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Vecchio 02-11-2012, 11.05.03   #1
and1972rea
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Parmenide: una nuova visione dell'universo?

Secondo Parmenide, l'Essere e quindi il Tutto ,andrebbe pensato come non separabile in se' stesso dal non-Essere ; tutto cio' che ci pare di vedere distinto in singole parti sarebbe, quindi, ovunque e sempre soltanto l'Intero, interamente ed immediatamente relazionato con se' stesso ed in se' stesso in tutta la propria totalita'. Le conseguenze di questa brillante antica intuizione sarebbero che tutto cio' che vediamo apparentemente distinto nel tempo e nello spazio ( ogni fenomeno fisico per esempio...) , nella realta' ,e' un tutt'uno, ogni elemento apparente del Tutto sarebbe ,istantaneamente e profondamente, legato ad ogni altro elemento posto apparentemente distinto in ogni dove e in ogni tempo; pensiamo a qualche esempio pratico: La mia penna giace sulla scrivania, e in essa vi sarebbe tutto l'universo nello stesso istante, quindi, se in quella penna cambiasse alcunche', vorrebbe dire che tutto l'universo muterebbe immediatamente in lei, senza mediazioni, nello stesso istante in ogni dove, e viceversa.
Quando consumo la mia matita scrivendo, chissa' che qualche cosa, magari un nonnulla, magari in modo impercettibile , in ogni apparente parte della cipolla che giace nel mio frigorifero muti insieme a quella matita, e con essa , anche ogni pietruzza su Marte , ed ogni molecola di gas interstellare della nostra vicina Andromeda. E' chiaro , quindi, come la struttura dell'Essere, cosi' come la concepisce Parmenide, porti a considerazioni del tutto in disaccordo con il modello scientifico moderno della realta' del mondo in cui viviamo, ma rimane, a parer mio, un possibile fondamento per altri modelli che la scienza ancora non considera ; tutto nel nostro universo, secondo la moderna scienza, non puo' che muoversi attraverso una dinamica concatenata da un punto ad un altro delle 4 dimensioni Einsteiniane ,tutto viaggia gradualmente attraverso il tempo e lo spazio , in una dimensione che comprende entrambi, e ogni parte dell'universo puo' considerarsi singolarmente indipendente e scissa dalle altre parti e non relazionabile ad esse se non nel proprio contiguo intorno dimensionale, almeno fino a quando , attraverso una concatenazione spaziotemporale, un certo fenomeno in un luogo non venga ad interessare una certa parte di universo in un altro luogo; questo modello e' stato fino ad oggi assai efficace ed utile nel descrivere cio' che vediamo, ma rimane illogico ed inspiegabile al nostro intelletto, perche' non risolve, al di la' di qualsiasi ontologia, le domande sull' integrita' dell' Essere e sul divenire. Parmenide , invece, ci propone un approccio alla descrizione del Reale assai suggestivo, che potrebbe anche diventare un ottimo punto di partenza per un nuovo modello descrittivo del mondo in cui viviamo. Egli collega e relaziona IMMEDIATAMENTE, al di la' di tempo e spazio, ogni porzione dell'esistente , ogni fenomeno fisico, ogni causa ed ogni effetto che avvengono nel nostro universo; un fenomeno qui ed ora potrebbe diventare, nella visione di Parmenide, concausa di ogni altro fenomeno ovunque e in ogni tempo,e viceversa,quello stesso fenomeno potrebbe essere un effetto causato da ogni fenomeno esistente nel Tutto; tutto l'esperibile troverebbe fondamento soltanto nel Tutto e non in una sua apparente singola parte, tutto cio' che avviene in un dato istante in un certo luogo dovrebbe essere ricollegato immediatamente a cio' che succede in ogni altra parte dell'universo... voi che ne pensate? Potremmo mai convincerci che in questo istante un certo asteroide a milioni di anni luce da noi possa agire fisicamente su di noi ,al di la' della distanza apparente che ci separa da lui, insieme ed in concomitanza al movimento delle ali di un qualsiasi gabbiano che sorvola le isole Galapagos?
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Vecchio 03-11-2012, 18.30.30   #2
bobgo
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Riferimento: Parmenide: una nuova visione dell'universo?

Secondo me, molte attuali teorie scientifiche non sono poi così discordi dal pensiero parmenideo.

