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Vecchio 23-02-2009, 14.12.19   #1
epicurus
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Onniscienza impossibile: "Il Mentitore Divino"

Sempre per il ciclo di argomenti sull'impossibilità in filosofia della religione (impossibilità dell'onnipotenza e impossibilità di onnipotenza e bontà), vorrei proporre una riflessione che mi pare scarsamente presa in considerazione dalla filosofia italiana in generale: l'impossibilità dell'onniscienza.

L'argomento specifico che tratterò qui è stato chiamato "Argomento del Mentitore Divino", proposto da Patrick Grim. Secondo questo argomento, la proprietà "essere onnisciente" è contraddittoria, quindi non può esserci nessun oggetto x che soddisfi la proposizione "x è onnisciente". Morale della favola: non può esistere nessun ente che sia onnisciente.

Prima di passare all'argomento vero è proprio, può risultare interessante (e pure essenziale, per dir la verità) fornire una definizione di 'onniscienza'.

(A) Un agente A è onnisciente = per ogni proposizione p vale che:
- p è vera se e solo se A crede che p
- A crede che p se e solo se A conosce che p.


Intuitivamente: si dice che A sia onnisciente se e solo se ogni sua credenza è vera e se ogni proposizione vera è creduta da A. (Nella definizione intuitiva sono stato deliberatamente superficiale, infatti non ho considerato che la conoscenza è qualcosa di più che credere a qualcosa di vero. Ma qui la questione è irrilevante.)

L'Argomento del Mentitore Divino

Assumendo che A sia un ente onnisciente. Consideriamo ora la seguente proposizione:

(1) A crede che (1) sia falsa.

- Se (1) è vera, allora A crede che (1) è falsa, ma (1) era supposta vera, quindi A crede ha una credenza falsa. Inoltre, se A crede che (1) sia falsa e se A non ha credenze tra loro contraddittorie, allora non si da il caso che A creda che (1) sia vera, cioè c’è qualcosa che A non conosce. Perciò A non è onnisciente.

- Se (1) è falsa, allora non è il caso che A creda che (1) sia falsa, ma (1) era supposta falsa, quindi c’è qualcosa che A non crede, e quindi non conosce. Perciò A non è onnisciente.

Si può fuggire da questa conclusione, assumendo che (1) non sia né vera né falsa? No, infatti anche in questo caso si concluderà che A non è onnisciente. Se (1) non è né vera né falsa, allora non vale che A creda che (1) sia falsa. Quindi (1) è falsa. Qui si ritorna al caso di sopra e si continua di conseguenza: se (1) è falsa, allora non vale che A creda che (1) è falsa, cioè c’è qualcosa che A non conosce. Perciò A non è onnisciente.
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Vecchio 23-02-2009, 15.12.10   #2
Loris Bagnara
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Citazione:
Originalmente inviato da epicurus
(...)
L'Argomento del Mentitore Divino

Assumendo che A sia un ente onnisciente. Consideriamo ora la seguente proposizione:

(1) A crede che (1) sia falsa.

- Se (1) è vera, allora A crede che (1) è falsa, ma (1) era supposta vera, quindi A crede ha una credenza falsa. Inoltre, se A crede che (1) sia falsa e se A non ha credenze tra loro contraddittorie, allora non si da il caso che A creda che (1) sia vera, cioè c’è qualcosa che A non conosce. Perciò A non è onnisciente.

- Se (1) è falsa, allora non è il caso che A creda che (1) sia falsa, ma (1) era supposta falsa, quindi c’è qualcosa che A non crede, e quindi non conosce. Perciò A non è onnisciente.

Si può fuggire da questa conclusione, assumendo che (1) non sia né vera né falsa? No, infatti anche in questo caso si concluderà che A non è onnisciente. Se (1) non è né vera né falsa, allora non vale che A creda che (1) sia falsa. Quindi (1) è falsa. Qui si ritorna al caso di sopra e si continua di conseguenza: se (1) è falsa, allora non vale che A creda che (1) è falsa, cioè c’è qualcosa che A non conosce. Perciò A non è onnisciente.
Sbaglio o fu Russell a proporre una logica che aveva precisamente lo scopo di evitare simili "cortocircuiti logici"? Il problema si crea quando un'affermazione diventa parte di sé stessa, come in questo caso: perciò Russell propose di distinguere gerarchicamente le affermazioni, in modo da evitare ricorsività infinite e prive di senso. Infatti, se provassi a svolgerla, l'affermazione di cui sopra diventerebbe:
" (1) A crede che A crede che A crede che A crede ... sia falsa. "
Ma quale sarebbe l'argomento della credenza di A? Nulla.
Non so, l'argomento del mentitore mi pare un sofisma.
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Vecchio 23-02-2009, 15.51.15   #3
epicurus
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Riferimento: Onniscienza impossibile: "Il Mentitore Divino"

