Discorsi di Dharma
di Geshe Gedun Tharchin
Insegnamenti del Venerabile Lama Geshe Gedun Tharchin, Lharampa. Incontri, lezioni e scritti su Dharma, Meditazione e Buddhisimo.
Le Quattro Nobili Verità:
6) Seconda Nobile Verità
- Giugno 2020
Affronteremo le seguenti tre nobili verità:
- la Causa della sofferenza;
- la Cessazione della Sofferenza;
- il Sentiero che conduce alla Cessazione della Sofferenza.
Tutto ciò che produce sofferenza è parte della seconda nobile verità: “la causa della sofferenza”, del Dukkha, dunque tra la prima e la seconda nobile verità non vi è una grande differenza e la si trova solo nella modalità di osservazione della sofferenza: nel primo modo descriviamo la sofferenza così com’è, nel secondo guardiamo alla sofferenza vedendone le cause.
Esistono fenomeni che rientrano nella prima nobile verità, ma non nella seconda, che possono essere considerati sofferenza, ma non causa di sofferenza. Un esempio è dato dalle “terre pure” così spesso rappresentate nel buddhismo; presupponiamo di credere nella loro esistenza e vediamo che appartengono alla dimensione della prima nobile verità, la sofferenza, ma non aderiscono alla seconda nobile verità, non sono causa di sofferenza. Le terre pure sono nella dimensione del Samsara, quindi se anche le raggiungiamo, ci troviamo ancora nella prima nobile verità della sofferenza, siamo nel Samsara, non nel Nirvana.
La terra pura si trova nella prima nobile verità, ma non è un luogo che produce sofferenza, mancando dunque le condizioni di essere causa di sofferenza, non è nella seconda nobile verità. Si è nella condizione di Dukkha, ma non nella condizione di causa di Dukkha. A volte la spiegazione delle Terre Pure assomiglia a quella del Paradiso cristiano, nel senso che quando si è raggiunto questo luogo non si regredisce.
Un altro esempio di fenomeno che rientra nel Dukkha, ma non è causa di Dukkha, è lo stato di “ultima rinascita”, dell’ultimo corpo che si ha prima di raggiungere il Nirvana, prima dell’ottenimento dell’illuminazione. Questo corpo appartiene alla prima nobile verità, ma non alla seconda, perché non produrrà più nessuna causa di Dukkha e non dovrà più rinascere.
Sono pochi i fenomeni che appartengono alla prima nobile verità ma non alla seconda, mentre possiamo affermare con sicurezza che tutto ciò che è parte della seconda nobile verità è anche parte della prima.
Osservando queste due nobili verità vediamo che vi sono tre possibili combinazioni:
-
Fenomeni che appartengono alla prima nobile verità, Dukkha;
-
Fenomeni che appartengono ad entrambe le due nobili verità, Dukkha e causa di Dukkha;
-
Fenomeni che non appartengono a nessuna delle due nobili verità, non sono né Dukkha né causa di Dukkha.
Sintetizzando potremmo affermare che la prima e la seconda nobile verità sono due diversi aspetti di uno stesso fenomeno, il Dukkha, la sofferenza.
Credo però opportuno aprire una parentesi e soffermarci sulla questione delle “Terre pure” perché c’è molta confusione in proposito.
Nelle scritture Buddhiste si descrivono molte terre pure: la Terra pura di Avalokiteshvara, la Terra pura di Amitabha, la Terra pura di Tara, la Terra pura di Maitreya e così via. Anche noi praticanti, nel futuro, avremo la nostra Terra pura, ma allora che cos’è questa Terra Pura? Un tempo il Tibet era la Terra pura di Avalokiteshavara, infatti il termine “Potala” significa “la Terra pura di Avalokiteshvara” e probabilmente in origine il Potala era localizzato in territorio indiano. C’è poi la Terra pura del Buddha Amitabha, che è Sukhavati, e la Terra pura del Buddha Avalokiteshvara che è Tushita, e la Terra pura di Kalachacra, che è la notissima Shambala. E la Terra pura di Tara come si chiama? Qualcuno conosce il suo nome? È la stessa Terra pura di Avalokiteshvara, sono insieme nel Potala.