La teoria della relatività, unificando lo spazio-tempo giunge a una visione parmenidea della realtà. Dove tutto è, perché nulla diviene. In quanto l’essere è spazio-temporale.
La Luce, unico assoluto cui tutto deve fare riferimento, testimonia l’Essere dove nulla diviene, perché da sempre è. La Luce, infatti, dal suo punto di vista, non parte e non arriva, ma è già sia partita, sia arrivata, sia in viaggio. Per la Luce, l’universo è un punto.

Anche la teoria del Big Bang conferma, a mio parere, Parmenide. Perché secondo la teoria la nascita dell’universo consiste nella formazione della materia con la creazione dello spazio e del tempo…
In sostanza, noi, insieme a tutto l’universo, non siamo che quel punto senza spazio-tempo.

Queste teorie avvallano l’ipotesi dell’Uno, che secondo me deve essere sempre considerata quando si ragiona dell’Essere, per contrapporla all’evidenza del molteplice.
Molteplice che richiede un’unità, per avere una possibilità di senso, mentre l’Uno, se affrontato decisamente assomiglia sempre più al Nulla.

Dall’inevitabile antinomia “Uno-Molteplice”, può nascere il nostro slancio esistenziale.
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Vecchio 05-11-2012, 10.55.07   #3
and1972rea
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Riferimento: Parmenide: una nuova visione dell'universo?

Citazione:
Originalmente inviato da bobgo
Secondo me, molte attuali teorie scientifiche non sono poi così discordi dal pensiero parmenideo.

La teoria della relatività, unificando lo spazio-tempo giunge a una visione parmenidea della realtà. Dove tutto è, perché nulla diviene. In quanto l’essere è spazio-temporale.
La Luce, unico assoluto cui tutto deve fare riferimento, testimonia l’Essere dove nulla diviene, perché da sempre è. La Luce, infatti, dal suo punto di vista, non parte e non arriva, ma è già sia partita, sia arrivata, sia in viaggio. Per la Luce, l’universo è un punto.

Anche la teoria del Big Bang conferma, a mio parere, Parmenide. Perché secondo la teoria la nascita dell’universo consiste nella formazione della materia con la creazione dello spazio e del tempo…
In sostanza, noi, insieme a tutto l’universo, non siamo che quel punto senza spazio-tempo.

Queste teorie avvallano l’ipotesi dell’Uno, che secondo me deve essere sempre considerata quando si ragiona dell’Essere, per contrapporla all’evidenza del molteplice.
Molteplice che richiede un’unità, per avere una possibilità di senso, mentre l’Uno, se affrontato decisamente assomiglia sempre più al Nulla.

Dall’inevitabile antinomia “Uno-Molteplice”, può nascere il nostro slancio esistenziale.
Mi permetto di dissentire:
Non esiste un attuale modello fisico che ci permetta di affermare che un punto dello spazio-tempo si trovi direttamente in relazione biunivoca con qualsiasi altro punto di quell'insieme, si ammette soltanto una relazione fra ogni punto ed il proprio intorno contiguo, ogni altra relazione fra le parti del Tutto fisico e' mediata realmente o dallo spazio o dal tempo, o , matematicamente, da entrambi insieme, ma le parti dell'universo rimangono pensabili soltanto come distinte all'interno di un collante logico-matematico , non v'e' alcuna IMMEDIATA correlazione fra esse all'interno del Tutto; un fronte luminoso generato in una parte qualsiasi dell'universo, cosi' come il moto di qualsiasi altra entita' fisica, non interessa immediatamente alcuna altra parte del mondo fisico se non in modo graduale attraverso una sorta di principio di concatenazione che coinvolge in successione ogni intorno spaziotemporale contiguo a quello stesso fenomeno.
Nulla a che vedere con Parmenide , quindi, il quale ritiene impossibile qualsiasi gradualita' nel divenire, ed impossibile qualsiasi stato indipendente di una parte del tutto rispetto ad un'altra; i modelli fisici che conosciamo ci dicono che lo stato di una qualsiasi particella naturale ( molecola, atomo, particella subatomica che sia...) puo' essere influenzato solo e soltanto passando attraverso un proprio contiguo intorno spaziotemporale, la relazione col mondo fisico e' mediata , cioe' , da un mezzo, seppur logico o immaginario, che e' ineludibile; lontanissimo, quindi, e' questo modello rispetto al Tutto indivisibile ed immediato di Parmenide, il quale , in contrapposizione con Einstein, ammetterebbe la possibilita' di una variazione di stato immediata ,e a prescindere dallo spaziotempo, di ogni parte dell'universo, cioe', di tutto l'universo intorno ad ogni singola particella e non solo a partire o al giungere dall' intorno infinitesimo di quella particella; ogni mutamento nel divenire e' "parmenidamente" causa ed effetto di un immediato mutamento in ogni parte dell' Tutto: vuol dire che, se io muovo un bicchiere sul mio tavolo, o penso a quel bicchiere, qualche cosa, per Parmenide, muterebbe pure sul tuo tavolo e pure nei tuoi pensieri, e pure nei pensieri di un extraterrestre tranquillamente intento nelle proprie faccende sulla propria astronave nella galassia dietro l'angolo ...

