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05-10-2005, 09.55.44 | #33 | |
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Citazione:
Forse questo pensiero ti provoca dispiacere. Potresti autocondizionarti in modo differente, per darti piacere, ma se non sei libera non so come potrai riuscirci! Non dipende da te. Però, quando, in generale, si pensa che praticamente tutto il proprio modo di essere dipende da sè, si sta meglio, perchè significa che si possiede (o si crede di possedere, ma in questo caso basta la credenza) la capacità di stare come si vuole stare, che a meno di masochismi significa "stare bene", e la capacità di vivere come si vuole vivere, che significa, ne sono abbastanza convinto, vivere nel modo più autentico possibile, vivere la propria realizzazione in ogni istante della propria vita. Infatti se si crede di essere schiavi, innanzitutto non si sta bene (almeno io non starei bene sentendomi schiavo) perchè se sono schiavo di una parte di me stesso io che ci sto a fare? E' una pessima vita perchè alla fine non sono "io" che vivo, ma sono io che voglio vivere, quindi sono frustrato, da quella parte di me che vive a mie spese. E questa parte non è quella che chiamo "io". Ma allora cos'è? Perchè quella parte fa pur sempre parte di me (a meno di possessioni demoniache). Ma allora perchè non la sento mia? Perchè non la sento parte integrante anzi integrata nell'unità del mio io? Forse c'è qualcosa che separa l'io da quella sua parte, parte che forse l'io sente in qualche modo come negativa, forse a causa della barriera stessa che la separa, oppure per qualche altro motivo. Per fare un esempio personale, a volte mi succede di sentirmi, in mezzo alla gente, poco "coeso", sento la mia persona come priva di confini ben definiti, confini definiti che essendoci definirebbero il mio spazio di libertà personale e al di là dei quali, nettamente al di là, distaccati e inunfluenti sul mio comportamento e pensiero, si troverebbero gli altri. Se quei confini fossero ben percepibili da me stesso, sarei sicuramente libero nel mio essere me stesso, di comportarmi come voglio, ma a volte i confini sfumano e la libertà si affievolisce. il motivo, credo siano i comuni problemi connessi al timore del gudizio degli altri, che portano parte di me stesso anzi del mio pensiero ad incollarsi agli altri, come se parte del mio sguardo si dividesse dal flusso monodirezionale che parte dai miei occhi e si direziona all'esterno, per innestarsi negli occhi degli altri e da quella posizione osservarmi, così che l'unità della mia persona si sfalda, si divide, e mi rende schiavo, non libero di essere me stesso. Chissà, forse il problema di sentirsi schiavi anche nella propria solitudine, problema non raro credo, dipende dall'interiorizzazione degli "altri" dentro se stessi, altri che schiavizzano (non è colpa loro) il proprio pensiero e comportamento, che fanno sentire divisi come nel caso che ho raccontato. Credo che l'educazione segua questo meccanismo. Anche se, se si tratta davvero di una buona educazione, è un'educazione che "mette dentro" l'educando solo quegli "altri" che lo aiutino ad essere se stesso, e non il contrario. Ma sappiamo che non si tratta di attività semplici. Bisogna riappropriarsi di se stessi. E per farlo basterebbe credere in questa proprietà. Sarebbe più che sufficiente. Perchè inizierei a svolgere tutti i pensieri e i comportamenti della mia vita a partire da questa base: io sono io, incondizionabile, integro, e posso essere come (autenticamente) desidero. Invece spesso la base di lancio del pensiero è differente, parte dal fantasmo dell'altro, e non dall'io. Queste sono idee che si incarnano nella vita, che non restano semplicemente come idee nella memoria, sono "idee esistenziale", fondamenti elementari dell'esistenza psichica. Questo tipo di idee non sono "nozioni", ma "vissuti" costanti, il continuum su cui si alternano gli episodi della vita. Ma in effetti, come si fa a appropiarsi di se stessi? A far propria questa idea esistenziale? Se lo crediamo impossibile sarà impossibile, perchè non ci metteremo mai in moto per raggiungere un obiettivo impossibile, infatti sarebbe uno sforzo inutile. Ma se lo crediamo possibilissimo, alla portata delle nostre capacità, in un schiocco di dita saremo già arrivati. Il problema però è solo rimandato, come fare a crederlo possibile? Non sono libero di farlo. Oppure sì? |
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05-10-2005, 10.04.11 | #34 | |
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Data registrazione: 11-09-2002
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Citazione:
Esatto, e perchè la persona sia libera di essere se stessa è essenziale che il sistema ed i limiti in cui si muove siano quelli suoi peculiari, e non "luoghi comuni" in cui molti vengono inseriti. |
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05-10-2005, 11.06.06 | #35 | |
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Citazione:
