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04-10-2006, 01.19.17 | #22 | |||
Moderatore
Data registrazione: 18-05-2004
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Riferimento: Due Verità
Citazione:
Mi sembra sempre di stare tra l'incudine ed il martello da una parte quelli che dicono che la razionalità è un metodo fisso ed immutabile, dall'altra parte quelli che dicono che la razionalità è un qualcosa che può mutare come vuole e quando vuole. Entrambi le posizioni non mi soddisfano, essendo troppo estreme. 1) La razionalità non è un metodo 'rigido' (leggi: formalizzabile) e deciso una volta per tutte. Non può essere rigido perchè molte volte principi razionali diversi possono, nella stragrande maggioranza dei casi, entrare in conflitto: la semplicità e il potere esplicativo, per esempio. e qual è il punto di equilibrio corretto? dipenderà dai casi, dal contesto, dai nostri interessi particolari, etc. Non può essere immutabile, perchè il concetto di razionalità è legato all'uomo, e quest'ultimo è fallibile e prefezionabile. E se si trattasse la razionalità come concetto astratto a cui tendere, l'importante sarebbe comunque che l'accesso a tale limite ideale sarebbe sempre soggetto ad errori umani, e quindi concretamente la razionalità rimarrebbe epistemicamente mutabile. (anche se fatico a pensare ad una razionalità ontologicamente fissa, ma espistemicamente mutabile; la razionalità, infatti, è un concetto chiave dell'epistemologia.) 2) Detto questo, però, non voglio dire che l'idea di razionalità potrà cambiare illimitatamente ed arbitrariamente in futuro. Per esempio, la semplicità e il potere esplicativio, rimarranno principi generali validi (come anche gli altri: coerenza inter-teorica, conservatorismo, eleganza, etc.). Potranno cambiare i pesi che si assegnano a tali pricipi in determinati casi, magari si potrà aggiungere quanlche altro principio, ma spazzare via l'idea di razionalità che abbiamo ora è impensabile. Il cambiamento ci sarà, ma tale cambiamento non sarà mai un uragano che spazza via tutto e ricostruisce tutto dal nulla. Citazione:
la tua tesi è in generale accettabile, ma credo che per principi centrali come il principio d'identità e il principio di non contraddizione sia diverso. credo, anche, di poter mostrare la validità del pi e del pnc senza cadere nella trappola da te illustrata. prendo un mio intervento di un topic aperto da me un po' di tempo fa: P.n.c. Citazione:
ti consiglio di leggere un altro topic aperto da me: Difesa del Principio di Non Contraddizione, senza cadere nella Metafisica:. epicurus |
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04-10-2006, 10.10.28 | #23 |
Ospite abituale
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Riferimento: Due Verità
Evitiamo di contorcerci troppo intorno alla definizione e marcatura dei termini Ragione e ragionamento. La distinzione da me suggerita, ancorché vera, è assolutamente ininfluente rispetto al tema trattato, lo confermo. La mia è stata una notazione del tutto marginale ed incidentale. Non tendeva minimamente ad avvalorare o supportare le mie tesi, cioè che un ragionamento, se sviluppato con razionalità, il raziocinio che l’informa prescinde dal tempo e dalle eventuali, solo futuribili ed ipotizzabili, modificazioni che dovessero intervenire nei parametri utilizzabili per ritenerlo più o meno razionale. Ciò anche qualora le conclusioni cui si giungesse, conformandosi ai mutati parametri, dovessero differire notevolmente.
