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Spunti di Riflessione
di Marco Biagioli
La felicità della tua vita
“La felicità della tua vita dipende dalla qualità dei tuoi pensieri” Marco Aurelio.
Recenti studi sulla coscienza stanno generando nuove riflessioni sulla vita, che sembra essere sempre più una conseguenza del nostro modo di pensare. “Diventiamo ciò che percepiamo ed ideiamo per la maggior parte del tempo; l'apprendimento “modifica” l’efficacia di specifiche sinapsi e la memoria “dipende” dal persistere di queste modificazioni” Eric Richard Kandel. Abbiamo, cioè, una parte attiva nella guida della nostra vita attraverso una macchina da cento miliardi di cellule: possiamo immagazzinare i giusti “file” nel cervello, prenderciVittorino Andreoli. cura di noi stessi e del mondo. “Se la felicita è dimensionata sull'io la gioia è dimensionata sul noi”
Lo psicologo britannico Stuart Sutherland nel 1989 fornì una definizione sarcastica della coscienza: “...fenomeno affascinante ma elusivo; è impossibile specificare cos’è, cosa fa o perché si è evoluta. Non è stato scritto, al riguardo, nulla che valga la pena di essere letto”. Questo termine viene declinato in vari ambiti: etico/giuridico, filosofico, affettivo, artistico o neuroscientifico.
Come può la materia pensare e cos'è la mente? Quello che sembrava l'unico mistero ancora sopravvivente è stato studiato dalle neuroscienze, laddove la coscienza indica la capacità che hanno gli individui di essere consapevoli di sé, dei propri stati mentali, delle proprie azioni, sensazioni, emozioni. I neuropsicologi vengono spinti verso tali studi dalla forza e dalla pregnanza dei sintomi dei propri pazienti. In genere la pensiamo come una struttura indivisibile, al contrario: “vi sono recenti studi che avvalorano l’idea di una struttura discreta e multicomponenziale dei sistemi consapevoli” Anna Berti.
“Il cervello è ... una grande città animata, in cui ogni membro delle varie corporazioni e ogni artigiano si dilettano in molteplici attività, comunicando fra loro e scambiandosi informazioni: è una democrazia... Non c'è nessuna sede privilegiata, nessun trono pontificio. La coscienza ha bisogno della collaborazione di molti specialisti, ognuno dei quali apporta il proprio contributo specifico” Giulio Tononi. Ogni cervello porta impresse in sé le conseguenze della propria storia di sviluppo e di esperienze. In base a ciò alcune cellule ritraggono i prolungamenti, altre li estendono o terminano il loro ciclo vitale. Traslando dalla patologia si può dire con Judith Stern: «I geni caricano l’arma, ma è l’ambiente a tirare il grilletto».
Ecco come ne parla il filosofo Massimo Marraffa: “Là dove Descartes vedeva qualcosa di dato e garantito... ora troviamo un luogo immaginario, il ‘teatro’ humeano, in cui in ogni istante fanno la loro comparsa oggetti che prima non esistevano e che siamo irresistibilmente portati a credere di aver liberamente creato, ma che in realtà sono i prodotti finali di elaborazioni cognitive totalmente inconsce... ci rendiamo conto allora che l’inconscio, al pari della vecchia talpa di shakespeariana memoria, ha scavato talmente tanto da regnare oramai incontrastato su tutta la nostra vita interiore”.
Nel 1996 David John Chalmers distingueva i modelli fondati sui presupposti della fisica classica dai modelli quantistici. I primi sembrano collocarsi su un continuum localizzazionista: Damasio cerca di individuare gli specifici siti neurali della coscienza, Edelman-Tononi la vedono come un processo globale coinvolgente tutto il cervello, infine Varela la considera come una qualità distribuita in tutto l’organismo. Vi è stata poi una svolta di paradigma grazie alla scoperta dei neuroni specchio. Si è dimostrato che, ogni volta che percepiamo degli stimoli-emozioni, percepiamo dei rapporti tra le cose - e tra noi e le cose - che richiamano alla coscienza le precedenti relazioni. Ne consegue che ognuna di esse, derivando dalla storia personale del singolo, è unica e irripetibile. “Avere coscienza non è tanto avere qualcosa – dentro - come sembra a noi... è piuttosto avere dentro e fuori di noi, memoria, registrazioni, rapporti con il mondo e impressioni durature...” Vittorio Gallese.
