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28-03-2015, 09.05.33 | #22 | |
Moderatore
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Riferimento: la propria persona
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28-03-2015, 17.36.38 | #23 |
Ospite abituale
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Riferimento: la propria persona
Mancherebbe però, nel discorso sul simbolo, ciò che effettivamente è problematico, ossia ciò che riguardo l'identità.
L'identità è il soggetto? Questa è la domanda che sta alla base del discorso di Lacan. Infatti ancora non abbiamo detto che l'immagine allo specchio, non è il bambino stesso, ma la sua immagine. La sua immagine per farla breve è l'identità del soggetto. Vi è un passaggio che Lacan aggiunge, e che desume dai suoi pazienti schizofrenici: l'immagine per diventare simbolo deve a sua volta essere accettata dagli altri. In questo senso il simbolo è solo quello specchio che gli altri devono accettare. Ossia la persona (la maschera). Ora Maral dice che in fin dei conti siamo simboli, ma bisogna intendere meglio questa cosa. Se il simbolo è quello edipico, allora noi siamo persone, ossia siamo maschere, ossia noi non siamo noi. L'intuizioni bruciante di SlipDown, è invece legata a qualcosa che nega questa pretesa verità. La verità è che noi saremmo quel simbolo. Ma non è così, il problema dell'Altro è infatti tutto radicato in questo senso di inautenticità. Ossia ho bisogno di un altro per ricoscere il mio specchio, è un bisogno che ha in sè qualcosa di delirante. E a cui la società che è lo specchio del riconoscimento di quella persona, fa eco nella mostruosità o nel tecnicismo che esclude proprio ciò che era umano fin dall'inizio. E cosa c'era all'inzio se non quello che SlipDown ammette come domanda. Un soggetto che non si riconosce nello specchio. Il problema della scepsi sta tutto lì, ossia un soggetto domandante, che non può fare a meno del suo io (del suo specchio), pena l'autismo(la mancanza di parola), necessita di un discorso che non sia quello dell'Altro (e tantomeno della Società Specchio). Il fatto che l'uomo viva necessariamente questa scepsi ancora non dice nulla di quale debba essere il discorso del soggetto. Anzi il mondo accademico risponde in maniera ancora più delirante: ossia cercando di fare a meno del soggetto. (proprio ieri in statale a Milano si è tenuto una conferenza fiume sul transindividuale, con Sini l'unico a far resistenza) Fra le risposte che ho in mente, direi la filosofia nicciana, o l'attraversamento autoriale (del soggetto e non dell'io attoriale) di Carmelo Bene. Ossia una possibile soluzione è quella dello spostamento infinito del discorso rispetto al suo specchio, o al suo delirio. L'analisi infinita della psicanalisi lacaniana o quella di Facchinetti, insiste allora sul simbolo, non come concatenazione orizzontale, bensì direi quasi a frattale, ossia in continuo spostamento da se stesso. A vortice in cerca di un centro, che il soggetto conosce come, da sempre (dalla preistoria) come Dio, o Tutto, in maniera trascendente. Dunque noi non siamo un simbolo (perchè ha ragione SlipDown potrebbe essere di altri e non "nostro") ma una cascata di simboli, a cui la psicanalisi dà nome discorso. Ossia ognuno di noi è un discorso. (con se stesso, con gli altri, con la società, con gli oggetti, con le forme di vita etc...) |
28-03-2015, 20.28.02 | #24 |
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Per prima cosa vorrei ringraziare greenEgreypocket per il suo post che mi ha schiarito un pò le idee e secondo vorrei dire con tutta sincerità che non ancora ben capito che cosa significhi essere un simbolo e cosa cosa viene inteso per siamo un discorso.
Che cosa intendi per siamo una discorso? Ultima modifica di maral : 29-03-2015 alle ore 16.27.07. |
29-03-2015, 18.28.33 | #25 |
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Re: la propria persona
E comunque Maral penso che il bambino non sia così stupido da non capire cosa fa e cosa non fa parte dels uo corpo poichè ho notato che perfino il mio cane sa dove finisce il suo corpo e dove inizia il mio.
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29-03-2015, 18.41.05 | #26 |
Moderatore
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Riferimento: la propria persona
Ringrazio green&grey pocket per l'intervento certamente interessante e stimolante.
