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Vecchio 13-10-2004, 17.18.15   #1
bert
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una riflessione sulla musica d'oggi e non solo.

"L'anima di Hegel e le mucche del Wisconsin" è un bel saggio di alessandro baricco che potrebbe essere definito come il manifesti del pensiero debole in musica. Ne consiglio a tutti la lettura, è un testo scritto molto bene, e che crea in chi lo legge, a patto che sia interessato alle tematiche trattate, dibattito e riflessione.
Il punto focale di questo saggio è l'analisi della musica colta d'oggi in termini (diciamo alla breve) di truffa intellettuale, una inutile celebralità perchè vouta e senza base di fondo. Questa posizione è legittima, anche se criticabile.

Mi viene in mente questo saggio avendo ricordato in questi giorni, per motivi diversi ma su questo forum, gli scritti su alban berg di adorno, ed in generale le posizioni del filosofo rispetto alla querelle che vedeva contrapposti stravinsky e schoenberg. adorno pupillo di berg, vede nell'atonalismo e nella dodecafonia il modo per difendersi e reagire al male dell'olocausto, mentre il neoclassico stravinsky diventa il conservatore.

Sia la posizione di baricco che quella di adorno forse saranno superate, ma rendono conto di un discorso comunque attuale. Esiste veramente qualche senso e significato "alti" da difendere, oppure è inutile combattere perchè quel senso e quel significato "alti" lo sono per noi, ma non per tutti, e quindi, alla fine, non lo sono per nessuno?

Oppure che sia solo una questione di critica...?

propendo per l'ultima ipotesi..... nel corso delle discussioni che eventualmente susciteranno questo mio
messaggio, renderò conton di questa mia posizione....

ciao
bert is offline  
Vecchio 13-10-2004, 20.14.20   #2
odos
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Re: una riflessione sulla musica d'oggi e non solo.

Ciao Bert,

Non ho letto il libro di baricco purtroppo, tanto meno conosco le considerazioni di Adorno. Certo conosco Schönberg e Stravinsky.

Io credo che esistano fenomeni musicali molto distanti tra loro.

Posso fare solo alcune osservazioni a caldo.
So che ci sono stati fenomeni musicali che hanno avuto un ruolo determinante nella costituzione ad esempio dello spirito di una nazione, dei valori di un'epoca, di un popolo e di un etnia. Gli esempi sarebbero tanti.

E so anche che c'é tanta musica oggi, come una volta, che svolge un ruolo marginale, non solo per una società storica, ma anche all'interno dell'individuo singolo stesso.

Faccio un esempio particolare, poichè non ho sott'occhio tutta la storia della musica.

Il Jazz, come tanta altra musica, è stato più che un genere musicale, nella prima metà del novecento. Era attorno a questo che girava la vita di una razza prima, e di uno stile di vita esistenzialmente turbolento poi.

Il Jazz che si fa oggi non svolge più questo ruolo. È bellissimo ugualmente ma per altre ragioni.
Non è difficile ad esempio muovere accuse di astratta cerebralitá senza senso al Jazz contemporaneo, che spesso oggi si pone come erede di quella tradizione.
Il Jazz prima aveva un ruolo primario in un etnia. E questo se vuoi è un valore "alto" che si può rimpiangere tanto.

Credo che in funzione del ruolo che svolge per una società o per un epoca, si possa parlare di "alto", altrementi si tratta solo di arbitrario conservatorismo o al caso opposto di anti-elitarismo.

La musica pop di oggi ad esempio, non sempre e anzi molto raramente costituisce un ruolo fondativo e costituente. Essa ha un ruolo marginale, che si affianca a tutto quell'insieme di "consumi" di cui siamo pieni.

