimere la questione. Nel corso del Rinascimento esploratori e marinai diffusero un’immagine che si presta a considerazioni definitive: mentre i cristiani affogavano con il volto rivolto al cielo, i non credenti affondavano miseramente con il volto fisso verso le profondità dei mari. Ci sono diverse testimonianze in tal senso, concernenti la battaglia di Lepanto. Un Bloch avrebbe affermato: c’era la guerra coi Turchi, la cristianità era in pericolo; accadde, una volta, di vedere questo fenomeno, che divenne voce perché tutte le menti tendevano già verso questa direzione. Il fenomeno, però, si ripeteva immancabilmente in luoghi diversi del globo, e in riferimento a popolazioni con le quali “non eravamo” in guerra: indiani, caribi, cinesi e altri. Questo perché l’immagine era frutto di una rappresentazione del pensiero collettivo, e non dello stato d’animo collettivo. Delle due l’una: o si ammette che lo stato d’animo collettivo non esista come categoria autonoma, ma che sia una semplice affettazione del denkkolletiv, o lo si fa confluire in qualche ambito metafisico, come la balzachiana teoria delle epoche, secondo la quale queste “deteignent sur les hommes qui les traversent”.

Come è noto, del denkkollectiv esistono due versioni «originarie». Quella di Durkheim, alla quale Bloch non aderì mai interamente, e quella di Ludwik Fleck, che non sono certo che Bloch abbia mai conosciuto. Secondo il primo, esistono delle categorie, come il tempo, lo spazio e la causalità, che hanno un’origine sociale e che esprimono «i rapporti più generali che esistono tra le cose: esse (…) dominano tutti i particolari della nostra vita intellettuale. Se ad ogni istante gli uomini non si accordassero su queste idee essenziali (…), ogni accordo (…) diverrebbe impossibile tra le intelligenze». Fleck estende il discorso alla società “attuale”. Esistono diverse comunità di pensiero, tutte caratterizzate da un’élite interna di iniziati al centro e dalla posizione esterna delle masse. Ma Durkheim e Fleck erano due funzionalisti, e puntavano dritto al pensiero istituzionale. Che si parta dagli aborigeni o da un’altra comunità attuale, l’intento è quello di descrivere non solo l’orizzonte culturale, ma il funzionamento stesso delle istituzioni. Dopo di loro, lo sforzo degli studiosi si è concentrato in questa direzione.

In tutti i casi, è erroneo attribuire sistematicamente, come fa Bloch, la genesi della falsa notizia ad una rappresentazione collettiva preesistente, si trattasse anche di un’induzione di genere culturale. Per esempio, gli abitanti di una certa parte d’Abruzzo erano rimasti persuasi del fatto che la collina di Cantalupo si chiamasse così a causa di un evento raccontato nel Chronicon Casauriense: durante la costruzione di un castello un tizio, tal Lupo, di frequente cantava. Per questo «vulgus arrisit» ripetendo: «Cantat Lupo», e da ciò l’origine del toponimo. In realtà questo deriva dal mongolo-tartaro Ken Teleped, e significa “residenza del capo”. Ma ciò che importa è capire come si sia arrivati al fraintendimento. Il monaco compilatore si è inventato tutto perché non sapeva cosa scrivere in proposito. La gente gli ha dato credito perché proveniva dall’istituzione più importante del luogo, l’abbazia di San Clemente a Casauria.

Infine, è destituita di qualsiasi fondamento l’opinione di Bloch secondo cui le false notizie nascono «laddove possono incontrarsi uomini che provengono da gruppi diversi». Anche qui, si potrebbe citare una sterminata letteratura per confutare questo assunto; ci limiteremo ad un esempio. In un romanzo di Céline (Voyage au bout de la nuit, 1932) il protagonista, Bardamu, si imbarca per l’Africa. Accade, ad un certo punto del viaggio, che viene preso di mira dall’intero contenuto umano del piroscafo Amiral Bragueton. Egli non si capacita delle ragioni di tanta avversità, giacché a bordo nessuno lo conosce; scopre però che c’è qualcosa che segna una differenza ineluttabile tra sé e i suoi compagni di viaggio, tutti funzionari coloniali e militari dell’esercito: egli appare diverso; e non solo da questo o da quell’ufficiale, ma dall’intera combriccola imbarcata. Questa differenza, accettata in condizioni di normalità, diviene la molla di una trappola “tribale” non appena le cose si complicano, non appena dei fattori ambientali influiscono sullo spirito di conservazione della comunità. Quel che si leggerà tra le righe del testo céliniano è che, date certe condizioni ambientali comportanti un rischio in termini di sopravvivenza, la natura umana si rivela e l’uomo, menzognero e corrotto, si mostra tanto ossequioso e servile verso il potere riconosciuto, quanto velenoso verso colui che non appartiene a tale potere. Il potere è la tribus, e questa stringe i ranghi nella difficoltà. Ciò che rileva, ai fini di questo lavoro su Bloch, è che non è possibile la percezione della differenza, percezione che genera la calunnia, senza la coesione del branco
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Vecchio 13-04-2008, 20.36.49   #3
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Riferimento: Saggio per coraggiosi: sulle false notizie di Bloch (1° parte)