Citazione:
Originalmente inviato da Loris Bagnara
Sbaglio o fu Russell a proporre una logica che aveva precisamente lo scopo di evitare simili "cortocircuiti logici"? Il problema si crea quando un'affermazione diventa parte di sé stessa, come in questo caso: perciò Russell propose di distinguere gerarchicamente le affermazioni, in modo da evitare ricorsività infinite e prive di senso. Infatti, se provassi a svolgerla, l'affermazione di cui sopra diventerebbe:
" (1) A crede che A crede che A crede che A crede ... sia falsa. "
Ma quale sarebbe l'argomento della credenza di A? Nulla.
Non so, l'argomento del mentitore mi pare un sofisma.

L'argomento del Mentitore Divino non ha la stessa natura dell'argomento originario del mentitore. Mentre quest'ultimo genera un paradosso genuino, cioè non si riesce a determinare il grado di verità della proposizione paradossale "io sono falsa", in quest'ultimo caso non vi è nessun cortocircuito logico, nessun paradosso: semplicemente l'onniscienza è contraddittoria. In poche parole: se si assume che A sia onnisciente, non si genera nessun paradosso, si genera semplicemente una contraddizione, quindi A logicamente non può esistere.

Tale argomento, semplicemente, utilizza una dimostrazione del tipo reductio ad absurdum ricorrendo ad una definizione ricorsiva. Ma la matematica è piena di reductio ad absurdum e di definizioni ricorsive, senza coinvolgere minimamente i paradossi.

Tra l'altro, l'argomento del Mentitore Divino, ha molti tratti comuni con lo pseudo-paradosso di Russell che riguarda il barbiere: in un villaggio c'è un solo barbiere e questo rade tutti e solo gli uomini del villaggio che non si radono da soli; chi rade il barbiere?
Ho scritto che questo è uno pseudo-paradosso perché in realtà non si generano conseguenze paradossali come nel caso del mentitore (eventualmente si generano conseguenze paradossali nel senso che sono molto controintuitive), infatti la soluzione è semplice: non può esistere un tale barbiere.

In conclusione: l'argomento di Grim non può essere accantonato così semplicemente, senza neppure entrare nel merito della questione.

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Vecchio 24-02-2009, 16.01.26   #4
ornella
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Scusatemi forse non ho compreso, se Dio conosce tutto non crede nulla, ne vero ne falso, conosce ciò che è, e come hai suggerito Epicurus nell'altra discussione è inutile porsi il problema del niente In questo caso il falso è il niente o no? se rispondo impropriamente ti prego di chiarire
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Vecchio 25-02-2009, 14.44.10   #5
epicurus
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Citazione:
Originalmente inviato da ornella
Scusatemi forse non ho compreso, se Dio conosce tutto non crede nulla, ne vero ne falso, conosce ciò che è

Cercherò di accennarti brevissimamente alcune basi di gnoseologia, altrimenti è difficile seguire l'argomento di Grim.

Perché sia vero che "Io so che piove", devono almeno valere 3 condizioni:
1) è vero che piove;
2) io credo che piove;
3) io ho buone ragioni per (sono giustificato nel) credere che piove.

Quindi si dice che la conoscenza è almeno una credenza vera e giustificata. Come ti renderai conto, parlare di "credenza" vuol dire semplicemente che io ho una certa opinione, senza specificare se tale opinione sia vera/falsa o giustificata/ingiustificata. Quindi, se oltre ad avere un'opinione, tale opinione è vera e giustificata, allora ci sono le condizioni perché si possa parlare di conoscenza.

Detto questo, è ovvio che perché uno conosca qualcosa debba necessariamente credere a quel qualcosa. Inoltre, nessuno può conoscere qualcosa di falso, dato che tra le precondizioni della conoscenza c'è che la proposizione deve essere vera; ciò non toglie, naturalmente, che io possa sapere che è falso che Londra è la capitale dell'Italia (ma "è falso che Londra è capitale d'Italia" è vero, quindi si può parlare di conosenza).

