etica e conflitti
16 gennaio
etica&conflitti
E' un po' di tempo che sto ponendomi delle domande circa l'etica e leggere il saggio di psicologia umanistico-esistenziale che mi servirà per il prossimo esame non ha fatto altro che darmi nuovi spunti di riflessione.
Risulta evidente che gli individui nascono e crescono ingabbiati in una fitta rete di leggi e convenzioni etiche impostegli da circostanze quali l'epoca ed il luogo in cui vivono, la religione che professano, la società di cui sono parte.
Nonostante ciò io credo che ciascun uomo abbia una propria soggettiva scala dei valori che talvolta si trova in accordo con la ferrea morale eteronoma che determina il nostro fare o meno parte di una comunità, talaltra -viceversa-è ad essa difforme.
E' uno dei principali obiettivi perseguiti dall'individuo quello di costituire una propria legge morale in base alla quale agire.
A questo punto della mia riflessione mi chiedo come si possa parlare di etica-volendo intendere per etica quella personale e non quella imposta- se questa vive di un relativismo assoluto differenziandosi da soggetto a soggetto.
Deve dunque esistere un cardine che, accomunando le singole scale dei valori personali, identifichi l'etica come tale facendo sì, in altri termini, che un'azione possa essere riconosciuta come etica o meno.
Dove riscontrare tale punto di contatto?
Sarà plausibile stabilire che un'azione dettata dall'istinto miri al soddisfacimento di un impeto-per lo più fisico- immediato ed intenso; un'azione dettata dalla razionalità sarà tale,viceversa, laddove lo scopo sarà ,previa riflessione, il perseguire il proprio bene; infine, un'azione seguirà l'etica quando il fine ultimo dell'agire sarà rappresentato dal bene altrui.
Dopo questa breve attribuzione di definizioni ho ipotizzato che talvolta la razionalità possa trovarsi in disaccordo con l'etica; cosa fare, dunque, se perseguire il proprio bene od interesse si trova in conflitto con il bene del prossimo?
Abbandonare il proprio obiettivo, anelato dapprima istintivamente e successivamente approvato dalla ragione, in virtù del bene altrui?
Sarà questo da considerare etico? Anteporre il bene altrui al proprio?
Non si sovvertirà così la primaria legge naturale che prescrive di perseguire anzitutto il proprio bene?
Ed agire, al contrario, senza curarsi degli altrui bisogni, procedendo diritti per la propria strada non sarà calpestare la propria legge etica in virtù del mero egoismo??
E qual'è il ruolo dell'egoismo nella scelta dei giudizi di valore che guideranno il nostro agire?
...La virtù sta nel mezzo mi insegna Aristotele; e allora sarà opportuno mediare e curarsi degli altri se non per perseguire obiettivi considerati di primaria importanza; o magari anteporre il proprio interesse al bene altrui allorquando il danno recato sarà minimo.
Tuttavia una sfruttata espressione sottolinea che "errare è umano";
l'errore appartiene alla dimensione dell'umano, dunque fino a che punto sarà opportuno cercare una legge morale che escluda l'errore?
L'errore richiede un suo spazio innegabile nell'agire umano che, privato di questo elemento, non sarebbe più tale.
L'errore è giustificabile in quanto inconsapevole; ma un errore consapevole; sbagliare sapendo da principio di commettere uno sbaglio, di sovvertire i propri principi morali ,è giustificabile?
Fino a che punto la propria individialità, la propria peculiare soggettività, il seguire le tendenze di una presunta natura giustificano il nostro agire, il nostro errare?
Personalmente posso affermare di non aver commesso negli ultimi mesi un solo errore senza sapere sin dall'inizio quel che stavo facendo, senza aver precedentemente ponderato le mie azioni.
Ogni mia azione è stata la conseguenza di un'attenta riflessione che è terminata con una scelta: quella di anteporre i miei istinti ed i miei desideri al bene altrui.
E allora? sono da condannare! Lo spazio dell' io è il mio tribunale, la mia legge etica il metro...ed io stessa il giudice...
colpevole è la sentenza.
Certo, non è giusto che la riflessione diventi un mio svantaggio, non è giusto che coloro i quali sbagliano per mancata riflessione vengano assolti ed io no.
Lascio anche al mio agire lo spazio dell'errore, consapevole o inconsapevole che sia, ripromettendomi però una ferrea autogestione che non mi trasformi nel mostro egoista e spietato che non sono e che mai vorrò essere!
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