Citazione:
nel tempio
Nel tempio si trovano a pregare due zingari: uno dice:
ma perchè siamo qua?
Per pregare il buon dio, dice l'altro.
Ma chi ti ha detto che dio esiste? dice il primo.
Me l'ha detto il prete, dice l'altro.
E se il prete sbagliasse, dice il primo.
Lascia stare, replica ancora l'altro, se a noi piace stare qui, siamo poveri zingari senza casa, non facciamo del male a nessuno.
Se il prete ha ragione, avremo una ricompensa, se non è vero...pazienza, questo tempio, te lo dico sinceramente, sai, mi fa sentir bene.
Il primo dice: ma sai che mi hai convinto.
E se i due zingari non fossero entrati mai in quel tempio?
Però ci sono entrati, e questa è la verità.
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Io ne conosco un'altra, anzi ne invento un'altra.
Un giorno un signore timorato di Dio, che aveva fino a quel momento condotto un'esistenza proba e scevra dalle intemperanze che la vita spesso stimola, nel riflettere su sé stesso si rese conto che non era felice. Eppure aveva sempre camminato vicino al suo Dio, per mantenersi casto e non cadere preda delle passioni terrene, aveva anche rinunciato a sposarsi e conduceva una vita ritirata; come mai allora questa insoddisfazione, questa inquietudine?
Solo in punto di morte si rese conto quanto la sua esistenza fosse stata sterile e inutile, lontana dagli uomini e dalla vita, priva di emozioni e di un rapporto reale con i propri simili e si lagnò della solitudine che lo avvolgeva e della mancanza di rapporti umani che aveva da sempre contraddistinto la propria esistenza. Comprese l'abominio da lui compiuto: aver rifiutato di vivere secondo natura umana, e non aver compreso per tempo che l'unico vero Dio è l'insieme dell'umanità e delle relazioni che si possono intessere per vivere con empatia e socialità l'unica esistenza che ci è dato di vivere.
Morì piangendo!
Bando alla fantasia e vediamo cosa può significare l'aneddoto raccontatoci da Kninos.
Mi pare che emergano due diversi livelli di verità: l'una
relativa ai due soggetti, che potrebbe anche differire da quella effettiva (l'esistenza di Dio), argomento di cui abbiamo discusso a profusione in altra occasione, per cui evito di addentrarmi in noiose ripetizioni. Emerge anche un altro elemento, che forse inerisce più che altro alla psicologia piuttosto che alla spiritualità o filosofia. L'uomo è portato, per sua natura, ad effettuare continui 'adattamenti' nel suo continuo relazionarsi con le 'cose'. Tant'è che i due protagonisti della novellina decidono di non indagare oltre in merito alla possibilità che Dio esista o meno; scelgono, piuttosto, di adeguarsi alla condizione più vantaggiosa, in poche parole, dopo una frettolosa e breve analisi dei pro e dei contro, operano una scelta utilitaristica senza curarsi della possibilità che la loro azione, quella di pregare, potesse essere priva di significato. La loro unica verità, in quel momento, non era tanto l'esistenza di Dio, quanto invece la mancanza di un tetto sotto il quale trovare rifugio (forse fuori pioveva) e il loro atto è semplicemente un'apertura di credito in bianco nei confronti di un terzo, insomma una delega ed un transfert effettuato scientemente nei confronti del prete… pare un po’ la storia dell'ipocrisia cattolica… non vi pare?
Se i due zingari non fossero entrati in chiesa, forse mancherebbe l'occasione e lo spunto per la loro riflessione, ma le cose, suppongo non dovrebbero mutare troppo, infatti non è il loro ingresso nel tempio che determina la riflessione, al più la induce e stimola, penso che l'unica ragione e motivo della riflessione sia semplicemente la confidenza del prete ad uno dei due protagonisti… la riflessione si sarebbe imposta comunque… l'ambientazione penso rappresenti solo un pretesto. Ne deriva che l'unica verità che emerge da questo aneddoto è che i due zingari sono entrati nel tempio.
Citazione:
Molto bella questa storia.
Leggi questa, è di un anonimo della Tradizione islamica:
Da bambino Ytzhak Mèir fu portato una volta da sua madre dal Maggid di Kosnitz.
Qualcuno si prese gioco di lui, dicendogli: "Mio piccolo Ytzhak, ti do’ un fiorino se mi dici dove abita Dio."
"E io - rispose il bambino - te ne do due, se mi dici dove non abita."
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Di diversa natura è la morale che traggo dalla lettura del secondo aneddoto. Mi pare di poter intuire che alcuno dei due protagonisti sia in condizione di affermare con certezza l'esistenza o meno di Dio. Entrambi ignorano, infatti, dove possa essere la casa di Dio, tanto che se ne affermi l'esistenza, quanto che se ne dichiari l'inesistenza. E', quindi, un prevalere della fede (positiva o negativa) rispetto alla conoscenza, è un voler affermare, attraverso contrapposte tesi, che in assenza di risposte chiare e perfette, ci si deve affidare appunto alla propria fede interiore.
Ciao