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07-04-2011, 21.33.59 | #12 |
Ospite abituale
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Riferimento: Kant e l'a priori
@Giorgiosan
Forse non ho compreso. Provo a sintetizzare quel che dici - la legge morale e il vero postulato, anzi no, è un assioma in quanto è evidente. In pratica per Kant la legge morale è appunto una legge ma in realtà (almeno per come intendiamo oggi il termine legge) è un assioma. -Dalla legge morale ricaviamo i postulati che in realtà sono una conseguenza della legge (oggi avviene il contrario, ma va bhe...). Uno di questi postulati dovrebbe essere l'a priori. L'a priori però è una conseguenza della ragione che è il cuore della legge morale. E la ragione cos'è? Dovrebbe essere la legge morale (o il suo cuore, e ciò che significa), giusto? La cosa che non si capisce (sono io a non capire) è questa: se io dico che c'è una legge morale il cui cuore è la ragione e questa legge è evidente (mi va bene..fin qui ci siamo con la comprensione) da dove spunta l'a priori? Non la ci vedo come conseguenza della legge morale, e ancora peggio della ragione. Ti spiego: avevo detto all'inizio che solitamente sono le leggi che reggono sui postulati o sugli assiomi. Qualora però una legge è evidente perchè postulare l'a priori? Non mi sembra abbia alcuna coerenza. Sempre che lui non dica: la legge morale e l'a priori sono l'identica cosa. La ragione e l'a priori sono l'identica cosa. Ma se sono la stessa cosa perchè usa termini differenti? |
08-04-2011, 01.04.21 | #13 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Kant e l'a priori
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Ma scusa... Il ragionamento con cui Kant arriva a formulare i giudizi sintetici a priori non deriva dallo studio del pensiero aristotelico? |
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08-04-2011, 13.02.05 | #14 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Kant e l'a priori
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08-04-2011, 18.16.44 | #15 | |
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Riferimento: Kant e l'a priori
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Contestualizziamo un poco la risposta. La metafisica aristotelica che era stata utilizzata e adattata (da Tommaso d’Aquino e dalla scolastica) per “organizzare” per dare forma ai contenuti delle fede cristiana, entra in crisi di credibilità. La Chiesa “ufficiale” aveva sostenuto con ogni mezzo la validità del pensiero aristotelico e l’aveva imposto, perchè su quel pensiero aveva strutturato la sua teologia, sub specie aeternitatis, come era ed è la metafisica aristotelica. La metafisica concettualizza l’essere in quanto essere e cioè indipendentemente dal tempo e da ogni particolarità accidentale. Il frantumarsi dell’unità della Chiesa, frantuma anche il suo monopolio culturale. L’illuminismo rappresenta il momento in cui questa crisi ha il suo apogeo. Kant rifiuta la metafisica dogmatica dei razionalisti che presupponeva una aspettativa eccessiva nei poteri della ragione. Cita a questo proposito B.Mondin: “…quella fiducia che aveva portato Cartesio, Spinoza , Malebranche e Liebniz a sedersi sul trono di Dio” . Dal pensiero di Aristotele non si poteva prescindere quanto si faceva della metafisica ovviamente, però quello che per Aristotele è ontologico ( e logico) per Kant è solamente logico..Questa è una differenza sostanziale. Kant si pone in dialogo soprattutto con l’empirismo (che ha la sua estremizzazione nel sensismo)… a questo proposito c’è la celebre frase di Kant “ Hume mi ha svegliato dal sonno dogmatico” o giù di lì. Bisogna sfatare (forse l’ho detto più volte) il luogo comune che Kant fosse “nemico” della metafisica, lo era soltanto di certa metafisica....di metafisiche ce ne sono molte. Kant a questo proposito pensa che la metafisica sia una esigenza ineludibile dell’essere umano. Rispetto ad Aristotele ed al razionalismo egli compie la cosidetta rivoluzione copernicana. Per esempio: l'idea di Dio, di anima e di mondo non possono essere oggetto della metafisica perché , secondo Kant, non è possibile estendere la conoscenza, l’uso della ragione, delle sue strutture formali oltre il confine dell’esperienza sensibile. Quello che esclude dalle possibilità della ragion pura rientra in ambito morale, è nelle possibilità della ragion pratica e, secondo Kant, come postulato della legge morale (mi riferisco all'esistenza di Dio). La concezione dell' a priori kantiano, in un certo senso assomiglia a quella mitica di Platone, il cui mondo delle idee, mutatis mutandis può aver delle analogie con l'a priori, e la concezione dell' a priori assomiglia anche alle categorie aristoteliche ma è una somiglianza molto superficiale. Per Aristole pensiero e realtà hanno la stessa struttura ma per Kant le cose stanno in modo molto diverso...infatti ( vedi all'inizio del post) le categorie per Aristotele hanno valore ontologico (e anche logico), per Kant solo una valenza logica. Ultima modifica di Giorgiosan : 09-04-2011 alle ore 09.40.54. |