La questione potrebbe essere affrontata, se già non è stato fatto, nell'ambito della Teoria dei Giochi.
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Vecchio 14-04-2008, 14.55.47   #4
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Riferimento: Saggio per coraggiosi: sulle false notizie di Bloch (1° parte)

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La questione potrebbe essere affrontata, se già non è stato fatto, nell'ambito della Teoria dei Giochi.


E' uno scherzo? Cosa intendi dire?
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Vecchio 14-04-2008, 22.48.08   #5
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Riferimento: Saggio per coraggiosi: sulle false notizie di Bloch (1° parte)

Non scherzo. Suggerisco l'opportunità di verificare se la TdG non possa rendersi utile per la comprensione del problema.
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Vecchio 15-04-2008, 17.02.03   #6
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Riferimento: Saggio per coraggiosi: sulle false notizie di Bloch (1° parte)

Potresti farmi un esempio? E' una teoria che non conosco.
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Vecchio 16-04-2008, 02.07.52   #7
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Riferimento: Saggio per coraggiosi: sulle false notizie di Bloch (1° parte)

Difficile farti un esempio, visto che di TdG non so nulla.

Ma posso dirti questo: noto che le false notizie provengono da situazioni di conflitto sociale o per la risoluzione di questioni, magari anche banali, che altrimenti resterebbero irrisolte (Cantalupo) e che comunque intervengono direttamente nella relazione sociale, con maggiore o minore 'rischio' dei soggetti coinvolti.
La TdG si occupa proprio della valutazione dei comportamenti dei vari 'decisori' (sono i partecipanti al gioco) e dei risultati che ne vengono fuori a seconda delle strategie adottate (tu prendi con le pinze quel che ti dico e vai a verificare, se hai interesse per la questione che hai prospettato perché, ti ripeto, di TdG non so).

L'origine delle false notizie è diversa a seconda dei vari casi, ma in tutti deve rientrare un accordo di 'sottoscrizione' (questo nell'ipotesi che la TdG possa rendersi utile al nostro fine), chiamiamolo così, sottoscrizione che ha come fine un 'vantaggio' (un pay-off nel linguaggio della TdG, una vincita finale): il pay-off è il poter continuare a giocare e il gioco è obbligatorio perché, qui sta il busillis, l'informazione proviene da chi è difficile osare di smentire o comunque da chi ci sopravanza per qualcosa (talvolta la situazione sociale tutta e non necessariamente il singolo 'decisore', anche se è attraverso il singolo 'decisore' che passa il peso della situazione sociale): ciò in parte accade per quello che dice Bloch (camminiamo nel mondo ad occhi semiaperti e di conseguenza vediamo la metà di quel che c'è e riportiamo, per comodità, quel che sentiamo dire: qui la 'comodità', il pay-off più piccolo, ci suggerisce di non cercar di sapere).

Il pay-off sarebbe dunque l'origine stessa della falsa notizia, un vantaggio che potremmo stimare d'ordine etico-sociale.
I 'decisori' partecipano al gioco, che noi chiamiamo 'falsa notizia' (per loro si chiama 'News') dove la regola è che perde chi s'accorge che la notizia è falsa

Qui il discorso porterebbe lontano e non ho i mezzi teorici né temporali per estenderlo, ma, per fare un esempio, paragona lo svantaggio così acquisito come identico a chi acquista consapevolezza di far parte di un gioco cui il soggetto non credeva di partecipare (perché è di più di quello che immaginava), come il caso di The Truman Show: ce ne sono di migliori, di esempi, ma ora non mi vengono. Comunque si tratta di una consapevolezza che non tutti sono disposti a raggiungere, perché dolorosa: ed è anche il caso di Bardamu, ancorché qui essa sia derivata dal diverso comportamento altrui).