Non opporrei il Blues a Schönberg, ma certo il Pop al Blues.

un saluto
odos
odos is offline  
Vecchio 14-10-2004, 00.03.31   #3
Marco Cicuta
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Data registrazione: 30-09-2004
Messaggi: 14
Adorno è rimasto fermo agli anni '10, al periodo atonale, e non alla dodecafonia, in cui vedeva già i segni di quel deterioramento della composizione e reificazione del materiale musicale che avrebbero portato al suo "invecchiamento" in un celebre saggio dieci anni dopo la filosofia della musica moderna.
(Scusate la sparata, Adorno è in effetti la mia specialità).

La musica per Adorno ha assolutamente un significato alto e universale, anche se paradossalmente proprio nel senso non universalistico, dei "valori alti per tutti". In Adorno la musica è un tipo di conoscenza e riguarda prima di tutto il rapporto del compositore con il materiale musicale e la pagina scritta (o meglio con la pagina bianca). Il modo in cui questa viene recepita dal pubblico è assolutamente indifferente per il filosofo.
Ma bisogna dire che Adorno, pur con la complessità dell' analisi che segna il suo pensiero, il fascino della lingua ecc. ecc. era legato fondamentalmente a tre idee fisse.
1 - la musica come cultura scritta europea
2 - l' apoteosi della forma sonata nel periodo della prima rivoluzione borghese, in particolare in Beethoven, quando per la prima e l' unica volta i valori alti della musica corrispondono ai valori alti della società, anche se solo per breve.
3 - l' insuperabile periodo atonale degli anni '10.

Pur con questi limiti, il pensiero musicale di Adorno è un tuttuno coerente con la sua filosofia dialettica, e quindi davvero notevole e ricco.

Se devo lanciare la mia pietra, dico che non credo sia soltanto una questione di critica, ma che molte suggestioni più profonde si possano ricavare dalla musica, anche se non mi allargherei a ipotizzare per chi questo possa avere valore.

Una nota sul jazz
Non so se riuscirò a seguire questo forum come si deve, per impegni vari, e mi dispiace. Però sarebbe bello che continuasse su questa strada, cioè a suon di esempi, come fa odos. Al quale faccio notare che ben pochi musicisti afroamericani accetterebbero il suo giudizio sul jazz fino agli anni '50 (ti manderò un riferimento bibliografico). Non che il loro sia determinante, ma in questo caso illumina aspetti che di solito vengono mantenuti nascosti. Prima di tutto perchè i musicisti di jazz, bianchi o nei, hanno sempre vissuto il rapporto con la produzione musicale come una espropriazione della loro cultura da parte dell' industria e del potere economico, quindi il punto di riferimento per la cultura afroamericana (meglio di etnia o razza) non è mai stato nitido, e poi perchè il jazz ha avuto un valore sociale ancora più diffuso e consapevole negli anni sessanta e settanta, legato all' islam, al free jazz, al movimento di emancipazione.
Ma noi non siamo abituati a conoscere questo periodo semplicemente perchè il mercato, il grosso mercato del jazz, blue note, verve ecc, vanno in direzione più commerciale. E' un pò come il discorso che tu facevi sul tractatus e sugli sviluppi successivi di wittgenstein. Alcune impostazioni sono considerate incontrovertibili, come le tue osservazioni sul valore alto del jazz nel periodo fino alla fine dei '50, e invece andrebbero completamente rovesciate, entrando in contatto con i moltissimi rivoli musicali che il jazz ufficiale oggi oscura (non per niente è chiamato mainstream jazz).

Interrompo per non scivolare prima di aver sentito altre opinioni, e mi complimento con Bert per come ha posto bene il tema.

Saluti
Marco Cicuta

Ultima modifica di Marco Cicuta : 14-10-2004 alle ore 00.05.49.
Marco Cicuta is offline  
Vecchio 14-10-2004, 10.16.30   #4
nous
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La musica (mousike = cultura dell'intelletto) non era concepita dai greci come attività indipendente, ma come nucleo principale dell'educazione, assieme alla cultura fisica: lo stesso Platone ne sottolineò l'importanza educativa.