I principi d’identità e di non contraddizione sono delle sorte di marcatori imprescindibili dei vari step del ragionare, almeno per il momento. Entrambi determinano la coerenza del ragionamento, anche qualora questo fosse totalmente falso, anche in presenza di premesse mendaci, o non più da ritenere valide. L’intero processo argomentativo si conchiude in se stesso, prendendo le mosse da una premessa che è sviluppata nell’esposizione vera e propria, questa deve mantenersi coerente con la premessa, senza contraddirla, senza invalidarla. Il tutto sbocca in una conclusione armonica e simmetrica, ove siano evitate forzature che rappresenterebbero dei picchi che squilibrerebbero l’intero ragionamento. Ai fini della razionalità sottostante il ragionamento, non ha alcuna rilevanza che le premesse siano apodittiche o assiomatiche, è importante, invece, che siano assunte come fondamento dell’escursus logico. Parimenti non ha rilievo la conclusione cui giungi, dovendo questa attenersi alla regola della coerenza. Tu, per dimostrare quel che sostieni, sei costretto ad introdurre una forzatura nel tuo ragionare. Inserisci, in altre parole, un elemento possibile, il cui avverarsi è però proiettato in un tempo che non conosci, il che lascia campo aperto a chi dovesse o volesse sostenere che quelle modificazioni non si determineranno (anche questo è possibile). Diventa così un discorso del o intorno al ‘forse’, non più molto razionale, troppo ipotetico, privo dei crismi della coerenza, perché non dimostrabile attraverso l’esplicazione di modelli pratici. Ciononostante si potrebbe provare a sviluppare un discorso intorno al ‘forse’, all’ipotesi che i parametri siano del tutto modificati ed accettati universalmente. E’ forse il caso della fisica quantistica. Mi muovo su un terreno minato, senza avere troppe cognizioni del tema in questione, se non quelle estrapolate, forse anche distrattamente, dai canali d’informazione. Provo, con il dubbio di “toppare”. Siamo abituati a ritenere un oggetto ben localizzato nello spazio e nel tempo. Tale localizzazione è reale perché desunta dall’osservazione empirica del dato fenomenico, misurata e dimostrata. La fisica meccanica ci suggerisce che la materia, quella determinata materia, è in un preciso momento localizzata entro uno spazio ben definito e delimitato, nega così che possa trovarsi anche in un altro luogo. Insomma, la fisica classica nega alla materia la possibilità d’ubiquità e di bilocazione. La sua collocazione nello spazio e nel tempo prescinde dall’osservatore. I casi di diversa localizzazione sono spiegati attraverso il concetto di punto di visuale, direi di ‘prospettiva’. La meccanica quantistica, viceversa, postula che una particella subatomica, quindi materia, sia ‘delocalizzata’, andando ad occupare nel medesimo momento – quello dell’esperimento – spazi diversi. Per cui, quella medesima particella è qui e pure là, cosa non ammessa a livello di mondo macroscopico. Espandendo la teoria, essendo il mondo fenomenico composto di materia, quindi di particelle sub atomiche, potrei affermare senza tema di smentita, che sia ragionevole ritenere che un oggetto possa occupare nel medesimo istante due diversi spazi. Ma questo cozza brutalmente con il dato empirico dell’osservazione. Parrebbe che il macrocosmo annulli ciò che è reperibile nel microcosmo attraverso un processo definito di ‘decoerenza’. Sarebbe cioè da ritenere coerente che, essendo un oggetto composto di particelle sub atomiche, avendo queste la peculiarità di ‘bilocarsi’, anche l’oggetto mantenga questa proprietà. Eppure sappiamo che non è così, ciò rappresenterebbe un’aporia improponibile per i nostri sensi. Eppure, se ci pensi, il paradosso è razionalmente concepibile, anche se smentito dall’esperienza. Ora è assolutamente razionale sviluppare un qualsiasi argomento che si basi sul principio attestato dalla fisica classica, senza che questa razionalità sia inficiata dall’accoglimento di quanto suggerito da quella quantistica. Altrettanto razionale sarebbe un ragionamento che ruoti intorno al concetto di ‘delocalizzazione’, senza che l’imperativo dell’esperienza di tutti i giorni possa invalidarne i presupposti e la conclusione stessa. E’ quindi razionale il racconto di un uomo normale che nel medesimo istante compie due diverse azioni in due diversi luoghi, anche se questo racconto fosse invalidato dalla nostra esperienza quotidiana. Ho riletto e ti giuro che non ho ben compreso se l’esempio citato sia pertinente, mi sembra di sì. Speriamo di non ingolfarci su dotte spiegazioni del funzionamento della meccanica quantistica e di quella classica, quel che mi preme sottolineare sono le premesse, lo sviluppo dell’ipotetico racconto dell’uomo ‘ubiquo’ e la conclusione a cui si potrebbe giungere. Ciao |
04-10-2006, 14.34.58 | #24 |
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Riferimento: Due Verità
@fallen
La ragione ammette la possibilità dell'esistenza di un Dio. La fede non ammette la possibilità che Dio non esista. In presenza di prove incontrovertibili la ragione arriverebbe ad ammettere l'esistenza di Dio In presenza di prove incontrovertibili la fede non arriverebbe mai ad ammettere la non esistenza di Dio Se la ragione deve far poggiare certi ragionamenti su una base irrazionale come gli assiomi per la matematica è perchè gli conviene e comunque ne è consapevole e lo ammette...la fede fa poggiare se stessa su qualcosa di irrazionale facendolo passare per prova inconfutabile. La ragione sa che la vita poggia su qualcosa per ora di totalmente irrazionale ma forse è proprio questa consapevolezza che le permetterà di fare un eventuale salto altrimenti impossibile. La ragione se non è sorretta da interessi personali ma da amore per la verità è disposta ad ammettere i propri errori o comunque punti deboli la fede no. Ultima modifica di individuo : 04-10-2006 alle ore 15.37.00. |
04-10-2006, 18.54.42 | #25 |
Ospite abituale
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Riferimento: Due Verità
Molti scelgono la prima perchè è quella che hanno sentito dire maggiormente da preti, credenti e quant'altro. Ormai gli è stato inculcato nella mente che Dio ha creato l'uomo a sua immagine e somiglianza (e qui c'è stato un grande errore di interpretazione) e quindi è il preferito tra tutte le sue opere...