Inoltre le false notizie, ho letto, oggi si chiamano news making o news management e rientrano direttamente, come anche tu fai presente, nell'ambito della 'comunicazione persuasiva', adottata per lo più in situazioni di conflitto armato o in cui siano in ballo forti interessi socio-economici. In ogni caso, siamo sempre nell'ambito di situazioni di 'conflitto', tòpos cui si può applicare la TdG.

Poi, se mi permetti il lato 'romantico' della questione: l'articolo che hai postato invita all'analisi, prima che i filosofi, i detective e questo mi affascina, amando il sottoscritto tutto ciò che è mistero (e dunque grazie di aver postato). Il mistero è matematica.

In sintesi, l'invito, magari inutile -ma doveroso perché sono coraggioso, devo esserlo anche per risponderti senza un sapere- a cercare nella TdG una possibile via d'analisi, nasceva pure dalla ridda di domande che l'articolo poneva al lettore: consideravo, infatti, che prima di poter definire la questione nell'ambito di una sua eventuale 'spiritualità' (come risposta al quesito 'a quale categoria dello spirito appartengono le false notizie'?), deve esser possibile, anzi doveroso, cercare di comprendere il fenomeno nella sua 'articolazione' (se possibile matematica, dunque con una TdG, ad esempio).

Spero di esserti stato d'aiuto anche se son solo sciocchezze. Ciao
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Vecchio 25-04-2008, 12.16.04   #8
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Riferimento: Saggio per coraggiosi: sulle false notizie di Bloch (1° parte)

per la verità ho trovato estremamente interessante il tuo post. Ammetto di non sapere nulla di TdG; però mi pare un approccio contemporaneo alla questione che Bloch ha posto in altri termini. Non lo so, ma potrebbe essere davvero così: all'origine delle false notizie sta un vantaggio di ordine sociale.


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Difficile farti un esempio, visto che di TdG non so nulla.

Ma posso dirti questo: noto che le false notizie provengono da situazioni di conflitto sociale o per la risoluzione di questioni, magari anche banali, che altrimenti resterebbero irrisolte (Cantalupo) e che comunque intervengono direttamente nella relazione sociale, con maggiore o minore 'rischio' dei soggetti coinvolti.
La TdG si occupa proprio della valutazione dei comportamenti dei vari 'decisori' (sono i partecipanti al gioco) e dei risultati che ne vengono fuori a seconda delle strategie adottate (tu prendi con le pinze quel che ti dico e vai a verificare, se hai interesse per la questione che hai prospettato perché, ti ripeto, di TdG non so).

L'origine delle false notizie è diversa a seconda dei vari casi, ma in tutti deve rientrare un accordo di 'sottoscrizione' (questo nell'ipotesi che la TdG possa rendersi utile al nostro fine), chiamiamolo così, sottoscrizione che ha come fine un 'vantaggio' (un pay-off nel linguaggio della TdG, una vincita finale): il pay-off è il poter continuare a giocare e il gioco è obbligatorio perché, qui sta il busillis, l'informazione proviene da chi è difficile osare di smentire o comunque da chi ci sopravanza per qualcosa (talvolta la situazione sociale tutta e non necessariamente il singolo 'decisore', anche se è attraverso il singolo 'decisore' che passa il peso della situazione sociale): ciò in parte accade per quello che dice Bloch (camminiamo nel mondo ad occhi semiaperti e di conseguenza vediamo la metà di quel che c'è e riportiamo, per comodità, quel che sentiamo dire: qui la 'comodità', il pay-off più piccolo, ci suggerisce di non cercar di sapere).

Il pay-off sarebbe dunque l'origine stessa della falsa notizia, un vantaggio che potremmo stimare d'ordine etico-sociale.
I 'decisori' partecipano al gioco, che noi chiamiamo 'falsa notizia' (per loro si chiama 'News') dove la regola è che perde chi s'accorge che la notizia è falsa

Qui il discorso porterebbe lontano e non ho i mezzi teorici né temporali per estenderlo, ma, per fare un esempio, paragona lo svantaggio così acquisito come identico a chi acquista consapevolezza di far parte di un gioco cui il soggetto non credeva di partecipare (perché è di più di quello che immaginava), come il caso di The Truman Show: ce ne sono di migliori, di esempi, ma ora non mi vengono. Comunque si tratta di una consapevolezza che non tutti sono disposti a raggiungere, perché dolorosa: ed è anche il caso di Bardamu, ancorché qui essa sia derivata dal diverso comportamento altrui).