E' comunicazione... e questo è dimostrato nel corso dei secoli con il fatto che la musica si è "evoluta" con l'uomo è cresciuta, ha, come ogni forma d'arte che si rispetti, espresso ciò che l'umo viveva in un determinato contesto (gli esempi sono tanti, esiste una storia musicale che non è utile evovare qui tutta ora!!)

Andiamo avanti quindi ... quello che dovremmo chiederci è cosa ci trasmette la musica oggi (al di là di qualsiasi paragone con ciò che è stato e forse non potrà più esserci poichè come ho già detto i tempi cambiano e molte espressioni non vanno poi di conseguenza più bene...)?...Su questa domanda io mi trovo onestamente un pò perplesso...
siamo in una società di business e la musica come qualsiasi altro fenomeno risponde anch'essa prontamente all'appello: la maggior parte della musica infatti che troviamo in commercio (e perchè no in tv!!) credo purtroppo lo dico nasca non come ricerca ma come vendita ...è il pop dei nostri giorni la dance e tutta quella "roba" definita commerciale facilmente reperibile continuamente proposta in ogni momento della nostra giornata ...
sono i falsi miti che ci vengono e vengono imboccati anche ai più giovani (nel fare ciò la tv è la maestra per eccellenza) ricchi di un qualcosa che non vale nulla non serve è superfluo ed inutile.
Questo sia credo il dato più importante fatta qualche debita eccezione naturalmente ma che poco scalfisce menti annebbiate dal mercato ...

La musica di oggi credo non sia più musica con la M maiuscola (sottolineo come spesso vengono riproposti brani di un certo periodo nettare per i nostalgici ma sicuramente dolcificante per i più giovani!!!) Non ci sono molte idee la creatività sta diventando una priorità secondaria... o lo è già diventata da tempo?Che fine hanno fatto le idee nuove, manifestazione di un cambiamento, di un rottura, di una rivoluzione?

Su queste domande rilasio una citazione suggestiva quanto inquietante, che va sicuramente presa con la dovuta cautela, introdotta già in un altro forum (a proposito del significato esoterico del dollaro), ma che trovo drammaticamente saggia e sulla quale si potrebbe addirittura aprire un'altra discussione :
" Blondet: "É già accaduto: ogni Rivoluzione - la francese, la bolscevica, quella rivoluzione dei costumi che fu il '68 - sono state a lungo preparate...". Sembrerà strano ma questi stravolgimenti si attuano, anche, con manovre destabilizzanti non solo politiche ma con un certa "cultura" propagata con libri, musica e strane ideologie, serve a creare nuovi paradigmi di pensiero, sentimenti collettivi e miti; in fondo, ciò che oggi chiamiamo evento culturale, in magia, era conosciuto come "l’evocazione delle potenze dell'aria"."

un saluto a tutti
nous is offline  
Vecchio 14-10-2004, 10.53.40   #5
bert
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rispondo in modo un po' sparso...

1) (x odos) non penso che schoenberg e stravinsky siano fenomeni distanti. I solo "output" musicali sono forse distanti, ma dipende anche dal periodo. Pensa all'ultimo stravinsky seriale. I due infatti sono accomunati dall'essere due delle diverse risposte alla crisi del tardo-romanticismo: schomberg distrugge il sistema tonale ma rimane molto conservatore nella forma (scrive quartetti, variazioni, sinfonie da camera, concerti per strumento ed orchestra, ecc), stravinsly riformula il pensiero tonale che tale rimane, e crea nuove forme.

2) (sempre x odos) concordo sull'inutilità della contrapposizione tra blues e Schönberg. Il fatto però è che trovo fondamentale la contrapposizione tra musica anche commerciale e leggera, ma pensata ed elaborataa, e musica commerciale pura come prodotto di marketing.
A questa ultima suggestione si potrebbe rispondermi che tutti di questi tempi fanno marketing, anche Stockhausen!!

