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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere. |
25-03-2008, 20.12.59 | #12 |
Moderatore
Data registrazione: 08-02-2004
Messaggi: 706
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Riferimento: Aspetti filosofici sul sacrificio
Tornando all'argomento proposto (ringrazio Anakreon per le precisazioni dopo il mio intervento)... è difficile prendere una posizione in merito.
Io ho genitori giovani, ma anche loro cominciano a sentire gli acciacchi dell'età. Ho sempre pensato che non ci sia alternativa, quando sarà, dal prendermi cura di loro. Perché tutto ciò che ho avuto è così tanto che sarebbe assurdo anche ipotizzare di non restituire. Ho un'amica, che al contrario di me, ha un padre che è stato il padre peggiore potesse forse esistere. Oggi è malato, e lei, in qualche modo a causa del nostro sistema di diritto, se ne deve far carico. E' difficile. Certo poi ogni occasione nella vita ci è data per riprendere contatto con la nostra vera ragione di essere, che è anche "essere per", però ce lo siamo un po' dimenticato... ed è dura da mandare giù. Ricordo di aver letto che Maria Teresa di Calcutta a chi le chiedesse dove trovava così tanto amore da dare ai sofferenti rispondeva che era l'amore di Dio la sorgente a cui attingeva ogni giorno. Purtroppo non tutti siamo capaci di santità. |
26-03-2008, 09.45.08 | #13 |
Ospite abituale
Data registrazione: 10-06-2007
Messaggi: 1,272
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Riferimento: Aspetti filosofici sul sacrificio
Dico la verità: alla lettura dell’argomento introdotto da Maxim immaginavo che egli volesse riferirsi al sacrifico come atto rituale, e non come prova morale imposta alla coscienza dell’individuo che debba decidere se intende sacrificare sé stesso per salvare altri. Il sacrifico rituale può però fornire uno sfondo a chiarire questo problema.
Il sacrifico rituale è un dono, un’offerta tale da creare un contatto immediato con la divinità, enfatizzato nel momento in cui l’oggetto offerto viene mangiato dagli offerenti e addirittura portato all’estremo nel caso di un sacrificio umano. Una sorta, infine, di pratica magica che non mira solo alla benevolenza divina ma ad assicurarsi la forza divina, ed è ovvio che, interpretato così, il sacrificio rende ancora più antropomorfico il concetto di divinità – come del resto continua ad essere lungo tutta la storia ebraica fino a Cristo, col quale il sacrificio comincia a perdere la sua consistenza e rigidezza rituale per diventare un gesto d’amore. Dunque bisogna evitare – per trovare il significato per noi sostenibile di sacrificio - che si chiami a farne partecipe Dio, come pure che si veda in esso (sulla scorta di Durkheim) un mezzo della società per strutturarsi attraverso un rito comune, e tanto meno che lo si identifichi con amore di patria, visto che il combattere per il proprio paese è stato, almeno fino a poco tempo fa, un obbligo, e il disertare potrebbe richiamare il sacrificio solo nel caso, per esempio, di resistenza all’invasore o al tiranno. Però c’è il fatto che lungo la storia stessa del cristianesimo, il sacrificio rischia di tornare ad essere vissuto come un atto rituale se non addirittura abitudinario, che con molta difficoltà il fedele ha la capacità di trasformare in atto morale. E così sono giunto al sacrificio come lo intendete voi, cioè atto libero di autodistruzione per far vivere altri. Mi pare che questo assomigli a quello che io, in altra sede, chiamo pietà (nel senso non di patetica compassione ma come manifestazione di un allargarsi agli altri della propria coscienza, cioè come atto di comprensione spogliato di ogni sottinteso corporeo che non sia quello del morire per altri. Qui veramente sono d’accordo con quelli che affermano che non si possono sbandierare norme assolute, ma si dovrebbe valutare il rapporto che abbiamo con gli altri, forse perfino l’occasione e il momento perché, a livello teorico, sembra anche a me difficile se non impossibile suggerire una decisione: nel momento, per esempio, che ti s’imponesse una difficile scelta (salvare un figlio? un genitore? la persona amata? un amico o un estraneo, un bianco o un nero....) chi salveresti? La pietà diventa una mannaia che dovrà cadere sul capo di qualcuno: sì, ci può essere qualche situazione in cui la scelta appare impossibile, ma è proprio qui che la pietà si erge davanti a noi con la sua grazia crudele, mentre solo il momento potrà rivelare se il gesto è stato davvero sublime, quando il giudizio è difficile perfino davanti al Calvario, visto che Cristo era sì un uomo ma anche - secondo i suoi fedeli - un Dio padrone dell’eternità, mentre è solo il sacrifico di un uomo per un altro uomo - il più insignificante uomo senza qualità - quello che pensiamo abbia davvero valore. |
26-03-2008, 19.24.43 | #14 |
iscrizione annullata
Data registrazione: 04-11-2002
Messaggi: 2,110
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Riferimento: Aspetti filosofici sul sacrificio
Sarà che non ho figli, sarà che sono egoista, però non mi sacrificherei mai per un altro..ci stavo pensando proprio oggi mentre studiavo una materia medica se avrei ad esempio il coraggio di donare un organo a qualcun'altro, da vivo s'intende (pensa te che bei pensieri da telefilm di serie b che ho mentre studio..)..però sono giunto alla conclusione che il mio istinto di autoconservazione prevarrebbe anche sui rapporti umani, anche quelli più stretti,di parentela insomma..
Però paradossalmente sarei capace di sacrificarmi per una passione, di consumarmi ossessivamente fino all'estremo..vedi il computer, il mio numero di messaggi la dice lunga sul tempo che ho "perso"...o recentemente sulla pittura, sarei capace di intossicarmi fino alla morte pur di non smettere...o cose del genere..boh..sacrifici futili? O forse poco amore per se stessi..o semplicemente noia... Fatto sta che i sacrifici li lascio volentieri ai martiri.. |
26-03-2008, 19.34.48 | #15 |
Ospite abituale
Data registrazione: 30-09-2004
Messaggi: 2,009
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Riferimento: Aspetti filosofici sul sacrificio
Il sacrificio è un universale religioso.
Testimonia il senso di colpa dell'umanità. Ma il sacrificio di animali, di prodotti della terra, di profumi ed i sacrifici umani sono atti ingenui; in verità chi non sacrifica se stesso per il bene non può divinizzarsi. L'ultimo tratto dell'evoluzione si compie attraverso il sacrificio di noi stessi. |