Mi pare, se ho ben inteso, che la questione che si vuole evidenziare è se sussista qualcosa di più originario che preceda il simbolo che appare allo specchio a mezzo dello sguardo altrui. Se un attore soggetto viene prima della maschera-simbolo con cui egli stesso si riconosce e si identifica in scena a mezzo del riflesso che gliene dà l'altro (altri) che lo accoglie. Una sorta di attore nudo nella sua pura inseità. Penso che il riferimento Lacaniano sia a un'esperienza unica: quell'esperienza del bambino allo specchio non ha ripetizione, semmai rievocazioni inconsce di quell'unico attimo in cui qualcun altro (che è a sua volta unico) fece nascere la mia persona come identità primeva e continua a garantirmerla grazie all'introiezione simbolica non solo di quell'immagine riflessa, ma pure di quello sguardo che indicandomela per la prima volta me la affidò come identità unica conferendomi un volto, di quel nome con cui l'altro mi chiamò affidandomelo, perché l'esperienza dello specchio è dopotutto proprio l'esperienza del mio nome proprio. Poi verranno altri e avranno per me sguardi diversi, nomi diversi, mi presenteranno riflessi diversi, sempre mutevoli e contrastanti e quell'atto iniziale si farà narrazione, che sarà la mia narrazione grazie a quell'istante in cui io per la prima volta sono apparso a me stesso. La narrazione che mi rappresenta è allora sì un continuo spostamento di significati, ma che continuano a significare me stesso tenendo a riferimento proprio quell'esperienza unica e originaria a cui tutto intorno ruota e quel simbolo potrà allora farsi cascata di simboli, ma sempre nell'unità che solo quel simbolo gli conferisce (per cui io sono pur sempre io anche se non sono per nulla, in nessuna cellula o atomo, emozione lo stesso di venti anni fa). Io posso apparire come una narrazione che ha un senso sempre aperto a nuovi sensi perché in questa apertura persiste il ricorso di un primo riconoscimento dell'altro che mi consente di non andare in decomposizione ogni volta che sono esposto agli altri. E dunque posso entrare in scena e presentarmi al pubblico e di nuovo a me stesso, qualsiasi simbolo essi ora mi affibbieranno. L'attore non è mai nudo, è sempre rivestito del suo volto e nome originario, qualsiasi parte sia chiamato a recitare, per questo non va in pezzi. Certamente c'è in quella prima esperienza un'ancora trascendente, del tutto indimostrabile su un piano strettamente logico, essa resta sempre e comunque dubitabile alla scepsi del filosofo, ma è indicativa di come sia inevitabilmente sempre l'altro a determinare ciò che siamo, nella relazione che ci permette di apparire e prima di questo apparire nulla ci è dato sapere (nulla appare fuori dal cerchio dell'apparire). C'è un altro che ci ha chiamato la prima volta volgendo a noi il suo viso meraviglioso affinché tanti altri potessero poi ancora chiamarci senza che ci perdessimo in scena tra gli infiniti e continui richiami degli altri al punto che fosse necessario tapparsi occhi e orecchie divenendo così fantasmi a noi stessi. |
29-03-2015, 18.46.52 | #27 | |
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Riferimento: Re: la propria persona
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29-03-2015, 19.29.52 | #28 |
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Re: la propria persona
Ma è necessario dire che l'uomo è più intelligente del cane e apparte questo prima di inventare lo specchio quando ancora l'uomo non aveva coscienza della sua propria immagine allora cos'era? Erano fantasmi? Io non penso, se vuoi dare significato alla tua immagine allo specchio fallo, e sicuramente lo farò anche io, ma personalmente ritengo un po' contraddittorio il doversi riconoscere in un simbolo che ci viene affidato da un altro e che questo simbolo sia una convenzione della società... personalmente non lo accetto perchè significherebbe l'impossibilità di autoconoscersi e dovremmo sempre affidarci ad altri per sapere cose che riguardano solo noi.
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29-03-2015, 20.21.06 | #29 | |
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Riferimento: Re: la propria persona
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Gli specchi in cui riflettersi poi ci sono sempre stati, Narciso trovò il suo specchio in uno stagno no? Dopotutto è il mondo stesso che ci fa da specchio. Il simbolo non è semplicemente una convenzione della società (appare cosìsolo quando non è più simbolo), è vero che è comunque un dono dell'altro e che comunque (che lo vogliamo o meno) è sempre l'altro che interroghiamo per sapere chi siamo. |
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29-03-2015, 20.29.02 | #30 |
Nuovo ospite
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Re: la propria persona
Il fatto che uno viva più serenamente non significa che sia più intelligente infatti ci sono persone che passano giornate dentro un'azienda di scommesse a gauradre partite di caclio e a giocare schedine varie e l'unica cosa di cui sono in grado di parlare è il calcio eppure vivono meglio di persone che so pongo dilemmi sull'esistenza e magari ci diventano pazzi ma sinceramente ritengo MOLTO più intelligneti le persone che si fanno problemi del genere rispetto alle persone che il loro massimo grado di problemi che si fanno è quello di sapere quale squadra a vinto e se la loro ha perso. E comunque prima che gli egizi inventassero lo specchio così come lo conosciamo noi non tutti avevano la possibilità di vedersi riflessi su uno specchio d'acqua e allora mi chiedo se costoro, come mi sono già posto il problema, esistono realmente o meno. Voglio dire: se una persona non si vede allo specchio e nessuno gli presenta tale opportunità, lui è o non è un essere umano? Se lo fosse allora mi chiedo quale sia il senso di avere un simbolo tale che è l'immagine allo specchio se poi una persona che non ha questo simbolo è un essere umano come chi invece lo ha.
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