3) (x cicuta) Concordo sull'analisi del pensiero musicale di adorno.
Per quanto riguarda la questione critica non condivido. Nel 1920 adorno vedeva nell'atonalismo una via vincente per lo sviluppo del pensiero musicale contemporaneo. Nel 1960 il post-serialismo sembrava la soluzione di tutti i mali. Adesso nessuno si permetterebbe di dire che la musica, magari tutta "giusta", dei Boulez o Stockhausen abbia veramente qualche senso.
Adesso i vincenti sono altri, sono Bartok e stravinsky in testa, e poi assolutamente Kurt Weill. Della generazione di Darmstat chi è rimasto? alla fine solo Ligeti, se ci pensi bene, ma gli altri?
Nel futuro magari si capirà che l'asse critico dovrà rispostarsi verso certo atonalismo,"mild" come mi sembra essere la tendenza. chissà! ... ma devi ammettere che è una questione di contesto critico. cosa ne dici?

4) infine a tutti voi. ritorno alla suggestione iniziale del mio messaggio. Ma che senso potrebbe avere oggi difendere certe comunicazioni musicali che consideriamo "alte" nell'era della musica commerciale? a questo quesito non riesco a tal punto a rispondere, che mi rifugio nella mia personale passione musicale, considerandola mia e privata, e come tale solo legittima. Ma foirse sbaglio....
bert is offline  
Vecchio 14-10-2004, 11.40.43   #6
odos
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Messaggio originale inviato da Marco Cicuta
e poi perchè il jazz ha avuto un valore sociale ancora più diffuso e consapevole negli anni sessanta e settanta, legato all' islam, al free jazz, al movimento di emancipazione.

Beh, allora tanto meglio. Ciò che tu dici, Marco, è vero, anzi è proprio storia. Anch'io sapevo effettivamente del valore del Free Jazz ad esempio, negli anni della contestazione nera (Ornette Coleman & co.).
Ció mostra che se è possibile fare delle contrapposizioni, non è certo in questo caso per una questione di critica. C'é un criterio molto valido, il valore sociale. Così come credo ce ne siano altri da individuare per evitare, quella "questione di critica" , che comunque credo si dia e anche non poco.

Insisto sul Jazz perchè questo risponde proprio a quell'appello lanciato da Bert, a mio parere.

Se si guarda l'atteggiamento di chi ascolta oggi il Jazz degli anni '30,'40, '50, '60 si osserva un approccio che può far suscitare delle critiche di arbitrario conservatorismo. Il Jazz di Coltrane, Davis, Parker, Baker e tanti altri, viene ascoltato per intenderci a gambe incrociate, braccia conserte, mano sul mento e sopracciglia corrucciate.
Bene, questo non è lo spirito col quale quel Jazz veniva vissuto da questi musicisti. La loro era una vita che girava attorno a droghe ( e non la pillolina ecstasie, ma all'eroina), carcere per alcuni, e spesso povertà sopratutto agli inizi (Chat Baker alla fine suonava per raccimolare qualche soldo). Forse ha molto di leggendario (anche se le biografie non lo farebbero pensare), ma comunque la musica aveva un significato, se si può dire "rigeneratore", tant'é che Coltrane ad esempio uscì dalla dipendenza da eroina e alcool, proprio perchè non riusciva più a suonare. Per tutti senz'altro diventò l'unico modo per vivere.

Beh, allora se si prende in considerazione il criterio del ruolo della musica all'interno della vita del musicista, si possono fare molte altre distinzioni. E a questo punto, è certo possibile ascoltare il Jazz di allora oggi con altri intenti (un pò come prendere il Tractaus per ciò che interessa, visto che è una metafora ricorrente), ma certo è criticabile il rifugiarsi dietro l'altezza di quella musica. Molto spesso e non sempre, quell'atteggiamento è sinonimo di semplice elitarismo, e diventa sì, una questione di critica. Spesso ad esempio ci si rifà alla complessità armonica e melodica, e ritmica rispetto a molta "robaccia" che si trova oggi. Questo è un criterio di "altezza" molto dicutibile, e senz'altro di "critica": e perchè bisogna avere bisogno per forza di questa complessità?