Ultima modifica di and1972rea : 05-11-2012 alle ore 21.16.26.
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Vecchio 05-11-2012, 21.09.12   #4
bobgo
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Riferimento: Parmenide: una nuova visione dell'universo?

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Mi permetto di dissentire:
Non esiste un attuale modello fisico che ci permetta di affermare che un punto dello spazio-tempo si trovi direttamente in relazione biunivoca con qualsiasi altro punto di quell'insieme, si ammette soltanto una relazione fra ogni punto ed il proprio intorno contiguo, ogni altra relazione fra le parti del Tutto fisico e' mediata realmente o dallo spazio o dal tempo, o , matematicamente, da entrambi insieme, ma le parti dell'universo rimangono pensabili soltanto come distinte all'interno di un collante logico-matematico , non v'e' alcuna IMMEDIATA correlazione fra esse all'interno del Tutto; un fronte luminoso generato in una parte qualsiasi dell'universo, cosi' come il moto di qualsiasi altra entita' fisica, non interessa immediatamente alcuna altra parte del mondo fisico se non in modo graduale attraverso una sorta di principio di concatenazione che coinvolge in successione ogni intorno spaziotemporale contiguo a quello stesso fenomeno.
Nulla a che vedere con Parmenide , quindi, il quale ritiene impossibile qualsiasi gradualita' nel divenire, ed impossibile qualsiasi stato indipendente di una parte del tutto rispetto ad un'altra; i modelli fisici che conosciamo ci dicono che lo stato di una qualsiasi particella naturale ( molecola, atomo, particella subatomica che sia...) puo' essere influenzato solo e soltanto passando attraverso un proprio contiguo intorno spaziotemporale, la relazione col mondo fisico e' mediata , cioe' , da un mezzo, seppur logico o immaginario, che e' ineludibile; lontanissimo, quindi, e' questo modello rispetto al Tutto indivisibile ed immediato di Parmenide, il quale , in contrapposizione con Einstein, ammetterebbe la possibilita' di una variazione di stato, immediata ,e a prescindere dallo spaziotempo, di ogni parte dell'universo, cioe' di tutto l'universo intorno ad ogni singola particella e non solo a partire o al giungere dall' intorno infinitesimo di quella particella; ogni mutamento nel divenire e' "parmenidamente" causa ed effetto di un immediato mutamento in ogni parte dell' Tutto: vuol dire che, se io muovo un bicchiere sul mio tavolo, o penso a quel bicchiere, qualche cosa muta pure sul tuo tavolo e pure nei tuoi pensieri, e pure nei pensieri di un extraterrestre tranquillamente intento nelle proprie faccende sulla propria astronave nella galassia dietro l'angolo ...
Questa tua “immediata correlazione”, come possibilità di influire immediatamente da un punto qualsiasi su tutto l’universo, suscita in me delle perplessità, perché non l’avevo mai considerata.

Per quanto ritengo d’aver compreso del pensiero di Parmenide, l’Essere è per lui Uno e Immutabile. Cioè il molteplice e il mutamento sono illusori. E penso che i paradossi di Zenone abbiano proprio lo scopo di mostrare la loro irrealtà.
Ciò che appare a noi mutevole e molteplice deve perciò essere invece inteso come l’apparire dell’Essere. L’Essere non muta, ma si svolge davanti a noi. Nel suo svolgersi appare molteplice, ma è invece Uno.
In sostanza l’Essere si mostra come “evento” che da sempre “è”.

Pure la teoria della relatività ristretta, eliminando l’assolutezza del tempo, riduce la realtà fisica al cronotopo, che è appunto evento. Evento iscritto nell’Essere che non muta, perché da sempre è. L’universo di Einstein è deterministico, tutto è già scritto, noi ne stiamo sfogliando una delle possibili pagine.

Inoltre, la luce è l’assoluto che scalza il classico spazio-tempo. E’ infatti in funzione delle luce, che aumentando la propria velocità il tempo si allunga e lo spazio si restringe, rispetto ad un altro osservatore. Per la luce, che viaggia alla velocità massima dove il tempo si ferma e lo spazio si annulla, il nostro universo è un punto. Anche se per noi essa risulta viaggiare ad una velocità finita, e quindi sembra partire da una stella lontana e giungere fino a noi dopo anni.