È difficile spiegare questi concetti, generalmente le persone pensano che la Terra pura sia “...un qualche cosa in un altro posto...” che, appena raggiunto, rappresenta la salvezza. Alcuni ritengono che morendo in combattimento nella guerra di Shambala, si sarà salvi. La guerra di Shambala sarebbe l’ultima guerra, così come prima ci sono state le guerre sante cristiane, islamiche ora tocca ai Buddhisti, no? Queste descrizioni sembrano davvero fantascienza e non devono assolutamente essere recepite letteralmente, sono leggende che appartengono ad una determinata cultura e letteratura ma possono generare una grande confusione nelle persone.
Abbiamo poi la Terra pura di Maitreya “Tushita” che in alcune spiegazioni viene descritta come un edificio, un monastero, circondato da una città che ha lo stesso nome, Tushita, rappresenta quindi due luoghi distinti e solo entrando nel monastero si è salvi.
Questi esempi servono a far comprendere come sia possibile creare le descrizioni più fantasiose, ma le Terre pure non sono altro che la purezza della mente.
Avalokiteshvara rappresenta la compassione, Maitreya l’amorevole gentilezza, Amitabha la benevolenza, Tara l’azione del Buddha. Queste Divinità protettrici, le immagini illuminate, sono la raffigurazione simbolica delle qualità intrinseche allo stato dell’illuminazione. La Terra pura significa la Mente pura, la Terra è la Mente.
Tentare di spiegare la terra pura è davvero difficile, è un argomento a cui è bene accostarsi con prudenza, da approfondire con calma, riflessione attenta e cautela. Troppe persone iniziano a praticare visualizzando la Terra pura, e poi si confondono e si perdono perché non è affatto chiaro in quale direzione si diriga la loro pratica.
Riprendendo la spiegazione della seconda nobile verità, la causa di Dukkha, dobbiamo osservare ciò che ha la potenzialità di produrre sofferenza, riconoscere ciò che ne ha la capacità. La causa della sofferenza è normalmente individuata nel karma e nelle emozioni conflittuali.
Con “karma” si intende un’azione derivante da un atto volontario che produce effetti; principalmente si tratta di un’azione mentale che genera un’azione verbale che, a sua volta, determina un’azione fisica.
L’azione mentale, l’attività mentale è distinta in tre tipi:
-
azione positiva (da cui scaturisce felicità);
-
azione negativa (da cui deriva sofferenza);
- azione neutra (che determina uno stato neutro, né di felicità, né di sofferenza).
Queste tre azioni appartengono contemporaneamente alla prima e alla seconda nobile verità, sono Dukkha e causa di Dukkha e sono provocate dalle emozioni conflittuali, individuabili principalmente in:
- IGNORANZA
- ATTACCAMENTO
- ODIO
L’ignoranza è fondamentale, indicata nel Buddhismo come causa prima del Samsara, il suo creatore. Dall’ignoranza derivano attaccamento e odio.
L’ignoranza di per sé non è né positiva né negativa, appartiene ad uno stato neutro, ma se a causa dell’ignoranza noi percepiamo una realtà come piacevole nasce l’attaccamento e se, viceversa, la percepiamo come repulsiva nasce l’odio. L’ignoranza è paragonabile ad una mente sonnolenta, assopita, non è in grado di emettere giudizi di per sé, ma ciò che scaturisce da essa crea i condizionamenti del giudizio che distingue ciò che piace e ciò che non piace. Gli oggetti che attraggono provocano attaccamento e quelli che respingono generano l’odio.
Così si crea la sofferenza, articolata nelle tre modalità conosciute:
-
La sofferenza della sofferenza;
-
La sofferenza del cambiamento;
-
La sofferenza del condizionamento
Questa è la seconda nobile verità, la causa della sofferenza. Quando una realtà appare piacevole, buona, positiva, immediatamente in noi sorge l’attaccamento che causa sofferenza, è esso stesso sofferenza, e quando un’altra realtà presenta aspetti spiacevoli brutti, cattivi, negativi in noi nasce avversione, che è causa di sofferenza, è sofferenza. In entrambe le situazioni siamo immersi nella dimensione della sofferenza ed è davvero difficile venirne fuori perché non sappiamo riconoscerle come sofferenza e causa di sofferenza. Solo gli esseri nobili, esseri che hanno raggiunto un’elevata realizzazione spirituale, gli Arya, sono in grado di individuare e comprendere le due verità e per questo esse vengono chiamate “nobili verità”, o nobili realtà.