Interessante, invece sarebbe vedere quel criterio che Marco poneva, come fondamentale per Adorno, cioe quello del rapporto del compositore col materiale musicale. Ma cedo la parola...

Un saluto a tutti!!
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Vecchio 14-10-2004, 12.10.33   #7
odos
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Ciao, Bert

forse capisco solo adesso la domanda.
Credo che ciò che bisognerebbe evitare di fare è dimenticare ciò che questa musica "alta" ( e bisogna vedere quale), una volta come oggi ha avuto e ha un ruolo, per diversi motivi,che nella musica del "marketing" non si trova più. Nel senso che non c'é proprio più; c'é qualcos'altro, buono o male non lo so, dipende.

Ma non si può negare che la musica di Beethoven ad esempio ha avuto una funzione fondamentale nella costituzione dello spirito di una nazione, che la musica di Britney Spears (classico esempio che va sempre bene) non ha.
Può piacermi Britney Spears, ed in effetti è proprio bona, ma ciò che non dimentico è il ruolo irriducubilmente diverso di certa musica di oggi come di allora.

Forse dipende da cosa tu intendi per "alta". Alla tua domanda in realtà non saprei rispondere. attendo suggestioni...

...o forse se si vuole una risposta "alta", e con ciò intendo tutto ciò che è irriducibile per senso, funzione, e spessore esistenziale alla musica da "marketing", bisognerebbe cercarla, come dicevi tu nella musica contemporanea stessa. Mi vengono in mente il Punk negli anni 80, il metal, veri e propri stili di vita; ma anche lo ska ad esempio per l'identità politica ecc...

Certo recuperare Beethoven mi sembra come dire al mondo che le cose funzionano oggi come dice la mitologia greca. Ma forse non é questo quello che tu intendi.

Un saluto
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Vecchio 14-10-2004, 17.15.36   #8
bert
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(velocemente x odos)

La questione del free jazz è quanto mai complessa, dal momento che la sua definizione attuale è impossibile, e quella che si potrebbe dare alla luce del ruole del free negli anni 60 è abbastanza riduttiva rispetto a quello che c'è oggi.

Ma poco importa. Torniamo sul free jazz al punto della questione. Sicuramente un tema del free è stato, negli stati uniti, durante la seconda metà degli anni 60, un movimento musicale ANCHE legato al moviemtno di emancipazione afroamericana. E dico "anche", perchè trovo difficile ascoltare "meditations" di coltrane e pensare alle insurrezioni contro i bianchi megli stati uniti, penso invece ad altre cose, a quella spiritualità libera ed unica che coltrane riusciva a trasmettere con la sua musica.

Dunque, come dici tu, nulla è veramente sacro a questo mondo, e quindi perchè sacralizzare questa esperienza musicale. Ma, quando poi ci lamentiamo (almeno io lo faccio, talvolta) nelle eccessivamente scarsa qualità musicale odiarna sia in termini musicali che di contenuto di idee, allora citiamo, ad esempio il free jazz, e lo portiamo ad esempio di un modo bello, libero e consapevole di vare musica bella e libera, MA consapevole.

Rifaccio quindi la domanda. Questo è un valore?

la mia risposta e': questo è un valore alto e forte se contestualizzato in un certo giro di "critica", ma non lo è in senso assoluto.

Io penso che l'errore fatto da baricco è quello di pensare di poter uscire dall'alveolo " critico " che ha ospitato la sua critica. Al di fuori di quel contesto Luigi Nono e Mango sono la stessa cosa, e forse Mango è meglio. Ma nella redazione di "sonus" (rivista di musicologia) le cose sono chiaramente diverse.

