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Vecchio 24-11-2007, 20.49.47   #1
nexus6
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Smile Il telescopio spaziale... direte voi: che c'entra?

Era da un po' che volevo aprire questa discussione qui, ma evidentemente gli eventi si sono disposti in modo tale che solo ora è opportuno ch'io la apra, in effetti anche "ispirato" dalla parallela discussione di Freedom, "passato e futuro coesistono!"

°°°

Il telescopio spaziale Hubble, nel 1996 e poi successivamente, ha puntato le sue ottiche verso zone di cielo apparentemente “normali”, quasi irrilevanti sino ad allora, poche stelle, proprio affinché non disturbassero più di tanto le osservazioni; nel 2004 un’osservazione dello stesso tipo (in alta risoluzione) è stata ripetuta in modo più avanzato in un’altra zona di cielo scelta accuratamente alla stessa maniera; ebbene ha registrato delle immagini, che forse avrete già visto, che credo siano tra le più belle che mai mente umana abbia potuto immaginare. Quasi ogni punto luminoso, ogni corpo celeste che è possibile osservare è sorprendentemente una galassia, le più lontane mai osservate, ognuna con la propria peculiare forma, dimensione, distanza, inclinazione rispetto a noi, ognuna con decine o centinaia di miliardi di stelle al proprio interno, come se un contadino avesse colto dalla sua sacca migliaia e migliaia di galassie e le avesse sparse un po’ così, come si spargono i semi in un campo, nella fiducia che la natura faccia il proprio corso.

Ebbene dov’erano quelle migliaia di galassie, prima della loro scoperta? Esistevano?

La domanda sembra soffra d’un pesante antropocentrismo e se l’imposto così, ragionando mentalmente con il “prima” ed il “dopo”, con gli “oggetti” ed i “soggetti”, bene ne posso uscire affermando che quelle galassie semplicemente esistevano, svolgevano la loro vita, pur se i nostri occhi non si erano nutriti ancora della loro straordinaria bellezza, niente di più chiaro e cristallino, perfino banale, dunque.

Ma se ho sentito, anche solo per un attimo, la danza del tempo e la coesistenza d’ogni cosa qui ed ora, senza alcun benedetto qui ed ora, senza limiti, né confini, come in un dipinto abbagliante e presente, allora queste stesse domande cadono, poiché cadono i riferimenti del “prima” e del “dopo”, non esistono, non ci sono, ma non è neanche molto buono dire che non esistono e non ci sono, non è così anche se è così, posso solo balbettare qualcosa con la razionalità, qualcosa che non è qualcosa, ma la devo rendere tale per comunicarla, prima di tutto a me stesso, essere anche temporale e mentale. Il filtro delle parole è mente, è convenzione di linguaggio, ma è possibile andare oltre, è possibile sentire oltre questo filtro, questo velo.

Con la mia stessa mente posso confutare ogni parola che sto dicendo e riderci su, ma rimane un gioco, solo un puro gioco di filosofia e di dialettica, posso trastullarmici, se interessa e lo posso fare anche bene, ma niente di più, poiché non va minimamente a scalfire ciò che ho sentito, che è fuori dialettica; posso riportarlo, il sentire, nella piazza filosofica e posso pure con il ragionamento costruire un edificio che stia in piedi, affermando per esempio che in realtà la percezione e l’osservazione sono propri anche di corpi “inanimati”, anche loro “sperimentano” e dunque forniscono realtà a quelle galassie che dunque sono, nonostante non sapessimo della loro esistenza, perché sperimentate e percepite da una sorta di coscienza pregnante ogni cosa; potrei pensare che quel contadino è proprio questa coscienza cosmica, potrei pensare sia Dio, che nel tempo libero, sta continuando la sua opera di creazione poiché per lui il settimo giorno ancora non è arrivato oppure sta dormendo e questi solo alcuni dei suoi sogni, come tutto il resto, potrei pensare tutto ciò e portarlo nella piazza della dialettica, per condividere, per ricevere pareri, impressioni, riflessioni, affinché mi forniscano, ancora una volta, identità, quella che pare occorra per vivere.