I nostri neuroni costruiscono piccole strutture che sono il ricordo perciò la plasticità è un tratto specie specifico. Il cervello cioè si modifica continuamente grazie alle esperienze. In particolare diventiamo umani solo ed esclusivamente attraverso la costante interazione sociale con gli altri come dimostrato dagli studi sull'intersoggettività.
Questi elementi offrono una sponda a quanto proviene dal passato. Tra il 700 e il 300 a.C. - il periodo dell'Età Assiale di Karl Jaspers - le culture di Cina, India, Persia e Grecia esprimono l’intera gamma delle posizioni filosofiche: dallo stupore del mondo al dolore della morte. In particolare il Buddha diceva: “chi ama sé stesso non deve danneggiare gli altri", Confucio: “ciò che non vuoi sia fatto a te stesso, non farlo agli altri” e Socrate: "chi fa il male, lo fa per ignoranza del bene". Arione di Lesbo introduce nel teatro l'antagonista per far emergere la relazione. “Ama il prossimo tuo come te stesso”, in realtà, “non impone all’uomo nulla che non sia già nella sua natura ma esorta a rafforzare ciò che è già in noi... nasciamo con determinate attitudini che, inserite in un contesto sociale e culturale, si sviluppano in direzione dell'altro... Non siamo predeterminati” Giacomo Rizzolatti.
“Già non attendere' io tua dimanda, s'io m'intuassi, come tu t'inmii” scrive Dante riferendosi ad una modalità diretta di approccio al mondo dell'altro. Arriviamo al 1909 quando Edward Titchener traduce il termine tedesco Einfuhlungè con Empaty.
L'empatia è un'esperienza conscia e corporea dei sentimenti dell'altro. Ha consentito lo sviluppo dell'uomo ma può essere un’arma a doppio taglio in quanto è alla base della “trappola della vittima identificabile”. È talmente contagiosa che non sempre si distingue facilmente tra le proprie emozioni e quelle altrui, dalle quali possiamo essere travolti senza sapere bene il perché. Chi non è preparato, come il terapeuta che sceglie di farsi contaminare dal paziente, di fronte alla sofferenza degli altri non sempre sa proteggersi in modo adeguato. La sovraesposizione alle disgrazie altrui, fare favori a tutti, essere infermieri degli altri, può trasformare persone solitamente generose in individui freddi, cinici e ostili. Addirittura certe categorie rischiano la sindrome da burnout. Comunque sia non si fa un grosso favore agli altri quando, privandoci di tutto e scarichi di energia, li mettiamo ad ogni costo al primo posto. Infatti nei voli di linea, in caso di emergenza, nonostante l'impulso di fare il contrario, si raccomanda di indossare la mascherina dell'ossigeno prima di aiutare e spesso salvare gli altri. Qualora si perda conoscenza in quei 15 secondi entro i quali si sviene, non si sarebbe di aiuto a nessuno.
La cura di sé è la base della salute, già nel Siracide troviamo: “Curati ancor prima di ammalarti” ma oggi l'accelerazione dei tempi imposta dalla tecnica, che non ci cura ma ci usa, sta causando una nuova malattia: la soppressione dell'anima. Solo rispettando i suoi tempi lenti, infatti, si può stare nella misura, senza andare oltre come dicevano i greci. Al contrario non ci basta mai il tempo e, stressati, invochiamo una giornata fatta di 48 ore; in verità inutilmente in quanto inventeremmo in quel caso nuove cose da fare.
Diventa importante cambiare prospettiva: non si tratta più di individuare quali sono gli obiettivi ma ciò che ci emoziona. Dalla passività del risolvere i problemi spostiamo la visuale verso ciò che desideriamo veramente. Lo scopo diventa fare meno cose per dedicare loro tempo e attenzione. Occupiamoci prima delle nostre radici poi foglie e frutti verranno di conseguenza: “la vera libertà sta nell'autoimporsi le proprie regole” Duranti-Sorgente.
