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Vecchio 17-03-2008, 11.54.14   #1
Lady Macbeth
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Question Servo e padrone

Stavo riflettendo sulla dialettica servo-padrone che si trova in Hegel e su quanto possa essere veritiero nella vita reale(oltre che nei rapporti di slave e master/mistress nel BDSM)...tra l'altro ieri ho visto su la7 l'ultimo imperatore e in alcuni punti si vedeva bene questa dialettica, in cui il padrone perde il rapporto con la realtà, perchè c'è il servo che oggettiva la sua volontà, mentre quest'ultimo pian pianino si rende conto che è lui che ha il potere, e tutto si ribalta.

Voi cosa ne pensate? Vi trovate d'accordo? Vi siete mai scontrati nella vostra vita con questo?
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Vecchio 17-03-2008, 22.40.18   #2
Dasein
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Riferimento: Servo e padrone

Secondo me siamo tutti servi di un unico padrone: la volontà.
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Vecchio 18-03-2008, 15.02.21   #3
Anakreon
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Nomi e fatti.

Se un servo è veramente tale, non comanda, ma obbedisce; se, vice versa, comanda, è servo solo di nome, ma padrone di fatto:
appellando le cose col nome proprio, tutto si chiarisce.

La questione, piuttosto, potrebb'essere:
perché un servo, che nei fatti sia padrone, non si fa padrone anche di nome ?.

Le cause sono diverse ed anche concorrenti:
impedimenti di diritto, carità verso un uomo benigno, assuefazione inveterata, timore dell'incerto o della novità ed altre.

Comunque sia, il dominio del servo sul padrone proposto dall'Hegel, se ben ricordo, fu artificio retorico che trasfigurava, dissimulando la verità della cosa, uno stato di soggezione molto frequente nella società non solo della specie umana, ma anche di molte altre specie viventi.

Dubito che la gran parte dei servi, interrogati circa la propria servitù, la dipingerebbero con un pennello tanto soave, quanto la dipinse il filosofo citato, se non se fossero, nei fatti, piuttosto padroni che servi.

Anakreon.
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Vecchio 18-03-2008, 16.17.23   #4
emmeci
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Riferimento: Servo e padrone

Sì, anakreon, si può reagire così all’apologo hegeliano, tanto più considerando ciò che il filosofo diverrà quando avrà preso possesso della cattedra di Berlino e sarà divenuto un nume della nazione. Però, allo stadio della Fenomenologia, le sue parole avevano un ben altro valore, perché quel libro risentiva dell’atmosfera romantica, non era un trattato, ma un sormontare di ricerche, invenzioni, tentativi e libere idee, e anche quel famoso apologo del servo e padrone può essere inteso così, come un romantico e un po' stravagante contrapporsi di due esseri dotati entrambi di autocoscienza (potrebbero perfino essere intesi come due io-penso da contrapporre all’unico io-penso fichtiano, eroico ma asfittico) – dunque come un’apertura al mondo reale, più incisiva di quella che Hegel presenterà in anni più tardi. E non bisogna dimenticare che il raffronto si risolve senz’altro a favore del servo, dove si potrebbe vedere rappresentata un’intera classe, quasi l’intero proletariato cui si rivolgerà l’attenzione di Marx….Ma no, è meglio lasciare a questo passo il valore di un geniale exploit dello Hegel romantico, senza appesantirlo di significati che in esso sono appena sfumati.
emmeci is offline  
Vecchio 18-03-2008, 19.27.24   #5
Lady Macbeth
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Riferimento: Servo e padrone

si beh, poi c'è da considerare che Hegel aveva la pretesa di formulare una filosofia omnicomprensiva, e riteneva che la sua epoca fosse il raggiungimento dell'Assoluto e che la Storia agisse, in quanto manifestazione dell'Assoluto, come necessaria(infatti dopo la Prima guerra mondiale e l'esperienza della trincea, l'hanno snobbato quasi tutti-tranne in Italia)...il fatto che il servo veramente tale(anche di condizione sociale) si sentisse padrone in effetti è inverosimile, ma come hai detto tu emmeci, era un romantico, e ragionava più per sentimento che per pragmatismo: per quanto il servo possa essere comunqu libero nel suo pensiero, la realtà condiziona inevitabilmente il suo modo di agire e di rapportarsi col padrone.
Però analizzando il rapporto nella realtà di tutti i giorni, tra colleghi, compagni di scuola o conoscenti....?
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Vecchio 20-03-2008, 17.20.59   #6
Anakreon
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Spiegazioni e cecità.