ci serebbero molte cose da ridire... |
07-10-2006, 11.26.09 | #26 | ||
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Riferimento: Due Verità
Citazione:
Un momento,però.Anche a me quelle posizioni sembrano troppo estreme. Del resto,in realtà non intendevo dire che "la razionalità può cambiare" come e quando vuole ,bensì,semplicemente,che la razionalità può cambiare. Non specifico altro perchè credo che la tua intelligenza arrivi da sola a comprendere la differenza fra le due cose;anzi,non è che lo credo,lo vedo da quello che hai scritto,con cui sono d'accordo. Citazione:
Mi pare che queste cose dimostrino la validità dei principi in discussione,non che tali principi dovranno necessariamente rimanere validi in futuro,per quanto essi ci sembrino del tutto necessari. Quando dico questo,non penso tanto a un abbandono o a uno stravolgimento totale di quei principi,che mi sembra altamente improbabile. Penso a una certa modifica(come un'aggiunta),sul tipo di quella che Platone e Aristotele portarono al concetto parmenideo del "il non essere non è" tramite il concetto di non essere qualcosa ma qualcos'altra(perdonami,non mi viene il termine esatto! ). |
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07-10-2006, 11.32.33 | #27 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Due Verità
Citazione:
E' vero,ne sono consapevole. Ed infatti ogni discorso attorno a un "forse" è proprio così,poco concreto,poco scientifico,poco razionale. Eppure rimane possibile.E' un'ipotesi che rimane razionale,anche se remota,anche se dubbia,anche se contrastabile attraverso un'altra ipotesi contraria. Ma,almeno mi sembra,non è davvero confutabile.E questo noi dobbiamo considerarlo. In fondo,proprio per il carattere della mia argomentazione,io non sto dicendo nessun "E' COSI'!" ma solo un molto più cauto "Potrebbe essere così". E' un cauto dire(e forse è un dire poco),che però,almeno per adesso,continua ad avere una sua validità. |
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07-10-2006, 11.45.24 | #28 | |
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Riferimento: Due Verità
Citazione:
Questo argomento mi ha fatto venire in mente una cosa,ovvero: i soggetti delle due frasi sono "ragione" e "fede". Ora,almeno io non ho mai avuto il piacere di incontrare di persona queste signore,Ragione e Fede,non sò tu. Voglio dire che Ragione e Fede sono due nostre astrazioni,due concetti,che da sè non ammettono nulla,ma che,pur essendo qualcosa(restano infatti distinguibili fra loro e da altri concetti),permettono al soggetto che "vive" la ragione e\o la fede di interpretare in vario modo questi concetti,di viverli diversamente. La fede,di per sè,è credenza acritica,ma non credenza dogmatica. Conosco molte persone di fede che credono in Dio e vi credono fortemente,e che però sanno ammettere la possibilità razionale della sua non-esistenza. Naturalmente,a livello personale devono poi fare i conti con questo dubbio;naturalmente,la loro fede è più tormentata del normale. Eppure,loro sono prova che questo modo elastico di vivere la fede è possibile. Ma ci stiamo allontanando dal fulcro del mio intervento:la razionalità possibile in ogni sistema. Il tuo argomento non mi pare infici questa possibilità,perchè al massimo,se hai ragione,ne concludiamo che la fede è basata su presupposti irrazionali,ma non che poi sviluppi un edificio sull'irrazionalità. E che non sviluppi un sistema teorico basato sull'irrazionalità è evidente:il cristiano non pensa-ripropongo lo stesso argomento-che Dio sia uno e trino ma anche che non sia uno e trino. Altro esempio:il cristiano non pensa che se Dio ha creato tutto ciò che esiste,Egli non abbia creato l'uomo. Si può anche credere che il mondo sia stato creato da un elefante rosa e nonostante questa assurdità si può costruire,sulla base dell'assurdo,un sistema che abbia in sè qualche elemento di razionalità. Saluti |
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08-10-2006, 23.58.32 | #29 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Due Verità
Citazione:
Ma la ragione nel senso di essere razionali e logici non è un concetto astratto è un modo di porsi...la fede si che è un concetto astratto. |
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09-10-2006, 12.36.56 | #30 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Due Verità
Citazione:
Certamente che essere razionali è un modo di porsi,è un atto,è un fare. Ma è anche concetto,è anche astrazione,è anche il pensiero sulla natura di quell'atto,un'indagine su ciò che lo rende "razionale". E' il nostro modo di parlarne. Lo stesso vale per la fede,che è tanto atto quanto concetto. |
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