Siamo invitati ad usare più spesso il binocolo per vedere con nitidezza i macrobiettivi; faremo così una miglior pianificazione con momenti di massima produttività alternati al relax. Accantoniamo il microscopio, padre di programmazioni troppo strette. “Cambia tre abitudini all’anno e otterrai risultati fenomenali” Anonimo. Apriamoci ad un nuovo mondo fatto di benessere, calma, soddisfazione profonda e duratura; laddove regna la consapevolezza del presente. “Ci sono due errori che si possono fare lungo la via verso la verità... non andare fino in fondo e non iniziare” Confucio.
Ricordiamoci che si tende a sovrastimare ciò che possiamo realizzare in un anno e sottostimare ciò che possiamo fare in dieci anni. Allora, davanti all'agenda vuota, selezioniamo gli impegni veramente importanti, quelli che costano tempo ed energia; senza creare un eccesso di irrealizzabili obiettivi. “Se ci prendiamo cura dei momenti, gli anni si prenderanno cura di sé stessi” Maria Edgeworth. Siccome molte programmazioni rimangono solo dei bei progetti, dimezziamo i propositi in partenza; eviteremo così il probabile senso di frustrazione. “Solo la mano che cancella può scrivere il vero” Meister Eckhart. Eliminare crea spazio, energia, leggerezza. “La perfezione si ottiene, non quando non c’è più nulla da aggiungere, ma quando non c’è più niente da togliere” Antoine de Saint-Exupéry.
Gestire bene il tempo e le risorse dipende molto da ciò che pensiamo. “Curati dei tuoi pensieri; diventeranno parole. Curati delle tue parole; diventeranno azioni. Curati delle tue azioni; diventeranno abitudini. Curati delle tue abitudini; diventeranno il carattere. Curati del tuo carattere; diventerà il tuo destino” frase attribuita da alcuni a Ralph Waldo Emerson, da altri a Frank Outlaw. Le nostre scelte, però, non sempre sono responsabili sia di fronte ai grandi temi come matrimonio e lavoro sia davanti ad un invito a pranzo. Senso di colpa, convenienza, condizionamenti ci ostacolano. La nostra decisione perciò non sarà soddisfacente né saggia. “Ci creiamo stress da soli perché sentiamo di doverlo fare. Voi dovete farlo io non ci credo più” Oprah Winfrey.
Emerge una riflessione: “a chi stiamo dando il potere e chi sono i ladri del nostro tempo, dei nostri soldi? Cambiamo la relazione con queste due scarse risorse... I ladri esistono perché noi acconsentiamo di giocare il ruolo della Vittima” M. Sorgente. Confucio insegna che il saggio esige il massimo da sé, l'uomo da poco si attende tutto dagli altri; in effetti le persone di successo pensano a cosa vogliono e a come ottenerlo. All'opposto troviamo le persone concentrate su cosa non vogliono e a chi dare la colpa; che si impegnano per aver ragione piuttosto che per cercare una soluzione. “Pensare è molto difficile. Per questo la maggior parte della gente giudica. La riflessione richiede tempo, perciò chi riflette già per questo non ha modo di esprimere continuamente giudizi” C. G. Jung.
Se pensiamo a ciò che abbiamo costruito nel passato, la sensazione-emozione che ci guida è la gratitudine. Al contrario se lo guardiamo esprimendo valutazioni emergeranno le nostre “negatività”; la parola giusta che esprime l'emozione opposta è giudizio. Non è la situazione in sé ma il giudizio su un fatto che ci è accaduto che ci pone in un quadro positivo o negativo. “La tendenza a giudicare gli altri è la più grande barriera alla comunicazione e alla comprensione” Carl Rogers. È preferibile essere guidati dall'emozione del coraggio, amore, appagamento, fiducia generati dalla gratitudine; piuttosto che dalla paura o preoccupazione generate dal giudizio. Un vero veleno dei pensieri che danneggia noi e gli altri. La sofferenza psichica non è tanto un incidente che si lascia circoscrivere nel normale corso della vita quanto piuttosto un modo declinare l'esistenza, interpretandone in vario modo il senso. Eppure: “Ho imparato ad aver cura di me. Adesso so scegliere chi portare nel cuore. Ora so decidere chi tenermi vicino, ora so capire chi merita e chi no. E so che malgrado tutto ciò verrò ferita ancora, ma ora so che saprò cavarmela” Silvia Nelli. Impariamo dall'antica Grecia laddove si associava al comparire di una emozione l'arrivo di un Dio che bussa alla porta. Se entra Marte o Eros è d'obbligo accoglierli come graditi ospiti. Si accettavano cioè le emozioni senza giudicare o cercarne razionalmente i motivi; non si entrava perciò in competizione con il Dio attraverso il proprio io. In parte l'idea di giudizio universale ci invita a non fidarci del nostro demandando tale compito. È auspicabile, allargare il concetto di cura alle relazioni, al mondo: “troppo spesso si sottovaluta la potenza di un tocco, un sorriso, una parola gentile, un orecchio in ascolto, un complimento sincero, o il più piccolo atto di cura, che hanno il potenziale per trasformare una vita” Leo Buscaglia.
