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17-09-2004, 19.00.32 | #53 |
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cerco di rimettermi in pari...
rispondo a leibnich ringraziandolo del gesto di cavalleria di non perdere il suo self control nel rispondermi noi dobbiamo imparare a guardarci intorno conservando una visione generale, ma anche provando a mantenere staccate situazioni che non hanno stretta relazione tra di loro: - esiste un islam che ha dichiarato guerra a noi occidentali e ci vuole vedere morti e che vorrebbe continuare a menar botte fino a che non ci troviamo tutti stesi per terra stecchiti - esiste un islam moderato che vorrebbe viversene in pace e cerca di buttare acqua su un incendio che divampa cercando di far si che qualcuno rimanga vivo da una parte e dall'altra - esiste un occidente che lucra sulla guerra e sullo sfruttamento di popoli più deboli e che si risente pure se una parte di quel popolo reagisce violentemente e che vorrebbe continuare a menar botte fino a che non ci troviamo tutti stesi per terra stecchiti - esiste un occidente moderato che ritiene che finchè esisterà prevaricazione profonda non ci sarà pace e cerca di buttare acqua su un incendio che divampa cercando di far si che qualcuno rimanga vivo da una parte e dall'altra La mia formazione scientifica si rifiuta di cercare una soluzione a 4 variabili principali senza tenere conto di tutte e 4. Non possiamo vedere solo quelle che ci fanno comodo per far tornare dei conti che, alla realtà dei fatti, sono semplicistici. Il fatto che un certo occidente si interroghi e 'tenga desta una tensione morale...' sulle 'persone sfruttate e vilipese mi sembra un gesto di vera ipocrisia se a questo non segue qualcosa di più tangibile per risolvere il problema. Non credo neanche che ciò sia così distante da quel che sta accadendo oggi. E' vero che noi abbiamo il sacrosanto diritto di vivere ma non ci dobbiamo risentire se, dopo anni in cui noi andiamo a rompere le scatole in giro, qualcuno (neanche tutti) si risente e cerca di farci secchi...siamo stati noi ad iniziare ed i motivi per i quali l'abbiamo fatto hanno poco a che vedere con la difesa della vita ma sono genericamente: materie prime con in testa il petrolio, mano d'opera a costo bassissimo. Potevamo anche scegliere di pagare un prezzo equo per questo ma non ci bastava...le abbiamo prese con la forza ad un prezzo scontato, giustificandoci poi dicendo che i bambini che perdono le dita nelle concerie del sud est asiatico morirebbero di fame. Bel modo di 'andare ad aiutare' e ci stupiamo se ci rispondono che preferiscono morirsene di fame! Per me conta la morte e la sofferenza di un essere vivente quale che sia il suo colore di pelle e la sua ideologia. E' chiaro che se succede ad una persona per cui ho affetto la cosa mi coinvolge in maniera diversa da ciò che succede ad un estraneo ma solo questo, nulla a che vedere con la differenza del colore di pelle. Quello che poi dici nel tuo ultimo post: '...Non sono affatto cattolico, anzi, penso che l'occidente si sia sollevato sopra l'oscurantismo e le tenebre di una superstizione monoteista, attraverso la persecuzione contro il coraggio delle sue menti più brillanti...' Mi sembra, a parte confuso, non conscio di quanto sia in contraddizione con la realtà di un certo cattolicesimo odierno e con la mancanza di democrazia dello stato del vaticano. Ma tu leggi solo i titoli degli articoli? Ascolti tutte le persone quando parlano? Cerchi informazioni? o ti accontenti solo di quello che ci viene detto nei tg all'ora dei pasti? Scusami se la domanda ti sembra offensiva, ma tu hai fatto capire chiaramente che ci consideri tutti dei superficiali, con manie suicide che 'pisciano nella minestra', mentre a me sembri tu un ingenuo che prende per buono ciò che gli viene infilato nella testa...senza elaborare tutti i dati i tuo possesso. |
18-09-2004, 12.16.22 | #54 |
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Il solo augurio che io mi sento di fare all'umanità è quello di non avere più alcuna religione, ma solo religiosità che nasca dal profondo di un cuore pieno d'amore.