Per questi motivi vedo un collegamento tra Parmenide e Einstein.

Ritengo perciò che con “immediatezza” si dovrebbe intendere non tanto il mutamento del Tutto a fronte di un’azione in un suo punto, ma che il tuo “muovere il bicchiere” sia iscritto nell’Essere e perciò quel “muovere” sia da sempre e per sempre, ossia “immediatamente” connesso a ogni altro evento di qualsiasi epoca e posizione dell’universo.
Proprio perché quel “muovere il bicchiere” è presente in quel medesimo e unico punto spazio-temporale che include ogni altro evento.
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Vecchio 06-11-2012, 07.40.56   #5
CVC
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Riferimento: Parmenide: una nuova visione dell'universo?

I primi filosofi, fra cui Parmenide, avevano l'esigenza di considerare il tutto perchè dovevano trovare una verità che fosse comune a tutte le cose, il principio a partire dal quale si possa poi filosofare. Per Parmenide ciò che era comune a tutte le cose era il fatto di esistere, quindi il tutto, ciò che è, è distinto dal nulla, ciò che non è. Ma mi pare che quando successivamente si interrogò su cosa esista veramente, ne concluse che il mondo è illusione, contraddicendo se stesso perchè se il mondo è illusione e se questa illusione esiste, allora anche il nulla è.
Dato che per il pensiero greco tutto diviene e cioè esce e torna nel nulla, Parmenide sentiva la necessità di trovare qualcosa che sfuggisse a tale regola, arrivò ad affermare che tutto è immutabile, a negare in pratica l'esistenza del divenire.
Nella scienza attuale più che di tutto mi pare si parli ora dell'insieme universo, ossia l'insieme delle cose reali. In effetti è evidente la difficoltà che incontrerebbe la scienza nell'applicarsi al tutto di Parmenide, perchè quel tutto comprenderebbe indistintamente le case, gli alberi, le stelle, gli uomini, assieme ad i sogni, le creature mitologiche e gli altri puri oggetti della fantasia o illusori.

Io credo che nell'interpretare la realtà sia più corretto parlare di sistemi di riferimento, se poi esista un insieme di tutti i sistemi che li comprenda tutti, dobbiamo aspettarci al varco Godel con i suoi teoremi di incompletezza, perchè l'insieme di tutti gli insiemi finisce con l'essere incoerente internamente, mentre ogni insieme coerente è incompleto.

Parmenide ha tentato di tener viva la speranza dell'immutabilità, ma la scienza pare andare nella direzione di Eraclito

A meno che si cada nella chimera di immaginare un mondo umano che si muova alla velocità immutabile della luce. Personalmente penso che siamo uomini e non fotoni, e che il mondo non relativo di Einstein non sia il mondo in cui viviamo nel senso umano del termine
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Vecchio 06-11-2012, 16.11.35   #6
and1972rea
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Riferimento: Parmenide: una nuova visione dell'universo?

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Questa tua “immediata correlazione”, come possibilità di influire immediatamente da un punto qualsiasi su tutto l’universo, suscita in me delle perplessità, perché non l’avevo mai considerata.

Per quanto ritengo d’aver compreso del pensiero di Parmenide, l’Essere è per lui Uno e Immutabile. Cioè il molteplice e il mutamento sono illusori. E penso che i paradossi di Zenone abbiano proprio lo scopo di mostrare la loro irrealtà.
Ciò che appare a noi mutevole e molteplice deve perciò essere invece inteso come l’apparire dell’Essere. L’Essere non muta, ma si svolge davanti a noi. Nel suo svolgersi appare molteplice, ma è invece Uno.
In sostanza l’Essere si mostra come “evento” che da sempre “è”.

Pure la teoria della relatività ristretta, eliminando l’assolutezza del tempo, riduce la realtà fisica al cronotopo, che è appunto evento. Evento iscritto nell’Essere che non muta, perché da sempre è. L’universo di Einstein è deterministico, tutto è già scritto, noi ne stiamo sfogliando una delle possibili pagine.

Inoltre, la luce è l’assoluto che scalza il classico spazio-tempo. E’ infatti in funzione delle luce, che aumentando la propria velocità il tempo si allunga e lo spazio si restringe, rispetto ad un altro osservatore. Per la luce, che viaggia alla velocità massima dove il tempo si ferma e lo spazio si annulla, il nostro universo è un punto. Anche se per noi essa risulta viaggiare ad una velocità finita, e quindi sembra partire da una stella lontana e giungere fino a noi dopo anni.