Mi spiace pensare questo, perchè penso che si potrebbe essere più forti (e forse più moralisti) dicendo che Luciano Berio fa bene all'anima. Ma questo, almeno per me, non è vero.
bert is offline  
Vecchio 15-10-2004, 22.25.15   #9
Marco Cicuta
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Ciao ragazzi, il mio volo è stato annullato, e cosi' ho la possibilità di scrivere 2 cose.

In riferimento a bert: "perchè trovo difficile ascoltare "meditations" di coltrane e pensare alle insurrezioni contro i bianchi megli stati uniti, penso invece ad altre cose, a quella spiritualità libera ed unica che coltrane riusciva a trasmettere con la sua musica."
Allora, insurrezione contro i bianchi non è il termine giusto per definire l' autoaffermazione degli afroamericani, insurrezione a livello politico ha proprio un altro significato. So che queste continue precisazioni terminologiche mi rendono antipatico, ma tant'è...Poi forse non riesci a ascoltare meditations pensando a questo aspetto (ma magari ascension si, è piu' free e piu' collettivo), forse perchè non sei un musicista afroamericano dell' epoca. Ma se leggi le dichiarazioni dei musicisti neri di jazz, rimani stupito per la loro cosapevolezza politica, intrecciatissima a quella artistica e religiosa, e intendo di tutti i musicisti, non solo max roach e archie shepp. Pero' questo valore del free a noi non viene trasmesso con facilità delle case discografiche, che preferiscono puntare sulla novità stilistica o la maestria strumentale. Su quello che pensano i neri, si tace. Consiglio a tutti i cruccoparlanti un libro in tedesco di interviste a vari musicisti jazz free e no, si chiama Respekt! di Christian Broecking. Veramente illuminante, le interviste vertono su come si è modificato il rapporto della musica nera free dagli anni 60 a oggi, e gli artisti mostrano una profondità di analisi e di impegno che stupisce. Ornette, Rollins, James Carter, Sam Rivers, il grande William Parker...

E con questo vengo al punto, sul valore della musica. La mia posizione è che il valore della musica è la libertà. E qui la critica centra poco. La musica ha valore non conoscitivo, come diceva Adorno, ma etico, quando il musicista afferma la sua indipendenza dai clicheés e dagli schemi, della tradizione come della contemporaneità. Per schemi intendo gli standard nel jazz, i logori e abusati giri armeonici della musica pop, e persino la guida della partitura. Secondo me il valore più alto nella musica è l' improvvisazione: nella misura in cui i musicisti sul palco non sono eterodiretti, ne dai clicheé, nè dai gusti del pubblico, realizzano un bell' ideale di umanismo, in cui gli esseri umani creano qualcosa di bello dal nulla, per se e per chi sta loro intorno, senza essere diretti da fattori esterni stabiliti. Creano i tirmi e le tensioni senza essere vicolati ai 4/4 e alla pulsazione regolare, creano le durate dei brani in modo libero e a volte persino casuale, tanto è vero che spesso si legge sulle loro facce lo stupore di aver chiuso un pezzo tutti insieme così bene. Creano i ruoli, e se li scambiano, in pura fratellanza. Dialogano senza gerarchie, o con gerarchie variabili. Collego queste sensazioni all' idea di libertà. E all' amore e al rispetto per l' umanità e il prossimo, nientemeno...

Ho sentito per radio un musicista, non so chi, dire: the main thing is that everytime you play, you're trying to save a life. Every time you play, a little kid in india is been made stronger by the vibration of the music. E concludeva che qualunque cosa fai devi metterci tutta l' intenzione in questo senso, e quindi non si tratta soltanto di jazz o di diversi stili, ma c'è molto di più ...
Il mio giudizio non è che veramente la musica salva i bambini indiani, ma che questa è la profondità di senso in cui il valore della musica può essere definita. Una tentativo libertario, mistico, un' intenzione di amore serietà e ricerca libera: proprio come meditations.

