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Vecchio 01-02-2008, 18.45.47   #1
arsenio
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La crisi della virilità

Il maschio in crisi – intervista a M. Cacciari, “Grazia”, 15 gennaio

Per tre millenni si è sviluppata una civiltà in cui l'elemento predominate da tutti punti di vista simbolici, era quello maschile. E questa grande onda si è esaurita sulle nostre spiagge. Per forza il maschio è in crisi (...) la rivoluzione che ha contrassegnato il nostro secolo è quella femminista (...) Siamo alla fine di questa civiltà. I grandi pensatori, Nietzsche in primis, avevano capito che questa prepotenza maschile era esaurita. Tutta la cultura letteraria e filosofica del'900 è piena di elementi che potremo leggere in chiave di riscatto e anamnesi di queste origini.

Il maschio comprende che l'” auctoritas”,termine che apparteneva proprio al maschio , nella polis, nelle civitas, nella res publica, nella famiglia, non è più proponibile. E' diventato un oggetto di commedia, di farsa (...) guai a fare una retorica della famiglia, essa ha in sé tutte le malattie della società. Non le ha mai guarite, ma le assorbe.

In che cosa si può sintetizzare la virilità?

Cacciari: nel lato maschile,che credo, piaccia anche alle donne ...

Parla del potere? Ma no (...) il maschile è quello che ha la capacità di comprendere, di tenere in forma e che è anche buono e misericordioso. E' l'uomo di cui le donne hanno un'enorme nostalgia. Ma non è più ricreabile. E gli uomini con una parte davvero femminile amano questa figura. Nessuno era più femminile di Nietzsche. E amava questa figura.

E lei?

Sono questa roba qui. La civiltà improntata sul potere maschile è giustamente venuta al tramonto. Lo vedo anche nel lavoro. Ed è bene. I simboli della civiltà maschile sono quelli dell'eroe, del grande uomo politico. Che decide e spacca il mondo. Sono quelli della volontà di potenza gli uomini dei grandi disastri. Che l' amministrazione sia della della donna.

In questa breve intervista Cacciari delinea bene la crisi del maschio, e pure l'ipotesi di un “oltremaschio” arricchito d una virile sensibilità “femminile”. Avevo anch'io ,in vari 3d auspicato l'avvento di un nuovo maschio che sapesse dialogare con la sua parte femminile e rivalutasse l'emisfero delle emozioni,dei sentimenti e correlati,sul piano del saper contenere attivamente come una buona madre ricettiva che sa accogliere i tormenti e i conflitti del suo piccino per aiutarlo a sdrammatizzare e a rassegnarsi. Quasi una funzione materna introiettiva che in tempi recenti si auspicò fosse posseduta dall'analista, uomo o donna, per lenire e curare le ferite che fanno soffrire i pazienti,e per allinearsi alla rinnovata psicoanalisi che valorizza la componente emotiva “qui e ora”, altre a quella intellettuale, ponendo l'empatia emozionale e la risonanza accanto all'intuito classico.
Qualità rara,se fin dll' infanzia gli uomini vengono educati dall'ambiente e dagli altri giovani a non manifestare i sentimenti poiché questo modo di fare è femminile e infantile.

Eppure, sarebbe una dote da apprezzare in tutti, ad esempio comprendere gli altri, accettarli anche se d'altra cultura di tempi transculturali, comprendere le soggettività degl ialtri, dimostrando calore, essere curiosi verso l'interiorità propria e altrui, ecc. sia pure oltrepassando un deteriore sentimentalismo, umanitarismi sterili, immaturità, ecc.
Un uomo “materno che padroneggiasse il linguaggio dei sentimenti in realtà non avrebbe molta fortuna, estraneo, fuori dagli omologati stereotipi maschili, e controcorrente rispetto all'insensibilità e superficialità collettiva.
Tuttavia anche un filosofo come Pascal conosceva il valore delle ragioni del cuore, e Rousseau affermò “provo sentimenti, dunque sono”.

Suppongo che Cacciari intenda a questo, quando alluda alla “virilità” del lato maschile, di cui le donne avrebbero nostalgia ... ma è proprio così?
arsenio is offline  
Vecchio 02-02-2008, 03.18.59   #2
marco gallione
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crisi della virilità o confusione contingente?

