Discorsi di Dharma
di Geshe Gedun Tharchin
Insegnamenti del Venerabile Lama Geshe Gedun Tharchin, Lharampa. Incontri, lezioni e scritti su Dharma, Meditazione e Buddhisimo.
Le Quattro Nobili Verità:
5) Prima Nobile Verità
- Maggio 2020
Abbiamo affrontato le quattro nobili verità approfondendo i primi due aspetti della prima nobile verità (Dukkha) suddivisa in tre livelli:
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Il primo è la sofferenza della sofferenza;
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Il secondo è la sofferenza del cambiamento;
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Il terzo è la sofferenza del condizionamento.
Il primo livello, la sofferenza della sofferenza, è facilmente riconoscibile (il mal di testa, il raffreddore, ecc). Dukkha si traduce anche con i termini “dolore” o “non soddisfazione”. La non soddisfazione è presente in tutti i tre i livelli.
Il secondo livello è più difficilmente riconoscibile perché ad un primo impatto si presenta come temporanea felicità.
Il terzo livello del Dukkha è molto sottile; il nome che gli viene dato “sofferenza del condizionamento” deriva dai cinque aggregati che costituiscono il nostro stato di esseri viventi, il nostro corpo e le sensazioni del nostro corpo. A questo livello di sofferenza non c’è scampo.
Come soluzione potremmo sviluppare il “corpo di arcobaleno”. Questa, che potrebbe apparire a prima vista come una descrizione del tutto fantastica, è invece concretamente reale. Attraverso la pratica e una meditazione molto profonda si può trasformare il proprio corpo di sofferenza in un “corpo di arcobaleno” o “corpo di chiara luce”.
Un’altra soluzione è data dal non attaccamento al nostro corpo; se non abbiamo alcun attaccamento al corpo, né ad alcun oggetto esterno, nulla ci può causare sofferenza.
Queste sono alcune vie che il Buddhismo indica per uscire dalla sofferenza.
Esiste un’ulteriore possibilità che consiste nell’usare il proprio corpo per portare beneficio agli altri; dedicare completamente il proprio corpo per il bene di tutti gli esseri.
I tre mezzi che ci permettono di uscire dal Dukkha:
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Hinayana;
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Mahayana;
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Vajrayana.
L’attitudine del sentiero Hinayana consiste nel non avere attaccamento al proprio corpo concentrandosi sulla pratica meditativa, privi di ogni preoccupazione per il proprio corpo e attaccamento ad esso.
Nel sentiero Mahayana si dedica completamente il proprio corpo agli altri; prendendolo in considerazione, ma non in modo egoistico, bensì con la motivazione profonda di essere di beneficio agli altri esseri. Ad esempio in una preghiera della pratica del Bodhisattva ci si auspica di essere come pesci in modo da poter sfamare gli altri, dedicandosi completamente a ogni essere. Questa è la pratica del Bodhisattva.
Il Bodhisattva ha un cuore grande che offre completamente agli esseri senzienti e questa è una via per uscire dalla sofferenza. Il nostro corpo è sofferenza, ma percorrendo questo sentiero abbiamo la possibilità di uscire dal terzo livello di sofferenza.
Un’altra via d’uscita è offerta dal Vajrayana, che ci porta alla trasformazione del corpo di sofferenza in un corpo di arcobaleno.
Sono tre sentieri distinti, affatto in contraddizione tra loro, sono stadi di un unico percorso: per poter dedicare completamente il proprio corpo agli altri è necessario non avere alcun attaccamento ad esso e dunque, con il distacco e la sua offerta agli altri si realizza il Bodhicitta. Il dedicare completamente il proprio corpo a tutti gli esseri con una pura mente altruistica porta alla trasformazione del corpo di sofferenza in un corpo di arcobaleno.
Perché il corpo di arcobaleno è buono? Perché con il corpo fisico si possono servire gli esseri in modo limitato, secondo i limiti della materia, ma per poter essere di beneficio illimitatamente a tutti gli esseri senzienti, il corpo fisico deve trasformarsi in corpo di arcobaleno, corpo di chiara luce.
