ATTENZIONE Forum in modalità solo lettura Nuovo forum di Riflessioni.it >>> LOGOS |
|
Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere. |
07-01-2013, 21.34.23 | #4 |
αγαπ&
Data registrazione: 01-01-2013
Messaggi: 29
|
Riferimento: Ciò che è.
Risposta a Leibcht
Probabilmente hai ragione tu, ma vorrei provare a pensare. Intendo dire innanzi tutto che in questo senso io vedo l uomo, o comunque una razionalità al centro di tutto. Secondo me, infatti, se le cose non possono essere percepite, allora non hanno senso di esistere. In realtà, quando parli di ultravioletti, questi interagiscono con il nostro corpo, l ultrasuono, invece sinceramente non so, ma non importa, importa il fatto che esso è indispensabile (e per indispensabile intendo che esso è o utile alla trasformazione delle cose o ne è un prodotto non omissibile. E nell ultimo caso rientrano tutte le altre cose), alle altre cose chiamiamole, perchè no, percettibili. E poi, perchè non dare lo stesso grado di importanza ESISTENZIALE ai sogni ed alla fantasia? Non metto in dubbio che la realtà, poichè rispetto alla fantasia di diverso ha (soltanto) il fatto di non essere consequenziale, venga da noi percepita come più importantr nella nostra vita. ma essa lascia sempre un segno, REALE. (E' inutile riportartelo, comunque il tuo esempio e' coeren cio' che dico. Forse ora mi son spiegato meglio e sicuramente ho approfondito la questione, puoi, in virtù dei miei chiarimenti, riconsiderare la erroneità di questo pensiero od hai da dirmi qualcosa ( accettatissima (: )che possa farmi cambiare idea? |
07-01-2013, 22.22.59 | #5 |
αγαπ&
Data registrazione: 01-01-2013
Messaggi: 29
|
Riferimento: Ciò che è.
Risposta ad Oroboros
Mi sembra che la tua erisposta si riferisca al discorso sofistico di Gorgia. L ho riportato come da lui ci è stato presentato, non è, come nel post, in seguito, dico, il mio parere. Tu comunque dici: "E' definita non essere semplicemente per scavalcare le limitazioni implicite al modo di esprimere consequeziale che impediscondo di definire l indefinibile". Infatti anche con questo frammento i sofisti ci vogliono insegnare l incoerenza tra linguaggio e pensiero. Tuttavia ammetto che non avevo pensato a ciò che tu intendi spiegarmi, e son felice di or aver partecipato ad una riflessione in più. Ma se invece ti riferisci alla mia opinione, tengo a sottolineare l'antropocentrismo che domina nel mio pensiero: è, ti sarà chiaro, discutere infatti di ciò che esiste veramente, superfluo. Se vuoi contraddire la mia opinione (cosa che accetterei volentieri come ho accettato volentirti il tuo ultimo commento) dovresti mirare sul fatto che io consideri importante (addirittura, solamente questo rilevante) ciò che l uomo può percepire ed non ciò che è veramente è (diventa, in questo modo ragionando, esistente solo ciò che sento nel senso più ampio del termine). |
08-01-2013, 13.24.34 | #6 |
Ospite abituale
Data registrazione: 16-07-2010
Messaggi: 405
|
Riferimento: Ciò che è.
Ti consiglio di guardare Esiste qualcosa al di fuori dell'io?, perché si stà discutendo circa questi punti fondamentali sulla coscienza.