Si tratta di costruzioni astratte, fuorvianti con ogni probabilità. Atte solo a giustificare la povera quotidianità di uomini qualunqui.
L'uomo in (supposta) crisi è il portato di una onda lunga femminista di seconda o terza generazione, che è notoriamente processo culturale incompleto e confuso.
Le figlie di post femministe, già a loro volta confuse, spargono confusamente la chimera della virilità timorata e titubante.
Chi la asseconda, e pretende di interpretarla con indulgenza e citazioni alla rinfusa, fa un cattivo servizio a tutti noi.
L'unica distinzione possibile, ed oggettiva, attiene la maternità: impossibile nell'uomo, e fondamentale nella donna.
Da lì origina il senso. Dalle interpretazioni confuse origina il non senso.

L'altro ieri una amica che è il più fulgido esempio di donna emancipata e insostenibilmente challanging per l'uomo più robusto, mi ha confessato: non ascoltare una parola di quel che diciamo noi donne-tipo. Noi stesse sappiamo di essere solo confuse.
marco gallione is offline  
Vecchio 02-02-2008, 11.40.35   #3
arsenio
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Riferimento: crisi della virilità o confusione contingente?

Citazione:
Originalmente inviato da marco gallione
Si tratta di costruzioni astratte, fuorvianti con ogni probabilità. Atte solo a giustificare la povera quotidianità di uomini qualunqui.
L'uomo in (supposta) crisi è il portato di una onda lunga femminista di seconda o terza generazione, che è notoriamente processo culturale incompleto e confuso.
Le figlie di post femministe, già a loro volta confuse, spargono confusamente la chimera della virilità timorata e titubante.
Chi la asseconda, e pretende di interpretarla con indulgenza e citazioni alla rinfusa, fa un cattivo servizio a tutti noi.
L'unica distinzione possibile, ed oggettiva, attiene la maternità: impossibile nell'uomo, e fondamentale nella donna.
Da lì origina il senso. Dalle interpretazioni confuse origina il non senso.

L'altro ieri una amica che è il più fulgido esempio di donna emancipata e insostenibilmente challanging per l'uomo più robusto, mi ha confessato: non ascoltare una parola di quel che diciamo noi donne-tipo. Noi stesse sappiamo di essere solo confuse.

Caro Marco Gallione, che l'uomo si senta in crisi perchè esautorato nel suo ruolo di maschio padrone dall'emancipazione femminile, talvolta aggressiva e con intenti non più di ottenere la parità delle differenze, ma di rivendicazione di un'eguaglianza sullo stesso piano competitivo con adottati schemi comportamentale decisamente maschili, è difficilmente contestabile. Si parla, anche se non so quanto a ragione, di “maschilizzazione” delle donne, che hanno abbandonato la rivalutazione delle virtù femminili, per natura e cultura, come noi per genere possediamo una maschilità con lati positivi. Di contro si nota duna “femminilizzazione” dei maschi, ma nel senso più deteriore del termine.

Altro punto incontestabile è che l' attuale emancipazione, forse ora travisata dalle donne stesse ,è avvenuta sulla scia delle conquiste delle ormai veterofemministe,- quelle delle piazze, con pollici e indici uniti - ora critiche verso le post- femministe. Anche autorevoli e storiche come Luce Irigaray. Le loro lotte iniziarono nel '68 e si arrivò non a una compiuta parità, in vari ambiti, ma a conquiste sociali che le liberarono dalle catene dei mariti padroni, sia in senso economico che dall'essere considerate solo produttrici di figli senza aver nemmeno diritto ad uno loro vita sessuale. Dalla limitazione millenaria della Chiesa che tuttora le vede come succubi massaie e fabbrica di figli, La vera rivoluzione femminile,dopo il divorzio che non le condannò più a un legame indissolubile con esiti a volte catastrofici , è stata la pillola contraccettiva, le nuove leggi di parità e diritti familiari,ecc. Che le donne siano disorientate perchè in tale periodo di transizione pure loro sono alla ricerca di una credibile auctoritas, è vero.

In ogni caso non dare affidamento e generalizzare pochi pareri delle donne della nostra limitata cerchia: si rischia di scadere in neo-ideologismi maschilisti, ora disconfermati pure dagli uomini, almeno quelli più illuminati.

