ATTENZIONE Forum in modalità solo lettura Nuovo forum di Riflessioni.it >>> LOGOS |
|
Spiritualità - Religioni, misticismo, esoterismo, pratiche spirituali. >>> Sezione attiva sul forum LOGOS: Tematiche Spirituali |
09-04-2014, 09.28.06 | #35 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 26-01-2008
Messaggi: 175
|
Riferimento: Buddismo e Cattolicesimo. Dubbi.
Citazione:
La visione che mette l'uomo al centro dell'universo è convenzionalmente simbolica, non cosmologica, ed è convenzionale perché il soggetto sottoposto all'analisi è l'uomo, dunque deve essere messo al centro dell'analisi se si vuole poi attribuire una sintesi che comprenda la sua ragione d'essere. Quando è così intesa l'interpretazione non ha nulla di antropomorfico. La stessa cosa è per l'astrologia, perché l'oggetto dello studio deve essere posizionato al centro delle influenze cosmiche che su quel centro agiscono. È sempre una questione di convenzioni che hanno la loro utilità in quanto facilitano la ricerca, ma per molti, tra i quali ci sei tu, capirlo è impossibile. |
|
09-04-2014, 11.21.44 | #36 | |
Nuovo ospite
Data registrazione: 08-04-2014
Messaggi: 59
|
Riferimento: Buddismo e Cattolicesimo. Dubbi.
Citazione:
Commentando lo scambio fra entrambi, e sempre lasciando da parte per semplicità dei distinguo che andrebbero fatti fra le diverse tradizioni e scuole buddhiste, non si potrebbe certo affermare che all'essere umano non spetti un ruolo "di riguardo" (non mi piace usare la parola "centrale") nel buddhadharma, tanto è vero che è la sola forma di esistenza cui si riconosce la possibilità portare a pieno compimento la propria natura di buddha, ovvero tutti gli esseri la possiedono in nuce, in seme, ma solo nella forma umana il seme si può trasformare in un albero e quindi portare a compimento tale natura, e questa è una segmento dottrinario importante conosciuto come dottrina del Tathagatagarbha. Ovvero si riconoscere all'essere umano una facoltà di conoscere (budh) più completa e complessa rispetto ad altri esseri e grazie ad essa una maggiore possibilità di emanciparsi dalla sofferenza almeno in termini di "riduzione" di quella riducibile (ma ciò non a livello esclusivamente individuale). Con questo non si intende però assolutamente affermare una centralità dell'essere umano, il quale, invece per seguire il processo che lo condurrà a questo "sviluppo" deve invece rendersi consapevole della propria non centralità ovvero emanciparsi dal proprio ego (sempre per quanto realisticamente realizzabile ciò, ovvero non stiamo parlando di qualche forma di annientamento dell'individualità ma di un modo diverso di guardarla, come ad una convenzione, quindi riducendone il valore da assoluto a convenzionale) e riuscire invece a percepirsi maggiormente come parte di un tutto con cui è strettamente interdipendente (e questo è il segmento dottrinario chiamato anatta in lingua pali o anatman in lingua sanscrita). Ciò cui il buddhadharma non ritiene necessario e possibile ricorrere è un concetto di entità che costuisca il sostrato di tutti i fenomeni, quindi ad esempio un "dio" che possa costituire base e causa prima di essi, men che mai in qualche modo antropomorfo: non ritiene sia possibile fare delle affermazioni valide a riguardo di una tale realtà e pertanto semplicemente se ne astiene, come si astiene anche da negazioni assolute in merito (cfr. apofasia del Buddha su questo tema). Inoltre è parte integrante della dottrina il disconoscimento ed il rifiuto di qualsiasi processo deduttivo che parta da un paradigma generale certo per trarre conclusioni sulla realtà: l'unico processo accettato nel buddhadharma è esclusivamente quello induttivo. Perciò diventano argomento centrale i validi strumenti di conoscenza: l'epistemologia e la relazione intercorrente fra soggetto conoscente ed oggetto conosciuto. Aggiungo la curiosità che in tutti i monasteri buddhisti della tradizione tibetana soprattutto si sono sempre studiate da secoli come base per l'esercizio di una sana spiritualità la logica, la fenomenologia, e l'epistemologia, questo insieme alla pratica meditativa, che implica la capacità di discriminare sulle proprie emozioni e sui propri processi psichici poiché nessun atto gnoseologico, in quanto compiuto dall'uomo, può prescindere da queste sue componenti. Ho aggiunto ciò perché ci si trova innanzi ad una prospettiva di "pratica religiosa" fondamentalmente diversa da quella del cattolicesimo che disorienta i neofiti occidentali per i quali logica, fenomenologia e epistemologia sono discipline antinomiche rispetto alla partica religiosa. Mentre le religioni cristiane richiedono un fideismo, ovvero il "credere", uno dei primi fondamentali del buddhadharma è esattamente inverso: non credere, ed il buddhadharma si presenta subito come un difficile cammino verso la disillusione. Altron fondamentale è la preliminare consapevolezza che il buddhadharma non si afferma come una dottrina di verità in quanto tale ma afferma che qualunque dottrina è come un serpente e presa per il verso sbagliato può uccidere, per cui non fornisce alcuna garanzia, a meno che non si faccia centro su ciò che induce a prendere il serpente per il verso giusto o sbagliato. Il buddhadharma si concepisce come strumento e come veicolo (si può camminare, viaggiare in groppa ad un mulo o a un cavallo, in bici, in auto, in aereo etc., attraversare un fiume con una zattera, e il buddhadharma è la zattera, cui una volta raggiunta la terraferma non si dovrebbe rimanere attaccati trasciandosela dietro quando non dovesse più occorrere). Stiamo parlando di processi, processi fondamentalmente differenti da quelli cui si è abitualmente incentivati in ambito di religioni abramitiche, di cattolicesimo in particolare ma, persiono di altre religiosità orientali. |
|