Ma il tempo a volte è estenuante e ragionare dentro il tempo intorno al tempo mi ha sempre privato d’ogni energia, come tentassi d’urlare eppure non riuscissi ad emettere suono oppure tentare di correre e non riuscire a farlo (questo fu uno dei miei pochi incubi ricorrenti da bambino); ed allora le cadute, ancora ed ancora, il tentativo di conciliare quanto avveniva con la mia vita e le successive arrese e riprese, come una marea mai paga. Perché bramavo quelle “galassie” e conoscere e sapere e penetrare il loro segreto, come se anche lì vi fosse stata la chiave per accedere al mio, eppure se tutto era sogno, illusione, nomi e parole, mente e razionalità, quale posto stavo relegando per loro? Semplici pensieri? Vaniloqui inutili per trascorrere un po’ di tempo? Equivalevano ormai al nulla, al nichilismo e nulla di morale da dire su di esso, anzi ogni sorta di bene, per la sua modalità di rottura, ma si stava estendendo a macchia d’olio in ogni cosa, proprio in ogni cosa, lentamente e ciò mi spaventava; ma ora sembra si stia nuovamente aprendo il cuore...


Però questo non è il mio diario, poiché sono interessato a voi ed a quello che sentite sinceramente a proposito di queste riflessioni; vi vorrei chiedere, secondo ciò che naturalmente vorrete scrivere di voi, come percepite queste immagini, nel vostro intimo, che corde toccano, quali emozioni, pensieri, se vi interessano o vi sono indifferenti, se vi appassionano o non più di tanto le “meccaniche celesti”, e “scientifiche” in generale, e soprattutto come le interpretate e le conciliate con la vostra vita, alla luce delle “vostre meccaniche”, della religione in cui credete, della filosofia con cui ragionate, dell’ateismo che professate, delle esperienze di ricerca “spirituale” che vivete e delle “illuminazioni” che vi hanno colto lungo il vostro cammino.

°°°

Galleria ufficiale di immagini del telescopio spaziale Hubble: http://hubblesite.org/gallery/

da qui è possibile scaricare l'immagine del 2004 a risoluzione massima (in formato .tiff, ma è enorme, già quella .jpeg è incredibile).

°°°

Buona visione... ed un saluto...
nexus6 is offline  
Vecchio 25-11-2007, 09.21.19   #2
Noor
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Riferimento: Il telescopio spaziale... direte voi: che c'entra?

Una notte decidemmo di appostarci al largo di Stromboli,per osservare la Sciara del fuoco.E’ dalle mie parti,ma non la avevo mai vista.Ciclicamente,ogni 5 minuti,un’esplosione dalla bocca centrale del vulcano con un bagliore di fuoco:davvero suggestivo.Ma la cosa che mi lascio letteralmente a bocca aperta,quella notte ,era il cielo.Nel buio assoluto,(non v’erano assolutamente luci intorno a noi) era nero come la pece,così il mare calmo.Solo un manto di stelle ci avviluppava,disegnando una sfera perfetta tutto intorno.Lo stupore era tanto:dovevano vederlo così il cielo gli antichi,pensai:i Maya,gli Egiziani,i Fenici…Poteva essere un vero laboratorio astronomico,ma fu la poesia dello spazio a rapirmi..
Cambio la scena:sono a casa di un amico,ad osservare col suo modesto telescopio, i satelliti di Saturno.Niente di che a vederli in una foto,altra cosa è averli visti li..sopra i nostri occhi,dal vero.Ecco:se osservo le straordinarie foto riprese dal telescopio di Hubble,colgo una fantasmagorica varietà di luci e colori,ma nient’altro.Ma se fossi li,ad osservarli dal vero ..credo che l’emozione sarebbe altra.
E tu, di queste emozioni ,credo che ne avresti da raccontare,nexus...
Ecco..non so se ho colto lo spirito del tuo thread,nexus..ma mi sono divertito un sacco a raccontare questi flash.
Grazie per l’opportunità..
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Vecchio 25-11-2007, 13.11.59   #3
Uno
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Riferimento: Il telescopio spaziale... direte voi: che c'entra?

Ciao Nexus,
Come hai ben esposto tutto dipende da quanto ci crediamo importanti e centrali nell'universo.
Utilizzando termini spirituali debbo dire che troppi scambiano la parola Dio con divino, addirittura quando stiamo parlando ancora di Uomo e umano, ecco il problema.
La stella della più sprofondata galassia esiste anche se io non ne ho coscienza purchè l'universo (per usare termini neutri) ne abbia coscienza e percezione, si può solo eventualmente disquisire a quale regno appartenga, per intenderci: del visibile o dell'invisibile.

