05-05-2006 A dare una svolta alle indagini è stato il cellulare trovato nel taschino della camicia indossata dalla vittima al momento del delitto. La scheda del telefonino infatti era intestata a Patrizia Silvestri ed è stata utilizzata dagli investigatori per verificare l’identità del cadavere decapitato. In precedenza gli inquirenti si erano concentrati senza ottenere risultati su un mazzo di chiavi trovato vicino al corpo. «Potrebbero essere le chiavi di casa sua, ma dalle impronte digitali non siamo riusciti ad identificarla - aveva detto il capo della Squadra mobile di Roma, Alberto Intini - Era incensurata perché le sue impronte non erano presenti nella nostra banca dati».
Separata da due mesi e allontanatasi da casa, la vittima viveva momentaneamente da alcuni amici nella zona di Torre Gaia, ma era continuamente minacciata dal marito, nei confronti del quale aveva presentato anche una denuncia. Secondo quanto si apprende, Patrizia Silvestri ha una figlia che vive all’estero. La ragazza avrebbe più di 20 anni e sarebbe nata da un rapporto precedente a quello con il marito, l’autotrasportatore sospettato di essere l’omicida.
Vi siete mai chiesti come altre persone riescono a sopportare condizioni di vita assurde di guerra etc. Vi ripropongo questo articoletto che si riferisce ad un delitto concluso con una decapitazione, non utile all'omicidio, cioè ad uccidere ma rituale. Allora lessi le parole di uno psichiatra che spiegava come un uomo che arriva ad uccidere istintivamente un altro essere umano (Non un killer che trova nel denaro la motivazione) inconsciamente nella mutilazione, scarica il senso di colpa. E come se dicesse "Io non ti avrei ucciso, non sono cattivo, sei tu che mi hai portato a ciò, per cui ti punisco mutilandoti.
Poi la mente reagisce per sopravvivere con la rimozione, tanto da arrivare a "Dimenticare "
Mi piacerebbe, se ci fosse chi ha maggiori strumenti di me, ampliasse questo mio discorso