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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 15-10-2008, 14.36.14   #1
emmeci
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"Divieni quello che sei"

Mi sembra che questa balenante intuizione di Nietzsche superi il fascino di quell’ “eterno ritorno dell’uguale” che per alcuni rappresenta il culmine e il suggello della sua filosofia, teso a bruciare il concetto di futuro nella fiamma di un esistere in cui ogni momento possiede intero il suo senso: dunque un’intuizione che non si è ancora eclissata di fronte alla sapienza di Zarathustra la quale metterà definitivamente in crisi il concetto di divenire che ha dominato la storia.
Dobbiamo o non dobbiamo ammirare quell’aforisma, che facendo eco alla Nascita della tragedia e alle Inattuali, sembra opporsi in qualche modo all’ultimo Nietzsche? Infatti non si scolpisce in quelle parole proprio il concetto di tempo che ha dominato la storia e che sarà materia prima del risentimento nietzschiano e stimolo di una trasvalutazione di tutti i valori e una volontà di potenza che potrebbe perfino essere stata l’esca della follia?
Depurato infatti del suo alone umanistico che lo potrebbe confinare in un più limitato orizzonte, la frase di quell’aforisma sembra esaltare se non benedire la cultura e la storia del mondo: e potrebbe divenire il motto della mia filosofia che, non so se ricordate, ha per principio che la verità assoluta c’è e ci spetta il compito di cercarla. E qui si potrebbe trovare fortunosamente anche una risposta al problema del tempo che ha tormentato la mente dell’uomo e che rappresenta la condizione stessa di questa ricerca di verità, senza la quale non avremmo speranza di poter mai raggiungere l’obiettivo, anzi neppure di concepirlo. “Tempo, tempo”, è il lamento di tutti i ricercatori, anche se la scienza è sul punto di non credere nella sua realtà da quando si è imbattuta nella relatività e nel quantismo, la filosofia è sempre stata perplessa davanti al mistero di quella parola: e la religione non crede che Dio crea ma anche cancella il tempo?
Dunque tempo c’è o non c’è? E’ qui, pronto – insieme allo spazio - a sostenere la nostra planetaria ricerca della verità, o c’è solo per sacrificarsi alla fine come vittima sopra un altare? Ma, dopo tutto, è giusto avvolgere quell’aforisma che ho posto come titolo dell’argomento - formulato da un filosofo che si vanta d’aver ammazzato Dio - di un alone mistico? Non possiamo interpretarlo soltanto come un ragionamento che – sulla scia di un fascino ellenico ancora vivo – sembra intenzionato a risolvere il problema primordiale della filosofia occidentale, cioè quello impostato dal contrasto Parmenide-Eraclito: essere o divenire?
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Vecchio 15-10-2008, 17.12.47   #2
Noor
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Riferimento: "Divieni quello che sei"

L'Essere è e non diviene..ciò che diviene è la materia fisica:a ciò si riferisce Eraclito nel suo panta rei.
La frase di Nietzsche,ci porge un paradosso,una verità in apparenza non possibile..
come può d'altronde divenire l'essere..
Leggendolo ,si capisce meglio ciò che intende..
Egli parla spesso dell'amor fati,amare il proprio destino,accettarlo sino all'ultima goccia,anche se in ciò si legge un'estetizzante rappresentazione tragica.
In realtà in quest'accettazione del proprio destino,se togliamo la maschera tragica che nasconde la paura del vuoto..la morte,c'è la verità espressa dal folle riso di Zarathustra.
In quell'accettazione c'è tutto..è la verità stessa che si disvela.
Questo disvelamento è il viaggio,il peregrinare di Zaratustra (figura archetipica del folle saggio filosofo) alla scoperta di se stesso ,di ciò che già è.
La trasformazione dunque ,il viaggio ,il divenire che accade nel tempo è solo una catarsi necessaria da accettare (amor fati) perchè l'essere si riappropri di se stesso.
Riappropriarsi dell'essere è una metafora necessaria,per dire che c'è una comprensione (al di fuori dello spazio e del tempo,ove dimora l'essere)
Non so se questa interpretazione (banale per altro) risponda alla verità di qualche filosofo.
Nietzsche mi appassionava da ragazzo...e in fondo ho parlato solo di me stesso
Il paradosso è già sciolto,almeno per me..
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Vecchio 16-10-2008, 11.05.02   #3
emmeci
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Riferimento: "Divieni quello che sei"