Esatto, la mia vita dipende da me, perchè non dipende dagli altri. Poi, in fondo in fondo, io non ho deciso di nascere ed essere quello che sono, non sono stato libero di scegliermi, ma posso cercarmi, trovarmi, ed essere me stesso, e sentirmi libero. Pensarmi e sentirmi libero. E allora vivo da essere libero. Anche se questo significa, a rigor di logica, dipendere totalmente da se stessi, e quindi in un certo sesno essere costretti ad essere se stessi: ma il bello è che, quando si è se stessi, non si sente costrizione, ma benessere e libertà. Mentre quando non si è se stessi ci si sente schiavi, diciamo, e proprio questo "sentire" è segno dell'ancora non totale identificazione con se stessi, perchè quando si è se stessi ci si sente liberi. E quando questo accade il pensiero diventa libero anch'esso. Anche se ancora una volta possiamo dirlo, in un certo senso, vincolato a se stessi, ma quando succede di vivere così, una cosa simile si potrebbe pensare ma non vivere. Libertà è libertà di essere e libertà dagli altri esseri, che normalmente si ritiene possano condizionare l'io. Questa visione eterodiretta dipende dall'attaccamento, credo. Legami di attaccamento (che è il versante affettivo, pesno, del biosgno fisiologico di sopravvivenza, che il bambino non può soddisfare da sè ossia il bambino dipende dai genitori, dagli altri) come quelli che gli psicoanalisti dicono leghino il neonato alle figure genitoriali: il bimbo, che necessita delle cure altrui per la propria sopravvivenza, arriva ad ubbidire alle condizioni (educative eccetera) che le figure genitoriali gli impongono (anche con affetto, non necessariamente con diktat) condizioni con cui il bimbo praticamente ripaga il suo accudimento. Sono condizioni che possono anche snaturare la sua personalità, ma credo che in generale non siano nocive finchè il bimbo cresce, ma una volta diventato adulto dovrebbe liberarsi da questi legami ed insieme dai condizionamenti posti, e comportarsi come ritiene, anche facendo affidamento a quanto insegnato, ma non vivendolo come costrizione. I legami di attaccamento, in generale, esistono anche nella vita adulta. Sono legami di dipendenza affettiva, ad esempio dal partner. La convcivenza con un altro è sempre una questione di compromessi, perchè può esserci più o meno naturale armonia tra due personalità ma quest'armonia non è mai totale, allora bisogna che le due personalità limitino l'espressione di se stessi negli ambiti che rischiano di irritare l'altro, perchè irritare l'altro significa rischiare che l'altro lo abbandoni, e entrambi (o uno dei due di più) sentono il bisogno di lui\lei, e non vogliono restare soli, e quindi si autocondizionano nella spontanea espressione di loro stessi. Questo significa scindersi e guardarsi con gli occhi dell'altro (qeullo che ho detto prima). Per evitarlo bisogna eliminare i legami di attaccamento. E se non sbaglio questo passo è uno dei passi che conducono alla "liberazione" (non so se si chiami così) in qualche filosofia orientale, forse il buddismo. (adesso non scrivo più per un pò) |
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05-10-2005, 14.14.06 | #36 | |
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era solo una considerazione della realtà. Sinceramente non mi provoca nè piacere nè dispiacere... Vivo. Punto. Non mi curo di molte cose superflue... ma mi piace discuterne... magari abbozzando idee criticabili... Amo le critiche. |
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05-10-2005, 15.16.07 | #37 | |
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Ne ero certo. Però il pensiero, il sentirsi e pensarsi schiavi (di se stessi, della società, della famiglia eccetera) l'ho incontrato in alcune persone un pò giù di corda, che sentivano la vita come un peso eccetera.. ma era un pensiero-vissuto, non un pensiero-constatazione. (Anch'io non mi curo di molte cose superflue, altrimenti non mi basterebbe un milione di vite per spostarmi di un passo!) |
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05-10-2005, 23.28.17 | #38 | |
Ospite abituale
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Quel pensiero è normale provarlo, soprattuto nei periodi in cui i fattori esterni negativi ti sommergono, perdi la tua capacità di modificare gli eventi, la società t'ingabbia in un ruolo non tuo, etc etc... e a volte la vita è davvero un peso. Però siamo qui ed io credo che dentro ciascuno di noi c'è tutta la forza di cui abbiamo bisogno per sostenere questo peso... le difficoltà, le paure, le incapacità di andare avanti, insieme alle gioie, ai piaceri, ai buoni sentimenti fanno parte della vita... A volte vorrei avere tante proiezioni di me che possano godere di tutte le meraviglie del mondo... peccato essere solo una e per giunta a tempo limitato... |
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06-10-2005, 12.01.48 | #39 | |
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Non puoi sapere se esisti a tempo limitato oppure no. |
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06-10-2005, 14.05.01 | #40 | |
Ospite abituale
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uhm... tanto è lo stesso. se morirò e non c'è niente dopo. se morirò e vado da un'altra parte. se morirò e mi reincarno. nel primo caso la mia possibilità si riduce a una vita. nel secondo caso sarò appunto da un'altra parte nel terzo caso, dimenticherei tutte le vite precedenti. mi resta l'immortalità. c'è qualche testa da tagliare? |
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