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La legge del Karma
Da La reincarnazione. La legge del Karma. Prove ed argomenti.
Di William W. Atkinson, Casa editrice Napoleone, 1989
Karma è un termine usato generalmente tra gli Indiani e gli occidentali che credono nella Reincarnazione e il suo significato può assumere molte sfumature sia per quanto riguarda la definizione che l'interpretazione.
È importante per chi studia la Reincarnazione, perché la dottrina del Karma procede parallelamente a quella della metempsicosi. Il Karma è la legge di causa e di effetto applicata alla vita della psiche, legge secondo la quale si raccoglie il frutto di ciò che si è seminato o si subiscono le reazioni delle proprie azioni.
Per la maggior parte dei reincarnazionisti, il Karma ha un significato più ampio e il termine è usato nel senso di legge di giustizia. Molte eminenti personalità della materia, sostengono che secondo il concetto d'origine, il Karma è una legge naturale operante in modo esatto come quelle matematiche e chimiche. Opera nel bene e nel male, nella ricompensa e nella punizione per la moralità e l'immoralità, e agisce come una grande forza naturale per tutti i problemi concernenti la condotta dell'uomo.
Per coloro che aderiscono a tale concezione, il Karma è simile alla legge di gravitazione che, come ogni altra legge naturale, non mostra riguardi per persone, e non fa morale, o questione di bene o di male. Da questo punto di vista, l'effetto di un'azione potrà essere bene o male solo se questa azione contribuisce al proprio bene o a quello dell'umanità, al proprio male o al male dell'umanità. Ad esempio, se un bambino mette una mano su una stufa accesa, questo è male perché arreca dolore per quanto non sia né morale né immorale.
Secondo questa concezione non può esistere ricompensa né punizione nell'uso comune del termine, seppure in altro senso vi sia ricompensa per una buona azione e punizione per l'azione cattiva.
Antiche scuole reincarnazionistiche, accettavano il Karma come legge determinante.
Infatti il carattere a seguito dell'impulso di più forti desideri, attrae le anime verso la rinascita in un ambiente che offrirà loro le maggiori opportunità di manifestare quei desideri nell'azione, sottoponendole alle gioie e alle pene da queste derivanti, e sviluppando così un più complesso carattere, creatore e generatore di un nuovo Karma. Coloro che accettano questa concezione, pensano che in questo modo l'anima apprenda le proprie lezioni, soffrendo pene che serviranno a portarla al sentiero della salute, e a distoglierla dalla via dei desideri e dei piaceri materiali. In altre parole, l'anima, nella sua infanzia spirituale, sarebbe simile a un bambino che impara certe cose dall'esperienza. Si accompagna a questa interpretazione la teoria secondo cui l'etica dimostrerebbe che tutto ciò che tende all'avanzamento dell'anima è bene e ciò che lo ritarda è male, nonostante qualsiasi eterogenea norma arbitraria che stabilisca ciò che è bene e ciò che è male.
Ma subito, specie gli indiani, ampliarono questa idea originale del Karma, e i sacerdoti dell'India cominciarono a considerare che il Karma operasse come un grande dispensatore di ricompense per il bene, e punizioni per il male.
Così i preti indù corrispondentemente alle punizioni e alle ricompense del mondo cristiano, inculcavano nei peccatori il terrore per il Karma, spingendo i buoni, nel desiderio della ricompensa a compiere azioni rispondenti all'etica che predicava quella dottrina.
Lo stato futuro dell'uomo, si insegnava, nella futura incarnazione o in molte altre, dipende dalla sua bontà secondo le leggi di quella determinata Chiesa, e l'effetto di questo insegnamento è palese tra le masse indiane poco colte, e molto desiderose di acquistare merito compiendo buone azioni come elargire elemosine ai mendicanti, fare offerte ai templi, ecc... Mentre tutto questo può avere l'effetto di indirizzare le masse ignoranti sulla via che contribuisce al bene di tutti, tende però anche ad alimentare la superstizione e l'imposizione.
C'è una rassomiglianza intima tra le dottrine di tutte le religioni, e molti sono coloro che ritengono che questa sorta di «frusta teologica» sia necessaria per far procedere la massa nella stretta via della moralità, dal momento che non sarebbero capaci di praticare il bene per l'amore del bene, né di evitare il male perché è male in se stesso. Non è questo il luogo tuttavia di discutere tale problema.
Una delle applicazioni fondamentali della suddetta forma di dottrina karmatica in India, consiste nell'insegnare che la classe cui un uomo apparterrà nella prossima incarnazione dipenderà dal grado di buona condotta nella vita attuale e nelle vite precedenti. Chi non conosce l'importanza della casta in India, non è in grado di comprendere quale leva potente sia sugli Indiani questo insegnamento. Dalla casta suprema dei Bramini, quella sacerdotale, fino a quella dei Sudra o contadini o più in basso ancora dei Paria o fuori casta, queste divisioni fra gli uomini sono nettamente delineate, e si evitano persino da parte degli esponenti della casta superiore, i minimi contatti con quelli di caste inferiori.
Compreso questo, sarà chiaro che un Indiano appartenente a una casta superiore cercherà con tutte le forze di evitare atti che potrebbero degradarlo, e come anche un Indiano di bassa casta, sia fortemente portato a cercare di rinascere dopo molte vite in una casta superiore. Da questo punto di vista, nascere in una casta bassa è segno di delitti o di cattive azioni compiute in un'esistenza anteriore e quindi diventa una questione etico religiosa. Quindi, senza dubbio, nell'occidente i reincarnazionisti sono stati molto più influenzati delle concezioni ortodosse indiane del Karma, che non da quelle greche e occultiste in genere.
Per quanto molti, infatti, reputino il Karma più che altro come un artefice del carattere e solo secondariamente un elemento essenziale di rinascita, pure un discreto numero di esponenti di questa filosofia rifiutandosi di accettare il «diavolo» ortodosso della loro fede precedente, ne trovano una degna sostituzione nella particolare concezione del Karma.
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