Comprendere Nietzsche è impossibile se facciamo riferimento ai valori tradizionali della cultura europea: in questo caso egli rimarrebbe un non-filosofo o un velleitario che nella pazzia potrebbe aver trovato, per così dire, la definitiva consacrazione di un’aberrante e tormentosa personale avventura. Del resto egli sembra avverso ad accettare qualunque interpretazione del suo personale destino; ha accettato anzi preteso innanzi tutto per sé questo distacco dall’ homo historicus, dall’uomo delle religioni e delle ideologie, dibattendosi contro un’anatomia fisica e psichica che lo relegherebbe nel passato e che egli rifiuta. Naturalmente questo non vieta di scoprire che a tratti egli pure abbozza nelle sue opere ideali patetici, aspirazioni a volte nostalgiche a stati pregressi, come lo stato eroico, lo stato del profeta, perfino del santo, anche se nessuno resiste e ogni forma si sbriciola davanti alla sua rabbia, che assurgerà alla fine a volontà di potenza e a quel trascendimento di tutti i valori che più che uno sfogo blasfemo preferisco interpretare come un bisogno di bruciare tutto, cioè come un’esplosione patetica o superomantica di ciò che trova sul proprio cammino, se non dello stesso io nietzschiano. E proprio questo non lo separa dalla storia ma anzi lo accosta a ciò che caratterizza la storia del tempo in cui vive, che è una storia borghese contro cui si innalza l’ideale rivoluzionario, anche se Nietzsche non ebbe la pazienza o la capacità di riconoscere che proprio quella sua ansia di trasformare il pensiero se non addirittura la creta dell’uomo è l’anima della storia, lo spasimo che la spinge avanti, verso il raggiungimento di una verità che è l’obiettivo di ogni filosofo e cui forse egli stesso anelava nonostante le sue velleità di oppositore integrale e talvolta di semplice risentimento verso ciò che richiama il diverso da lui. Dopo tutto anch'egli è frutto della storia ed è impregnato di quel fermento rivoluzionario che anima gli anni cruciali tra ottocento e novecento. E se alla fine sembra quasi per partito preso inveire contro tutto ciò che ricorda la storia, è perché la vive in sé, la vive come materia da bruciare e trasformare secondo i suoi gusti e i suoi argomenti: è questo, io credo, la nota di fondo del caso nietzschiano, il bisogno di possedere la storia, cioè di bruciarla e cambiarla, per arrivare…a che cosa? al superuomo? a un nuovo Dio in sostituzione di quello stanco e decrepito? Con questo si possono spiegare sia i suoi temporanei ritorni a ideali del passato (dalla Grecia a Zarathustra), sia i fremiti che lo portano a quell’espressione aforistica che è bisogno di consumare l’universo in una sola idea, fino all’esplodere di quella pazzia che è insieme prossima a un’estasi e a una spietata condanna. Condanna non per aver ucciso Dio ma per aver ucciso la storia, perché questa è l’unica strada non solo di un individuo o di un popolo ma dell’umanità e forse del mondo; ed è la strada che punta alla verità, cioè a quello che, una volta intrapresa, identificherebbe Nietzsche come filosofo cioè come ciò che egli non vuole mai diventare, anche se darebbe un senso alla sua esistenza e forse alla sua pazzia. La stessa che pure ha scolpito una volta il motto fatidico “divieni quello che sei”, motto che personalmente egli non ha mai accettato, aggrappandosi piuttosto dentro di sé alle parole che nella Bibbia definiscono Dio: “io sono colui che sono”.
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Vecchio 16-10-2008, 11.55.02   #4
Noor
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Originalmente inviato da emmeci
“divieni quello che sei”, motto che personalmente egli non ha mai accettato, aggrappandosi piuttosto dentro di sé alle parole che nella Bibbia definiscono Dio: “io sono colui che sono”.
Il suo detto è solo un paradosso di quello biblico...ma ha lo stesso significato.
Per il resto :
se tu caro emmeci non sapessi nulla della biografia di Nietzsche..
ecco.. ammettiamo che si parli di Parmenide:
avresti potuto toccarequesti argomenti "storico-biografici" o ti saresti dovuto (necessariamente) focalizzare sul suo pensiero,scelta per me più ovvia?
Non lasciamoci abbagliare dalla pazzia di Nietzsche,nè dalle sue interiori tensioni romantiche,perchè (se vogliamo davvero osservarlo e comprenderlo..) ha detto molto altro che non rappresenta lui come Nietzsche,ma in quanto ...Essere...
Ciao

Ultima modifica di Noor : 16-10-2008 alle ore 14.39.06.
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Vecchio 16-10-2008, 16.53.39   #5
Giorgiosan
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Credo che si confonda la metafisica con la storia.

Quello che ogni uomo è in quanto uomo, è un problema matafisico: qualunque definizione si vorrà dare dell'uomo essa indicherà tutti gli uomini e li indicherà stabilmente.
Aristotele, per citare una delle prime, dice che l'uomo è animale razionale, zòon logistikòn, e questo vale per tutti gli uomini, lo stesso dicasi per tutte le altre definizioni metafisiche di uomo, nelle intenzioni dei filosofi.
Da questo punto di vista l'uomo non ha bisogno di divenire cio che è, perché lo è già dal primo momento della sua vita.

