Il famoso "paradosso del coccodrillo", sia pure in versioni diverse, in sostanza suona più o meno così:
"Un coccodrillo cattura una bambina.
La madre implora di restituirgliela.
"Sicuramente" risponde il coccodrillo "se sai dirmi in anticipo la verità su ciò che farò, lascerò libera tua figlia; però, se non la dirai, la mangerò per pranzo."
La madre dice: "Tu divorerai mia figlia".
Il coccodrillo replica: "Non posso liberare tua figlia, perché, se te la rendo, farò sì che tu abbia detto il falso, e ti avevo garantito che su tu avessi detto il falso, la avrei divorata".
Ma la madre ribatte a sua volta: ""Non puoi mangiare mia figlia, perché, se la divori, farai sì che io abbia detto la verità e tu avevi promesso che, se io avessi detto la verità, la avresti liberata."
Tirando le somme, però, secondo me, "in pratica" la madre finirebbe per averla vinta.
Ed infatti, il coccodrillo, una volta mangiatala, non potrebbe più adempiere alla sua conseguente obbligazione, che gli impone di lasciarla lbera se la madre indovina il suo comportamento; per cui non potrebbe comunque divorarla.
Una volta divoratala, invero, non potrebbe più liberarla...restituendola alla madre.
Tuttavia, se la madre dice, "Tu la mangerai.", e poi il coccodrillo "non" se la mangia (per i motivi di cui sopra), essa avrebbe comunque sbagliato la previsione; per cui il coccodrillo "non" sarebbe affatto tenuto a liberarla o a restituirla (pur non potendo farci alcuno spuntino) e dovrebbe tenersela lì prigioniera, assieme a lui.
Con amara delusione di tutti e tre!
Per cui penso che, non avendo alcun interesse a trascinarsi dietro una bambina che non si può pappare, il coccodrillo, pur non essendovi affatto obbligato, la lascerebbe libera lo stesso, spontaneamente...per evitare una inutile scocciatura.
Oppure, se è proprio ostinato, deve tenerla prigioniera senza mangiarla.
A parte gli scherzi, comunque, il paradosso è di tutto rilievo.
Al riguardo, Crisippo dice semplicemente che ci sono frasi delle quali "non si deve dire che esse dicono il vero e (neppure) il falso; né si deve congetturare in un altro modo, cioè che lo stesso (enunciato) esprima simultaneamente il vero e il falso, bensì che esse sono completamente prive di significato".
E non ha tutti i torti!
In seguito, nella seconda parte della sua Symbolic Logic , Lewis Carrol propose ai suoi lettori un'altra divertente soluzione, contestata, però, da William Warren Bartley III, filosofo e logico americano.
Più di recente, il famoso logico Alfred Tarski, crede di aver risolto il problema delle varie aporie classiche greche (tipo quella del Cretese mentitore), con il concetto di "autonimia"; che è al centro della distinzione tra linguaggio e metalinguaggio nell'analisi semantica che permette di risolvere problemi del genere.
Ma, molti altri logici, continuano a ritenere che il dilemma del coccodrillo e i relativi paradossi siano insolubili.
Quanto a me, non oso certo mettermi in lizza così autorevoli personaggi; e, quindi, tentare di proporre una nuova e definitiva teoria al riguardo.
Ci mancherebbe altro!
A parte la mia precedente -scherzosa- soluzione (degna più di un dialettico che di un logico), me ne viene in mente solo un'altra, che vi prospetto in modo molto sintetico.
A mio avviso, una dichiarazione può essere considerata come "vera" o "falsa", solo con riguardo all' "essere-attuale" (o al passato), MAI con riguardo all' "essere-futuro".
Ed infatti "vero", secondo me, dovrebbe essere inteso solo nel senso di ciò che "è" tale....ADESSO (indicativo presente).
Il futuro non esiste ancora...quindi, non "è"; e, il vero, può dirsi solo riguardo a ciò che "è", non di ciò che "non è".
E "non essere" e "non essere ancora", secondo me, sono la stessa cosa: sempre "non essere" è.
Quindi, quando la madre dice: ""Tu divorerai il mio bambino", in realtà, non sta pronunciando un'"proposizione" che possa "positivamente" definirsi "vera" o "falsa"; si tratta solo di una "previsione", che, in quanto tale, potrà "avverarsi" (che è diverso da "essere vera", nel momento in cui la dice) o meno (che è diverso da "essere falsa", nel momento in cui la dice) .
Posto che si avveri, diverrà vera solo allora...ma non retroattivamente, cioè dal momento in cui è stata pronunciata.
E la verità o la falsità di una affermazione, almeno sotto un profilo strettamente logico, dovrebbe essere verificabile "rebus sic stantitibus"; altrimenti non sarebbe tale.
Devo tuttavia ammettere che, anche il mio stesso ragionamento, non mi convince del tutto; mi dà un po' l'idea di un serpente che cerca di mordersi la coda (senza riuscirci).
Forse era meglio la mia soluzione scherzosa.