Uno is offline  
Vecchio 25-11-2007, 20.53.55   #4
Yam
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Riferimento: Il telescopio spaziale... direte voi: che c'entra?

Non c'e' un dentro e non c'e' un fuori, c'e' solo Spazio.
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Vecchio 26-11-2007, 01.46.16   #5
Rising Star
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Riferimento: Il telescopio spaziale... direte voi: che c'entra?

Bellezza, armonia, amore, poesia, vita: signori! anche qui io ci vedo Dio. Se ogni uomo si sentisse realmente parte di questa realtà e consapevole che oltre il suo naso ci sia tanta magnifica creazione, se alzasse il suo sguardo verso l'alto e verso ... l'Alto, riconoscerebbe i suoi limiti e le sue vere priorità. Ho scaricato questa stupenda immagine (ringrazio l'amico nexus6 per il riferimento) dal seguente sito:

http://hubblesite.org/newscenter/arc.../image/b/warn/

dal quale si può scaricare l'immagine sia in formato JPG (13.86 MB),
(http://imgsrc.hubblesite.org/hu/db/2...s/full_jpg.jpg)

che nel formato TIF (141.26 MB - sì avete letto bene: + di 141 MB);
(http://imgsrc.hubblesite.org/hu/db/2...s/full_tif.tif)

L'immagine ha un formato di 6672x6340 pixel ed anche se nel formato compresso JPG si perde un po' di risoluzione, devo dire che è ugualmente spettacolare: è difficile trovare uno spazio dove non ci siano delle stelle e, dove si trova, è solo per la limitatezza della strumentazione del telescopio.
Ecco: secondo me, questa immagine rappresenta ciò che Dio può fare

Invece in quest'altra immagine, vi è rappresentato ciò che può fare l'uomo nella sua peggiore espressione:

http://www.noaanews.noaa.gov/stories...to-cropped.jpg

Questa è una immagine di 3.5 MB, e rende bene l'idea di cosa è anche capace l'uomo, come ho detto, nella sua peggiore espressione.

Una bella differenza con la prima immagine!
Saluti e buona notte.
Rising Star is offline  
Vecchio 26-11-2007, 05.15.36   #6
gyta
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Riferimento: Il telescopio spaziale... direte voi: che c'entra?

Citazione:
Originalmente inviato da nexus6
Ma se ho sentito, anche solo per un attimo, la danza del tempo e la coesistenza d’ogni cosa qui ed ora, senza alcun benedetto qui ed ora, senza limiti, né confini, come in un dipinto abbagliante e presente, allora queste stesse domande cadono, poiché cadono i riferimenti del “prima” e del “dopo”, non esistono, non ci sono, ma non è neanche molto buono dire che non esistono e non ci sono, non è così anche se è così, posso solo balbettare qualcosa con la razionalità, qualcosa che non è qualcosa, ma la devo rendere tale per comunicarla, prima di tutto a me stesso, essere anche temporale e mentale.

[..]vi vorrei chiedere, secondo ciò che naturalmente vorrete scrivere di voi, come percepite queste immagini, nel vostro intimo, che corde toccano, quali emozioni, pensieri, se vi interessano o vi sono indifferenti, se vi appassionano o non più di tanto le “meccaniche celesti”, e “scientifiche” in generale, e soprattutto come le interpretate e le conciliate con la vostra vita, alla luce delle “vostre meccaniche”, della religione in cui credete, della filosofia con cui ragionate, dell’ateismo che professate, delle esperienze di ricerca “spirituale” che vivete e delle “illuminazioni” che vi hanno colto lungo il vostro cammino.

Non posso che risponderti con tutte le parole (insufficienti) che seguiranno..:

" Tutto, nasconde intorno a noi un mistero.
E tutto, nell' universo, rassomiglia ad un velario che nasconde il volto di Dio."
(Pascal)



