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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere. |
04-11-2004, 06.28.43 | #5 |
Ospite abituale
Data registrazione: 24-04-2004
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La ricerca della pratica zen risiede nel tentativo di liberare la coscienza dai suoi condizionamenti. Anche Alan Watts è chiaro su questo punto.
Per ragioni piuttosto diverse i giapponesi tendono a trovarsi a disagio nei confronti di se stessi tanto quanto gli occidentali, visto che possiedono un senso del rispetto umano acuto quasi quanto il nostro più metafisico senso del peccato. Questo si verificava soprattutto nella classe più sensibile allo zen, quella dei samurai. Ruth Benedict [...] aveva perfettamente ragione quando diceva che l'attrazione che la casta dei samurai provava per lo zen derivava dal potere che questa dottrina aveva di liberare da un'autocoscienza estremamente imbarazzante, dovuta al tipo di educazione impartita ai giovani. Di questa autocoscienza fa parte quell'obbligo che i giapponesi sentono di competere con se stessi, un obbligo che riduce ogni arte e sapere a una maratona di autodisciplina. Anche se l'attrazione esercitata dallo zen consiste nella possibilità che esso offre di liberarsi da questa autocoscienza, la versione giapponese dello zen combatteva il fuoco con il fuoco, superando "l'io che osserva se stesso" con il portarlo a un'intensità tale da farlo esplodere.(7) Lo zen giapponese è dunque "il superamento del superamento", la filosofia che permette di giungere all'assoluto tramite il particolare portato all'eccesso. Queste considerazioni ci permettono di analizzare il valore dello zen dal punto di vista delle scienze sociali. Nonostante i severi e corretti rimproveri rivolti da Franco Ferrarotti(8) al movimento new age, ci sembra che si possa fornire un'ulteriore analisi non del tutto negativa. Secondo Gianni Vattimo il pensiero occidentale moderno è superamento e fondazione(9). Queste due istanze si troverebbero nella logica dello sviluppo che sarebbe stata abbandonata dalla postmodernità. Le caratteristiche della postmodernità sarebbero la desecolarizzazione, la fine delle grandi narrazioni e la crisi dell'idea di progresso. La desecolarizzazione coincide con l'abbandono del pensiero positivista e il ritorno alle credenze spirituali, come appunto la new age. Eppure non corrisponde all'esperienza di queste religioni la rinuncia all'idea di superamento e progresso, anzi subisce un'accelerazione. L'influenza dello zen sposta il superamento al "superamento del superamento". Una contraddizione soltanto apparente: il superamento del superamento è esso stesso superamento. Poiché lo zen non elimina il soggetto ma lo riunifica all'universo, eliminandolo soltanto come cosa isolata nel mondo, l'interpretazione qui presentata della postmodernità non è corretta. L'idea di superamento non è eliminata. Gianni Vattimo rimane ancora imprigionato nella logica occidentale che concepisce il superamento come eliminazione, una logica che Georg Hegel aveva indicato come fallace e aveva sostituito con la fenomenologia dello spirito. Dunque il concetto di postmodernità è fuorviante per capire new age, cultura pop e beat zen. New age e beat zen non contrappongono modernità e antichità, piuttosto operano una sintesi. La contaminazione di moderno e antico non deve scandalizzare perché il criterio dello zen non pone al centro del sapere un dogma, al contrario apre il mondo alle infinite possibilità dell'esistenza. Se il movimento new age è criticabile per i molti difetti che lo caratterizzano, ciò non deve escludere che possa avere qualche influenza vantaggiosa, ad esempio l'avvicinamento, anche superficiale, alla filosofia orientale. Condannare la cultura popolare contemporanea è un comportamento snob tipico degli intellettuali che si atteggiano in modo saccente, ma anche esaltare la cultura pop in contrapposizione al passato o ad altre forme culturali è un comportamento esasperato e ingiustificato. Passato, presente e futuro non sono mai contrapposti nella cultura che essendo viva è capace di evolversi continuamente superando qualsiasi dicotomia. Perciò gli scritti di Alan Watts su beat zen e square zen sono un esempio di equilibrio e buon senso da seguire. C'è poi da sottolineare il fatto che la religione non è soltanto una questione fra dotti, ma riguarda una moltitudine di persone. Escludere l'aspetto popolare della religione significa eliminare il senso profondo della religione: creare un legame fra i membri di una comunità. L'etimologia della parola religione proviene dal latino relegere (raccogliere). Note 1. Alan Watts discusse l'argomento del beat zen in alcuni saggi, e in particolare in Beat Zen, Square Zen e Zen pubblicato su "The Chicago Review" (estate 1958). Questi interventi sono stati raccolti in volume e tradotti in italiano: Watts, Alan. 1973. Beat Zen & altri saggi. Arcana Editrice, Milano. Traduzione di Piero Verni. 2. Cfr. Watts, Alan. 1996. Beat Zen & altri saggi. Aries/Arcana Editrice, Milano, p. 61. Nuova edizione, traduzione di Piero Verni. 3. Ibidem, p. 68. 4. Ibidem, p. 68. 5. Cristiano Martorella. Il concetto giapponese di economia. Relazione al XXV Convegno di Studi sul Giappone, Venezia. 6. Cfr. Sekida, Katsuki. 1976. La pratica dello zen. Metodi e filosofia. Astrolabio, Roma, p. 170. Per il riferimento alla riduzione fenomenologica si consulti: Husserl, Edmund. 1965. Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica. Traduzione di Enrico Filippini e Giulio Alliney. Einaudi, Torino. 7. Cfr. Watts, Alan. 1996. Beat Zen & altri saggi. Aries/Arcana Editrice, Milano, p. 63. Nuova edizione. 8. Ferrarotti, Franco. 1999. La verità? E' altrove. All'insegna della new age. Donzelli Editore, Roma. 9. Cfr. Vattimo, Gianni. 1985. La fine della modernità. Garzanti, Milano, pp. 10-11. dal sito:http://www.nipponico.com/editoriale.php Ciao |