Per capire meglio le basi della gnoseologia, non posso che suggerirti vivamente il libro Teoria della Conoscenza di Nicla Vassallo. Online e gratuitamente trovi qualcosa, sempre di Vassallo, qui: http://lgxserve.ciseca.uniba.it/lei/...ssallo-1.0.pdf

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Vecchio 25-02-2009, 15.03.13   #6
ornella
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Citazione:
Originalmente inviato da epicurus
Cercherò di accennarti brevissimamente alcune basi di gnoseologia, altrimenti è difficile seguire l'argomento di Grim.

Perché sia vero che "Io so che piove", devono almeno valere 3 condizioni:
1) è vero che piove;
2) io credo che piove;
3) io ho buone ragioni per (sono giustificato nel) credere che piove.

Quindi si dice che la conoscenza è almeno una credenza vera e giustificata. Come ti renderai conto, parlare di "credenza" vuol dire semplicemente che io ho una certa opinione, senza specificare se tale opinione sia vera/falsa o giustificata/ingiustificata. Quindi, se oltre ad avere un'opinione, tale opinione è vera e giustificata, allora ci sono le condizioni perché si possa parlare di conoscenza.

Detto questo, è ovvio che perché uno conosca qualcosa debba necessariamente credere a quel qualcosa. Inoltre, nessuno può conoscere qualcosa di falso, dato che tra le precondizioni della conoscenza c'è che la proposizione deve essere vera; ciò non toglie, naturalmente, che io possa sapere che è falso che Londra è la capitale dell'Italia (ma "è falso che Londra è capitale d'Italia" è vero, quindi si può parlare di conosenza).

Per capire meglio le basi della gnoseologia, non posso che suggerirti vivamente il libro Teoria della Conoscenza di Nicla Vassallo. Online e gratuitamente trovi qualcosa, sempre di Vassallo, qui: http://lgxserve.ciseca.uniba.it/lei/...ssallo-1.0.pdf

Ti ringrazio per il libro consigliato, ma ugualmente ti chiedo: -Sono io che faccio piovere- non c'è tra le condizioni?
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Vecchio 25-02-2009, 15.44.35   #7
Anakreon
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Il tutto ed il vero.

Caro Epicuro,

a me pare dica bene Loris, quando reputa che, nell'asserzione che riferisci:

"(1) A crede che (1) sia falsa."


sia la medesima contraddizione del mentitore:

"Tizio afferma che mente".

Si tratta, in ambedue i casi, della contraddizione che si deduce in asserzioni, le quali affermino o neghino la verità o la falsità di sé stesse:
così il credere di A ha oggetto la sua credenza stessa come l'affermazione di Tizio ha oggetto la sua affermazione stessa.

Comunque sia, c'è una cosa che non mi persuade nel Tuo argomento:

credere o sapere che un fatto ovvero un'asserzione siano falsi o veri, non mi pare sia esattamente il medesimo, che sia sapere tutto universalmente senza eccezioni;

ma d'un dio onnisciente si dice, mi pare, che sappia ogni cosa passata, presente e futura, palese ed occulta; non si dice che creda o che sappia che alcunché sia falso o sia vero o, tanto meno, che creda o che sappia alcunché circa la sua stessa credenza o conoscenza.

Stimo, cioè, sia cosa diversa segnare il limite della conoscenza del vero o del falso, che sia segnare quello della conoscenza del tutto o del nulla, posto che del nulla si possano segnare i confini.

Che se poi alcuno opponga che sapere tutto porti necessariamente seco sapere che cosa sia vero e che cosa sia falso; si può pur rispondere che credere che sia falso alcunché, il quale sia di contro vero, e vice versa credere sia vero il falso, dipende necessariamente da un difetto di conoscenza e che, quindi, se assumiamo che un dio abbia una conoscenza perfetta ed esatta di tutto, non si può anche, in una, assegnargli una conoscenza imperfetta, perché ignara d'alcunché di vero o credula d'alcunché di falso.

In somma, perché il vero ed il falso nascono da un difetto di conoscenza, è contraddizione assumere che sia in difetto di conoscenza colui, il quale si conceda che, per definizione, non ne abbia difetto, perché onnisciente:
se è onnisciente, cioè perfettamente conoscente, è non solo prima, ma anche fuori del falso, cioè del difetto di conoscenza.