Per questi motivi vedo un collegamento tra Parmenide e Einstein.

Ritengo perciò che con “immediatezza” si dovrebbe intendere non tanto il mutamento del Tutto a fronte di un’azione in un suo punto, ma che il tuo “muovere il bicchiere” sia iscritto nell’Essere e perciò quel “muovere” sia da sempre e per sempre, ossia “immediatamente” connesso a ogni altro evento di qualsiasi epoca e posizione dell’universo.
Proprio perché quel “muovere il bicchiere” è presente in quel medesimo e unico punto spazio-temporale che include ogni altro evento.

Ti esorto a non trasformare possibilita' mai considerate in perplessita' certe; Parmenide, come giustamente dici, esclude il divenire dell'Essere attraverso il Non Essere, per logica conseguenza del fatto che il Non Essere non puo' che essere; il divenire , inteso come variazione dell'Essere da se' stesso attraverso il non essere ,per Parmenide non esiste; la conseguenza logica e' che tutto cio' che muta , appare mutevole solo per coloro che nel tutto vedono soltanto una parte; se giri intorno ad una statua di Giano Bifronte, osserverai un'apparenza mutevole di una realta' monolitica che in se' e per se' non muta mai.
Tu credi di vedere una relazione fra Einstein e Parmenide , perche' pensi che un ipotetico raggio di luce senziente , secondo la relativita' ,possa trasformarsi per se' stesso, o per il proprio universo ( questo non l'ho capito...) in un unico punto singolare senza spazio ne' tempo..., nulla di tutto questo; la logica della relativita' afferma solo una tendenza infinita del tempo a rallentare rispetto agli occhi di un osservatore esterno ad un sistema fisico tendente ad essere luminale, ma nessuno potra' mai sapere cosa leggera' sul proprio orologio un ipotetico essere fatto di luce, e come egli "vedrebbe" il nostro universo (fra l'altro, affermando che lo spazio luminale si ridurrebbe rispetto al nostro,in quale direzione e senso non l'ho capito... , dovresti concludere che il raggio di luce dovrebbe vedere un infinito ancor piu' grande intorno a se'...non ti pare ? e se il suo tempo rallentasse rispetto al resto, dovrebbe osservare quello stesso universo accelerare...no?! );La logica parmenidea rimane , a mio avviso, quella piu' solida da cui procedere; perche' alla luce di essa e' persino possibile intuire cio' che la scienza oggi non spiega ,e ciecamente ed indiscriminatamente etichetta solo con l'epiteto di "non -locale" . E' logico ed intuibile pensare al nostro mondo come ad un'entita' per se' stessa intrinsecamente coerente, nella quale questa coerenza non sia rappresentata da astratte leggi fisiche o modelli descrittivi, ma dalla stessa realta' ontologica di cui questa entita' e' fatta; ogni sua parte non puo' logicamente essere null'altro che una visione parziale del tutto, osservando lei, esperiamo tutte le altre.

Ultima modifica di and1972rea : 06-11-2012 alle ore 23.45.39.
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Vecchio 06-11-2012, 19.34.12   #7
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Riferimento: Parmenide: una nuova visione dell'universo?

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I primi filosofi, fra cui Parmenide, avevano l'esigenza di considerare il tutto perchè dovevano trovare una verità che fosse comune a tutte le cose, il principio a partire dal quale si possa poi filosofare. Per Parmenide ciò che era comune a tutte le cose era il fatto di esistere, quindi il tutto, ciò che è, è distinto dal nulla, ciò che non è. Ma mi pare che quando successivamente si interrogò su cosa esista veramente, ne concluse che il mondo è illusione, contraddicendo se stesso perchè se il mondo è illusione e se questa illusione esiste, allora anche il nulla è.
Dato che per il pensiero greco tutto diviene e cioè esce e torna nel nulla, Parmenide sentiva la necessità di trovare qualcosa che sfuggisse a tale regola, arrivò ad affermare che tutto è immutabile, a negare in pratica l'esistenza del divenire.
Nella scienza attuale più che di tutto mi pare si parli ora dell'insieme universo, ossia l'insieme delle cose reali. In effetti è evidente la difficoltà che incontrerebbe la scienza nell'applicarsi al tutto di Parmenide, perchè quel tutto comprenderebbe indistintamente le case, gli alberi, le stelle, gli uomini, assieme ad i sogni, le creature mitologiche e gli altri puri oggetti della fantasia o illusori.