In ogni caso questa è una digressione dall' intento del mio argomento proposto. Era rivolto non solo alle donne, ma in particolare. E la domanda era: secondo voi sarebbe augurabile l'avvento di un uomo “nuovo” che desse spazio, anche come “educatore familiare, al mondo dei sentimenti e degli affetti? E bada che non intendo affatto sdolcinature e falsi buonismi che li fanno esibire in inautentici pianti pubblici. Si tratta di una nuova virilità, se vogliamo ancor più virile assertiva, e autorevole (non autoritari) di quella partriarcale e di una fragilità mascheratea da comportamenti arroganti e talora purtroppo violenti. Se non mi sonofatto capire mi spiace.

Grazie per avermi dato l'occasione di tale chiarimento, collaterale al dibattito intrapreso.

arsenio is offline  
Vecchio 02-02-2008, 13.47.50   #4
marco gallione
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Pratica quotidiana

Grazie a te.
I fatti in discussione sono conclamati, oltre che incontestabili. Quel che è contestabile è la lettura di quei fatti, specie quando indulge all'indulgenza.

E' ingenuo affidarsi al parere di una amica, si sa. E noi non siamo ingenui.
Così come è ingenuo non vedere che il parere singolo potrebbe essere inventato - oppure no -, giusto x denunciare in astratto il ruolo dell'esperienza pratica, come correttivo e premessa delle astrazioni.
L'evocazione dell'esperienza singola, dell'amica, è per evitare la sonnolenza del lettore, se esiste. Diciamo che in italiano si chiama 'esempio' .

Un parere, o cento pareri. Meglio cento pareri, ovviamente. Mi riferisco precisamente al frangente specifico.
Capire la confusione del femminile - perchè questo è, confusione - richiede prima di tutto di confrontarsi con il femminile. Per come la vedo io, la astratta teorizzazione dal predellino con la barba di cacciari richiede di fare un passo prima. La raccolta dei dati.

Una teoria che cerca una esplicazione indulgente del fenomeno di cui stiamo discutendo, è già zoppa, oltre che fuori tempo.
Occorre registrare spietatamente una confusione del femminile, di cui la confusione del maschile è mera conseguenza meccanica.
Questo vedo io, incontrando biblicamente e non, professionalmente e non, 50 donne diverse alla settimana. Vecchie, giovani, lunghe, storte, nonne e sciatrici.
La parola magica è: confusione.
Uscire in strada, e vedere.

Il vetero femminismo stantio, che non è piu' nemmeno vintage perchè è alto antiquariato, richiederebbe un correttivo. Un equalizzatore pro tempore, un maschilismo illuminato, per un tri-quadriennio. In tele, al bar, al circolino.
Questo mica lo auspico per me. Sai che sbattimento?
Questo lo chiedono le 50 donne che vedo io, settimana dopo settimana. Per esempio.

L'uomo si deve ri-maschilizzare. Questo sembrano chiedere le signore di cui sopra, per placarsi, per ritrovare il punto.
Non accentuare il suo lato femminile, e teorizzarci sopra.
Se poi zompettare tra ruolo maschile naturale e femminile che c'é in noi serve per captatio benevolentiae nei confronti della donne che passano di là, allora è un altro discorso. E' una tecnica cicisbea, su cui non ho proprio nulla da dire. Le tecniche che uso io sono quelle tradizionali. Fare il maschio di solito funziona, anche in tempi di grande confusione.
Il metrosexual è una invenzione dello stilista ricchione, per vendere un po' di giubbini in piu', e portare in quotazione quella che un tempo era solo una sartoria improvvisata. Che oggi vorrebbe stare al nasdaq, come le acciaierie.
marco gallione is offline  
Vecchio 02-02-2008, 15.28.18   #5
donella
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Riferimento: La crisi della virilità

Carissimo Arsenio,

Prendilo, ti prego, come il possibile delirio da crisi ipoglicemica... anche se è quello che di cui davvero dubito anche in momenti migliori.

Delirio:

credo fermamente che l'idea attualmente condivisa e auspicata ....di "virilità" e "femminilità" .....sia tuttora la medesima.... della borghesia illuminata (e illuminante) di fine ottocento-primi novecento....

