Ospite abituale
Data registrazione: 01-04-2004
Messaggi: 1,006
|
analisti e psicofarmaci
Da ricerche al Pet la parola agisce come gli psicofarmaci sui circuiti neuronali e collegamenti sinaptici. Ogni fenomeno soggettivo ha un corrispettivo biochimico, anche se il pensiero non è secrezione cerebrale, ma nemmeno puro spiritualismo. Il dialogo interno, con cui interpretiamo le nostre vicende dev'essere esaminato con chi è capace di ascoltare,senza essere legato a suoi rigidi schemi mentali. Che comprenda i propri e altrui stati mentali, che faccia notare la non pertinenza di radicate convinzioni, che si affidi alla sua sensibilità ed emozionalità. Come richiesto a ogni riuscita relazione, che riesca a contenere tormenti e conflitti. Ma beneficiare di tale comprensione totale è raro, come lo è anche in un rapporto familiare o amichevole.
Alcune forme di disagio derivano da nostre distorsioni sulla visione del mondo, che impediscono di affrontare gli eventi adattandovisi, dopo un loro corretto esame. Ad esempio, non si anticipi il timore per eventi poco probabili che si potrebbero verificare, ma neppure ci si adagi in un superficiale ottimismo. I pensieri illogici sono lontani dal principio di realtà e connessi a sintomi di sofferenza. Richiedono di neutralizzare i condizionamenti che ne sono alla base, per poter riconsiderare la situazione. Con il “modello cognitivo-comportamentale” s'intende l' autoosservazione per riuscire a vedere con altri occhi.
Quali strategie comunicative dovrebbe privilegiare l'analista? Riterrei adatto un “linguaggio del cambiamento”, che è il titolo di un noto testo di Watzlavich, dove riferisce su un cognitivismo “ante litteram” . Antifone di Atene utilizzava le parole stesse del malato per ristrutturare ciò che credeva “reale” o “vero”, allo scopo di cambiare la sua immagine del mondo che lo faceva soffrire. E Gorgia raccontò : “il medico non riusciva a persuaderlo e ci riuscii io con la retorica”. Ancora Quintiliano: “per convincere sono necessarie le parole giuste”. Allo scopo di far reinterpretare un vissuto falsato che inquieta si suggerisce un linguaggio parsimonioso, ma denso, metaforico,ricco di calembour, illuminante,carico di significati e particolarmente efficace per l'emisfero destro. Anche sotto forma di rime, assonanze, chiasmi. Quindi giova la creatività, l'immaginazione, un opportuno humour, per ridurre tensioni e far vedere le cose da un diverso punto di vista, più che troppo perdersi nelle interpretazioni dei sintomi. Ma tutto è insufficiente, se non è associato a una flessibile abilità linguistica. Per riuscire a concettualizzare problemi umani, per adattarsi agli altrui registri linguistici. Soprattutto per saper rispecchiare, condensato in parole essenziali, il succo di un discorso. Per conoscere il potere delle parole con i loro impliciti significati. Del resto, l'inconscio si struttura come un linguaggio (Lacan) e può ridursi in forme retoriche. Anche Freud notò una certa analogia con le opere poetiche.
L' analista deve saper dire al paziente cosa gli sta succedendo, perchè agisce così e come può sopportare l'esistenza. Questi tratti di equilibrio, autoconoscenza, applicazione di saperi, invenzioni verbali, sensibilità, distacco da clichè, padroneggiamento di situazioni comunicative, ecc. non sono frequenti , nemmeno tra i professionisti. Tra l'altro categoria sovente segnata da disagi mentali. Avrebbero scelto d'interessarsi ai devianti mentali per proiettarvi loro analoghi problemi.
Perciò sono scettico su di un' interpersonalità vivificante in cui si fa tesoro comune di parole dette e ascoltare, per una comprensiva partecipazione con vero interesse ai problemi e alle opinioni dell'altro. Senza manipolare, imporre convinzioni, cadere nella tentazione del narcisismo sordo e monologante,indifferente alla relazione e all'apertura al confronto. Inoltre, nell'epoca dell'ottica del guadagno, dove il denaro s' impone come simbolo dell'unico valore, ogni etica umana deve sottostarvi. E tale rapporto è per sua natura mercificato.
Come dovrebbe presentarsi un analista? Essere se stesso ed esserne allo stesso tempo staccato. Fa recepire la sua verità umana. Perchè ciò che più conta nona sono le teorie, ma l'interpretazione del transfert e del controtransfert (stati affettivi reciprocamente suscitati tra paziente e analista) per un'analisi che coinvolge due interiorità. Sono necessarie capacità ricettive e relazionali; sapersi mettere in gioco, senza manifestare paternalismi e presunzione, senza “buoni” falsi sentimenti. Non dipende troppo dalle sue tecniche o dal proprio modo di essere. Anche secondo Jaspers (Psicopatologia generale, 1913) dev'essere volto a una perpetua autochiarificazione per espandere la sua pur ricca personalità, riconoscendo i propri, oltre che altrui limiti. Alla base sta un suo intenso lavoro intellettuale, autodisciplina, maturità, esperienza del mondo e dei rapporti umani.
Percepisce correttamente pure le proprie emozioni e disagi, per poter comprendere quelli dell'altro, dove nota punti di contatto.
Si avrà capito che si tratta di una personalità in pratica inesistente,e oltretutto nemmeno fa parte di un Sé ideale a cui oggi aspirare quale modello comportamentale. La nostra società non valorizza l'abilità interpersonale di chi padroneggia il linguaggio dei sentimenti.
In conclusione il terapeuta dovrebbe guarire proponendosi come personalità equilibrata, accuditiva e dialogante. Essere inoltre un abile e originale comunicatore. Non lasciando troppo trapelare la sua impellenza di guadagno.
Anche per tale motivo gli psicofarmaci, sempre più perfetti, mirati alla persona, dalla subitanea efficacia, saranno le terapie sempre più privilegiate per i disagi dell'anima. E più logiche, alla luce delle ricerche nel campo delle neuroscienze e della biochimica.
“Gli inebrianti alterano il chimismo del corpo; ... la felicità come quiete ....
Il mezzo più rozzo è quello chimico: l'intossicazione ...
Anche nella nostra chimica avvengono risultati simili. Per esempio la nostra vita psichica normale presenta oscillazioni ...
Il processo tossico dei processi psichici non è stato a tutt'oggi investigato” ( Freud, Il disagio della civiltà, 1929)
Lo stesso padre della psicoanalisi intuì le future ricerche sul substrato organico e biochimico,alla base dei processi di tipo cognitivo-valutativo, emotivo ed intellettuale.
|