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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere. |
19-02-2006, 02.11.40 | #4 | ||
può anche essere...
Data registrazione: 11-09-2002
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Re: Re: il ruolo dell'io autocosciente
Citazione:
Non ti capisco quando parli del "progetto galattico di raggiungere dio". Quanto al fatto che l'io sia l'unificatore (o il risultato dell'unificazione?) di tutti i fotogrammi della propria vita, sopratutto scattati da altri, posso essere tranquillamente daccordo: la persona è un automa programmato. Ma allora a cosa serve essere autocoscienti? E autocoscienza lo intendo ancora come presenza del pensiero a se stesso.E questa domanda la pongo in una prospettiva che vede la natura, e quindi anche l'uomo, da un punto di vista funzionalista: ogni cosa che esiste è come un dentino di un ingranaggio, incastrata tra altri dentini di altri ingranaggi, in un macroscopico meccanismo.. tutto è programmato, non esiste libertà, e quindi l'autocoscienza che da l'illusione della libertà.. è inutile? Oppure, da questa prospettiva, è possibile trovare un utilità a questa illusione? Oppure non è illusione? Magari l'autocoscienza, attraverso cui l'automa osserva il suo pensiero, può servire a far presente al suo pensiero dei condizionamenti (pensieri condizionati) a cui può così sottrarsi? Quindi esisterebbe un pensiero più puro, originario dell'individuo, incontaminato dai condizionamenti esterni, che può prendere coscienza dell'esistenza di altri pensieri, questa volta spuri, condizionati. E l'equilibrio esistenziale starebbe magari nell'identiicarsi con la propria vera, pura, identità pensante, al contempo sapendo usare consapevolmente le idee condizionate quali strumenti per relazionarsi col mondo esterno, che è strutturato attraverso queste idee. L'errore starebbe nell'identificarsi con il sottoinsieme di idee spurie che servono (incarnate in sè) a far funzionare parte di questa struttura, ignorando la propria più pura essenza. Un essenza che, essendo originale, rischia anche di essere sovversiva nei confronti del sistema, che sarebbe corso ai ripari cetrcando di far dimnenticare a tutti che, oltre a essere parte della società, sono anche individui. Forse da questo punto di vista l'autocoscienza potrebbe servire proprio per difendere il soggetto originale dall'inglobazione sociale, e il soggetto originale servirebbe a ...boh.. Non so, è un ipotesi, possono essercene altre. Citazione:
Nella seconda parte del post avanzi una prospettiva interessante: il pensiero è il programma (programmato da altri, nemico del 'me puro'), e normalmente una persona si identifica col pensiero e quindi col programma. Ma in realtà la coscienza e l'autocoscienza viene dalla vita. prima ho cercato di conciliare il pensiero come programma sociale e il pensiero come espressione indiviudale, e credo che il pensiero come espressione individuale si avvicini un pò alla "coscienza che viene dalla vita", però non so ancora di cosa si tratta, se hai voglia di proseguire ti ascolto. ciao Ultima modifica di r.rubin : 19-02-2006 alle ore 02.12.53. |
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19-02-2006, 12.14.21 | #5 | |||
Ospite abituale
Data registrazione: 08-04-2002
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Provo a rispondere....
Citazione:
Citazione:
Citazione:
Se indaghiamo quel confine e scopriamo che “ciò che siamo è tutta la realtà che percepiamo in ogni determinato punto dello spazio e del tempo” (ma questo deve essere un dato verificato dalla nostra esperienza), le cose sono diverse. Della vecchia idea che avevamo di noi stessi rimane solo la coscienza che continua ad essere coscienza di noi, ma quel noi che prima era solo il percettore ora include anche il percepito. Non so se ti ho risposto….. ma nel caso sono nei paraggi…. |
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19-02-2006, 12.35.53 | #6 | |
Ospite
Data registrazione: 06-12-2005
Messaggi: 7
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Citazione:
Penso di aver inquadrato il problema e mi intrometto nella questione. Il problema che poni e le conclusioni alle quali arrivi penso che siano sbagliate perche lo sono i presupposti. Riprendendo i tuoi esempi, percepisco un cane,l'associazione cane-morde, morso-dolore, dolore-timore, timore-tenersi a distanza di sicurezza per evitare il dolore. Questo a te fa pensare che l'uomo sia governato dalle sue idee, e non è il libero padrone di se stesso. A me invece fa pensare che questo fenomeno di percezione dei pericoli in generale, sia la dimostrazione evidente della necessità dell'esperienza, se l'uomo si allontana dal cane è perke ha dentro di se un immagine negativa dei cani, la sua esperienza passata gli ha parlato, e ricordandosi di quando è stato morso da bambino