Come credo che la "confusione" sia stata determinata da enormi masse... pressochè casualmente giunte all'applicativo.... nell'assoluta mancanza di propedeutica "sofferenza" e dovuta metabolizzazione dei temi e del rispettivo portato.

...C'erano Uomini e c'erano Donne... che non erano "tutti".
Hanno affermato Princìpi in nome di tutti.
Ma non tutti erano .... Uomini e Donne....
Ingustamente, Bestialmente.... MA non lo erano "tutti"...

L'appropriazione di facili slogan in mancanza di retroterra, anzitutto culturali, realmente "vissuti" credo abbia generato mostruosità.

Mostruosità rimediabili. Forse già rimediate.

Acme del delirio:

l'Uomo e la Donna che "fanno" La Storia.... a me sembrano eternamente gli stessi!!!!!

donella is offline  
Vecchio 02-02-2008, 20.58.21   #6
nevealsole
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Riferimento: crisi della virilità o confusione contingente?

Citazione:
Originalmente inviato da arsenio
E la domanda era: secondo voi sarebbe augurabile l'avvento di un uomo “nuovo” che desse spazio, anche come “educatore familiare, al mondo dei sentimenti e degli affetti? E bada che non intendo affatto sdolcinature e falsi buonismi che li fanno esibire in inautentici pianti pubblici. Si tratta di una nuova virilità, se vogliamo ancor più virile assertiva, e autorevole (non autoritari) di quella partriarcale e di una fragilità mascheratea da comportamenti arroganti e talora purtroppo violenti.

Ciao Arsenio, ciao a tutti.
Lo sai riflettevo oggi su questi scritti, correlandoli ad un banale avvenimento del mio quotidiano che mi ha portato a riflettere un po'.
Devo dire, magari ci tornerò in seguito, che io trovo vero ciò che diceva Marco, circa la confusione.
Credo esista tra le donne, forse anche tra gli uomini.
Confusione data dal non sapere cosa si vuole.
Il cosa si vuole, di solito, lo si capisce dopo aver capito chi si è.
Molti di noi, uomini e donne, non sanno chi sono... e conseguentemente non sanno cosa vogliono.
Sappiamo che in ogni donna c'è un maschile ed un femminile, sappiamo che in ogni uomo c'è un femminile e un maschile.
Il loro sviluppo è differente in ognuno di noi.
In ognuno di noi, la dominanza o meno di uno dei due aspetti porta a cercare di compensarlo in chi si ha di fronte.
Una volta stabilito quale è per noi l'aspetto da compensare, dobbiamo ricercarlo nell'altro.
Una volta stabilito quali sono i punti cardine del nostro maschile e del nostro femminile, dobbiamo scrivere i ruoli e rispettarli.
In una coppia, come nella società: definire quali sono i compiti di ciascuno e attenersi a quell'equilibrio che va bene per la coppia, fregandosene del mondo esterno e di come gira.
Reciprocamente rispettando il ruolo dell'altro, come di pari importanza al proprio nella dinamica della costruzione di una microsocietà chiamata famiglia.
Spero di essere stata chiara, vorrei far meglio ma sono di fretta.
nevealsole is offline  
Vecchio 03-02-2008, 13.57.11   #7
iulbrinner
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Riferimento: La crisi della virilità

Citazione:
Originalmente inviato da arsenio
....l'avvento di un nuovo maschio che sapesse dialogare con la sua parte femminile e rivalutasse l'emisfero delle emozioni,dei sentimenti e correlati,sul piano del saper contenere attivamente come una buona madre ricettiva che sa accogliere i tormenti e i conflitti del suo piccino per aiutarlo a sdrammatizzare e a rassegnarsi....

Rispondo in parte indirettamente - quotando un mio stesso intervento postato in un altro topic di questo forum – e, a seguire, in modo più diretto.