Il Dio in cui non credo
È il Dio-nulla degli atei, che senza esistere produce l'universo; senza essere vita crea la vita; senza avere l'intelligenza produce l'intelligenza. È il Dio-materia cieca e stupida dei marxisti, capace di organizzare le galassie e questa terra meravigliosa, di programmare l'esistenza di tutti i viventi e di fare spuntare dal non essere l'essere, dalla non vita la vita, dalla non intelligenza l'intelligenza; siamo all'assurdo di un programma senza programmatore.
È il Dio-tutto dei panteisti, confuso con la materia, che fa brillare per un momento il pensiero dell'uomo per riassorbirlo e farlo scomparire con la morte.
È il Dio-statua dei pagani, insensibile alle necessità degli uomini, incapace di vedere, di ascoltare, di commuoversi, di intervenire, di apprezzare gli sforzi e i sacrifici degli uomini, di rallegrarsi; uno di quegli dei pagani di cui dice la Bibbia: « Hanno bocca e non parlano, hanno occhi e non vedono, hanno orecchi e non odono, hanno narici e non odorano. Con le loro mani non palpano, con i loro piedi non camminano, non danno suono con la loro gola » (Ps. 115, 5-17).
È il Dio-uomo dei greco-romani, fatto con gli stessi istinti, con le stesse debolezze, con le stesse passioni, con la stessa maniera di ragionare degli uomini.
È il Dio-fato, inferiore alle leggi da lui stesso create, che non può piú modificare quanto ha fatto, perché non è libero, ma schiavo di se stesso. È il Dio-architetto dei liberali e dei massoni, disinteressato delle vicende di questi piccoli uomini, perché occupato a guidare le stelle.
È il Dio-tabú dei feticisti, che dà ordini capricciosi per esercitare la sua potestà; castiga e uccide chi osa toccarlo o anche solo avvicinarglisi. È il Dio-moloch dei cananei e degli altri popoli medio-orientali che comandava agli uomini di sacrificargli i loro nemici, gli schiavi e perfino i loro figli.
È il Dio menefreghista dei pessimisti che abbandona gli uomini alla loro sorte: lavorare, soffrire, morire.
È il Dio dei peccatori che condanna la felicità degli uomini e gode della loro infelicità.
È il Dio dei manichei che considera il matrimonio un peccato.
È il Dio altissimo dei deisti con il quale è impossibile allacciare un qualsiasi rapporto, perché troppo superiore e lontano da noi.
È il Dio di Zarathustra, limitato dal principio del male.
È il Dio ragione dei razionalisti, fatto a misura di uomo, capace di essere capito e compreso dagli uomini.
È il Dio dei satanisti capace di essere condizionato, sottomesso agli uomini e ai demoni.
È il Dio dei giansenisti che aspetta al varco questi poveri disgraziati di uomini peccatori, per avere il piacere di vendicarsi e di mandarli all'inferno.
È il Dio vecchio maestoso degli indifferenti verso cui sentono rispetto ma nessuna attrattiva.
È il Dio-tappabuchi di tanti pseudo-religiosi, intento a riparare, dietro segnalazione dei suoi clienti, tutti i difetti commessi seguenti l'opera della creazione e la vita e il cattivo uso della libertà degli uomini.
È il Dio principio dei sadducei (che negano la resurrezione) secondo i quali egli ha esaurito tutte le sue possibilità nella creazione di questo mondo, e quindi dà ricchezze e felicità a quelli che ama; miseria e malattie ai peccatori.

Giustamente dice Tolstoi:« Se vi capita di pensare che tutte le vostre credenze concernenti Dio sono false e che non esiste nessun Dio, non scoraggiatevi. È una cosa che capita a molte persone. Non crediate però che la ragione della vostra incredulità sia nel fatto che Dio non esiste. Il fatto di non credere piú nel Dio nel quale credevate prima, proviene dal fatto che la vostra credenza precedente era sbagliata; dovete fare ancora uno sforzo per comprendere meglio quello che voi chiamate Dio.

Quando un selvaggio cessa di credere nel suo dio di legno, non significa che Dio non esiste;
significa solo che il vero Dio non è il dio di legno »
.

( da http://www.cittacattolica.com/index....n=pagdx&idx=40 )


..continua..
gyta is offline  
Vecchio 26-11-2007, 05.24.23   #7
gyta
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..seconda parte..