Io credo che nell'interpretare la realtà sia più corretto parlare di sistemi di riferimento, se poi esista un insieme di tutti i sistemi che li comprenda tutti, dobbiamo aspettarci al varco Godel con i suoi teoremi di incompletezza, perchè l'insieme di tutti gli insiemi finisce con l'essere incoerente internamente, mentre ogni insieme coerente è incompleto.

Parmenide ha tentato di tener viva la speranza dell'immutabilità, ma la scienza pare andare nella direzione di Eraclito

A meno che si cada nella chimera di immaginare un mondo umano che si muova alla velocità immutabile della luce. Personalmente penso che siamo uomini e non fotoni, e che il mondo non relativo di Einstein non sia il mondo in cui viviamo nel senso umano del termine
La contrapposizione Parmenide – Eraclito è a mio avviso meno netta di quel che si è soliti credere.

Il primo affermava l’immutabilità dell’Essere mentre il secondo asseriva l’ineluttabilità del Divenire. Ma entrambi, secondo me, volevano mettere in guardia dall’ovvia interpretazione della realtà: L’essere è ciò che abita il presente e questo essere è soggetto nel tempo al divenire.
E’ proprio quest’interpretazione della realtà ciò che Parmenide contestava, questa interpretazione era un’illusione.

Tutti e due volevano rilevare come il “vero” Essere includesse pure il divenire.

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Ti esorto a non trasformare possibilita' mai considerate in perplessita' certe; Parmenide, come giustamente dici, esclude il divenire dell'Essere attraverso il Non Essere, per logica conseguenza del fatto che il Non Essere non puo' che essere; il divenire , inteso come variazione dell'Essere da se' stesso attraverso il non essere ,per Parmenide non esiste; la conseguenza logica e' che tutto cio' che muta , appare mutevole solo per coloro che nel tutto vedono soltanto una parte; se giri intorno ad una statua di Giano Bifronte, osserverai un'apparenza mutevole di una realta' monolitica che in se' e per se' non muta mai.
Tu credi di vedere una relazione fra Einstein e Parmenide , perche' pensi che un ipotetico raggio di luce senziente , secondo la relativita' ,possa trasformarsi per se' stesso, o per il proprio universo ( questo non l'ho capito...) in un unico punto singolare senza spazio ne' tempo..., nulla di tutto questo; la logica della relativita' afferma solo una tendenza infinita del tempo a rallentare rispetto agli occhi di un osservatore esterno ad un sistema fisico tendente ad essere luminale, ma nessuno potra' mai sapere cosa leggera' sul proprio orologio un ipotetico essere fatto di luce, e come egli "vedrebbe" il nostro universo (fra l'altro, affermando che lo spazio luminale si ridurrebbe rispetto al nostro,in quale direzione e senso non l'ho capito... , dovresti concludere che il raggio di luce dovrebbe vedere un infinito ancor piu' grande intorno a se'...non ti pare ? e se il suo tempo rallentasse rispetto al resto, dovrebbe osservare quello stesso universo accelerare...no?! );La logica parmenidea rimane , a mio avviso, quella piu' solida da cui procedere; perche' alla luce di essa e' persino possibile intuire cio' che la scienza oggi non spiega ,e ciecamente ed indiscriminatamente etichetta solo con l'epiteto di "non -locale" . E' logico ed intuibile pensare al nostro mondo come ad un'entita' per se' stessa intrinsecamente coerente, nella quale questa coerenza non sia rappresentata da astratte leggi fisiche o modelli descrittivi, ma dalla stessa realta' ontologica di cui questa entita' e' fatta; ogni sua parte non puo' logicamente essere null'altro che una visione parziale del tutto, osservando lei esperiamo tutte le altre.
Con perplessità intendo dubbio. Perché non avevo mai considerato la possibilità dell’effetto immediato.
Ed era proprio per venire incontro a quella tua ipotesi che ho trattato della luce, che suggerisce la puntualità dell’universo (immaginare in quale realtà la luce poi si troverebbe, significa riproporre arbitrariamente l’esserci, mentre nulla si può dire perché la luce è il limite: situazione-limite)
Se la luce è un assoluto, allora mi sembra possibile pure l’effetto immediato nello spazio-tempo (non solo nello spazio, ma pure nel tempo!). Effetto immediato che tuttavia non mi pare compaia nel pensiero di Parmenide, anche se potrebbe essere coerente con esso... Dimmi se mi sbaglio.