Citazione:
Originalmente inviato da iulbrinner
.....Si tratta, a mio avviso, della medesima approssimazione che sentiamo quando si dice che la nostra sarebbe “una società senza più valori”; non esistono società prive di valori, esistono società che mutano in quanto modificano, nel loro divenire, i valori sociali ed individuali di riferimento.
Nella nostra società i valori c.d. tradizionali sono stati soppiantati da valori diversi: grandezze sociali o socio – psicologiche come la famiglia, la patria, la verginità, il principio d’autorità, la disciplina, il coraggio, la lealtà, la modestia ed il rigore morale sono state svuotate del loro valore. Nessuno ci crede più veramente ed i pochi che vi fanno riferimento sono derisi come cariatidi del passato.
Giusto, sbagliato? Personalmente credo vi fossero valide ragioni perché quei valori (alcuni di quei valori ma non tutti) venissero ripensati e messi in discussione ma il vero problema non è questo; il vero problema è osservare come siano stati messi in discussione e quali siano i valori che hanno preso il loro posto.
Com’è ben noto, quei valori sono stati destabilizzati e messi in discussione a far data dal ’68 in avanti, sull’onda lunga della contestazione al “sistema” che si sarebbe infranta, nelle sue infinite articolazioni socio – politiche, contro se stessa e le proprie stesse contraddizioni culturali.
Cosa emerge culturalmente dalle macerie del ’68? L’attenzione ossessiva per il sé e per la vita interiore (la mentalità terapeutica), il declino dei valori condivisi (famiglia, patria, onore), un’idea di libertà assai più assimilabile al concetto di irresponsabilità e, soprattutto, una demolizione sistematica della figura maschile – percepita quale elemento cardine del vecchio “sistema” – a cominciare dai ruoli da questo rivestiti nell’ambito familiare (padre, marito, amante).
Da lì in avanti, sino ai nostri giorni, la delegittimazione del maschile è proseguita incessante, condita da etichettature diverse ma tutte a connotazione politicamente e culturalmente negativa quali autoritario, militarista, insensibile, porco, violento, sfruttatore, imperialista, xenofobo, discriminante, materialista….per riassumere il tutto in una parola: maschilista.
Contestualmente, quasi come in un sistema di vasi comunicanti, la legittimazione del femminile è avanzata senza sosta; portatrici di pace, amore, bellezza, tolleranza e vita, le donne sono gradualmente diventate l’icona della speranza. Senza fare nulla di dimostrativo, tranne che in materia di bellezza, l’essere donna ha finito per coincidere, in una dinamica di opposizione, con il nuovo modello antropologico di riferimento.
Il posto dei vecchi valori, come faro collettivo ed individuale, è stato quindi preso dai valori del successo relazionale, del successo estetico, del successo sessuale, del successo frivolo, del successo sociale misurabile sulle quantità e sulle qualità; in sintesi, il successo personale, individuale e narcisistico è, in quanto tale e non per i risultati sociali condivisi, il valore portante della nostra epoca (sempre a mio giudizio).
L’individuo contemporaneo deve avere successo in qualcosa, oppure non vale nulla; l’individuo senza successo è “the loser” (il perdente….lo sfigato diremmo noi).....


La psicologia maschile e quella femminile sono strutturalmente e costituzionalmente diverse; questo “fatto” è ormai avvalorato anche da ricerche in campo neurobiologico, oltre che in vari altri campi di ricerca e da elementari osservazioni di buon senso.
L’una (psicologia) non è migliore o peggiore dell’altra, a meno di voler rispolverare “teorie razziali” sul primato di una categoria umana rispetto ad un’altra; esse sono semplicemente diverse ed irriducibili (a mio avviso, complementari, ma è una mia idea).
Della sfera psico-affettiva dell’individuo si occupa la psicologia ma se ne occupa a livello individuale e soggettivo, non sociale o culturale; quando la cultura psicologica deborda da questo confine, fuoriesce dal proprio raggio d’azione, invade altri campi di ricerca (sociologia, antropologia, psicologia sociale) e coltiva la pretesa di voler spiegare il sociale con i propri strumenti concettuali - si trasforma in “psicologismo” che, come tutti gli “…ismi”, significa ideologia.
Quando lo psicologismo ha la pretesa di promuovere certi modelli di comportamento rispetto ad altri, quando ha la pretesa di accreditare modelli antropologici formulando “giudizi di valore” sociale che non gli competono, oltre a fare ideologia tradisce lo stesso spirito della ricerca scientifica psicologica, il cui obiettivo principale è quello di restituire l’individuo alla propria “autenticità” naturale, non di allontanarlo da essa.
Nell’analisi sociale postata è descritta la femminilizzazione della società e della cultura, accompagnata e rafforzata da uno psicologismo crescente ed onnipervasivo; non mi sembra che il risultato ottenuto sia entusiasmante.
Il mondo che scaturisce dai mutamenti sociali e culturali postsessantottini dovrebbe teoricamente essere un mondo più felice del precedente; lascio alla libera valutazione soggettiva se sia effettivamente così o meno, a me non sembra.
Il nostro mondo è dominato da una crescente “inautenticità”; il tema dell’alienazione da sé percorre la nostra cultura ormai da decenni e, collateralmente, il consumo di psicofarmaci ha raggiunto picchi tali da riguardare, sembra, oltre il 60% della popolazione, adolescenti compresi. I disturbi narcisistici della personalità sono alla base di episodi di cronaca quotidiana ai quali, ormai, non facciamo quasi più caso.
Lo scimmiottamento di atteggiamenti femminili da parte maschile e di quelli maschili da parte femminile entra coerentemente in questo quadro e partecipa alla corrosione delle identità e dell’autenticità dei rapporti sociali.
No, io non credo che la femminilizzazione maschile sia un “valore” da perseguire; lo considero piuttosto uno psicologismo nefasto da contrastare.
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Vecchio 04-02-2008, 21.09.32   #8
Antigone
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Riferimento: La crisi della virilità