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09-04-2011, 00.22.00 | #16 | |
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Riferimento: Kant e l'a priori
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L’esistenza di giudizi sintetici a priori è messa in dubbio, per esempio, dal Rosmini. |
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09-04-2011, 16.38.59 | #17 | |
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Riferimento: Kant e l'a priori
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Le domande e le risposte dei post obbligano ad una frammentazione nell’esposizione del pensiero kantiano, così approfitto della tua domanda per tentare di fare una scheletrica minima sintesi. Temo che non sia possibile sintetizzare più di tanto perché il sistema kantiano è molto complesso. Provo a fissare alcuni punti chiave elementari, di quella che è sostanzialmente una teoria della conoscenza, la teoria di Kant sulla conoscenza. ogni conoscenza è una sintesi tra i dati della sensibilità e condizioni a priori.. Hume invece sosteneva che la conoscenza nasce solo dall’esperienza e che non vi è alcunché di innato ( a priori) nella conoscenza. Questa concezione oltre a non corrispondere alla verità , secondo Kant conduce allo scetticismo. ( Lo scettico ha le sue ragioni nel mettere in dubbio i risultati della conoscenza e quindi un moderato scetticismo deve albergare in ogni spirito critico, direi, ma lo scetticismo puro conduce alla svalutazione di ogni conoscenza ed è auto-contradditorio.) Kant però non è neppure un razionalista estremo la cui attitudine è quella di sfociare nel dogmatismo. Il suo sistema è un superamento sia dell’empirismo che del razionalismo, chiude una epoca del pensiero e ne apre un’altra. Il sistema di Kant come sappiamo è chiamato criticismo, perché sottopone a critica la ragione per mezzo della stessa e vuole individuare quali conoscenze abbiano validità universale. Perché vi siano delle conoscenze universali bisogna che vi siano dei principi necessari e uguali in ogni essere umano che la producono o meglio che contribuiscano a produrla, “prima” degli elementi soggettivi della conoscenza. La conoscenza è essenzialmente costituita ed espressa da giudizi. Cosa è il giudizio? Il giudizio è la relazione fra soggetto e predicato. (quella che Aristotele chiama predicazione). Per Kant sia il soggetto che il predicato sono concetti. (Parleremo a parte, se interessa, di quell’importantissimo tipo di giudizio che Kant chiama giudizio sintetico a priori e degli altri tipi di giudizi) Ogni predicato è riconducibile ad un insieme particolare, la categoria che è il modo in cui l’intelletto, unifica e sintetizza. Kant chiama le categorie, concetti puri Le categorie sono forme a priori, “stampini” che possiede la mente e che si riempiono di “fenomeni”. L’a priori delle categorie è facilmente constatabile:ogni essere umano in qualunque tempo conosciuto di qualunque cultura, lingua, tradizione ecc. ecc. quando esprime un giudizio usa predicati che non possono non essere ricondotti ad una categoria. Questo sembra significare che le categorie non si ricavano dall’esperienza e dunque devono essere innate cioè a priori. Usciamo dalla “Critica della ragion pura” alla quale ci siamo solo affacciati, e passiamo ad analizzare quell’utilizzo della ragione chiamato pratico e cioè la “Critica della ragion pratica” (pratico inteso come ciò che serve di norma all’azione, che regola la condotta morale). Kant ritiene che la ragion pratica possa risolvere meglio della ragione speculativa i problemi che non ritiene possano essere risolti dalla metafisica tradizionale. La Critica della ragion pratica indaga dunque i principi a priori della moralità. (Per lui, di educazione pietista, la