L’Essere immutabile di Parmenide ha comunque affinità con l’universo di Einstein, in quanto quest’ultimo è proprio come il Giano Bifronte: non muta mai.
Inoltre, come già dissi, anche la teoria del Big Bang confermerebbe la visione parmenidea: nascita dello spazio e del tempo. Dove la parola “nascita” non può essere intesa come evento temporale: non è un evento. Perciò noi siamo in quella “nascita”.
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Vecchio 07-11-2012, 07.28.03   #8
CVC
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Riferimento: Parmenide: una nuova visione dell'universo?

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Originalmente inviato da bobgo
La contrapposizione Parmenide – Eraclito è a mio avviso meno netta di quel che si è soliti credere.

Il primo affermava l’immutabilità dell’Essere mentre il secondo asseriva l’ineluttabilità del Divenire. Ma entrambi, secondo me, volevano mettere in guardia dall’ovvia interpretazione della realtà: L’essere è ciò che abita il presente e questo essere è soggetto nel tempo al divenire.
E’ proprio quest’interpretazione della realtà ciò che Parmenide contestava, questa interpretazione era un’illusione.

Tutti e due volevano rilevare come il “vero” Essere includesse pure il divenire.


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A me pare che Parmenide abbia pensato la realtà come contraddittoria perchè prima ha idealizzato l'essere facendone il requisito della verità, poi ha concluso che le cose che sono e che sono reali, non hanno le caratteristiche dell'essere. Perchè, se non traviso, l'essere da lui idealizzato deve essere immutabile, e fra le cose che sono non ha trovato niente che lo sia. Quindi le cose per Parmenide sono e non sono. Platone avrebbe poi identificato l'essere immutabile nel mondo delle idee.
Quello che hanno in comune Parmenide ed Eraclito è certamente il fatto di essere entrambi enigmatici. Eraclito infatti dice che realtà ama nascondersi, non per niente fu definito l'oscuro.
E' forse proprio questo aspetto enigmatico della realtà il dono maggiore della filosofia, il farmaco contro la superficialità che obbliga a pensare ed a rifiutare le cose nella loro semplice apparenza.
Lo stesso carattere si trova in Cartesio quando pensa vi sia un demone che impedisce all'uomo di vedere la realtà, o nel mito della caverna di Platone.

La cosa importante in Eraclito è, a mio avviso, che egli paradossalmente afferma l'immutabilità dell'essere nella sua contraddittorietà, ciò che vi è di veramente immutabile è questo aspetto conflittuale della realtà, tutto ciò che esiste esiste perchè è in lotta con l'altro da sè. Per questo io credo che il problema non sia tanto che la realtà si nasconde, ma che siamo noi che le sfuggiamo perchè è troppo dura per poter essere osservata a lungo. E' come fissare il sole, dopo un pò o ti accechi o devi distogliere lo sguardo.
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Vecchio 07-11-2012, 10.08.14   #9
Il_Dubbio
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Riferimento: Parmenide: una nuova visione dell'universo?

A questa discussione volevo aggiungere l'interpretazione(se non l'ho compreso male) che da di Parmenide, Emanuele Severino.
Egli dice che la teoria di Parmenide è il primo tentativo, nella storia della civiltà umana, di porre rimedio al dolore dell'esistenza. Questo dolore avrebbe la sua causa appunto nel divenire, nel non sapere cosa succederà domani o fra un anno, se questo dolore finirà, come finirà ecc.
Il secondo tentativo viene proposto dalla teologia, dal Dio cristiano e l'ultimo (in senso storico) dalla scienza. Quest'ultima non nega il divenire, ma si pone come rimedio al dolore dell'esistenza attraverso il controllo del divenire. Cioè la scienza pare voler dire, tu -divenire- esisti ma ti prevengo, so cosa succederà domani.

Quel che penso io è che il rimedio scientifico al dolore dell'esistenza stia esaurendo le sue forze. Non so, attraverso, per esempio, la completa impossibilità di prevedere un terremoto.
Rendo molto pratico il dilemma in quanto sono anche questi aspetti, che pur essendo scientificamente consolidati, fanno apparire la scienza non in grado, in senso pratico, di porre rimedio al dolore dell'esistenza.