È necessario, al fine di poter comprendere le cause della sofferenza, conoscere e riflettere sulla concatenazione dei “Dodici anelli dell’origine interdipendente”. Al primo posto troviamo il nostro dio, l’ignoranza, il creatore del samsara; dall’ignoranza sorgono le azioni volitive che determinano degli effetti, cioè karma.
Come si determina questo processo?
All’ignoranza le cose appaiono piacevoli o spiacevoli, se piacevoli sorge l’attaccamento che produce l’azione del volere, se spiacevoli nasce l’avversione, che determina l’azione del respingere. Questa è l’azione volitiva, o karma, che scaturisce dall’ignoranza e che lascia l’impronta nel nostro continuum mentale determinando il terzo anello, quello della coscienza.
Le impronte lasciate nella coscienza mentale matureranno solo quando incontreranno le circostanze e le condizioni favorevoli per il loro sviluppo, condizioni favorevoli che si trovano nell’ottavo e nel nono anello e sono rispettivamente l’avere desiderio - bramosia e attaccamento - voler afferrare. Queste due condizioni danno molta energia al terzo anello, quello della coscienza.
Dall’incontro dell’impronta depositata nella coscienza con le condizioni favorevoli, al loro maturare cioè il desiderio e l’attaccamento, nasce il decimo anello, quello del divenire. Anche il divenire è un’azione volitiva, ma assai più potente di quella prodotta nel secondo anello, il karma, e ingenera un risultato immediato, è la causa diretta che dà origine alla rinascita.
Gli altri anelli della catena sono: il quarto - nome e forma; il quinto - sorgente dei sensi; il sesto - contatto sensoriale; il settimo - prodursi di sensazioni.
Il quarto, nome e forma, indica semplicemente che si è entrati nella vita successiva; con la rinascita si entra automaticamente nel quinto anello, quello della sorgente dei sensi che, maturando, diventa contatto, (sesto anello) e il contatto causa sensazioni, (settimo anello).
Osservando la nostra intera vita vediamo che essa oscilla costantemente tra queste due realtà: contatto sensoriale e sensazione che deriva dal contatto. Perché una cosa ci piace e l’altra no? Produciamo ogni sensazione di attaccamento o repulsione perché possiamo toccare, vedere, gustare, sentire una determinata cosa. Contatto - sensazione rappresentano il nostro muoverci nel Samsara.
Possiamo comprendere perché sia così importante saper rimanere in uno stato mentale neutro perché solo in questo modo possiamo evitare di diventare schiavi del meccanismo di contatto - sensazione. Anche di fronte alle cose più insignificanti noi ci lasciamo intrappolare dai giudizi: “questo vestito mi piace, quest’altro non mi piace” oppure “questo tessuto mi dà sensazioni gradevoli, quest’altro sgradevoli”.
Contatto e Sensazioni sono causa costante di sofferenza, un’altalena che produce ininterrottamente sofferenza fino a quando giungiamo all’undicesimo anello, quello della vecchiaia e della morte. Vecchiaia e morte sono intrinsecamente legate a nome e forma, il quarto anello, che determina la nascita. Possono realizzarsi vecchiaia e morte solo se vi è nascita.
Perché vecchiaia e morte sono collocate in un unico anello? L’undicesimo anello è nascita (ka), il dodicesimo è morte (schi), ma non c’è un anello apposito per la vecchiaia, perché?
Le scritture indicano chiaramente la risposta che, se riflettete un attimo, è evidente: chi nasce certamente muore, ma non sempre invecchia, può morire giovane. La stessa cosa vale per il quarto anello indicato con nome e forma, perché esistono esseri che hanno un nome, ma non hanno forma.
È fondamentale conoscere la concatenazione degli eventi dimostrata dai dodici anelli di origine interdipendente. Riassumendo, rileviamo che ci sono due azioni, tre emozioni conflittuali e i restanti sette anelli che sono Dukkha, sofferenza. Ovviamente tutti i dodici anelli sono Dukkha, ma questi sette sono particolarmente espressione di sofferenza.
Soffermandoci a riflettere sulla concatenazione dei dodici anelli si comprende come si crea il Samsara e come si rimane prigionieri in esso.