Pensieri sparsi e vaganti nel leggervi.

Il primo concetto che mi colpisce è la presenza negli interventi di un vertice osservativo unico, un enorme piatto schermo in cui si è o così o colà, sempre, in ogni luogo, circostanza e tempo. Come se non si riuscisse ad integrare, far proprie parti di Se, che possono essere diverse ed elicitare e/o espresse in alcuni contesti piuttosto che in altri.

Io donna posso essere più virile in un contesto lavorativo e più femminile in un contesto intimo, emotiva in un gruppo di amici/che, razionale se devo stilare un progetto, non è che necessariamente si debba fare a botte e traslare un mondo nell'altro per uniformità. E magari, luoghi differenti possono portare una persona a vivere le sue parti senza doverle appunto, come già sottolineato, uniformare, dando vita alla più grande sofferenza che una creatura possa autoinfliggersi, quella di non essere autentica.

Gli esseri umani non sono monadi isolate e monocromatiche, bensì caleidoscopici viventi esseri, in continuo divenire.

Verissimo anche che nascere in un tipo di cultura dominante, laddove intendo statisticamente e numericamente più numerosa, porti a strutturarsi in un modo in cui i margini di auto-determinazione sono liberi solo entro i binari predeterminati, pena l'esclusione sociale, l'emarginazione o peggio la fuga in un mondo fantastico, ma senza radici. Motivo per cui sono fautrice di una Vita che abbia più possibilità di avere insiemi, lavoro, privato, intimo, hobbies, interessi, volontariato, famiglia, a volte intersecati, a volte tangenti, che possano dar voce alla propria natura, così che, laddove un ambiente, magari forzato come potrebbe essere un luogo lavorativo non scelto, ma vissuto per necessità materiali, frusti una parte di quello che si è, questa possa trovare modo di estrinsecarsi in altri circuiti.
Antigone is offline  
Vecchio 04-02-2008, 23.06.45   #9
iulbrinner
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Riferimento: La crisi della virilità

Citazione:
Originalmente inviato da Antigone
Gli esseri umani non sono monadi isolate e monocromatiche, bensì caleidoscopici viventi esseri, in continuo divenire.

Sì, ma fino ad un certo punto, che è quello dettato dalla natura e non dalla cultura.
Si può evolvere quanto ti pare ma non fino al punto da contraddire la propria "natura" e la propria identità di base, senza cadere nell'estraniazione da sè.
Poi, ovviamente, nella vita ciascuno di noi percorre i sentieri che preferisce; ma questo attiene alla sfera soggettiva, non se ne può fare un'ideologia valida per tutti.
iulbrinner is offline  
Vecchio 05-02-2008, 02.08.41   #10
marco gallione
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Messaggi: 363
La crisi della (sua) virilità

Quel che scrive kore è vero.
Ogni esperienza soggettiva potrebbe dirsi unica.
Lo sappiamo anche noi, che veniamo dalla provincia.
marco gallione is offline  

 



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