Altro paio di maniche è ciò che l'uomo può o non può diventare durante la sua esistenza: dipende dalla sua volontà, dipende dalle circostanze della sua vita, dalle sue attitudini genetiche, dalle opportunità che gli si offrono, dalle sue fragilità e persino dal suo stato di salute, ecc. ecc. ecc. ecc... .
Dipende cioè dalla sua storia ed è, in altri termini, la sua personale evoluzione.

Fare appello ad un sè compiuto ed originario a cui fare riferimento è cosa inconsistente..

"Divieni ciò che vuoi essere se puoi".
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Vecchio 16-10-2008, 18.38.53   #6
Giorgiosan
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Comprendere Nietzsche è impossibile se facciamo riferimento ai valori tradizionali della cultura europea....

Credo proprio di dissentire da questo:
Nietzsche è comprensibile solo alla luce della cultura europea, di tutta la cultura europea a partire da Eraclito fino a Schopenhauer...tralasciando ben pochi aspetti della cultura "europea", è europeo fin nel midollo.
Cosa sia poi la cultura tradizionale del '900 non è così facile da individuarsi.

Ciao emmeci.
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Vecchio 17-10-2008, 14.55.28   #7
emmeci
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Certo, Giorgiosan, Nietzsche è immerso nel sangue della cultura europea se s’intende che quel sangue non fluisce senza contrasti verso un obiettivo riconosciuto da tutti, ma è un continuo oscillare di tensioni che impongono alla coscienza insistenti domande: è sensato quello che penso, è corretto quello che dico e che faccio? Fin quando ci si domanda se la storia che mi si para davanti deve rispettare non solo i dogmi di una fede che si sta usurando ma gli stessi canoni sui quali la cultura sembrava aver fondato i suoi risultati grandiosi, mentre ora si pensa che potrebbe esserne dispensata e addirittura si osa negarli per ricominciare in termini nuovi. Ebbene io credo che questa questione si è presentata nel suo pieno valore tra Ottocento e Novecento, arrivando per così dire all’apice del tradizionale contrasto antichi-moderni, cioè al nucleo profondo del concetto di storia: si può dimenticare la storia dei padri, a costo addirittura di mutare la specie homo? Tutti i grandi della letteratura e dell’arte si sporgono su questo che può essere considerato l’orlo di un baratro o l’alba di una favolosa avventura. Le arti vivono in maniera drammatica e perfino sublime questa volontà di trasformazione ma, come ho detto, si arriva a una linea al di là della quale si è convinti che non basta un lirico lampo di trasfigurazione e si deve osare di realizzare quel sogno, a costo di imbracciare le armi e creare una società nuova, una logica nuova e una nuova morale…..Questo è il momento in cui s’innesca nel suo pieno valore l’idea di rivoluzione – sia essa di destra o sinistra, nazista o marxista, che mira comunque a rifiutare il passato per un futuro che non si sa neppure descrivere ma che comunque sarà: senza rendersi conto che tutte le mutazioni possono avvenire solo storicamente e che qualsiasi insulto alla storia, cioè qualunque trionfante rivoluzione, sarà pagato con lacrime e sangue, lasciando ferite che solo la storia potrà ancora rimarginare. E il continente dove tutto questo avviene in misura emblematica è proprio l’Europa, dapprima attraverso i suoi artisti poeti e filosofi e successivamente attraverso i veri rivoluzionari….Come vedi, giorgiosan, io sono ben lungi dall’espungere Nietzsche dall’Europa ma lo vedo anzi come uno dei pilastri del pensiero europeo, anche attraverso le sue – qualche volta perfino infantili - lagnanze e i suoi patetici controsensi.
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Vecchio 19-10-2008, 22.07.39   #8
Giorgiosan
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Originalmente inviato da emmeci
Certo, Giorgiosan, Nietzsche è immerso nel sangue della cultura europea se s’intende che quel sangue non fluisce senza contrasti verso un obiettivo riconosciuto da tutti, ma è un continuo oscillare di tensioni che impongono alla coscienza insistenti domande: è sensato quello che penso, è corretto quello che dico e che faccio? Fin quando ci si domanda se la storia che mi si para davanti deve rispettare non solo i dogmi di una fede che si sta usurando ma gli stessi canoni sui quali la cultura sembrava aver fondato i suoi risultati grandiosi, mentre ora si pensa che potrebbe esserne dispensata e addirittura si osa negarli per ricominciare in termini nuovi. Ebbene io credo che questa questione si è presentata nel suo pieno valore tra Ottocento e Novecento, arrivando per così dire all’apice del tradizionale contrasto antichi-moderni, cioè al nucleo profondo del concetto di storia: si può dimenticare la storia dei padri, a costo addirittura di mutare la specie homo? Tutti i grandi della letteratura e dell’arte si sporgono su questo che può essere considerato l’orlo di un baratro o l’alba di una favolosa avventura. Le arti vivono in maniera drammatica e perfino sublime questa volontà di trasformazione ma, come ho detto, si arriva a una linea al di là della quale si è convinti che non basta un lirico lampo di trasfigurazione e si deve osare di realizzare quel sogno, a costo di imbracciare le armi e creare una società nuova, una logica nuova e una nuova morale…..Questo è il momento in cui s’innesca nel suo pieno valore l’idea di rivoluzione – sia essa di destra o sinistra, nazista o marxista, che mira comunque a rifiutare il passato per un futuro che non si sa neppure descrivere ma che comunque sarà: senza rendersi conto che tutte le mutazioni possono avvenire solo storicamente e che qualsiasi insulto alla storia, cioè qualunque trionfante rivoluzione, sarà pagato con lacrime e sangue, lasciando ferite che solo la storia potrà ancora rimarginare. E il continente dove tutto questo avviene in misura emblematica è proprio l’Europa, dapprima attraverso i suoi artisti poeti e filosofi e successivamente attraverso i veri rivoluzionari….Come vedi, giorgiosan, io sono ben lungi dall’espungere Nietzsche dall’Europa ma lo vedo anzi come uno dei pilastri del pensiero europeo, anche attraverso le sue – qualche volta perfino infantili - lagnanze e i suoi patetici controsensi.



