" L'ultima Fuga ".
“L’ultima fuga”
Il "Pirata" ha compiuto la sua ultima corsa,
questa volta senza lasciare commenti ai tg sportivi, ma confessando il suo malessere mortale a se stesso, nell’intimità privata della sua disperazione.
L’occhio implacabile della telecamera indaga sul fatto e ne diffonde i particolari.
Lo stesso sguardo mediale, che ha reso famoso al mondo il grande Pantani,
si trova di nuovo a far notizia sulla “strana morte” del campione.
Si, perché è “strano”, chi non riesce a sopravvivere nel dorato mondo del divismo; è “strano”, chi conta presuntuosamente solo su se stesso e si rifiuta di obbedire alla macchina del budget dello sport-spettacolo; è un “sentimentale”, chi ha legato alle proprie gambe le “due ruote” come una inseparabile protesi con la quale poter volare sui sentieri della passione.
Marco non c’è più!
All’accaduto seguiranno le solite teorie degli analisti. Si metterà sotto accusa la depressione, che col suo distaccato significato tecnico-scientifico ha perso anch’essa il suo antico umano significato di “mal d’animo”; oggi è un disturbo del corpo, e per curarlo ci sono le pasticche, proprio come si fa con l’ulcera allo stomaco.
Che ci vuole dire “l’ultima fuga” di Marco? Che bastano i soldi, la dolce vita, il successo mediale per vivere da campioni?
Che basta prostituire l’anima alla spietata macchina del potere, per sentirsi appagati e felici?
E il significato dei flaconi vuoti trovati nella sua camera d’albergo,non dovevano curare il suo “disturbo depressivo”? Ma curano o aggravano fino a renderlo insopportabile il “mal d’animo”?
Marco Pantani ci lascia con un tragico silenzio, lo stesso silenzio carico di interrogativi di quelle vittime che riempiono le pagine della cronaca quotidiana, con il silenzio delle stesse persone “strane e sensibili” a cui la nostra società del consumo “distrattamente” ha ucciso l’anima.
David.
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