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01-07-2005, 09.36.35 | #5 |
Ospite abituale
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Fragola, catharsis
Mithos nel senso di parole, discorso; poi in età classica racconto intorno agli dei.
Freud stesso si riferì ai miti che oggi alcuni usano in modo improprio e superficiale. I personaggi simbolici dei miti, fiabe, romanzi, possono chiarire i sentimenti e le emozioni, conceedere confronti identificativi. Non importa tanto il modello teorico di riferimento ma conta di più la personalità del terapeuta da verificare nel transfert e controtransfert. “Materno” in quanto dotato di qualità come accoglienza e contenimento. Non conosco i dettagli della teoria di Lacan. L'ho citato perchè rivalutò la parola come significante. La poesia, se autentica espressività e non solo giustapposizione di parole preziose, può “lacanianamente” strutturarsi come un linguaggio che svela l'inconscio sotto forma di metafora o come intersecarsi del piano della realtà con quello della fantasia. Estrinseca una storia da interpretare e dialoga con altri inconsci, rivela conflitti, è catarsi e autoconoscenza. Le terapie brevi temo siano rare: sarebbero contrarie all'interesse dei professionisti. Certe analisi protratte per anni si dice possano avere più un valore culturale che clinico. C'è integrazione sociale se si considera e rivaluta la competenza comunicativa |
01-07-2005, 11.24.04 | #6 | |
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Re: Fragola, catharsis
Citazione:
Freud fece certo riferimento ad alcune immagini della classicità. Al Mithos si collegò molto di più Jung vedendo gli dei come rappresentazioni, mediate dalla cultura, degli archetipi dell'inconscio collettivo. Quindi il mito non è un racconto "sugli dei" (che tale sarebbe solo la mitologia greca, mentre ogni cultura ha i suoi miti) ma una narrazione simbolica che racconta e ... "crea mondo". La parola poetica è una parola metaforica e simbolica, dell'ordine del mithos, e non del Logos. Mentre il linguaggio cui fa riferimento Lacan, che si collega a Saussurre, è proprio il Logos. L'impostazione della terapia analitica lacaniana è stremamente razionale e entra poco (o affatto!) nell'ordine del simbolico, del'archetipico, della metafora. Il termine significante, nel modello lacaniano, va letto in senso strettamente saussuriano. Oh sì, ciò che conta davvero è la relazione terapeutica, molto più della tecnica. Ma ovviamente ogni terapeuta ha le sue specificità, e se ha scelto di studiare a fondo una teoria, come quella lacaniana, estremamente razionale, difficilmente saprà relazionarsi in modo accogliente verso un individuo intuitivo e poco razionale, ad esempio. Sul fatto che il tipo do accogilmento, poi, debba essere "materno", beh, su questo non sono d'accordo, non in assoluto. Anche questo va valutato in ogni specifica relazione. Non posso esistere terapie brevi perchè sarebbero contrarie all'interesse dei terapeuti????????????????????? ??? Mio caro, io spero che tu non sia un terapeuta! La psicoterapia è un lavoro che si può fare bene solo per amore, se lo si fa per denaro, certo si guadagna molto succhiando sangue e energia ai propri pazienti e creando dipendenza, ma siamo ai limiti del plagio. La terapia DEVE essere breve. Si deve concludere quando il soggetto ha acquisito gli strumenti per andare avanti da solo. Jung insegnava ai suoi pazienti delle tecniche (l'immaginazione attiva, ad esempio) per proseguire da soli il percorso interiore. L'analista rimane magari ancora per qualche anno un punto di riferimento, ma occasionale. Questo è il punto di vista mio e della mia scuola. E non è nemmeno contrario all'interesse del trerapeuta, perchè una persona che ha lavorato con un terapeuta che nel giro di pochi anni lo ha aiutato veramente e che non lo ha risucchiato in un vortice di dipendenza, ne parlerà bene, manderà altre persone. Il giorno in cui dovessi riusire a diventare terapeuta, credo che preferirei avere un "ricambio" piuttosto che sentiore per 15 anni gli stessi 10 pazineti che se la menano sulle stesse cose. Se devo fare un lavoro così noioso me ne rimango in ufficio!!! |
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04-07-2005, 09.18.54 | #7 |
Ospite abituale
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Fragola
Che fossi d'accordo sull'esigenza di correttezza e onestà per quanto riguarda le modalità di durata di ogni terapia pensavo si deducesse dalla mia frase :”Le terapie brevi *temo* siano rare: sarebbero contrarie all'interesse dei professionisti”
Mito, nella nostra accezione, è “leggenda”, “favola”, ecc. e logos è “argomentazione razionale”. Ma mito e logos sono entrambi due modi di conoscere e spiegare il mondo. Per il mito la realtà si può risolvere nel mondo interiore soggettivo proiettandolo all'esterno, così come il mondo interiore si può esternare sotto forma di divinità. Per cui la narrazione mitica vive nella sogggettivazione della realtà esterna ma anche nell'oggettivazione del mondo interiore. Freud individua le radici del mito nella proiezione dei contenuti inconsci e ogni mito riconduce ad aspetti più o meno patologici. Per Jung invece è espressione senza tempo e autonoma dell'inconscio (archetipi) non da spiegare ma da comprendere. Lacan intendeva ritornare al metodo freudiano. Per l'inconscio non funzionano le leggi logico-temporali del discorso cosciente che si presenta tuttavia con un linguaggio simbolizzabile in cui si trovano fugure retoriche come ad es. la metafora (condensazione) e la metonimia (spostamento). Lacan al modello genetico- evolutivo postfreudiano oppone un modello strutturalista. Essendo l'inconscio strutturato come un linguaggio (lapsus, sogno, atto mancato, sintomo, ecc.) non è l'istintuale e primitivo su cui interviene l'Io, ma assume un senso razionale e colto. Rasserenati, non sono uno psicoterapeuta . Figura, pur senza voler generalizzare, verso cui un po' diffido. Spesso “personaggio” calato in un ruolo con schemi fissi di riferimento e senza quel coinvolgimento emotivo che in certi casi si renderebbe necessario. Mi sembra potremmo essre d'accordo, ho solo ritenuto di chiarire alcuni punti |
04-07-2005, 13.06.30 | #8 |
Ospite abituale
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Io trovo che la psicoanalisi sia uno studio che va fortemente contestualizzato. Si basa infatti su soggetti appartenenti a UNA società, peraltro sui più frustrati e repressi. Sono assolutamente contrario ad elevarla al livello di scienza delle psiche in genere. Servirebbero MOLTE prove affinchè mi convinca che la mente umana sia PER SUA NATURA così squallida ed insignificante come la psicoanalisi ce la dipinge. O ce ne vorranno molte di più per convincermi che la MIA mente è così patetica e frustrata.
Quanto alla terapia psicoanalitica, consiste semplicemente nel riportare all'ovile le pecorelle che corrono il rischio di diventare troppo autonome, spontanee, felici. |