Caro Emme Ci,

si pongano pure uno contro l’altro il padrone ed il servo, si supponga pure ciascuno cosciente di sé, cioè l’uno della sua servitù e l’altro della sua padronanza, si propongano pure ambedue quali figure di classi o ceti civili in lotta e si conceda pure non poco all’estravagante ingegno dell’autore:
non mi pare che la questione muti molto, se non per altro, perché perfino nella trasposizione figurata il rappresentante deve avere una qualche similitudine col rappresentato.

Ora, se consideriamo quello che fu sempre, è ora e sempre, suppongo, sarà la natura di quel vincolo tra due uomini, in virtù del quale possiamo appellare l’uno padrone e l’altro servo; la questione è:
perché alcuno ne usa per figurare qualche cosa di contrario, ponendo il servo padrone, proprio in virtù del suo servizio, ed il padrone servo, proprio in virtù del suo dominio ?;
che cosa egli vuole talmente significare ?.

Omettiamo, in primo luogo, il caso ch’egli argomenti con ironia, deridendo dottrine od opinioni altrui.

Una spiegazione può essere questa, ch’egli voglia significare che dinanzi a coloro, i quali, siano numi superni ovvero siano uomini sapienti, sanno perscrutare la verità delle cose, oltre la fallacia delle apparenze; i padroni in tanto, in quanto dipendano dal lavoro servile, sono indegni di stima e d’onore, essendo perciò essi stessi servi dei loro servi; di contro i servi, in tanto, in quanto servendo pongano i suoi padroni nello stato di chi dipenda da altri per vivere, essi sono i padroni veri, di cui i padroni di nome sono servi.

Un’interpretazione simile, dunque, a quella dei Cristiani che ammoniscono:
gli ultimi sulla Terra saranno i primi in Cielo e vice versa.

Ma una tale interpretazione porta, se non necessariamente, al meno ragionevolmente seco che, in altro luogo, in altro tempo, la servitù dominante ed il dominio servente siano riconosciuti o da ambedue le due parti o, al meno, da una ovvero da un terzo esterno, il quale possa remunerare, in qualche modo, la ricognizione.

Se così non fosse, se nessuno riconoscesse la verità del vincolo, che appare servente, ma è dominante, né il padrone, che potrebbe così stimarsi umiliato, né il servo, che potrebbe così gloriarsi esaltato, né un terzo mortale od immortale, che potrebbe così compensare prima o poi il servo della servitù e punire il padrone del dominio; il giudizio dell’Hegel sarebbe, come Tu stesso noti, un’opinione singolare e stravagante e, aggiungo io, anche piuttosto ridicola e vana.

I Cristiani, per parte sua, differiscono la ricognizione alla vita futura, quando Cristo disvelerà la fallacia dei vincoli terreni e dispenserà premii e castighi.

Ma il nostro filosofo mi pare non confidi in quella salute futura.

Forse la spiegazione è quella che Tu stesso adombri nel Tuo commento, benché poi, nella conclusione, pari ritrarTene.

E veramente annoti:

“E non bisogna dimenticare che il raffronto si risolve senz’altro a favore del servo, dove si potrebbe vedere rappresentata un’intera classe, quasi l’intero proletariato cui si rivolgerà l’attenzione di Marx…”

E se l’Hegel, vissuto in un secolo d’eversione di consuetudini e riti ed opinioni e leggi antichissime e radicate nelle menti e nei cuori umani, abbia voluto non tanto rappresentare l’essenza presente del vincolo di servitù, quanto piuttosto divinarne l’esito futuro ?.

Quasi abbia voluto ammonire che i signori, se dipendono troppo dai servi, in fine dovranno sopportare l’eversione del proprio dominio e, di contro, che i servi, pur che sappiano usare astutamente del proprio servizio, potranno precipitare nella rovina i signori.

Quello che mi pare manchi, forse perché, come osservi, l’uomo non aveva ancora formulata compiutamente la sua dottrina, è la composizione ovvero sintesi:
abbiamo la posizione ovvero tesi, il padrone è padrone ed il servo servo; l’opposizione ovvero antitesi, il padrone diviene servo ed il servo padrone; ma la composizione quale sarebbe ?.

Forse la repubblica perfetta e fallace che alcuni filosofi spesso sono andati elucubrando ?.

A me tuttavia pare, ripetendo i casi umani passati e presenti, cosa vera che i padroni prima o poi divengano servi ed i servi padroni, i dominanti dominati ed i dominati dominanti, ma appare cosa verisimile supporre che così accadrà sempre, perché la composizione io non solo non l’ho mai vista, ma neppure so vedere quale potrà mai essere, finché al meno la nostra natura umana permanga tale.