Ogni uomo dovrebbe gridare al mondo che ogni azione che compie è in proprio nome, solo in proprio nome. Fare qualcosa in nome di un dio equivale a privarsi della propria responsabilità. I terroristi non amano né Dio né se stessi, per questo odiano tutto il mondo. Qualcuno si vada a leggere la Bibbia e veda con quanta precisione viene descritto come trattare i nemici. Forse i terroristi sono andati a leggersi la Bibbia oltre che il Corano. Mary |
19-09-2004, 01.08.41 | #55 |
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Mia "buona" rodi
non serviva aggiungere le considerazioni prassediane che concludono il tuo post.
Un vero peccato...! Detto, sia ben chiaro, injuria abentia verbis. Lascia, per favore, in futuro, la spocchiosa supponenza di chi crede che solo il proprio pensiero sia informato, legittimo e lucido. Non sai con chi hai a che fare, e questi post non consentono, ovviamente, quel diretto confronto che, solo, comporterebbe la possibilità di comprendere il grado di riflessione del tuo interlocutore. Posto ciò, e detto, credimi, con simpatia, vengo ai punti che tu disponi ed esamini. Individui quattro posizioni che giustamente qualifichi come "variabili": ben detto, perchè con maggior supoerficialità, altri li avrebbero definiti "dati". Concordo nella tetralogia, ma anche nella variabilità dialettica in cui essi possono esser posti in relazioni vicendevoli e composite dentro una seria riflessione sulla storia che tutti stiamo vivendo. Chiaro, non si tratta di polinomi logici in algebre che suppongano l'analisi ermeneutica dei fatti storici (il che sarebbe, detto così..., alquanto renaniano). Ma la dialettica che li correla non possiede, a mio parere, la scientificità di una predicibilità sperimentale: come altre volte ho detto, la storia è amorale e la società occidentale, nel suo complesso, anche. Questa, che potrebbe apparirti come una tesi metafisicamente apodittica, consegue, in realtà ad una critica "debole" del fenomeno etico: la sua descrivibilità circoscrive di fatto la sua prescrivibilità, e questo è un "dato" che ricorre con sufficiente capriccio nella storiografia da giustificarlo come "affidabile", se non verosimile. Detto ciò, amica rodi, ti prego di perdonarmi le figure retoriche da me utilizzate. Troppo artificio finisce per nascondere la sostanza. Così è accaduto che tu interpretassi come "diritto" alla vita, quello della cultura cui sento, fino all'intimo, di appartenere. Mentre, a mio parere, non esiste alcun diritto alla vita, bensì un "dovere". Ciascuno di noi, vedi, appartiene al mondo per un concorrere tanto casuale e aleatorio di fattori da non autorizzarci in alcun modo ad attribuirne responsabilità a chicchessia. Così è, almeno, per come la vedo io. Per ciò, occorre assumere sulle nostre proprie spalle il peso della nostra esistenza: sapendo che solo di essa noi siamo responsabili. Di essa, naturalmente, in quanto dignità: il poter riconoscere nei frammenti di significato di ciò che la compone, oltre che noi stessi (il che è già molto) anche il riflesso della miseria, del dolore, della felicità, e dell'entusiasmo di tutti coloro che dividono con noi l'orizzonte di mondo in cui noi cerchiamo di progettare ciò. Per questo io sono convinto che vivere e sopravvivere sia un dovere, come un dovere sia prendersi cura di noi stessi e del nostro corpo, morale, fisico e sociale. Perdonami, ho bevuto un po', e so che non dovrei farlo. Ma, sebbene obnubilato, vengo al terzo punto. Ho avuto un padre intelligentissimo, forse ai confini della genialità, da me amato e ammirato profondissimamente. Con lui, da bambino, ho girato il mondo, soprattutto il c.d. "terzo" mondo. Il suo lavoro consisteva nel produrre progetti di investimenti in aree diseredate di questo pianeta, dove, credimi, era un problema serio per noi occidentali (e per gli autoctoni, sia chiaro) riuscire a trovar modo di mangiare, di bere, di vivere. Andavo con lui ogni giorno dentro questi straordinari stabilimenti ed ammiravo con vero amore la sua capacità di staccarsi dai problemi del pranzo e della cena, da quelli relativi