Perciò ho dissentito quando hai detto che è impossibile comprendere Nietzsche facendo riferimento ai valori tradizionali della cultura europea....
Giorgiosan is offline  
Vecchio 20-10-2008, 07.12.54   #9
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…. ai valori “tradizionali”, Giorgiosan, perché li considerava stantii e meschini di fronte a quello che sentiva vibrare dentro di sé: quindi valori che voleva trascendere, magari unico e solo, tanto da considerarsi furiosamente “inattuale”. Valori che simbolicamente o nebulosamente sintetizzava in parole chiave come volontà di potenza, Zarathustra, superuomo…..
Ma quello su cui ho insistito e che forse ti è sfuggito è che in tal modo egli non era un isolato, non si chiudeva in una torre d’avorio, ma si connetteva con forza alla corrente “rivoluzionaria” dell’Europa tra Ottocento e Novecento, mirante a sconvolgere i canoni tradizionali della cultura e della società a costo di portare l’Europa e non solo l’Europa a un lavacro di sangue. E che cosa ci fosse di comprensibile e di condannabile in un tale atteggiamento, dopo quello che il secolo scorso ci ha mostrato, lascio a te giudicare.
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Vecchio 20-10-2008, 13.38.27   #10
Giorgiosan
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Originalmente inviato da emmeci
…. ai valori “tradizionali”, Giorgiosan, perché li considerava stantii e meschini di fronte a quello che sentiva vibrare dentro di sé: quindi valori che voleva trascendere, magari unico e solo, tanto da considerarsi furiosamente “inattuale”. Valori che simbolicamente o nebulosamente sintetizzava in parole chiave come volontà di potenza, Zarathustra, superuomo…..
Ma quello su cui ho insistito e che forse ti è sfuggito è che in tal modo egli non era un isolato, non si chiudeva in una torre d’avorio, ma si connetteva con forza alla corrente “rivoluzionaria” dell’Europa tra Ottocento e Novecento, mirante a sconvolgere i canoni tradizionali della cultura e della società a costo di portare l’Europa e non solo l’Europa a un lavacro di sangue. E che cosa ci fosse di comprensibile e di condannabile in un tale atteggiamento, dopo quello che il secolo scorso ci ha mostrato, lascio a te giudicare.

La corrente rivoluzionaria o meglio le correnti rivoluzionarie d'Europa del XIX e del XX secolo sono anch'esse interpretabili o decifrabili esclusivamente all'interno della cultura europea.
Hegel muore nel 1831, Marx muore nel 1883, Lenin nel 1924, rivoluzioni industriali fino al XX secolo, ideologia e rivoluzione anarchica a partire dal 1884, la rivoluzione modernista all'interno de cristianesimo, rivoluzione fascista e rivoluzione nazista...

La cultura tradizionale si è dissolta: se vogliamo indicare una periodizzazione, sempre opinabile, possiamo indicare l'illuminismo quale inizio della dissoluzione.

La mia obiezione era ed è, solamente, che non è culturalmente giustificabile l'affermazione che è impossibile comprendere Nietzsche facendo riferimento ai valori tradizionali della cultura europea.....

Ciao
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