Inoltre le false notizie, ho letto, oggi si chiamano news making o news management e rientrano direttamente, come anche tu fai presente, nell'ambito della 'comunicazione persuasiva', adottata per lo più in situazioni di conflitto armato o in cui siano in ballo forti interessi socio-economici. In ogni caso, siamo sempre nell'ambito di situazioni di 'conflitto', tòpos cui si può applicare la TdG.

Poi, se mi permetti il lato 'romantico' della questione: l'articolo che hai postato invita all'analisi, prima che i filosofi, i detective e questo mi affascina, amando il sottoscritto tutto ciò che è mistero (e dunque grazie di aver postato). Il mistero è matematica.

In sintesi, l'invito, magari inutile -ma doveroso perché sono coraggioso, devo esserlo anche per risponderti senza un sapere- a cercare nella TdG una possibile via d'analisi, nasceva pure dalla ridda di domande che l'articolo poneva al lettore: consideravo, infatti, che prima di poter definire la questione nell'ambito di una sua eventuale 'spiritualità' (come risposta al quesito 'a quale categoria dello spirito appartengono le false notizie'?), deve esser possibile, anzi doveroso, cercare di comprendere il fenomeno nella sua 'articolazione' (se possibile matematica, dunque con una TdG, ad esempio).

Spero di esserti stato d'aiuto anche se son solo sciocchezze. Ciao
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Vecchio 25-04-2008, 15.45.17   #9
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Riferimento: Saggio per coraggiosi: sulle false notizie di Bloch (1° parte)

Sto cercando qualche conferma più puntuale all'ipotesi che ti ho lanciato e ti saprò dire replicando su questo topic, a suo tempo, se avrò qualche 'vera notizia'.

In ogni caso la TdG è certamente utilizzata nella 'news making', soprattutto nel marketing, anche legato al consenso politico e rientra, dunque, sicuramente nell'ambito delle tecniche di comunicazione persuasiva. Ma le 'false notizie' di Bloch sono ovviamente di più, o di meno, secondo i punti di vista, dato che l'articolo che hai postato ci presenta una condizione di 'inspiegabilità' del fenomeno, se considerato alla luce dei meri interessi dei soli 'news makers'.
Credo che la difficoltà maggiore, anche per l'utilizzo della TdG nella comprensione delle 'fausses nouvelles' (oltre che per il fondamento di ogni scienza sociale e psicosociale), sia quella di trovare il modo di considerare il 'corpo sociale' come un corpo, anziché una ridda di singoli individui, più o meno occasionalmente riuniti in gruppi ed ognuno perseguente un proprio particolare interesse.
In sintesi, la scienza sociale non può che avere, in tale prospettiva, un fondamento metafisico. Vale anche qui, pur nella speranza che un modello matematico, quindi una possibile dimostrazione, possa darsi (almeno ad illuderci per un poco delle scienze sociali 'more geometrico demonstrate'), il teorema di incompletezza di Kurt Gödel.

Ma, se mi permetti e ricordando quanto un'insegnante di danza a suo tempo mi disse della filosofia in rapporto alla danza, questa essendo una plastica del corpo quella, diceva, una plastica del cervello (prendiamo la parola cervello con le dovute attenzioni), credo che noi dobbiamo, in tale insufficienza in cui ci troviamo, valutare la 'bellezza', insomma la plasticità, per dire con le parole dell'insegnante di danza, di un sistema filosofico, di una dimostrazione matematica o di un sistema assiomatico, e che proprio la bellezza, in cui non possiamo non inserire il criterio di utilità (non esiste una cosa bella e inutile) è forse il paradigma della verità di cui si parla in filosofia ed in psicoanalisi
(cfr. 'Il fattore della Verità' di Jacques Derrida).
Nota, qui, quanto siamo vicini all'assimilazione della Verità alla Persuasione e quindi, in fondo, alla Scienza come Retorica.

Scusa l'accozzaglia di suggestioni. A risentirci.
Burattino is offline  

 



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