Sarò cieco....

Anakreon.
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Vecchio 21-03-2008, 09.04.57   #7
emmeci
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Riferimento: Servo e padrone

Il tuo argomentare, Anakreon, è coerente ed efficace, anche se non ti arrischi a giungere a una conclusione cioè a qualche consolante apologo che porti felicemente oltre la realtà….Già, perché anche nei vangeli si possono trovare parole che non sono proprio rassicuranti, come: “a chi ha sarà dato, a chi non ha sarà tolto anche quello che ha”. Ossia: il padrone resti padrone e il servo dia anche il suo pezzetto di pane al padrone (interpretazione volgare ma semanticamente ineccepibile per chi non sia stato convenientemente istruito dal suo direttore spirituale).
emmeci is offline  
Vecchio 21-03-2008, 18.29.25   #8
Anakreon
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Tedii e croci.

Caro Emme Ci,

gli argomenti sono pubblici, i sogni privati:
che più tedioso d'un uomo che narri i suoi sogni ?.

Per altro io non sogno quasi mai.

Circa l'oracolo dei libri sacri Cristiani, che citi:

“a chi ha, sarà dato, a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha”,

non essendo io seguace di Cristo, non vorrei mettere lingua in argomenti che conosco poco, col pericolo ch'io sia mutilato.

Non di meno, perché mi provochi a duello, stringerò l'armi e pugnerò, come si conviene, costi quel che costi.

Dunque, se ben ricordo, nel luogo citato sono ammoniti gl'ignavi, coloro che vivono senza faticare, senza darsi pena del proprio ufficio, i quali, per ciò, non hanno provveduto alcunché di beni a sé stessi ed ai suoi cari.

In somma, per l'oracolo Cristiano, i mortali sono condannati al lavoro e ad accumulare beni di fortuna, se vorranno salvarsi nella vita futura.

Altro che ozio con dignità o vita contemplativa:
se non ci distendiamo fruttuosamente sulla croce del lavoro quotidiano, cadremo, senza speme di salute, precipiti nelle fiamme dell'Inferno.

D'altronde, un altro oracolo del medesimo libro è:
"ciascuno porti la sua croce".

Chi ha orecchie per intendere, intenda.

Ma anche questo, se non ricordo male, è un oracolo di quel libro:
oggi sono oracolare.

Anakreon.
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Vecchio 22-03-2008, 21.41.15   #9
ArtigianoFilosofo
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Riferimento: Servo e padrone

A volte i formalismi ingannano, non è una questione di gradi o titoli per fare il padrone.
Prima va sviscerata per bene la frase servo di chi? Padrone di chi?
Nell'antichità e in seno alla Religione Cristiana abbiamo avuto Cardinali nominati fra i cosidetti laici anche persone sposate ma degne di tale titolo, di conseguenza abbiamo avuto anche Papi ammogliati, la cosa non mi scandalizza, purchè siano veri Padroni delle leggi che ci governano...
ArtigianoFilosofo
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Vecchio 25-03-2008, 08.50.40   #10
emmeci
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Riferimento: Servo e padrone

Credo, amici, che sia un’ardua impresa cercare di stabilire che cosa sia giusto o errato nelle raffigurazioni di carattere esemplificativo della Fenomenologia dello spirito. Si tratta infatti non solo della prima opera importante di Hegel ma anche di quella che risente ancora di un primigenio pathos romantico coltivato da Hegel giovane nel sodalizio di Tubingen. E questo determina il disordine dell’opera (manifestato sia dall’esigenza di una doppia introduzione, sia dall’abbondante rifacimento allorché Hegel includerà la Fenomenologia nella sua Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio). Eppure non si tratta solo di disordine ma anche di slancio per così dire poetico, difatti noi siamo presi se non affascinati da questi excursus e queste figure che vi sono contenute. Perché – a prescindere dalle ragioni filosofiche e al di là della ostinata ricerca di un compiuto sistema – lo sviluppo di Hegel può essere descritto come un passare dalla libertà individuale romantica alla coscienza superiore e rasserenante della storia, che si afferma soprattutto nelle lezioni berlinesi le quali segnano il vero compimento del suo pensiero al di là della pretesa di essere il filosofo ultimo oltre che supremo, come qualche volta si era sentito autorizzato ad affermare per volontà e grazia dello stesso Spirito Assoluto.
emmeci is offline  

 



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