In questo cammino è di grande utilità recarci, non è una contraddizione, in uno spazio silenzioso, lontano dai luoghi familiari perché: “l'isolamento fa grandi” V. Hugo. Anche quando condividiamo con J. P. Sartre: “Se sei triste quando sei da solo, probabilmente sei in cattiva compagnia”. Rabbia, paura, gioia sono emozioni molto potenti, che emergono senza intervento della volontà. La mindfulness ci ha insegnato a riconoscerle ed a guidarle. Così la mente si pulisce, si calma e potremmo dire ad un pensiero: “grazie non è il tuo momento”. “Meditiamo su ciò che vogliamo realmente. Avere uno scopo saldo tende il filo della motivazione” detto Zen.
Una volta evidenziato cosa vogliamo, va fatto con passione: “in qualsiasi direzione vai, vacci con tutto il cuore” Confucio. Poi l'azione va ripetuta con costanza ed autodisciplina. Nei fatti solamente una piccola percentuale di persone pensa a come vorrebbe davvero il proprio futuro, una parte di questi fa delle azioni per ottenerlo e una quota ancora più piccola lo fa con costanza. “Una briciola di volontà pesa più di un quintale di giudizio e persuasione” A. Schopenhauer. Solo così si creano nuove connessioni cerebrali, che non cancellano quelle vecchie, ma aumentano quelle giuste determinando la qualità della vita.
Allora l'io, l'identità cosa sono? “Sono parole che semplificano …realtà molto complesse. ...pensiamo che ad una parola... come ...rabbia, disgusto debba corrispondere un’unità monolitica in pochi neuroni del cervello. Questa è la potenza del linguaggio che implica un rischio di semplificazione fuorviante. In realtà la parola identifica in pochi fonemi una galassia di stati corporei che vengono mappati simultaneamente con il concorso di circuiti cerebrali che possono essere molto diversi anche se agiscono in modo concertato coordinandosi” Vittorio Gallese.
Freud ci ha aiutato a capire quanto poco sappiamo circa chi siamo grazie alla sola “ragione che si autointerroga”. Oggi le neuroscienze cognitive hanno chiarito che il confine tra ciò che chiamiamo «reale» e il mondo immaginario non è così netto. Vedere e immaginare di vedere, esperire un’emozione e immaginarsela, si fondano sull’attivazione di circuiti cerebrali in parte identici. Il nostro rapporto con la realtà è sempre in un certo senso “virtuale”, in quanto essa è filtrata dalle nostre precedenti esperienze, frutto di una costante negoziazione e costruzione linguistico-sociale. Per dirla con Paolo Virno: “il Comune linguistico retroagisce sul Comune pre-linguistico, riplasmandolo”. Le nostre abitudini, sbagliate a posteriori, dalla “laurea in materia di tv” all'abbandono delle vere percezioni, vanno a condizionare i comportamenti, sono fonte di condizionamento per i comportamenti (all' insaputa?); occorre un impegno, impegniamoci per indebolire quella sensazione che David Eagleman sintetizza così: “C’è qualcuno nella mia testa ma non sono io”. Richiedi l'amicizia a te stesso; ama senza alcuna identità, senza sapere chi sei, sconosciuto a te stesso. “Amare è gioire, mentre crediamo di gioire solo se siamo amati” Aristotele. Il miglior servizio che possiamo fare agli altri è di essere noi stessi nella gioia. “Chi crede che la Felicità dell’uomo dipenda dalle circostanze reali è completamente fuori strada. Dipende dall’opinione che si ha delle cose” Erasmo da Rotterdam.
Marco Biagioli
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