a condizioni climatiche talvolta quasi critiche, dalla necessità di dormire, messa in fondo alla lista (ancora adesso io dormo quando capita, anche per brevi mezz'ore, ma senza un sonno continuativo come la maggior parte dei cristiani ritiene necessario)... Ed i problemi che affrontava e risolveva mi sembravano straordinari. E nel tempo in cui giocavo stavano con me tanti altri bambini che vivevano le stesse situazioni: americani, soprattutto, ma anche tedeschi, inglesi, svedesi, belgi, olandesi. Mio padre, naturalmente, non lavorava gratis et amore dei, ma so per certo che ciò che lui e tutti gli altri occidentali facevano superava di gran lunga, quanto a sacrificio, intelligenza e cultura immessevi, il corrisposto economico del loro lavoro. Sono tornato, lo sai ?, qualche volta, oggi che sono adulto e dopo così tanti anni in quei luoghi. E credimi che ho avuto spesso l'orgoglio, tutto mio, tutto personale, tutto celato dentro il mio insignificante sguardo, di constatare con gioia quanto di tutto questa fatica, di questa intelligenza è il frutto: luoghi che io vidi desolati, schiacciati dalla miseria, devastati dal colera e dalla lebbra, fattisi città. Divenuti terre in cui uomini che nulla sanno di tutto questo sforzo si interrogano sulla dignità della vita, pubblicano giornali laddove sgozzavano capre ed hanno ospedali invece di vecchi forni di pietra. E tutto questo mi solleva un po', credimi, della fatica di vivere. Anch'io vedevo, credimi, bambini che andavano a lavorare, ad avvitare piccoli bulloni che gli adulti non potevano fare. Ma credi che mio padre mi dispensasse dal farlo, e dal fare mille altre "piccole" cose di questo genere? Credi che mi dispensasse dal fatto di aiutarlo a stringere microscopici cavetti, sempre spiegandomi cosa essi facessero e a cosa servissero, per ore a 55° e in un frastuono in cui dovevo leggere ciò che mi diceva dalle sue labbra? Non l'ho mai ritenuto avvilente, anzi. Ero orgoglioso di ciò. Lo sono ancora. Ciao |
19-09-2004, 09.21.19 | #56 |
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x leibnicht
mi ha colpito quella frase sul "dovere" di vivere. Quando un calciatore viene mandato in campo ha il dovere di giocare. Noi siamo scesi in campo inviati o per scelta, poco importa il motivo: siamo qui. Il dovere di vivere la nostra vita dovrebbe essere tenuta presente ogni giorno, ogni mattino appena svegli. Dovere di vivere che non deve mai essere scambiato per sottomissione. La sottomissione da qualunque parte la si veda, schiavo o padrone, scaccia sempre la libertà. Dovere di essere se stessi, dovere di vivere se stessi anche se ci si ritrova in un mare in tempesta a lottare contro le onde nella più totale disperazione. Mary |
19-09-2004, 14.37.58 | #57 | |
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Re: Mia "buona" rodi
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23-09-2004, 02.18.44 | #58 |
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Rodi
non riesci a ragionare in termini di doveri?
Ti hanno tirata su a latte condensato e diritti, cioccolato e tutele istituzionali ? Bene: il latte condensato ha un costo ed i diritti pure. Lo stesso vale per le tutele e il cioccolato, la colazione al bar e la salute del tuo corpo. "Diritto" non è privilegio. Un privilegio risulta da un dettato unilaterale, tra corpo sociale e soggetto, a vantaggio di quest'ultimo. Un diritto no: esso risulta da una bilateralità equilibrata. Posso rivendicare il diritto alla salute, beninteso che io abbia ottemperato al mio dovere di preservarla. Ho diritto alla vita, se assolvo al mio dovere di conservarla. Ogni diritto comporta la reciprocità di un dovere, altrimenti è un privilegio. |
23-09-2004, 08.09.04 | #59 | |
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Re: Rodi
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Proprio perchè mi hanno abituata a dare un costo al 'latte condensato' che mi sembra una pretesa assurda quella di pretendere di prendere da altri esseri umani senza pagare un giusto prezzo! |
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