I due anelli che costituiscono le azioni volitive sono il secondo - il karma, e il decimo - il divenire. I tre anelli delle emozioni conflittuali, causa delle azioni volitive, sono: il primo - l’ignoranza; l’ottavo - il desiderio e la bramosia; il nono - l’attaccamento e l’afferrare.
Questi cinque anelli si riferiscono alla seconda nobile verità: la causa di Sofferenza, Dukkha. Gli altri sette sono relativi alla prima nobile verità: sono Sofferenza, Dukkha.
Ripeto, Karma e Divenire (secondo e decimo anello) determinano le azioni volitive;
Ignoranza, Desiderio e Attaccamento (primo, ottavo e nono anello) determinano le emozioni conflittuali.
Tutti e cinque appartengono alla seconda nobile verità e sono causa di sofferenza.
L’anello, nome e forma, si produce nel momento della rinascita che con il crescere determina l’anello della sorgente dei sensi, entrambi sono sofferenza. Dall’incontro delle facoltà sensoriali con l’oggetto scaturisce il contatto che diviene Dukkha. La sensazione che sorge dal contatto è Dukkha. Ad esempio: “ho meditato, mi sento particolarmente bene, rilassato, appagato, sono pervaso da una sensazione piacevole”, che è comunque Dukkha. La nascita è Dukkha esattamente come la morte e la vecchiaia.
Per queste ragioni il Buddha ha insistito sulla necessità di conoscere la sofferenza, aggiungendo che bisogna abbandonare la causa della sofferenza, ma solo conoscendo i sette anelli che sono Dukkha possiamo abbandonare gli altri cinque che sono causa di Dukkha, cioè le azioni volitive e le emozioni conflittuali. Soltanto così possiamo liberarci dal Samsara, uscire dalla catena dei dodici anelli dell’origine interdipendente.
Come dobbiamo meditare sui dodici anelli? Osserviamo che:
-
Alla base del Samsara vi è l’ignoranza;
-
a causa dell’ignoranza sorgono le azioni volitive;
-
a causa delle azioni volitive sorge la coscienza;
-
a causa della coscienza sorgono nome e forma;
-
a causa di nome e forma sorgono le sorgenti sensoriali;
-
a causa delle sorgenti sensoriali sorge il contatto;
-
a causa del contatto sorge la sensazione;
-
a causa della sensazione sorge il desiderio, la bramosia;
-
a causa della bramosia sorge l’attaccamento, l’afferrare;
-
a causa dell’afferrare sorge il divenire;
-
a causa del divenire sorge la nascita;
-
a causa della nascita sorgono la vecchiaia e la morte.
E poi ripetiamo il percorso invertendo il punto di osservazione:
-
Alla base del Samsara vi è l’ignoranza, quindi:
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eliminando l’ignoranza cessano le azioni volitive;
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eliminandole azioni volitive cessa la coscienza;
-
eliminando la coscienza cessano nome e forma;
-
eliminando nome e forma cessa la facoltà sensoriale;
-
eliminando la facoltà sensoriale cessa il contatto;
-
eliminando il contatto cessa la sensazione;
-
eliminando la sensazione cessa il desiderio, la bramosia;
-
eliminando la bramosia cessa l’attaccamento, l’afferrare;
-
eliminando l’afferrare cessa il divenire;
-
eliminando il divenire cessa la nascita;
-
eliminando la nascita cessano vecchiaia e morte.
Questo è il metodo con cui meditare sulle quattro nobili verità. Analizzando in modo conseguente i frutti dell’ignoranza, medito sulle prime due nobili verità, la Sofferenza e la Causa della Sofferenza e osservando tutto ciò che consegue all’eliminazione dell’ignoranza, medito sulla terza e quarta nobile verità, sulla Cessazione della Sofferenza e sulla Via che conduce alla Cessazione della Sofferenza.
Si ha così la visione di come si entra nel Samsara e di come sia invece possibile liberarsi dalla schiavitù di questa ruota senza fine. Una meditazione avulsa dalla conoscenza dei dodici anelli dell’origine interdipendente ci fa permanere statici nel Samsara, senza indicarci come vi siamo giunti e soprattutto, come potremmo uscirne.
Geshe Gedun Tharchin
5) Prima Nobile Verità - 7) Terza e Quarta Nobile Verità
Indice dei Discorsi di Dharma
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