ora si allontana dal cane. Spesso però questo processo non appare con evidenza ai nostri occhi, perche non è consapevole. Ma attenzione è qui che voglio arrivare, la nostra reazione di fronte al cane non essendo consapevole ma meccanica ci fa credere di non essere liberi nelle proprie azioni, in una certa misura, determinati, dal nostro passato e la nostra esperienza vissuta. Io invece in questo vedo il fenomeno più elementare dell'autosufficienza e della sopravvivenza dell'essere, ed è proprio quando queste reazioni diventano meccaniche che il corpo le utilizza in modo istantaneo e profittevole, potremmo cosi evitare di farci mordere da un cane ogni volta che ne incrocieremmo uno, oppure senza questi processi di automatizzazione ed inserimenti in uno schema concettuale, dovremmo studiare ad ogni volta quello che abbiamo davanti per poter alla fine concludere che questo è un cane, ma è cosi che saremmo condannati a ripetere sempre le stesse esperienze in eterno, è quello che succede ai malati di afasia, perdere la memoria e dunque la capacità di categorizzare pone il malato nella dura posizione di dover sempre affrontare un problema come nuovo, non troverò mai la strada di casa da solo, continuerà a ripetere gli stessi errori o a farsi mordere sempre dallo stesso cane. Riprendo il tuo esempio invertendolo, il cane vede il padrone, cane associa al padrone-biscotto, al biscotto-bastone di legno, e cosi va a recuperare il pezzo di legno che gli è stato tirato dal padrone. Non sei d'accordo con me che il processo è identico? Che questi automatismi sono una prerogativa indispensabile per l'esperienza del reale? tutte le forme viventi (e noi che siamo?) anche i batteri hanno questo funzionamento. Arrivati a questo punto sembra che non vi siano differenze tra uomo e animale. In verità l'uomo per quel che riguarda l'A-zione consapevole ,e non più la RE-azione irriflessa, ha un margine più importante di indeterminizzazione e dunque di libertà sull'azione futura. Ritornando su quello che dicevi, siamo in un certo senso determinati, (lo intenderei ancora ad un livello debole ed ora ti spiego perke) dal nostro passato, anzi dalla memoria che noi abbiamo d'esso, inseriamo in certe categorie di pensiero il reale, che questo serva nel bene o nel male nella percezione del presente. Ed è qui che vedo il tuo errore. Io mi fermo ad una percezione deterministica del momento presente, tu invece lo allarghi anche all'azione. Se nella percezione presente vedo un cane, ma che la mia coscienza mi dice che quel cane essendo di Francesco deve essere sicuramente un cane buono che non morde, mi avvicino a lui e lo accarezzo, la nostra libertà sta nel agire. Questo è il punto centrale di tutto il ragionamento, io posso si percepire il pericolo che sta davanti a me, ma la mia autocoscienza intervenendo (tramite riflessione) sulla percezione presente può suggerirmi in quale altro modo posso agire, ed è qui che la nostra più totale libertà ci viene restituita. Spero di aver centrato il problema sicuramente interessante che hai voluto porre- spero un eventuale risposta, ciao a presto |
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20-02-2006, 12.05.57 | #7 | ||
può anche essere...
Data registrazione: 11-09-2002
Messaggi: 2,053
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Re: Provo a rispondere....
Citazione:
più che una vacanza è un esilio nella "polinesia del pensiero", un triste esilio inconsapevolmente autoimposto. Senza corpo siamo più morti che vivi, scappare dal corpo nel pensiero.. uccide! Citazione:
mi sembra una posizione fenomenologica: non c'è distinzione tra coscienza e oggetto che appare alla coscienza. Nel momento in cui un oggetto appare alla mia coscienza quell'oggetto diventa mio, almeno nel senso che è una mia percezione. Ma tu non sei un idealista, nel senso che, se è vero che vivi nell'unione tra coscienza e ciò di cui sei cosciente, non credi che quell'oggetto sia la concretizzazione del tuo pensiero. Tu credi ad una realtà indipendente dal soggetto, no? E inoltre consideri il pensiero, condizionato, gabbia in cui l'uomo-cosciente-per la vita si rinchiude, identificandosi con esso. Quindi, sintetizzando, tu credi che la strada stia nel decondizionarsi dal pensiero e vivere l'unione tra percepito e coscienza percepiente, ossia vivere il presente della e nella percezione, senza che il pensiero condizioni la percezione.. ? E' la strada della meditazione! Sbaglio? E fusa con la credenza nell'esistenza dell'anima (spiegazione dell'autocoscienza e quindi del suo ruolo (che ancora non mi è chiaro dal tuo punto di vista) dell'anima eterna.. perchè dici che se ci identifichiamo col pensiero la coscienza ci appartiene solo per un numero limitato di anni.. |
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20-02-2006, 12.37.24 | #8 | |
può anche essere...