Hai capito che i raggi ultravioletti e tutte le cose che teoricamente non rientrano nel nostro dato esperito hanno comunque una influenza su di noi, e così potrei consigliarti di argomentare contro leibnicht x) che ciò che ha una influenza sul nostro corpo avrà poi una influenza sulle percezioni in generale e così rientrerà in esse. Il problema però è che se releghi la coscienza ai soli uomini o a certi animali particolari, vedrai che il mondo sarà emerso insieme ad essi, il ché ha davvero poco senso. Inoltre ci sono delle proprietà delle cose, tipo dei raggi ultravilotti, che non sono esperite, così parrebbe che emergano una volta conosciute. In definitiva mi pare che potrai sostenere la tua tesi coerentemente solo se estenderai la coscienza a tutti gli enti, e non solo ad alcuni, cosicché le proprietà che non esperiamo direttamente saranno reali nella coscienza degli altri. Questo passo è tratto da un saggio di Quine, "Su ciò che vi è": La locuzione "Stella della sera" denota un certo oggetto fisico grande e di forma sferica che viaggia per lo spazio a parecchi milioni di miglia dalla terra. La locuzione "Stella del mattino" denota la stessa cosa, come probabilmente fu stabilito la prima volta da qualche attento babilonese. Ma non si può dire certo che le due locuzioni abbiano lo stesso significato; altrimenti quel babilonese si sarebbe potuto risparmiare le sue osservazioni e gli sarebbe bastato riflettere sul significato delle parole impiegate. Dal momento che i due significati sono diversi tra loro, devono allora essere altro dall'oggetto denotato, che invece è uno e il medesimo in entrambi i casi... ...Ciò che è avvenuto, in pratica, è che McX ha confuso il presunto oggetto denotato Pegaso, con il significato della parola <<Pegaso>>, e ha tratto perciò la conclusione che Pegaso deve essere perché la parola abbia significato. Quine cerca di dire che se parli di un sogno, per esempio, e ti chiedi se quello che hai visto esiste, ti chiedi se esiste l'entità esterna relativa ad esso, qualcosa di esterno e oggettivo, non l'idea mentale che hai di lui. Questo passo è preso da una mia tesina sull'argomento Esistenza, ed è un commento a Quine: Dobbiamo però notare come <<la sfera che viaggia per lo spazio a milioni di miglia dalla terra>> sia un'indicazione basata sul punto di vista particolare di chi è pervenuto a certe informazioni, esattamente come <<Stella della sera>> o <<Stella del mattino>>, così quando Quine scrive: <<Stella del mattino>> e <<Stella della sera>> si riferiscono allo stesso oggetto <<la sfera che viaggia per lo spazio a milioni di miglia dalla terra>> confonde le idee dei lettori o sbaglia; sarebbe più corretto dire che tutte e tre queste descrizioni si riferiscono a qualcosa che non è stato nominato e che si continuerà ad indicare indirettamente (qualcosa la cui conoscenza, e indicazione ci è negata a priori). Quando mi riferisco a Pegaso non vorrei indicare l'idea mentale che ho di lui; lo stesso avviene riguardo alla stella che viaggia a milioni di miglia dalla terra; ma allora su quale base posso affermare che Pegaso non-esiste e la stella si? Insomma, ti ho messo un po' di materiale. Io credo che tutti gli enti siano dotati di coscienza e che "tutte le cose esistono" (come dicevi tu). Ciao |
09-01-2013, 00.49.55 | #7 |
Ospite abituale
Data registrazione: 08-05-2009
Messaggi: 164
|
Riferimento: Ciò che è.
MMh, io sono d'accordo con Oroboros: metafisicamente è sciocco scindere nettamente e porre in antitesi essere e non essere se non a livello puramente analitico ( anche se del resto è l'unico con cui possiamo parlare di metafisica! ), e sono d'accordo quando dice che dio sta nel non essere - se con dio intende un "deus sive natura", più che altro perché non mi riesce di pensare all'essere e al non essere, in metafisica, se non altro che due elementi di una funzione semplice, in completa sintesi.