morale è la cosa di gran lunga più importante, l’essere umano è, prima di tutto, un essere morale). La forma a priori della moralità è l’imperativo categorico che è l’obbligazione, il dovere, in quanto tali. L’imperativo categorico, essendo forma a priori, non “impera” qualche azione concreta, non obbliga ad alcunché in particolare, è vuoto per così dire. L’obbligazione però, implica o postula o esige, che esista la libertà morale, infatti all’obbligazione, al dovere, all'imperativo categorico si può aderire o non aderire. E mi fermo qui, per ora, anche perché oggi è sabato, fuori c’è un bel sole ….ci sarebbe un certo dovere che mi “impera” di continuare ma all’obbligazione si può non aderire…e quindi esco. Ultima modifica di Giorgiosan : 10-04-2011 alle ore 15.50.10. |
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10-04-2011, 03.28.59 | #18 | |
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Riferimento: Kant e l'a priori
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Personalmente ritengo che i filosofi Aristotele e S.Tommaso spieghino bene che l'"ante rem", quel conoscere trascendentale platoniano, è privo di significato, giacchè ogni conoscenza è "in re", cioè risiedie nel'loggetto e al di fuori dell'oggetto non è possibile, Proprio perchè l'io penso kantiano funziona solo quando qualcosa è percepito . L'errore (quantomeno per me) di Kant come di Platone infatti è di usare un metodo individualista d'indagine conoscitiva per poi arrivare a formulare assiomi presumibilmente universali. Ma a questo punto congruamente si dovrebbe ammettere che ad una conoscenza universale si puo' arrivare solo tramite il principio di identità e di non contraddizione... Ps. chiedo scusa se troverai errori ma sono quasi le 4 di mattina |
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10-04-2011, 18.22.09 | #19 | |
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Riferimento: Kant e l'a priori
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Un post scritto alle 4 di mattina, supponendo anche che chi tira a far tardi abbia una certa sete e giustamente si disseti, non può che essere giustificato, qualunque cosa dica. Ti faccio solo notare, tuttavia, che: Aristotele sosteneva che si astrae da più cose ciò che esse hanno in comune e ciò che hanno in comune le caratterizza appunto per quello che sono. (processo induttivo). I cinici, che si sa, sono dei guastafeste gli fecero notare (ed anche Platone) che non si può ricavare l’universale con l’astrazione dei particolari se i particolari non sono già stati individuati come quei certi particolari e in tal modo associati in un insieme. Come si potrà identificarli e associarli se non sulla base di una preventiva conoscenza di ciò che quei particolari hanno in comune? Per quello che riguarda Tommaso d’Aquino, di fronte alle vari opinioni (che nacquero dal dibattito scolastico ricapitolabili in ante rem l’universale possiede una qualche realtà che precede le cose individuali, in re è nelle cose, post rem si astrae dalle cose) egli considerò che ognuna di quelle posizioni aveva una plausabilità. Per Tommaso gli universali sono ante rem, in re e post rem. Ciao filosofo nottambulo |
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11-04-2011, 09.35.27 | #20 | |
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Riferimento: Kant e l'a priori
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Bho... una domanda: il concetto di a priori è quello che Kant chiamerebbe un concetto a priori? Perchè... in fondo, se io sostengo che esistano concetti a priori, come si fa a distinguerli dalla categoria che li distingue? Non ha senso. Nella categoria dei concetti a priori esiste il concetto a priori che distingue quelli a priori da quelli non a priori? Sarebbe come un pesce che volesse respirare l'aria come se non vivesse in mare. Non capisco ancora come faccia, quindi, a dire che esistano gli 'a priori e a distinguerli da quelli che non lo sono. Se sono postulati non sono evidenti, quindi tutto il suo discorso si scioglierebbe come neve al sole. Se sono evidenti dovrebbero esserlo per davvero... ma invece non lo sono (o così pare). Quindi rimango (come l'autore dell'argomento) con un grosso punto interrogativo. Sarebbe inutile quindi parlare del castello che ha poi costruito, se lo avesse costruito sulla sabbia. Non so se mi spiego. |
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