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Citazione:
Tu dici che l'animale percepisce e reagisce per apprendimento condizionato. Mentre l'uomo categorizza le percezioni attraverso quanto appreso in passato, senza però reagire in modo irriflesso alle situazioni così interpretate: le sue azioni sono libere, perchè essendo autocosciente può fermarsi e riflettere sulle diverse interpretazioni da dare alla situazioni, sulle diverse possibilità di azione, e quindi scegliere la migliore. ma secondo me, il ruolo dell'autocoscienza non è quello di innescare la riflessione sulle possibilità alternative. Questo processo potrebbe essere meccanico, un processo mesos in atto da un cervello più complesso di quello del cane ma secondo procedimenti simili a quelli del condizionamento, solamente che sono svolti ad un livello ulteriore: il cane del 2000 è semplice, fa solo 1+1.. vede un bastone e lo associa al biscotto, appena il padrone lancia il bastone, lui corre a prenderlo per ricevere il bisocotto. Invece, il cane del 4000 vede un bastone e lo associa a varie esperienze vissute: prima al biscotto, poi lo associa anche al padrone che lo allontana perchè vuole stare un momento con la sua ragazza sulla panchina senza che il suo cane continui a saltargli in braccio. Poi associa al biscotto il padrone che prende i biscotti dalla credenza della cucina prima di mettergli il guinzaglio e uscire, poi associa al momento di intimità con la ragazza del pradrone dei sorrisi e anche dei sorrisi di alcuni padroni di un cane che aveva visto sulla panchina a sbaciucchiarsi infastiditi dal loro cane, padroni che sono venuti dal suo padrone e chiedere uno dei suoi biscotti per poi darglielo al loro cane e restare a sbaciucchiarsi in pace, poi associa al parco in cui si trova adesso il parco frequentato da un cagnolino che mangia un sacco di biscotti. Il padrone lancia il bastone, ma siccome il cane non associa monoliticamente, e ha un cervello che concepisce le alternative, non corre istantaneamente a prenderlo (perchè questo comportametno non condurrebbe al biscotto desiderato: infatti ha associato alla mancata apertura della credenza della cucina l'assenza di biscotti nella tasca del padrone.) Quindi sta li a infastidire il padrone: ricorda inoltre gli innamoranti ruba biscotti e la presenza del cagnolino pieno di bisocotti. Continua a iunfastidire finchè il padrone va a chiedere un biscotto all'altro padrone. Cioè le varie altrenative di azione a cui pensiamo possono essere semplicemente attivazioni sucessive di associazioni mentali collegate alla situazione, in uno stato mentale generale di attesa, di temporanea sospensione dell'azione. La scelta tra queste alternative, poi, non è libera, perchè dipende dalla valutazione delle alternative, valutazioni finalizzate a trovare la migliore, valutazioni che avvengono secondo criteri di valutazione. Ma questi stessi criteri sono condizionati, o culturalmente, oppure dalla natura biologica. E insomma, tutto questo può farlo anche un computer, anche se non è autocosciente! In questo quadro, l'autocoscienza a cosa serve?? Ultima modifica di r.rubin : 20-02-2006 alle ore 12.39.24. |
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20-02-2006, 12.59.23 | #9 | |
Moderatore
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Citazione:
innanzitutto vorrei far notare (ma magari tu sei già d'accordo su questo) come per comprendere le azioni non si può fermarsi a ciò che si vede (o si sente). non è il fatto che il cane vede il bastone, che fa si che il cane faccia xyz, bensì è il fatto che il cane creda di vedere il bastone. così, per gli animali e per gli uomini (ovviamente il caso è un po' diverso, ma qui possiamo sorvolare), dobbiamo considerare le credenze, i desideri, le paure, e via dicendo. ma noi possiamo ridurre questi stati intenzionali alla teoria della computazione? penso proprio di no (e in parte ho discusso questo nel mio topic sulla filosofia della mente e stati intenzionali), e ciò è reso impossibile (anche) dal fatto che il riferimento (che è la natura degli stati intenzionali) non può essere modellato grazie a qualche (classe di) algoritmo(i). epicurus |
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20-02-2006, 13.51.15 | #10 | |||||||
Ospite abituale
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Per r.rubin
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P.S. sai ho un po’ timore a fare sti discorsi perché qualcuno potrebbe pensare che mi attribuisco una conoscenza superiore agli altri, o che riferisco le mie conoscenze libresche e via dicendo…… Mentre invece, secondo me, guardo solo da un’angolazione diversa la mia posizione nei confronti della vita, un’angolazione che poi è accessibile a tutti. |
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