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Psicologia - Processi mentali ed esperienze interiori. >>> Sezione attiva sul forum LOGOS: Percorsi ed Esperienze |
30-03-2006, 13.58.12 | #14 |
Ospite abituale
Data registrazione: 05-12-2005
Messaggi: 542
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Credo che le persone veramente di valore non abbiano il bisogno di accentuare la differenza fra se stessi e gli altri, e la superbia sia piuttosto caratteristica dei deboli poco sicuri di se stessi.
Mi sembra che i motivi della superbia abbiano in comune a quelli del razzismo la poca sicurezza del proprio valore. |
30-03-2006, 14.13.48 | #15 |
Ospite abituale
Data registrazione: 24-11-2005
Messaggi: 3,250
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visechi non è da ora ma da sempre che lo dico
sono contento che "finalmente" te ne sia "accorto". se parlo di "ego" distorto e ego "incanalato" in funzione dell'IO un motivo ci sarà no? beh, l'importante è capirsi ognuno coi suoi modi ognuno coi suoi tempi |
30-03-2006, 14.28.03 | #16 | |
Unidentified
Data registrazione: 20-02-2006
Messaggi: 403
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Citazione:
visechi... grazie... ma non per avermi chiarito di più il concetto di superbia, che ne avevo già ben chiaro, bensì per avermi aiutata ad arricchire il mio italiano! Da adesso leggerò tutti i tuoi interventi... ma con il dizionario davanti!!! |
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30-03-2006, 14.49.48 | #17 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 22-12-2005
Messaggi: 158
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Citazione:
Secondo me nel caso in cui senta molto il bisogno degli altri non è più definibile superbo,o almeno non nel senso stretto del termine. Una persona superba pensa spesso che siano gli altri ad aver bisogno di lui e non lui a doversi "abbassare" ad averne necessità. |
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30-03-2006, 15.37.20 | #18 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 05-04-2002
Messaggi: 1,150
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Citazione:
Già! Un motivo ci sarà, lo credo anch'io. Ahhh! ho sempre adorato la mente colorata, così come sempre mi affascinano i meccanismi che sottendono al suo funzionamento... tante progressioni, quante, spesso, sono le regressioni. Un passo avanti, due indietro. Un link per ricordare, per ricordarti, per ricordarci. https://www.riflessioni.it/forum/show...pagen umber=2 |
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30-03-2006, 16.13.04 | #20 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 05-04-2002
Messaggi: 1,150
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La protervia del (D)Io - refresh
Citazione:
Mi costringi a replicare con qualcosa di già detto e scritto. Prova a leggere con attenzione. Talvolta si va oltre l’indelicatezza di porre Dio al di sopra di tutto e si scantona nell’indecenza di porre l’Io davanti a tutto, costituendosi all’interno di un orizzonte ancor più sconsolante ed assente. Affidarsi alle parole è affidarsi ad un equivoco, perché si confida sul fatto che l’interlocutore percepisca nel dovuto modo, comprendendo pienamente, il significato ed il portato delle parole. Evento di per sé improponibile. Le parole, strumento principe della comunicazione (anche se sempre parziale, sempre vacua), sono il mezzo che espone all’esterno questo mastodontico Io, che lo essoterizzano. Ma il portato della parola è solo e sempre superficie, epidermide che avvolge, nel dire, nel dirsi, il vero corpus interiore mai dicibile, mai compiutamente esprimibile in grafia e dizione fonetica. L’Anima non parla, urla nel silenzio, non si esprime in vocaboli, ma in motti di spirito, in simboli non in vocalizzi. Anche la parola Dio è in sé un equivoco, il proliferare delle religioni e dei tanti ‘Dio’ personali è appunto l’essoterizzazione di questo equivoco. C’è chi di questa religione – quella dell’Io – fa il proprio orizzonte e il proprio fine. C’è chi il pronome Io lo scrive a caratteri cubitali e lo pronuncia con enfasi, senza avvedersi che l’unico orizzonte che esso dischiude è quello di relazione con le assenze proprie e con le mancanze altrui, rimbalzando ed echeggiando fra un vuoto sé ed un sé costruito. L’orizzonte che dischiude l’Io grammaticale, l’Io sociale, che si affida ai vocalizzi, è quello di relazione con altri Io grammaticali, altri Io sociali. In una società oramai depauperata di stelle fisse, che sempre più si affida alla grammatica dell’Io, gli ingredienti di questa relazione sono dati dall’autoaffermazione, dall’affermazione del proprio unico (D)Io, a cui, nell’ambito di una metodologia e sistematica autoreferenziale, si attribuisce una volontà di potenza che tende a travalicare gli altrui ‘ (D)Io’, in un rapporto di forza che si concreta attraverso la prevaricazione e l’imposizione, alimentandolo con nutrienti attinti dall’autoreferenzialità e dal proprio colloquiare con se stesso. La riflessione, cioè la flessione in se stessi, quando ci si avvinghia al proprio ‘ (D)Io’, precludendo così la strada ad una comprensione più profonda dell’insondabilità del proprio intimo – che già in sé è un’aporia, un ossimoro -, produce mostri vanagloriosi, che, per autogerminazione, inculcano nel proprio profondo germi patogeni che lo ammorbano, ammorbando così anche l’aria circostante. In questo ambito di relazione, dove il (D)Io autoreferenziato è feticcio e totem, quel che emerge è la prevaricazione e la vacuità dell’essere… ci si elegge a DIO, esponendo il proprio ME come baluardo intangibile agli altri ‘me’, stimati sempre come soccombenti. Ci si sturba nel rilevare che quell’orizzonte personale, che è l’unico sguardo e visuale che il (D)Io dischiude alla vista, si sfalda allo sfaldarsi degli orizzonti altrui. Il nostro famosissimo Io personale è come un sipario chiuso, oltre il quale la rappresentazione scenica prosegue nella totale assenza di partecipazione attenta dell’attore che impersona il personaggio. Ma-sturbarsi è però sintomo dell’indeffettibilità del profondo che reclama il rispetto del proprio ruolo e della propria significanza: urla al (D)Io che siamo quel che non siamo, non essendo quel che (D)Io rappresenta di noi. Un saluto |
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