" Quando noi parliamo, esponiamo ragioni e idee dovremmo sentire una sorta di fremito. È un segnale del fatto che le parole ci vengono direttamente dalle radici del nostro stare da uomini nell'universo. E quando leggiamo parole che vengono dalle radici dovremmo sentire ugualmente un fremito. È una cosa che coinvolge tutto il corpo, è un fatto di con-portamento, dovremmo sentirci ribollire dentro. Niente a che vedere con le elucubrazioni ascettiche e in-mobili dei nostri circoli intellettuali on-vogue e delle facoltà di scienze umanistiche delle nostre università paralizzati gli uni dalla logica, le altre dalle lobbies dei professori che tranne qualche rara e miracolosa eccezione non dicono ormai più niente e fanno al massimo della storia (che ognuno potrebbe farsi a casa da solo). Le parole che vengono dalle radici hanno forza rivoluzionaria, scardinano e fanno paura a tutti, perché non sono nè di destra, nè di sinistra, sono la cartina di tornasole dei calcoli malefici di cui è capace l'uomo. Per parole di questo genere hanno sofferto e sono già morti in tanti e ne è seguito senso di vuoto incolmabile e panico perché erano venute a mancare parole-che-vengono-dalle-radici-e-che-rivelano.
Non cambia niente, se io ora mi metto a parlare dell'essere, come ne parla Heidegger. Non è il segno che possiamo metterci a sedere per il fatto che ora si parla di filosofia. Dobbiamo restare in piedi, assumere una posizione adatta del corpo. Infatti stare a sentire dell'essere, come ne parla Heidegger, e stare a sentire in generale parole di filosofia e poesia è un fatto di con-portamento e che possiamo sentire solo, se ci laviamo le mani da quella patina che lascia il passaggio della cultura. E questo lavaggio lo possiamo fare solo non ripudiando, ma ripercorrendo la cultura e annotandone ognuno per sé in un taccuino le espressioni luminose perché provenienti dalle radici della sua storia. Il resto, che sará dunque diverso per ognuno, quello si, lo si può anche dimenticare in una specie di catarsi. Alla fine di questo viaggio avremo trovato il nostro sé, le sue coordinate. Da quel momento potremo intraprendere il nostro viaggio in avanti e dire davvero il nuovo.
Quando Heidegger parla di essere, intende con questo una polverina, che ogni elemento dell'universo si porta dentro. Essere non è il vacuo che la logica e la grammatica hanno tramandato. È ciò che intendeva già Parmenide: l'elemento che accomuna tutti gli elementi dell'universo. Che "è" si possa dire di tutto, di una cometa, di una mucca, del pidocchio sulle foglie della vite, del mare, dell'anima non è un fatto di grammatica, ma di fisica. È un fatto reale. Che però noi non possiamo definire, perché abbiamo limiti. È già tantissimo che possiamo intuirlo. È in questo anzi che ci distinguiamo dal resto del mondo animale. Ed è questo tratto assolutamente speciale che sta alla base della definizione dell'uomo. L'uomo è come tutto il resto nell'universo una delle manifestazioni dell'essere, è quindi "essente" (participio presente del verbo essere) come tutto il resto, ma anche un essente che sa cogliere l'essere e in quanto tale si distingue dal resto degli essenti.
A questo punto vorrei aggiungere che l'uomo non è però solo essente, cioè non sono solo i principi dell'essere a muoverlo, gli stessi che muovono i pianeti e le stelle o gli elementi dell'atomo. L'uomo è anche "vivente". L'uomo porta in sé anche vita, come altre entità su questa terra. La vita non c'entra con l'essere, con i pianeti e con le stelle. Ha altri principi e necessita di altre meditazioni. Tante volte nella storia della nostra cultura si è voluto legare la vita all'essere, screditare la vita di fronte all'essere, perché quella finisce e questo no. Si è tantato di trapiantare intellettualmente i tratti della vita sull'essere: ma questa è operazione tutta razionale. Amore, passione, senso della bellezza sono fatti che forse interagiscono con l'essere, ma possibili solo grazie alla vita e limitati alla vita. Sono i tratti speciali della vita, quelli per i quali dobbiamo amarla, perché essi non sono e non saranno più altrove. Le cose della vita sono da gustare in modo diverso dalle cose dell'essere. Sono da gustare oggi, perché domani non ci saranno più. L'uomo, nel suo egoismo fanatico, nella sua arroganza e mania di onnipotenza per aver scoperto le cose dell'essere, non ha più accettato i limiti insiti nelle cose della vita, e che sono i suoi limiti, si è fabbricato meccanismi mentali per non vedere le sue cose della vita e ha smesso lentamente di vivere. Noi dell'ovest stiamo agonizzando. Più di quelli del sud e più di quelli dell'est."

da Diario utopico di un cercatore d'oro Maurizio Grilli
http://www.mclink.it/mclink/arte/grilli.htm


..continua..
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Vecchio 26-11-2007, 05.40.26   #8
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..terza parte..