E si, per i miei gusti giochi forse troppo su di un sofema linguistico, d'altronde errore perdonabile, Parmenide fece lo stesso, a lui rinfaccerei le stesse cose! io rimarrò sempre del parere che "essere" sia un verbo sbagliato per pensare sulla realtà - l'essere descrive immagini, esprime verità, ma non può arrivare al cosiddetto "in sè", cogliere la sostanza delle cose - perché, e ora ti dico qualcosa di cui non riuscirò mai a dubitare - tra essere e apparire la differenza è solo analitica, cioè i due verbi hanno significati diversi solo parlando di oggetti astratti ( numeri, punti, linee ) in cui l'identità è implicita nella definizione: mentre nella realtà noi siamo sempre soggetti a noi stessi nella percezione del mondo esterno - la mela è verde... ma mela e verde sono parole nate per il pensiero astratto... in realtà quella non è una mela e non è verde! lo è solo nel pensiero, ed è la differenza tra verità e realtà di cui parla ad esempio Schopenhauer - e sarà pur vero che i miei occhi vedono un oggetto che io chiamo mela: ma in realtà non ha nome e non "è" niente ( già la transitività del verbo essere ti dovrebbe indicare che, da solo, è spazzatura! se è senza essere qualcosa, allora non è! ). Per cui la domanda ( o asserzione ) "cio che è" ha valore immediatamente autoriflessivo: significa "cosa significa essere" al cui la risposta è anche essa implicita "essere" è semplicemente la particella fondamentale del pensiero, necessaria alla formulazione del giudizio, copula di due concetti: "essere" significa "interpretabile come" e l'interpretazione è atto eminentemente soggettivo. Ragion per cui essere è un verbo sbagliato, non per interpretare ( visto che è l'apposito ) ma per conoscere la realtà. Per quanto tu ci possa girare attorno col pensiero, rimarrai sempre in superficie secondo me! insomma ciò che è può essere tale solo nel cervello: fuori è altro; cos'è ? ovviamente, come detto sopra, dargli un nome significa interpretarlo a seconda delle proprie nozioni; non è - esiste e basta - e guarda caso esistere è un verbo intransitivo :P ( non ha bisogno di un complemento oggetto per essere! e non questo non averne bisogno una prova di superiorità metafisica ? ) per cui nella realtà ciò che è non "è": esiste e basta. Il che ci porta al non essere... ma io qui taccio perché già ho scritto pure troppo. Mi limito a dire che fondamentalmente trovo sbagliato l'antitesi, in metafisica, tra essere e non essere: non mi capacito di come fuori da questa gabbia di matti ( :P ) siano considerabili scissi siccome, e qui ti cito il mio primo maestro di filosofia ( cioè, il primo che ha detto qualcosa che considero assolutamente sensato ), un vecchio greco alquanto brillante, che credo tu abbia studiato, o studierai a breve, a scuola: si chiama Gorgia e basava la sua filosofia su tre punti: 1) nulla è 2) se anche qualcosa esistesse, non sarebbe conoscibile 3) se anche qualcosa fosse conoscibile, non sarebbe comunicabile. e perché nulla è ? su wikipedia o sul tuo libro credo troverai il resto del discorso, ed io continuerei pure a spiegarti il resto, ma trovo che a sedici anni sia pericoloso farsi guidare troppo dagli altri, siccome i propri circuiti cerebrali sono al top, ed è meglio secondo me, per comprendere davvero l'oggetto attorno a cui si pensa, piuttosto che studiare e leggere, starsene con le mani in mano a riflettere! nonostante il fatto che io ti stia un pochino bacchettando su quello che hai scritto, credo che pensare il più possibile con la propria testa e "avanzare a tentoni" sia in filosofia il metodo più auspicabile; solo gli ignoranti hanno da subito le idee chiare, secondo me :P solitamente perché sono troppo semplici per essere sbagliate. Tu invece, ponendoti problemi che oltrepassano la tua attuale portata, dimostri già così di potere fare lo stesso ( un lungo modo per dire: se ti piace pensare da solo, aldilà di tutte le critiche gli errori, sappi che hai fatto la scelta giusta! ). Un saluto Ultima modifica di Soren : 09-01-2013 alle ore 09.57.31. |