L'argomento invece vuole analizzare (se non ho capito male) la possibilità che la teoria di Parmenide possa diventare "alternativa" a quella scientifica (un po' meno a quella teologica) in senso "fisico".
Se questo è l'argomento, non possiamo più muoverci soltanto con gli strumenti rudimentali filosofici (che sono comunque grandiosi, come la teoria dell'essere e cioè la nascita dell'ontologia). Dovremmo per forza entrare nello specifico ruolo che la scienza ha al riguardo del "conoscibile" e di quel che è reale. Dico questo perchè la realtà costruita attorno alla scienza è molto, fin troppo, articolata e difficilmente contrastabile con un semplice "è illusorio" quel che vedo. Non che sia impossibile, ma ritengo che se così è, sarà la stessa scienza a dedurlo.
Il_Dubbio is offline  
Vecchio 07-11-2012, 10.33.33   #10
and1972rea
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Originalmente inviato da bobgo
La contrapposizione Parmenide – Eraclito è a mio avviso meno netta di quel che si è soliti credere.

Il primo affermava l’immutabilità dell’Essere mentre il secondo asseriva l’ineluttabilità del Divenire. Ma entrambi, secondo me, volevano mettere in guardia dall’ovvia interpretazione della realtà: L’essere è ciò che abita il presente e questo essere è soggetto nel tempo al divenire.
E’ proprio quest’interpretazione della realtà ciò che Parmenide contestava, questa interpretazione era un’illusione.

Tutti e due volevano rilevare come il “vero” Essere includesse pure il divenire.


Con perplessità intendo dubbio. Perché non avevo mai considerato la possibilità dell’effetto immediato.
Ed era proprio per venire incontro a quella tua ipotesi che ho trattato della luce, che suggerisce la puntualità dell’universo (immaginare in quale realtà la luce poi si troverebbe, significa riproporre arbitrariamente l’esserci, mentre nulla si può dire perché la luce è il limite: situazione-limite)
Se la luce è un assoluto, allora mi sembra possibile pure l’effetto immediato nello spazio-tempo (non solo nello spazio, ma pure nel tempo!). Effetto immediato che tuttavia non mi pare compaia nel pensiero di Parmenide, anche se potrebbe essere coerente con esso... Dimmi se mi sbaglio.

L’Essere immutabile di Parmenide ha comunque affinità con l’universo di Einstein, in quanto quest’ultimo è proprio come il Giano Bifronte: non muta mai.
Inoltre, come già dissi, anche la teoria del Big Bang confermerebbe la visione parmenidea: nascita dello spazio e del tempo. Dove la parola “nascita” non può essere intesa come evento temporale: non è un evento. Perciò noi siamo in quella “nascita”.
Tengo a precisare che per "immediato" intendo " non mediato", in questo senso , pero', Einstein stesso affermava che nulla nell'universo puo' mutare senza passare gradualmente attraverso lo spaziotempo. Se un fronte di luce si espande nello spaziotempo, si espande guadagnando porzioni di esso in modo del tutto mediato, ogni entita' fisica , nei modelli attuali, e' rappresentata come un flusso in divenire, persino l'espandersi di una dimensione all'interno di un'altra a partire da un presunto bigbang segue un succedersi di eventi in una certa direzione , in un certo verso. Il punto assolutamente singolare da cui si pensa essere nato tutto non ha alcun senso ontologico ne' fisico, ed e' proprio in quel punto che ogni teoria del Tutto perde di senso logico ed intuitivo. Quindi, purtroppo, non riesco davvero a scorgere in Einstein alcunche' di affine a Parmenide e men che meno nel successivo modello che descrive la nascita dell'universo. E' molto piu' logicamente intuitivo per noi pensare all'universo come ad un'entita' unica ed assolutamente coerente , in cui ogni sua parte lo comprenda tutto non in quanto condivida un'evoluzione dinamica di esso a partire da una unica comune origine impensabile ed impossibile, ma perche' ognuna delle sue parti, semplicemente, lo comprende "staticamente" attraverso l'intera , coerente ed immediata relazione con tutte le altre porzioni. Altrimenti incapperemmo nel paradosso che per comprendere tutto dovremmo comprenderne dapprima ogni sua parte proprio mentre dovremmo ,invece, comprendere ogni parte per giungere ad una comprensione globale dell'insieme delle parti; mi parrebbe logicamente , quindi, e "parmenidamente" piu' razionale considerare ogni parte del tutto "in risonanza" con qualsiasi altra parte del tutto, e poter , quindi,vedere in una singola porzione di esso tutto cio' che e' il risultato dell'intero emergere della totalita' delle relazioni all'interno di esso; se muta il Tutto deve poter mutare ogni sua parte e viceversa in modo non mediato da alcun tipo di apparente dimensionalita' ( spazio e tempo per esempio...)
and1972rea is offline  

 



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