" [...]In un libro dal titolo The Tuning of the World [1977], il compositore e studioso del "paesaggio sonoro" R.Murray Shafer sottolinea l'aspetto tattile dell'esperienza uditiva: «Il tatto è il più personale dei sensi. Udito e tatto s'incontrano nel punto in cui le più basse frequenze udibili si trasformano in sensazioni tattili (attorno ai 20 hertz circa). Udire è toccare a distanza».
Protremmo forse aggiungere che ciò vale in qualche modo anche per la visione, anzi per il "sentire" in generale (che è sempre, in qualche misura, un "sentire qualcosa"). Tutto ciò che è percepibile deve pur essere in qualche modo tangibile anche qualora non si ponga alla nostra diretta portata di mano. La distinzione tra ricettori di [/i]prossimità[/i] e ricettori di distanza finisce così per risultare in molti casi fallace o troppo approssimativa, se pensiamo che, ad esempio, la nostra pelle è direttamente toccata dal calore del sole (e questo non è certo solo un modo puramente poetico-metaforico di esprimersi).
Analogamente, anche quando guardiamo una stella distante anni luce dal nostro sguardo, possiamo pur sempre pensare ad una nostra contiguità fisica con quella, seppur debole, energia luminosa proveniente da un luogo così lontano. Proveniente persino, in questo caso, da un nostro inimmaginabile passato remoto. Un pensiero da vertigini metafisiche: tutto ciò appare indubbiamente molto "sublime" e molto "toccante" ma ha pur sempre una base materiale in senso lato: una struttura profonda che non a caso è oggetto privilegiato di studi astrofisici che appunto tendono, nel bene e nel male, a tradurre tutto ciò in termini di simbologie "astratte", di misurazioni e calcoli sempre più precisi.
E' chiaro che alla luce di questo tipo di indagine razionale anche la struttura dell'atomo finisce per poter essere considerata un modello astratto, una costruzione ipotetica della nostra mente, una pura entità "immateriale" composta solo di bit d'informazione che hanno perduto ogni pesantore sensibile lungo l'avventuroso percorso conoscitivo delle scienze. Ma se non stiamo semplicemente parlando del nulla, dobbiamo ammettere che stiamo pur sempre riferendoci a quelle entità basilari della struttura dell'universo in virtù delle quali tutte le cose assumono per noi una loro specifica consistenza e pesantezza"

da Vedere è toccare a distanza
di Enrico Cocuccioni

http://www.lacritica.net/cocuccioni2.htm


" [...]L'essere umano di fronte per esempio alle onde del mare si trova al cospetto di un moto riflesso del moto universale e quindi a lui eterogeneo, così è anche per il vento, per gli uragani, per i fulmini, per il tuono.
I corpi vitali, essendo costituiti da atomi che si muovono anche essi, come tutti i corpi universali, grazie all'energia che chiameremo universale, avranno in sé allora una componente di tale energia dall'ignota origine.
Se mi è consentito ora un passo che riconosco piuttosto ardito, io ipotizzerei l'origine di certe sensazioni, inspiegabili logicamente, di legame intrinseco con i fenomeni "naturali", di nostalgia di fronte all'universo, nell'affinità fra le energie universali dei nostri atomi con quelle dei fenomeni del mondo circostante.
E' quasi inevitabile ora individuare in questa componente universale della costituzione dei corpi vitali e quindi anche dell'uomo, la sensazione della presenza di qualcosa di metafisico nella vita[..]
Il corpo vitale uomo[..]si può porre la domanda: "Chi sono"? "

da Fisica di un giovane aspirante letterato neosentimentalista
di Maurizio Grilli