Nel buddhismo sono presenti i quattro Kaya, i quattro corpi del Buddha:
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Sambhogakaya
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Nirmanakaya
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Dharmakaya
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Svabhavikakaya
Con i quattro corpi del Buddha è possibile porsi al servizio di tutti gli esseri senzienti. Attraverso la pratica della consapevolezza e la realizzazione della Vacuità si può trasformare il proprio corpo in un corpo di arcobaleno, raggiungendo l’illuminazione in questa stessa vita.
Ma anche se non otteniamo l’illuminazione in questa vita possiamo dedicare, come Bodhisattva, il nostro corpo agli altri. E se non riusciamo a raggiungere questo livello di pura mente altruistica, possiamo comunque sviluppare l’attitudine di non attaccamento al corpo concentrandoci nella pratica spirituale. Queste sono le tre vie per uscire dalla sofferenza, anche dal terzo livello di Dukkha, la sofferenza del condizionamento, che pare così inscindibile dalla nostra realtà fisica.
Non si deve mai dimenticare che:
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quando meditiamo e stiamo particolarmente bene, non è felicità;
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quando ci sentiamo in pace, rilassati e sereni, non è felicità;
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quando abbiamo la sensazione di essere molto forti, sani e potenti, non è felicità.
Si tratta di semplici emozioni e quindi cause di sofferenza, da cui possiamo essere liberati soltanto dal Dharma. Buddha ha avuto bisogno di sei anni per realizzare le quattro nobili verità e ciò dimostra come il cammino verso tale obiettivo non sia assolutamente facile.
Meditazione non è avvertire emozioni, essere gratificati, sentirsi bene, meditazione è l’osservazione della realtà al fine di uscire dallo stato di sofferenza. Riferendoci al terzo livello della sofferenza, la sofferenza del condizionamento, potremmo semplicemente dire che: “questo tipo di sofferenza è il nostro corpo”.
Ciò non significa che il nostro corpo sia negativo, perché la prima nobile verità, la sofferenza, non è soltanto negativa e ha in sé altre qualità positive.
Se non ci fosse la prima nobile verità non potrebbero nemmeno esserci la seconda, la terza e la quarta.
Se non ci fosse la prima nobile verità non potrebbero esserci nemmeno il sentiero, la realizzazione, l’illuminazione.
La prima nobile verità è tanto importante quanto lo è l’illuminazione.
La sofferenza deve essere osservata da diverse prospettive, non da una sola; se ad esempio abbiamo dolore in una parte del corpo e fissiamo questa sofferenza con un’unica ottica, ci sentiamo depressi e impotenti, ma se analizziamo lo stesso dolore da più punti di vista il nostro atteggiamento mentale non potrà essere completamente negativo. La sofferenza ha aspetti positivi, il nostro corpo ha aspetti più positivi che negativi: l’aspetto supremo è che il nostro corpo può essere trasformato in un corpo di arcobaleno; il nostro corpo ha la qualità inestimabile di poter essere di grande beneficio agli altri esseri. Il nostro prezioso corpo è la condizione migliore per praticare il Dharma. Queste sono le grandissime qualità del nostro corpo, ma dobbiamo essere sempre in ogni momento consapevoli di trovarci nella condizione della sofferenza e, quando ne avvertiamo tutto il peso, dobbiamo altrettanto essere consapevoli delle qualità del nostro corpo.
Sono due realtà e devono essere tenute in evidenza entrambe e, con questa riflessione, concludiamo l’analisi dei tre tipi di sofferenza.
Gli incontri sul buddhismo non devono essere intesi come lezioni, sarebbe sbagliato pensare “bene, oggi ho ascoltato, domani metterò in pratica”; è importante porsi in atteggiamento contemplativo e, già nell’ascolto, dovrebbe avvenire qualche realizzazione; è fondamentale aprire la mente a questa dimensione. Per questo motivo la spiegazione è stata così dettagliata, con concetti ripetuti e accompagnati da esempi concreti.
Geshe Gedun Tharchin
4) Motivazione: La Compassione - 6) Seconda Nobile Verità
Indice dei Discorsi di Dharma
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