Mi pare che un argomento simile sia addotto contro un dio onnipotente:
se un dio può tutto, s'afferma, può anche cessare la propria onnipotenza;
ma, se la potesse cessare, non sarebbe più onnipotente; dunque, non è onnipotente.

Ma, se definiamo onnipotente alcuno, come possiamo poi, senza contraddirci nella definizione stessa, dedurre che quegli possa togliere a sé stesso quella stessa virtù, che noi gli abbiamo assegnata nella definizione ?:
o lo definiamo onnipotente e null'altro oppure poniamo limiti alla potenza di lui, sia pure in virtù dell'onnipotenza; ma perché, dunque, definirlo onnipotente ?.

La difficoltà, a mio giudizio, nasce dall'uso antico di definire gli dei, ampliando facoltà e virtù o vizii propriamente umani o terreni;
elucubriamo cioè i numi a nostra immagine e similitudine, lamentandoci poi ch'essi abbiano i nostri stessi difetti:
ma potrebbero, così elucubrati, non averli ?.

Anakreon.
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Vecchio 27-02-2009, 10.43.16   #8
Gaffiere
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Originalmente inviato da epicurus

(A) Un agente A è onnisciente = per ogni proposizione p vale che:
- p è vera se e solo se A crede che p
- A crede che p se e solo se A conosce che p.


Intuitivamente: si dice che A sia onnisciente se e solo se ogni sua credenza è vera e se ogni proposizione vera è creduta da A. (Nella definizione intuitiva sono stato deliberatamente superficiale, infatti non ho considerato che la conoscenza è qualcosa di più che credere a qualcosa di vero. Ma qui la questione è irrilevante.)

L'Argomento del Mentitore Divino

Assumendo che A sia un ente onnisciente. Consideriamo ora la seguente proposizione:

(1) A crede che (1) sia falsa.

- Se (1) è vera, allora A crede che (1) è falsa, ma (1) era supposta vera, quindi A crede ha una credenza falsa. Inoltre, se A crede che (1) sia falsa e se A non ha credenze tra loro contraddittorie, allora non si da il caso che A creda che (1) sia vera, cioè c’è qualcosa che A non conosce. Perciò A non è onnisciente.

- Se (1) è falsa, allora non è il caso che A creda che (1) sia falsa, ma (1) era supposta falsa, quindi c’è qualcosa che A non crede, e quindi non conosce. Perciò A non è onnisciente.

Si può fuggire da questa conclusione, assumendo che (1) non sia né vera né falsa? No, infatti anche in questo caso si concluderà che A non è onnisciente. Se (1) non è né vera né falsa, allora non vale che A creda che (1) sia falsa. Quindi (1) è falsa. Qui si ritorna al caso di sopra e si continua di conseguenza: se (1) è falsa, allora non vale che A creda che (1) è falsa, cioè c’è qualcosa che A non conosce. Perciò A non è onnisciente.

Francamente non capisco il senso di questo ragionamento: se Dio è onnisciente SA, non crede, e dunque SA se qualcosa è vero o falso non potendo fallire, molto banalmente: il problema più che altro è che se è onnisciente e conosce dunque tutto ciò che era, è, sarà, allora il libero arbitrio è pura illusione, ciò che accadrà in futuro è già determinato.
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Vecchio 27-02-2009, 14.08.02   #9
epicurus
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Originalmente inviato da ornella
-Sono io che faccio piovere- non c'è tra le condizioni?

Questa non l'ho capita.
Vuoi dirmi che se non sono io a far piovere, non posso conoscere che ora sta piovendo?

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Caro Epicuro,
a me pare dica bene Loris, quando reputa che, nell'asserzione che riferisci:
"(1) A crede che (1) sia falsa."

sia la medesima contraddizione del mentitore:
"Tizio afferma che mente".

Si tratta, in ambedue i casi, della contraddizione che si deduce in asserzioni, le quali affermino o neghino la verità o la falsità di sé stesse:
così il credere di A ha oggetto la sua credenza stessa come l'affermazione di Tizio ha oggetto la sua affermazione stessa.

Mi pare di aver già risposto a questo genere di obiezione qui: la frase del mentitore divino NON è un paradosso, infatti -- al contrario del mentitore originario -- ha una soluzione: A non può esistere. Tale argomento utilizza una dimostrazione del tipo reductio ad absurdum ricorrendo ad una definizione ricorsiva: nulla di problematico, la matematica ne è piena.

