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18-04-2004, 16.37.05 | #23 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 24-05-2003
Messaggi: 91
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Re: paura della propria ombra
Può, una maggiore fiducia in se stessi anzichè negli altri, eliminare almeno in parte la paura della propria ombra?
Ciao Franco Citazione:
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20-04-2004, 22.28.41 | #24 | |
può anche essere...
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Citazione:
soprattutto senza l'aiuto dell'altro! |
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20-04-2004, 22.30.11 | #25 | |
può anche essere...
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Citazione:
io sono abbastanza convinto che si impara a vivere il presente, a gustarlo, amandolo, solo dopo aver "sconfitto" le proprie paure |
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20-04-2004, 22.37.32 | #26 | |
può anche essere...
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Re: Re: paura della propria ombra
Citazione:
devo rifletterci. |
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20-04-2004, 22.39.41 | #27 | |
al di là della Porta
Data registrazione: 15-02-2004
Messaggi: 0
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Citazione:
Le virgolette sono molto appropriate perchè sconfiggere, in se, presuppone l'eliminazione di ciò che si combatte, ed eliminare le proprie non è appunto possibile in senso assoluto, almeno a mio avviso, però le si può umanizzare, plasmare e renderle fertili di sentimenti positivi e costruttivi. Nicola |
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20-04-2004, 22.49.47 | #28 |
può anche essere...
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intendevo proprio questo.
tra l'altro, credo non ci sia nulla in noi, lì apposta per farci male. bisogna solo comprendere come può farci del bene. è il talento naturale dell'uomo trasformare tutto in positivo e utile! |
24-04-2004, 15.32.36 | #29 |
può anche essere...
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Può, una maggiore fiducia in se stessi anzichè negli altri, eliminare almeno in parte la paura della propria ombra?
Ciao Franco Forse. provo a spiegare in quale caso. digressione storica. l'aggressività era una componente fondamentale della vita primitiva: l'uomo preistorico resta aggrappato alla vita con le unghie, in un ambiente ostile che lo minaccia senza sosta; poi, con lo sviluppo e l'organizzazione della società civile, è andata via via assorbendosi nelle regioni più nascoste della psiche umana; l'aggressività diventa una caratteristica che non è vista di buon occhio, e la sua espressione viene vincolata entro norme rigide che mirano a soffocarla e a punirla se espressa inadeguatamente, cioè nei modi non prestabiliti essere accettabili, che vengono insegnati attraverso l’educazione fin da bambini, e che dai bambini vengono appresi e fatti propri. questo per lasciar più respiro alla vita sociale, al bene di tutti e di ognuno, che date le nuove condizioni di vita non richiede comportamenti aggressivi, anzi. ciò nonostante l'aggressività non è scomparsa, resta parte integrante della vita umana. e questo stesso nuovo ambiente civile non ha mai creduto di eliminarla. Piuttosto l’ha reindirizzata immettendola su nuove strade, come la competitività a livello lavorativo; poi, nella vita di ognuno, resta una risorsa utile a superare le piccole grandi avversità che ostacolano il proprio benessere. continua... |
24-04-2004, 15.34.25 | #30 |
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Pìssicològgicamènte:
Una grande fiducia negli altri può essere equilibrata da una scarsa fiducia in sé. Questo succede nei casi di persone in cui la lancetta del livello di autostima segna riserva, quasi secco, fra un po’ si resta a piedi. Fiducia significa “sapere di potere”, e una maggiore fiducia negli altri significa che gli altri possono più di te, e conseguentemente hanno più potere su di te di quanto tu ne abbia su di loro. E questo atteggiamento è funzionale, nel caso della persona di cui sopra, che rischia di restare a piedi da un momento all’altro. Perché conduce alla convinzione che, pur restando a piedi, qualcun altro potrà dargli un passaggio; convinzione che da sicurezza, la dove si naviga nell’insicurezza e nell’impotenza quasi assoluta. Però, anche questa persona, costretta ad appoggiarsi a chiunque per restare in piedi, sente la frustrazione della sua impotenza: vive una grave perdita di potere per quanto riguarda l’autodeterminazione della propria vita. C’è una perdita di libertà: infatti guida l’altro, l’auto è sua, e lui, passeggero, è costretto ad andare non dove vuole lui, ma dove desidera l’altro… le regole le fa il padrone di casa, non l’ospite. Questa perdita di autonomia è definibile come una morte parziale; e il pericolo della morte totale, cioè della perdita totale di potere sulla propria vita, riattiva quel nucleo nascosto nelle profondità della psiche, quella costante evolutiva funzionale ad evitare la morte uccidendo l’aggressore che potrebbe darla. Questo, è il lato oscuro. Quella parte che sembra essere contraria alla vita, ma che le cammina a fianco. Solo che la persona di cui stiamo parlando, il cui ritratto può essere intitolato “dipendente”, sa che non può arrischiarsi ad esplodere in un atto aggressivo per rivendicare la propria autonomia, soprattutto perché data la sua costituzionale insicurezza, la sua nulla fiducia nelle sue possibilità, questo atto sarebbe un suicidio. Sarebbe come tagliare la fune che lo lascia in vita, che gli permette di non precipitare nell’abisso su cui sta sospeso. Quindi nega questa sua attivazione naturale, questa disposizione alla “ribellione”, questo suo lato oscuro, e si dissocia dall’intenzione dell’azione che quell’ombra voleva portare a compimento. Se ne dissocia perché porterebbe, secondo lui, a del male per lui stesso. Ma è appunto naturale, ed è negabile, ma non eliminabile. L’aspettativa di essere puniti poi, diceva Freud, vale non solo per le azioni compiute, ma anche per il semplice desiderio di compierle. Ed ecco quindi che l’artiglio, quell’artiglio che permetterebbe di restare aggrappati alla vita, in questo caso si dissocia dalla propria vita perché potrebbe nuocergli, e nell’aspettativa della ritorsione di questo desiderio naturale contro se stessi, lo si sente dietro la schiena, tenebrosa presenza sempre lì lì per colpire. spero di essere riuscito a spiegarmi, ciao |