http://www.lacritica.net/grilli2.htm

" (di Jaspers): [..]Ciò che praticheremo qui è scienza umanistica, cioè un imparare, che non può fare a meno della partecipazione del nostro spirito. Il sapere che si conquista attraverso le scienze umanistiche non solo occupa il nostro spirito, ma anche lo amplifica. Ci sono molte interpretazioni della parola filosofia. Giorgio Colli ci insegna che Platone con la parola filosofia ha inteso un amore per una sapienza passata, la sapienza dei cosiddetti presocratici. Questi sapienti erano soliti tramandare il loro sapere oralmente. Lo scrivere di Platone, ci dice Colli, è una sorta di decadenza, perché cerca di salvare qualcosa, non sta essa stessa al centro. Allora che cosa intendiamo noi con la parola filosofia? La sapienza originaria, la testimonianza scritta di Platone o qualcos'altro?
Immaginiamoci l'espressività della lingua come una piramide. Alla base c'è la quantità maggiore di lingua, quella che si usa per esprimere le cose più evidenti e usuali della realtà. Quelle con le quali trascorriamo più tempo e che ci occupano di più. Man mano che si scende * o che si sale * verso strati dell’accadere più rarefatti e meno percepibili normalmente, anche la lingua si fa più rara e sempre più carica di significato. Fino al punto in cui * al vertice della piramide * la percezione umana cosciente cessa e rimane il silenzio. Un silenzio dunque più significativo di ogni espressione linguistica. È questo che intendiamo noi con la parola filosofia. La lingua nei pressi del vertice della piramide, che nasce dalla tensione ad esprimere qualcosa che è al limite della facoltà percettiva e comprensiva dell'uomo e che è estremamente, profondamente reale."

da Karl Jaspers Psicologia delle visioni del mondo.
Una lettura di Maurizio Grilli
http://www.lacritica.net/grilli6.htm

Penso di averti fornito un "quadro" abbastanza esaustivo e preciso,
seppur servendomi di chi nel migliore dei modi ha saputo dare parole a ciò
che è la panoramica del mio rapporto tra sensi, arte naturale e 'metafisica'


..ciao!

Gyta
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Vecchio 26-11-2007, 11.57.22   #9
Yam
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Riferimento: Il telescopio spaziale... direte voi: che c'entra?

La Grande Via non è difficile per coloro che non hanno alcuna preferenza. Quando Amore e Odio sono entrambi assenti ogni cosa diviene chiara e viene svelata. Ma fai la più piccola distinzione, e paradiso e terra saranno infinitamente lontani. Se desideri vedere la verità non parteggiare a favore o contro. La lotta tra ciò che uno vuole e ciò che non vuole è la malattia della mente.
I
Quando il profondo significato delle cose non viene compreso la pace essenziale della mente è disturbata senza alcun vantaggio. La via è perfetta come un vasto spazio in cui nulla difetti e nulla sia in eccesso. In realtà, spetta a noi decidere se accettare o rifiutare il fatto che non vediamo la vera natura delle cose. Vivi né nelle trappole delle cose esterne, né nei sentimenti interiori di vuotezza. Sii sereno senza forzare l'attività nell'interezza delle cose e tali erronee convinzioni scompariranno da sole. Quando provi a interrompere l'attività per conseguire la passività il tuo stesso sforzo ti pervade di attività. Fino a che rimani in un estremo o in un altro non conoscerai mai l'Interezza. Coloro che non vivono nella singola Via trascurano sia attività che passività, affermazione e negazione.

II
Negare la realtà delle cose è non cogliere la loro realtà; asserire la vanità delle cose è non cogliere la loro realtà. Più parli e pensi a ciò, più ti allontani dalla verità. Smetti di parlare e pensare e non ci sarà nulla che non sarai in grado di sapere.


Sosan Hsin Hsin Ming: il Libro del Nulla
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Riferimento: Il telescopio spaziale... direte voi: che c'entra?

Fatte queste premesse, al di la di ogni intellettualismo, potrei provare a parlare di cio' di cui non dovrei parlare...semplice-mente perche' mai nessuno si e' dimostrato ricettivo. Dico questo perche' ogni tanto ci provo, ci ho provato...come qualcun altro lo ha fatto con me. Ma io ero ricettivo e lo ero, perche' non lo so, ma anche grazie a lunga pratica di silenzio. Senza questa infatti cio' che sto per dire non puo' essere compreso, e' come sigillato, nascosto, incomprensibile.

C'e' un cammino a ritroso che l'uomo puo' percorrere.
Il Sentiero sul quale Egli cammina, si svela man mano che il Silenzio della mente diviene piu' profondo.
Si svela real-mente: nella vita, negli incontri, nei sogni....
Sino a che gli oggetti esterni appaiono come tali siamo invischiati nelle dinamiche dualistiche: la mente funziona ad oggetti e la realta' di-viene....ed e' conosciuta e sperimentata come oggettiva. E' questo il mondo dell'identificazione fenomenica.
Vero e' che il Sole, e tutte le altre stelle e lo Spazio che le contiene,
altro non sono che noi stessi...la nostra stessa Energia.

(Y)am da: "Il Libro che mai scrivero'"
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