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Originalmente inviato da Anakreon
Comunque sia, c'è una cosa che non mi persuade nel Tuo argomento:
credere o sapere che un fatto ovvero un'asserzione siano falsi o veri, non mi pare sia esattamente il medesimo, che sia sapere tutto universalmente senza eccezioni;

Qui ho considerato solo la conoscenza proposizione, e l'onniscienza riguardo a questo tipo di conoscenza l'ho definita formalmente nel mio primo intervento. D'altro canto mi sembra banale affermare che credere ad un'affermazione vera sia equivalente dell'onniscienza, non ho mai affermato questo, e mai me ne sognerei di pensarlo.
[Credere che una proposizione sia falsa è ben diverso che credere in una proposizione falsa. La prima credenza può concorrere a divenire conoscenza, la seconda no. Ho spiegato tutto nel mio post sui chiarimenti gnoseologici.]

Citazione:
Originalmente inviato da Anakreon
ma d'un dio onnisciente si dice, mi pare, che sappia ogni cosa passata, presente e futura, palese ed occulta; non si dice che creda o che sappia che alcunché sia falso o sia vero o, tanto meno, che creda o che sappia alcunché circa la sua stessa credenza o conoscenza.

Se A è onnisciente, conosce tutte le proposizioni vere (presenti, passate e future), e non ne crede nessuna falsa. E qui che si genera la contraddizione, deducendo così che A è contraddittorio.

Citazione:
Originalmente inviato da Anakreon
Che se poi alcuno opponga che sapere tutto porti necessariamente seco sapere che cosa sia vero e che cosa sia falso; si può pur rispondere che credere che sia falso alcunché, il quale sia di contro vero, e vice versa credere sia vero il falso, dipende necessariamente da un difetto di conoscenza e che, quindi, se assumiamo che un dio abbia una conoscenza perfetta ed esatta di tutto, non si può anche, in una, assegnargli una conoscenza imperfetta, perché ignara d'alcunché di vero o credula d'alcunché di falso.

Se ha è onnisciente allora deve almeno conoscere tutte per proposizioni vere.

Citazione:
Originalmente inviato da Anakreon
Mi pare che un argomento simile sia addotto contro un dio onnipotente:
se un dio può tutto, s'afferma, può anche cessare la propria onnipotenza;
ma, se la potesse cessare, non sarebbe più onnipotente; dunque, non è onnipotente.

Questo è un altro argomento (discusso in un altro topic: usa la funzione di ricerca e, se lo desideri, continua lì la discussione sull'onnipotenza) quindi preferisco non parlarne qui.

Citazione:
Originalmente inviato da Gaffiere
Francamente non capisco il senso di questo ragionamento: se Dio è onnisciente SA, non crede, e dunque SA se qualcosa è vero o falso non potendo fallire, molto banalmente

Ho dato qualche base di gnoseologia qualche post più sopra, prova a dargli un occhio. Brevemente: se uno sa x, allora deve anche crederlo.

Citazione:
Originalmente inviato da Gaffiere
il problema più che altro è che se è onnisciente e conosce dunque tutto ciò che era, è, sarà, allora il libero arbitrio è pura illusione, ciò che accadrà in futuro è già determinato.

Questo è un altro discorso, quindi è meglio non discuterne qui.

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Vecchio 27-02-2009, 15.00.28   #10
ornella
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Citazione:
Originalmente inviato da epicurus
Questa non l'ho capita.
Vuoi dirmi che se non sono io a far piovere, non posso conoscere che ora sta piovendo?




No, io non ho detto quello e non comprendo da che cosa tu lo deduca.
Semplicemente se sono io ad aver creato la pioggia teoricamente salto le tre prime condizioni o no?Poni un bimbo che non ha mai visto la neve e quindi mi stanno bene le tre condizioni, ma nel caso del Creatore essendo lui a creare le cose si pone in un piano diverso non credi?Credi che "Il Giudizio Universale" della Cappella Sistina sarebbe stato creato se Michelangelo non avesse conosciuto la tecnica della pittura, la prospettiva e i soggetti che disegnava?
1) è vero che c'è la Cappella Sistina?
2) io credo che esiste la Capella Sistina?
3) io ho buone ragioni per (sono giustificato nel) credere che esiste la Cappella Sistina e il dipinto che io Michelangelo ho creato. Ovvero tutti possono conoscere quel dipinto, ma solo Michelangelo l'ha creato e non può non conoscere ciò che a creato Lui.
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