Essendo stata io ad aprire questa discussione... un po' perchè me ne ritengo in qualche misura responsabile... un po' perchè mi illudevo che "fissare" un tema definitissimo evitasse le tante divagazioni che rilevo in altre discussioni sulla spiritualità... io mi sento in dovere (anche in diritto, diciamola sinceramente tutta!) di tentare un riassuntino di quelli che negli anni della scuola mi permettevano di non andare "fuori tema".
La mia domanda (formulata mutuando le parole di Benni) era SOLTANTO: "ma non è più sicuro e responsabilizzante curarsi INTANTO di amarsi l'un l'altro?"
Vedo bene in quale misura questo proposito possa "motivare" l'ateo o persino terrorizzarlo quando NON crede che l'umano sia capace di comprensione e solidarietà e amore (è un punto di vista, secondo me risolvibile, ma certamente motivato in chi ne è portatore, come Berenger che lo ha perfettamente motivato).
NON VEDO AFFATTO, invece, come questo stesso proposito possa "urtare" i credenti.
Quest'urto ....rivendica un copyright divino sull'amore?
Se fossi credente, onestamente, direi : "benissimo: il mio dio parla anche a te se parli così, eppure non lo sai!" (e magari risponderei: "no, scusa, sei tu che senti "le voci"), oppure "importante è conseguire il traguardo: se è quello dell'amore è benedetto comunque. E io , credente, continuo a vederlo benedetto dal mio dio" (e io risponderei: "perfetto: se non ci metti il marchio tuo su quello che penso io, scopriamo di cooperare entrambi allo stesso disegno. Ben felice, e continuiamo: ognuno col suo marchio, purchè si continui!").
E qui torno al secondo punto della mia domanda iniziale.
Ma non sarà che quest'amore, quest'amore che non ci si attende dalla propria evoluzione interiore PER SE STESSA, e che si vive invece come "dono" che cade dall'alto... finisca per essere la miglior scusa per non far ... NIENTE?
Non voglio assolutamente peccare di presunzione, però il catechismo l'ho fatto anch'io (e stavo pure attenta)... e allora già mi aspetto e le riporto per brevità alcune risposte:
"nessuno ha detto che è un dono, piuttosto è una conquista"
risponderei, lo dico già da subito, che sopra a tutto, per un credente, questa via della faticosa conquista dell'amore verso il prossimo... è "illuminata" da almeno due fari abbaglianti:
- il primo è che sono un umano imperfetto (diversamente dal dio che è perfetto)
- il secondo (derivante direttamente dal primo) è che l'errore fa parte ineludibile del mio percorso umano, e il mio dio lo sa, e quindi mi accoglierà comunque purchè io ammetta di aver sbagliato e mi penta.
L'ateo non ha lavatrici : quando toppa... toppa! E si guarda allo specchio, e paga subito, guardandosi...
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Mi starebbe particolarmente a cuore una precisazione riguardo all'intervento di The Druid (che peraltro ho apprezzato moltissimo): non era come non è mia intenzione esprimere alcun "disprezzo" verso alcuna fede.
...Davvero santo chi disse che la cultura è quel che resta quando hai dimenticato tutto... vorrei sempre riuscire ad esprimermi nel modo più semplice, senza dotte citazioni e con esempi attinti dal quotidiano... praticabili da Chiunque!
E allora: alle religioni dò pienamente atto, e mi sentirei folle se non lo facessi, di aver "educato" ai dettami basilari della civiltà e della convivenza , con l'ineguagliabile sistema premi/punizioni , secoli di masse... che oggi diremmo sotto ogni profilo in condizione sub-umana.
Questo è un merito oggettivo, che ha avuto il suo prezzo e di cui - qui - non volgio chiedermi il finalismo (serviva alla miglior convivenza delle masse o serviva soltanto al loro miglior governo? ...facciamo finta che non ci interessa, e prendiamo atto che, comunque, ha portato evoluzione).
Sotto questo profilo le religioni hanno fatto quel che fa ogni madre alle prese con l'infante : al bimbo che scapriccia in culla alle tre di notte per venire nel lettone.... gli spieghiamo le regole del condominio e i codici... o gli diciamo che se non la smette e dorme subito... arriva papà?
Chiaro che gli si potrebbero spiegare molto più incisivamente i codici e le regole del condominio... se solo avesse l'età per sapere di cosa si parla. Finchè non lo sa perchè non lo può sapere... è decisamente meglio "ora basta, se no chiamo papà".
Ma è chiaro pure, secondo me, che se a quel figlio divenuto sedicenne (non ho detto "maturo" , ho detto sedicenne).... continuo a non parlargli delle regole del vivere civile, se non faccio nulla per insegnargli che ha un ruolo nel consesso umano per il quale è aritmetico che risponderà a titolo personale verso i propri simili , e mi riposo sul facile e collaudato "chiamo papà".... ho buone probabilità di crescere un figlio deficiente. E basta!