Ovviamente poi bisogna anche saper suonare, senno' ....

ciao da Cicuta
Marco Cicuta is offline  
Vecchio 17-10-2004, 12.44.39   #10
odos
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Messaggio originale inviato da bert


Dunque, come dici tu, nulla è veramente sacro a questo mondo, e quindi perchè sacralizzare questa esperienza musicale. Ma, quando poi ci lamentiamo (almeno io lo faccio, talvolta) nelle eccessivamente scarsa qualità musicale odiarna sia in termini musicali che di contenuto di idee, allora citiamo, ad esempio il free jazz, e lo portiamo ad esempio di un modo bello, libero e consapevole di vare musica bella e libera, MA consapevole.

Rifaccio quindi la domanda. Questo è un valore?

la mia risposta e': questo è un valore alto e forte se contestualizzato in un certo giro di "critica", ma non lo è in senso assoluto.


Vedo se riesco ad avvicinarmi sempre di più all'argomento. Ho sempre difficoltà a farmi un'immagine chiara, ci sono sempre troppi fattori da tenere in considerazione.

L'esempio del free Jazz, come musica di spessore diverso rispetto a molta musica commerciale, come l'abbiamo fatto noi, credo, è constatare una IRRIDUCIBILE DIFFERENZA.

Ma io perlomeno, non lo elevo a valore assoluto, bensì parlo solo di un criterio, che a me piace molto, moltissimo. Anzi la maggior parte della musica che ascolto ha questa funzione.

Il problema, come dici tu, è quando di comincia ad istituire questo come IL criterio autentico. Si crea così un valore assoluto, sulla base del quale decidere tra ciò che è alto e ciò che è basso, tra ciò che è degno e ciò che non lo è, tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.

Sicuramente molta della critica è così. Eleva a criterio universale un criterio particolare, e cioè ad esempio la tradizione alta e la sua eredità come la musica autentica.

Capisco il mondo infinito che c'é dietro, da un punto di vista musicale, di sperimentazione, di significato innovativo, di alta produttività. Questo è innegabile. Ma questo è ciò che cerca la "musicologia", appunto il termine parla chiaro. Mango non è innovativo, non propone nulla che sia da un punto di vista musicale considerevole, in quel senso. È a confonto uno dei tanti musicisti "amatoriali" che può certamente avere una funzione fondamentale per molti, ma tuttavia musicologicamente parlando no. Ciò che interessa a molta critica è la musicologia: il criterio è già stabilito. Si è già stabilito ciò che si può dire e ciò che non si può dire.

Perchè la musica debba essere tutta "musicologia" non lo può dire nessuno. Esistono criteri, valori particolari, con conseguenze che vanno oltre il semplice consumo, e questo può interessare, interessare molto. Ma dire che questo debba valere per tutti è semlplicemente gratuito.
Non ce ne sono di valori assoluti, in musica come nell'etica e nell'estetica, ma sempre criteri, fenomeni e conseguenze.

Per questo tu hai tutte le ragioni di questo mondo per dire che a te Luciano Berio non fa bene all'anima. E perchè dovrebbe, d'altra parte? Perchè è la musica autentica? Che vuol dire autentica?

Se la "musicologia" dovesse dire, questa musica fa bene all'anima dell'essere umano, direbbe semplicemente qualcosa di falso. Ma non credo dica questo. O si?

Quindi ti dò ragione, riguardo al fatto che questo Valore del "free jazz", diciamo così, è un valore non in senso assoluto. Ma perchè non se ne danno valori assoluti, cioè valori che valgano per tutti e sempre. Ma non per questo sminuirei un valore. Io credo che non ci sia bisogno che un valore sia assoluto. Un valore è un valore, qualcosa che piace e si segue prima di tutto. Credo che il valore sia sempre soggettivo, ma non per questo meno valido.

Un saluto, odos
odos is offline  

 



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